Archivio per Luglio 2011

Tremonti, Milanese e Guarguaglini facciano chiarezza, ma non paghino gli azionisti di Finmeccanica.

postato il 28 Luglio 2011

In mattina le azioni di Finmeccanica sono state sospese per eccesso di ribasso per poi essere riammesse alle contrattazioni a Piazza Affari. Perché questo tonfo? Per due motivi: da un lato i dubbi sorti con la presentazione della trimestrale (inferiore alle attese degli analisti anche per le previsioni su tutto il 2011) e dall’altro perché nella vicenda “Milanese”, che parrebbe coinvolgere anche il ministro Tremonti (il quale non risulta al momento indagato, precisiamolo), si è aperto un filone che porta direttamente a Guarguaglini e ai vertici di Finmeccanica che, pare, abbiano gonfiato certe fatture, per creare dei fondi occulti per pagare tangenti a uomini politici, stando a quanto affermato da Cola, anzi, sui quotidiani si legge (cito testualmente): “Cola, indicato come il vero «braccio destro» di Guarguaglini, collabora da tempo con il pubblico ministero Ielo e ha già svelato il «sistema» che avrebbe consentito di emettere fatture false in favore delle aziende del Gruppo Finmeccanica ed Enav per creare «fondi neri» e così pagare tangenti a politici e manager.”

Di fatto anche Guarguaglini (presidente di Finmeccanica) risulta indagato dai primi di gennaio e, cito testualmente: “il pm ha inviato a Guarguaglini un avviso di proroga delle indagini sulle presunte irregolarità nell’affidamento degli appalti Enav. Nell’avviso, sono citati anche altri indagati: si tratta Lorenzo Cola, ex consulente esterno di Finmeccanica, il commercialista Marco Iannilli, il conte Roberto Colonnello Bertini Frassoni, rappresentante della Despro srl, società che ha lavorato con il colosso di piazza Monte Grappa. Nei loro confronti i reati ipotizzati, a seconda delle posizioni, vanno dalla corruzione all’emissione di false fatturazioni per operazioni inesistenti”.

Questa vicenda impone che sia fatta chiarezza al più presto, perché coinvolge una delle poche aziende dal respiro internazionale che abbiamo in Italia, nonché un polo di eccellenza tecnologica a livello mondiale. Se è vero che i dati trimestrali sono quello che sono, è anche vero che bisogna al più presto fare chiarezza sulla vicenda giudiziaria, per rispetto a tutti gli italiani e in particolare ai risparmiatori che hanno investito su Finmeccanica e che potrebbero pagare dazio per queste vicende giudiziarie.

“Riceviamo e pubblichiamo” di Mario Pezzati

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Rassegna stampa, 28 luglio 2011

postato il 28 Luglio 2011
Ieri, dopo tanta attesa e tante prove, il Premier Silvio Berlusconi ha dato finalmente via al rimpasto di governo, che almeno in questa fase, si è “limitato” alla nomina di due nuovi ministri: Francesco Nitto Palma va alla Giustizia, al posto del dimissionario Angelino Alfano, mentre sulla poltrona di Ministro delle Politiche Comunitarie – vacante da più di 6 mesi – arriva l’ex finiana Anna Maria Bernini. I giornali oggi dedicano molto spazio specie alla prima nomina: tra gli articoli da noi selezionati, potete trovare: due ritratti del neoministro – uno dal Giornale e uno dal blog Nonleggerlo, giusto per la par condicio; la reazione dei magistrati e gli auguri del vicepresidente del Csm, Michele Vietti; le mosse (da La Stampa) che hanno portato a questa designazione. Designazione, dietro la quale si cominciano a disvelare le prime mosse della segreteria Alfano: una strategia che Marcello Sorgi, su La Stampa, non esita a definire “in vecchia salsa democristiana”, evidenziandone i numerosi limiti, mentre Errico Novi si concentra sul “padrone del deserto”, riferendosi a un Silvio Berlusconi sempre più attorniato dalle macerie e che ora – leggete Ugo Magri sempre sul quotidiano torinese – pensa, per rilanciare la sua attività di governo, di tornare direttamente a Forza Italia: se questa è la novità… Infine, sempre nella nostra rassegna stampa, troverete: la bufera in cui è finito il Ministro Tremonti (leggete il commento di Romano sul Corriere); una spiegazione di Alessandro Campi, sul Foglio, dell’intervista rilasciata da Fini a Repubblica su un Governo Maroni-Pd-Terzo Polo; un’analisi dei guai del Pd, con due editoriali a firma di Geremicca e Battisti e l’immancabile e preciso retroscena di Labate sul Riformista.

Nitto Palma e Bernini. Nominati i nuovi ministri (Paolo Festuccia, La Stampa)

Un uomo chiamato “cavillo” che cita anche Blade Runner (Paolo Bracalini, Il Giornale)

Immunità, assenze, gatti parlanti e problemi rettali: lo ricordiamo così (Nonleggerlo.blogspot)

Le toghe volevano un politico: “Ma almeno sa di cosa parla” (Giovanni Bianconi, Corriere)

Gli auguri di Vietti: collaboriamo (Avvenire)

Alfano e i rischi di una strategia tutta Dc (Marcello Sorgi, La Stampa)

La costituente dei moderati (secondo i suoi protagonisti) (Annamaria Gravino, Secolo)

“Moderati, uniamoci come in Europa” (Davide Re, Avvenire)

Il padrone del deserto (Errico Novi, Liberal)

Il Cavaliere medita: ora torno a Forza Italia (Ugo Magri, La Stampa)

Affitto in nero, Tremonti nella bufera (Alberto D’Argenio, La Repubblica)

Romano – Quel che Tremonti non ha detto (Sergio Romano, Corriere della Sera)

E’ battaglia al Senato sul «processo lungo» (Gianni Santamaria, Avvenire)

Ecco a cosa pensava Fini quando ha fatto l’endorsement di Maroni (Alessandro Campi, Il Foglio)

Umberto Magno, il papa-re con l’impero in rivolta (Carlo Puca, Panorama)

Romano & C., l’allegro pool degli impresentabili (Chiara Paolin, Il Fatto)

Resta il nodo dei ministeri al Nord (Marzio Breda, Corriere)

Nel lessico indignato del leader la scarsa diversità del Pd (Pierluigi Battista, Corriere)

La sfida finale di Pier Luigi (Tommaso Labate, Il Riformista)

La riflessione che il Pd deve fare (Federico Geremicca, La Stampa)

Fotovoltaico, la scommessa persa (Antonio Fraschilla e Dario Prestigiacomo, La Repubblica Palermo)

Dura lex sed unisex (Rocco Buttiglione, Liberal)

Mercati e risparmio. Le banche pagano i timori sul debito (Fabio Pavesi, Sole24Ore)

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Ministeri, Napolitano interpreta un’esigenza di serietà

postato il 27 Luglio 2011

Il Presidente della Repubblica, preoccupato per l’apertura di sedi decentrate di ministeri, interpreta un’esigenza di serietà avvertita in tutta la nazione.
L’apertura di sedi ieri al nord domani magari nel Mezzogiorno getta sulla politica il discredito finale.

Pier Ferdinando

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Rassegna stampa, 27 luglio ’11

postato il 27 Luglio 2011
Continuano i problemi in casa della maggioranza: ieri, infatti, la voce del Quirinale si è levata alta e chiara contro lo spostamento di alcuni uffici ministeriali al Nord, atto ritenuto “fuori dalle regole e dalle procedure costituzionali”; in favore del richiamo presidenziale, si è subito schierato Casini – che ha ringraziato Napolitano per aver interpretato “un’esigenza di serietà avvertita in tutta la nazione” – insieme alla capogruppo del Pd in Senato, Anna Finocchiaro, e ai pidiellini Alemanno e Polverini, che hanno chiesto alla Lega di prendere atto dell’assurdità di una simile mossa. E ora, ci spiega Fuccaro sul Corriere, Berlusconi teme ripercussioni nel rapporto con la Lega: il Premier ha paura, in sostanza, che Napolitano voglia costringerlo ad allinearsi alla sua linea e che lo spinga a sconfessare pubblicamente la messinscena di Monza. Crainz, su Repubblica, scrive di “farsa del centrodestra”, che si è consumata anche con il debutto di Angelino Alfano quale nuovo segretario del Pdl (anzi, di un partito chiamato Cav., leggete Merlo sul Foglio) e con il grande rientro di Urso e Ronchi nella “famiglia del centrodestra”. Ma se Atene piange, Sparta non ride. Anche il Pd, infatti, ha le sue grandi magagne: oggi il segretario democratico, Bersani, scrive al Fatto assicurando di essere alla guida di un partito “perbene”, ma – come evidenziano, sia pure con toni diversi, Polito sul Corsera e Belpietro su Libero – ci sono troppi punti oscuri su cui è necessario far luce. Il tutto, mentre ieri la Camera ha affossato nuovamente la legge sull’omofobia: l’Udc ha votato a favore delle pregiudiziali di incostituzionalità e Buttiglione e Binetti spiegano, rispettivamente sul Messaggero e La Stampa, il perché di una simile scelta.

Berlusconi teme per la tregua con la Lega (Lorenzo Fuccaro, Corriere)

Da dieci giorni il Quirinale chiedeva spiegazioni al Cavaliere (Ugo Magri, La Stampa)

La farsa del centrodestra (Guido Crainz, Repubblica)

Il Quirinale certifica l’isolamento lumbard nella maggioranza (Massimo Franco, Corriere)

Alfano riaccoglie gli ex Urso e Ronchi con due incarichi (Repubblica)

Il primo giorno di Alfano, segretario di un partito chiamato Cav. (Salvatore Merlo, Il Foglio)

Il Pdl con Alfano apre a Fli e Udc (Fabrizio de Feo, Il Giornale)

Siamo gente perbene. Ci metto la faccia (Pier Luigi Bersani, Il Fatto)

Dietro le quinte del caso Tedesco (Tommaso Labate, Il Riformista)

Se Bersani finge di non avere il braccio destro (Maurizio Belpietro, Libero)

Quel che Bersani non ha scritto (Antonio Polito, Corriere)

Omofobia, la legge viene affossata. Carfagna si astiene (Corriere)

Buttiglione: “Rispettati i principi di uguaglianza” (Il Messaggero)

Binetti: “No a ogni violenza ma anche a creare categorie di parte” (La Stampa)

Scajola: “Per noi il rischio è di apparire conservatori” (Il Messaggero)

Maggioranza omofoba. Per la seconda volta (Europa)

Pari opportunità. Non per i cattolici (Nadia Pietrafitta, Il Tempo)

Tg1 o TgSport (Paolo Ojetti, Il Fatto)

Prestati alla politica (Filippo Facci, Libero)

Si dice fare il tifo, si legge clientelismo (Gian Antonio Stella, Corriere)

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Formazione e merito, la mia esperienza fra Italia e Francia

postato il 27 Luglio 2011

Sono stato stimolato a scrivere queste mie riflessioni a seguito di un interessante post pubblicato in questo blog riguardante i giovani, il lavoro e le proposte da attuare per migliorare una situazione che è a dir poco drammatica. A fine articolo erano presenti 5 interessanti proposte che, in sintesi, proponevano un premio per gli studenti più meritevoli, convogliare le risorse degli atenei verso gli studenti, migliorare l’incontro tra domanda e offerta di lavoro per i giovani, diminuire la fuga di cervelli, e sostenere la meritocrazia. Tutte queste proposte sono interessanti ma, prima di tutto andrebbe analizzata meglio la situazione attuale.

Innanzi tutto partirei dalla formazione culturale degli studenti. Io sono un ragazzo del 1985, di una città di provincia, Pistoia. Nella mia città ci sono molte scuole medie superiori tutte differenti tra di loro ma non esiste la possibilità di scegliere più scuole per lo stesso indirizzo (come può avvenire a Firenze o a Roma o comunque nelle grandi città italiane). Io ho fatto il liceo scientifico ed, ahimè, ho impiegato 6 anni per finirlo invece di 5. Il 90% di questo ritardo è dovuto esclusivamente al fatto che non studiavo, che non avevo voglia di studiare ma soprattutto non mi interessava imparare ciò che veniva insegnato in classe. Questo secondo me è un punto importante perché se il 90% delle colpe del mio ritardo sono dovute a cause personali ritengo che il 10% siano da ritrovarsi nell’istituzione scolastica.

Nel mio Liceo di Pistoia, statale, non c’era professore che mi invogliasse a studiare la materia! Dalla mia esperienza, ma confrontandomi con altri miei coetanei ho ritrovato le stesse problematiche, non ho mai trovato un professore a cui importasse veramente insegnare qualcosa ma soprattutto avesse la consapevolezza che il suo lavoro avrebbe influenzato il mio futuro prossimo. Questo probabilmente lo si può spiegare con un concetto molto semplice: mancanza di cambio generazionale. Infatti, e questo secondo me è un paradosso, la mia professoressa di inglese era la stessa di quella di mia madre!!

Un primo fondamentale punto, per migliorare la situazione giovanile, quindi bisogna trovarlo alle basi della formazione più importante di ogni singolo ragazzo, ovvero, dalle scuole medie superiori. Sarebbe il caso di modernizzare la scuola dell’obbligo ma soprattutto cambiare ed invogliare soprattutto i professori che hanno un ruolo fondamentale soprattutto in scuole come i Licei che sono la base dello studio universitario.

Un secondo punto fondamentale su cui concentrare le forze è l’università. Una decina d’anni fa fu fatta la riforma che introduceva la tanto famosa laurea-breve. Per alcune facoltà probabilmente ha migliorato e velocizzato la formazione dello studente ma per la mia facoltà non è utile. Io infatti nell’anno accademico 2005/2006 sono riuscito a passare il test d’ammissione alla facoltà d’architettura di Firenze e mi sono iscritto regolarmente. Non sapevo però che da quel momento sarebbe iniziato un calvario. La mia facoltà infatti è ancora di “vecchio stampo” ovvero è una facoltà, sulla carta, quinquennale. Ho voluto precisare sulla carta perché, dati alla mano, per laurearsi ad architettura a Firenze il tempo medio è 9 anni e mezzo (almeno questo è ciò che c’hanno sempre detto). Io ho appena finito il 6 anno, mi mancano ancora 12 esami che probabilmente riuscirò a finire entro i prossimi 2 anni e, considerando che per una buona tesi serve almeno 1 anno, direi che rientro nella media della mia facoltà.

Ritengo che questo sia assurdo. Non è ammissibile che noi italiani si debba uscire, con un foglio in mano (che non ho chiamato volutamente laurea visto che siamo gli unici al mondo ad avere gli ordini professionali, che sono inutili e quindi quando ci laureiamo siamo dottori in architettura ma non siamo architetti…) se va bene entro i 30 anni mentre i nostri colleghi francesi, tedeschi, spagnoli, sono nel mondo del lavoro da già 4/5 anni. Certo, sarebbe facile dire che il corso è fatto apposta per durare 5 anni e non 9 però, se la media indica questo lasso di tempo per laurearsi un motivo ci sarà, o no? Non credo che la colpa sia solamente degli studenti ma credo che tali colpe siano da ritrovarsi, anche in questo caso, a monte. Nella mia facoltà c’è una disparità enorme tra professore e professore, anche e soprattutto della stessa materia. Le cause, anche in questo caso, sono sia dello studente, diciamo intorno al 60%, ma per il 40% sono da addossarsi ad un sistema universitario che non funziona e che non vuole cambiare.

Nell’anno accademico 2008/2009 ho avuto la fortuna di entrare nel programma Erasmus, con destinazione Parigi. Un sogno, finalmente avevo l’opportunità di uscire di casa per 1 anno e fare una grandissima esperienza, sia sotto l’aspetto umano che scolastico. La vita a Parigi è stata totalmente diversa rispetto alla mia vita italiana. Ma non perché Parigi è una grande città, mentre Pistoia è una semplice città di provincia, ma perché in Francia c’è una mentalità differente, anche opposta rispetto alla nostra. Non voglio parlare dell’integrazione di culture diverse, che è un argomento troppo ampio vasto e complicato (perché anche loro hanno problemi, grandi problemi), ma inizio dicendo che in Francia esiste un sussidio mensile destinato ai ragazzi, alle coppie in difficoltà, alle famiglie in difficoltà, che permette di avere un aiuto economico sicuro.

Per avere tale sussidio bisogna ovviamente essere regolari in Francia, bisogna risiedere in una casa o avere un contratto d’affitto a norma di legge. Per quanto riguarda Parigi tale contributo variava a seconda della grandezza della casa, di quante persone la abitavano, del quartiere dove era situata. Io vivevo nel 12° arr, ho cambiato 2 case ma entrambe erano da circa 30 mq con 3 posti letto. A me, ed ai miei coinquilini, veniva dato un rimborso mensile di circa 150 euro, che sommati alla borsa di studio (scarsa per noi della Toscana, molto alta per i ragazzi della Campania e del Lazio) andavano a coprire quasi l’80% dell’affitto totale. Non è un caso che buona parte degli studenti francesi, finito il liceo (il loro dura anche 4 anni invece che 5) escano di casa per andare a vivere da soli.

Ma le differenze con l’Italia non finiscono qua. Un accenno lo merita anche la rete dei trasporti perché per me, che faccio il pendolare ogni mattina per andare in facoltà, è stato un trauma tornare alla triste realtà italiana. A Parigi infatti con circa 50 euro si compra l’abbonamento per metro, tram, bus, treni metropolitani, chiamati RER (per le zone più lontane il costo, ovviamente, aumenta). La mia facoltà era a 30 km da Parigi, la stessa distanza che c’è tra Pistoia e Firenze. La mattina prendevo la RER, e in soli 20 minuti ero arrivato alla stazione di discesa. In Italia l’abbonamento del solo treno costa quasi 55 euro (aumenta ogni 6 mesi circa), e per fare gli stessi chilometri, nonostante il numero di fermate sia pressoché identico, ci impiego 40/50 minuti, quando non ci sono ritardi. Ovviamente quando arrivo alla stazione di Firenze non sono arrivato in facoltà e, siccome l’eventuale abbonamento del bus costa 20 euro, per risparmiare faccio un tragitto, di circa 20 minuti, a piedi.

Riguardo il costo degli affitti e delle case non ci sto a perdere troppo tempo perché è sotto gli occhi di tutti che qua in Italia sia troppo alto. Se non erro qualche mese fa Report dimostrò come era possibile acquistare una casa, in centro a Berlino, di 30/40 mq, a soli 50.000 euro, mentre una casa, stesse dimensioni in centro a Roma, Milano, Firenze ecc costasse anche 4/5 se non 6 volte tanto! Per gli affitti la situazione è la stessa. L’anno scorso ero interessato ad andare a vivere a Firenze con la mia ragazza ma l’affitto di una casa in centro di 30 mq, 1 stanza da letto + salotto con angolo cottura, era di 1200 euro, troppi anche per una coppia di lavoratori figuriamoci per una coppia di studenti.

In Francia, ma stessa cosa avviene in Inghilterra, il più delle volte gli stages sono pagati, in Italia, almeno nel mio ambito lavorativo, tutto ciò non avviene, anzi, non danno nemmeno il rimborso delle spese di viaggio. A Parigi invece, la prima cosa che offrono, oltre allo stipendio mensile, è l’abbonamento della metro/bus/rer per raggiungere il posto di lavoro rispetto alla propria abitazione.

In Italia, una volta laureato non si può lavorare perché devo prima iscrivermi all’albo di architettura. Per iscrivermi si deve passare l’esame di Stato che si tiene una volta ogni 6 mesi. A Firenze notoriamente passa l’esame di stato meno del 50% degli iscritti.

Sempre in merito alla mia facoltà, quando ero a Parigi, potevo stampare gratis tutte le tavole nella mia facoltà, aFirenze tutto ciò non è possibile. Una stampa di una tavola grande, formato A1, viene a costare anche 15 euro, e a volte si trovano professori che richiedono, solo per l’esame 10/15 tavole. A questo c’è da aggiungere che durante l’anno vanno fatte le cosiddette revisioni, che non sono altro dei momenti in cui il professore riguarda il lavoro dello studente. Siccome i professori spesso non sanno usare il computer pretendono di avere sempre le stampe e a forza di 15 euro ci ritroviamo presto il conto in banca, che già era misero, vicino allo zero. Inoltre, sempre paragonando Parigi a Firenze, l’età media dei professori della mia struttura universitaria, école d’architecture de la ville / des territoires à Marne-la-Vallée, era di poco superiore ai 40 anni, mentre l’età media dei professori di Firenze non è inferiore ai 50/60 anni.

Queste sono solo alcune delle grandi, grandissime differenze che ci sono tra il nostro bellissimo paese e l’Europa. Questo non vuol dire che l’estero, la Francia, la Germania o l’Inghilterra siano paesi paradisiaci, anzi, tutt’altro. Anche loro hanno molti problemi ma permettono di affrontarli in maniera diversa. Da quel che ho potuto constatare c’è stato un ricambio generazionale, quando andavo a lezione in Francia mi sentivo motivato a studiare, mentre quando vado a lezione a Firenze non vedo l’ora di tornare a casa.

Quello che avete proposto voi sono quindi buoni punti di partenza, ma secondo il mio parere bisogna fare molto di più, bisogna intervenire partendo dalla scuola dell’obbligo fino ad arrivare all’università. Bisogna allinearci al resto d’Europa perché tra due, tre anni quando finalmente sarò laureato non avrò nessun motivo per iniziare a lavorare in Italia mentre sarò fortemente invogliato a tornare a Parigi dove sono sicuro di trovare un lavoro che mi permetterà di poter affittare una casa dove stare e di iniziare a costuire una vita tutta mia.

“Riceviamo e pubblichiamo” di Lorenzo Mazzei

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Norvegia, le rose della civiltà

postato il 27 Luglio 2011

Nel profondo inverno del 2009 il vento gelido del Mare del Nord accoglieva con sé il respiro di Arne Naess, il più importante pensatore della filosofia norvegese.   Ness, che già a 27 anni aveva una cattedra all’Università di Oslo, è il fondatore della ecosofia o come la chiamava lui della T sofia, dal nome del monte Tvergastein, rifugio solitario nel cuore della Scandinavia in cui rifletteva  sull’ecologia “profonda”. Ness sosteneva il valore intrinseco delle realtà naturali. Pensava infatti che se tutto ciò che esiste è correlato, se cioè “tutto dipende da tutto”, l’essere umano non è più separato dal mondo naturale ma ne è solo una parte.

La Norvegia è stato il terreno ideale di questo pensatore, terra di montagne e fiordi che oltre a elementi naturali sono simboli di un paese con 33 parchi naturali e decine di aree protette. I valori norvegesi si ancorano su una società contadina che viene celebrata nella festa nazionale facendo indossare ai bambini i costumi di un’idilliaca società bucolica. Ma la Norvegia non è solo natura: lo notiamo subito guardando l’indice ISU. L’ISU è un indicatore di sviluppo macroeconomico che al contrario del PIL non considera solo i beni materiali e i servizi prodotti ma tiene conto di numerosi fattori sociali come l’istruzione, lo sviluppo dei servizi sociali e della sanità, la promozione dei diritti umani. L’ISU vuole misurare non la ricchezza ma il benessere. Ebbene, al primo posto dell’indice ISU troviamo proprio la Norvegia. Eppure i norvegesi sono uno dei popoli con il numero più elevato di tasse. Ma le pagano sicuramente più volentieri di noi perché sanno che il loro Stato si prenderà cura di loro “dalla culla alla tomba”, come recita un vecchio andante del pensiero socialdemocratico, in un welfare state  che copre tutti i servizi dello stato sociale. Si può essere d’accordo o meno con questo sistema e preferire dei modelli più liberali e sussidiari, ma certo c’è da tenere della buona realizzazione del welfare scandinavo. Le pagano volentieri perché oltre a un grande comprensione e amore per la natura sono animati da una fede luterana che ha contribuito a sviluppare in loro una morale di responsabilità che si è manifestata anche nell’economia e negli aspetti della loro vita , come alcune scuole storiche di pensiero insegnano.  Un paese con una sincera cultura giuridica in cui il massimo della pena di detenzione è 21 anni perché hanno fiducia nella possibilità degli uomini di redimersi e di essere riaccolti nella società, vera missione che l’istituzione carceraria dovrebbe avere attraverso la pena che troppo volte è invece considerata un fine e non un mezzo .

Ma anche nella favole entra il male. Male che ha volte ha la faccia di un ragazzo come tanti, ma nel cuore il seme della morte e della dolore. Un uomo che ha messo un  paese in ginocchio, che ha avvelenato la gioventù di Oslo, estremista anti-islam, massone, ultra-conservatore,  amante dei giochi di ruolo di violenza, scrittore di un vero e proprio manuale di terrorismo di 1500 pagine, fondatore di un ordine neo-templare, un folle che sognava  nei suoi incubi di far saltare in aria le raffinerie siciliane e di attentare alla vita del Papa. Per la Norvegia un numero di vittime, 92, che equivale al numero di morti violente di tre anni e uno dei giorni più bui dopo la fine della II° guerra mondiale in cui si mantenne neutrale ma fu schiacciata dai panzer hitleriani che la ritenevano strategica.

Ma il Paese che assegna ogni anno il premio Nobel per la Pace ha risposto così al male: con una marcia di rose: 150.000 persone intorno al municipio di Oslo che con dignità e compostezza hanno levato in aria i loro cuori e i loro fiori delicati. Breivik ora rischia 21 anni, forse 30, massimo 35 se sarà riconosciuto colpevole di crimini contro l’umanità e di possibilità di reiterazione di strage. Tutto questo mi ha fatto molto riflettere e pensare anche al mio paese in cui la cronaca nera diviene facilmente protagonista di prime serate e passa di bocca in bocca, dove migliaia di persone fanno la coda per assistere ai processi di assassini come Rosa e Olindo e gridare e gracchiare contro il colpevole, in una giustizia forcaiola dove la pena non è un mezzo di punizione e redenzione ma molto più spesso vendetta. Può esistere una cultura e una diversa mentalità. Onore al popolo norvegese!

Riceviamo e pubblichiamo Jakob Panzeri

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Tirrenia Viaggi: la cessione è avvenuta, ma i punti da chiarire sono molti

postato il 26 Luglio 2011

La vicenda della Tirrenia e della sua privatizzazione sembra essere giunta al termine, ma siamo anche certi che è solo l’inizio di una nuova stagione di recriminazioni e polemiche. Avevamo parlato più volte di questa cessione, sia illustrando i disastrati conti della Tirrenia, sia dei problemi nati con una procedura di vendita che, francamente, lasciava stupefatti.

Spiace dire che le nostre “profezie” si sono tutte avverate: la cessione è avvenuta alla CIN, di cui avevamo già individuato i proprietari ovvero Aponte, Grimaldi e Onorato; la cessione è avvenuta con la garanzia di aiuti pubblici pari a 72 milioni l’anno per 8 anni (fatevi i conti, tra poco ci torneranno utili); il prezzo pagato dagli acquirenti è veramente basso: 200 milioni subito e 180 milioni in seguito. In cambio la CIN ottiene le rotte, 18 navi e il marchio, in cambio si impegna a mantenere gli attuali livelli occupazionali, o, per essere più precisi, a non licenziare (con il risultato che basterà aspettare i naturali pensionamenti). Sembra un contratto vantaggioso? Certo che lo è, ma per chi?

Facciamo i conti: la CIN paga 380 milioni (200+180) e mantiene rotte e livelli occupazionali, ma siccome della CIN fanno parte tre armatori che a loro volta possiedono la MSC Crociere, la Grimaldi e così via, è ovvio che si troveranno in condizioni di monopolio. Ma c’è un’altra cosa, riprendiamo la cifra di 380 milioni, in realtà la CIN a ben vedere in pochi anni riavrà i soldi spesi direttamente dallo Stato italiano, infatti vi ricordate cosa abbiamo detto all’inizio? Lo Stato si impegna a garantire un contributo di 72 milioni per 8 anni; e quanto fa in totale? 576 milioni di euro.

Ripetiamolo così è chiaro a tutti: la CIN paga 380 Milioni, e lo stato gliene restituisce 576 in 8 anni, credo sia uno dei pochi casi in cui il venditore ci perde clamorosamente. E io mi chiedo, perché lo Stato perde sempre in queste operazioni? Sarà sfortuna? Sarà incapacità nel negoziare? Non lo so, ma una cosa è certa, noi paghiamo perché qualcuno si pigli una società.

Ovviamente questa cessione non va giù ai vertici della regione Sardegna, i quali però hanno le mani legate proprio dalla UE che ha imposto la vendita della Tirrenia. L’unica chance adesso è quella di accordarsi per evitare che i sardi siano troppo penalizzati e si trovino di fronte a rialzi consistenti dei biglietti per traghetti e navi.

“Riceviamo e pubblichiamo” di Mario Pezzati

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Ricostruiamo l’Italia sul merito

postato il 26 Luglio 2011

Due milioni di giovani nullafacenti, cinquemila ogni anno lasciano lasciano l’Italia verso gli Stati Uniti o l’Europa centro-settentrionale. Con questi numeri appare evidente che ci stiamo dimenticando di gettare le fondamenta per il nostro futuro, il futuro dell’Italia. La reazione del mondo politico alla cosiddetta “fuga di cervelli” e al mondo della disoccupazione (soprattutto giovanile) è impalpabile.

Solo partendo dal merito e dalle energie più positive l’Italia sarà in grado di tornare a crescere valorizzando i suoi talenti, facendo sì che i giovani meritevoli possano rimanere nel loro Paese, per contribuire all’edificazione della nuova società.

Ecco quindi le proposte:
− premiare gli studenti meritevoli restituendo loro una piccola parte delle tasse versate; tale importo potrà essere utilizzato per aumentare ulteriormente il livello di conoscenza attraverso l’acquisto di libri e o abbonamenti a giornali o attraverso l’iscrizione a corsi di specializzazione post universitari;
− responsabilizzare i singoli Istituti scolastici che dovranno decidere di destinare le risorse disponibili agli studenti davvero meritevoli;
− concretamente, facilitare l’incontro tra domanda e offerta di lavoro premiando i giovani di talento con una visibilità maggiore ;
− diminuire il fenomeno del “brain drain”;
− simbolicamente, rendere evidente che le Istituzioni tutte credono nella necessità di sostenere il merito.

Clicca qui se credi anche tu che per l’Italia sia fondamentale investire sui giovani e sul futuro. Firmare la petizione.

“Riceviamo e pubblichiamo” di Andrea Magnano

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Rassegna stampa, 25 luglio ’11

postato il 25 Luglio 2011
La nostra rassegna stampa di oggi si muove su due piani, uno di politica interna e uno di politica estera. Sul primo piano, troviamo le difficoltà interne alla maggioranza, con le frizioni tra Pdl e Lega: Alemanno, su Repubblica, chiede infatti che gli alleati nordisti vengano fortemente ridimensionati, mentre sia Maroni che il Pd hanno bocciato l’idea esposta ieri dal Presidente Fini di un nuovo governo guidato dal Ministro dell’Interno e sostenuto da Terzo Polo e Pd. Ma, come fa notare anche Claudio Cerasa sul Foglio, dentro la Lega Nord le cose cambiano rapidamente e la situazione assomiglia tanto al Pd dell’epoca Prodi: al comando formale c’è Bossi, ma de facto avanza Maroni. Sul piano, invece, di politica estera, ovviamente ci si concentra sulla tragedia in Norvegia: il terrorista ha confessato (leggete da Corriere e Repubblica) e, tra le sue carte, si è scoperto anche di progetti d’assalto anche all’Italia; Introvigne sul Giornale spiega il perché di questi attacchi, che – come racconta La Sicilia – avevano nel proprio mirino anche delle raffinerie siciliane, mentre Vietti sul Foglio sottolinea alcuni particolari interessanti sul “fondamentalista cristiano”. Infine, sempre sul Giornale, trovate un editoriale di Vittorio Feltri, sui giovani rimasti uccisi, che oggi ha fatto discutere molto – e non pacificamente – tutta la rete italiana.

“No a Maroni premier”: il Pd boccia l’idea di Fini (Repubblica)

Calderoli: “Il nuovo Guardasigilli? Uno che non parli non i legali del premier” (Ugo Magri, La Stampa)

Bindi: “Disposti a sostenere un nuovo esecutivo ma gli attuali componenti stiano fuori” (Goffredo De Marchis, Repubblica)

Che cosa hanno in comune Maroni e Veltroni (Claudio Cerasa, Il Foglio.it)

Alemanno: “La Lega va ridimensionata” (Silvio Buzzanca, Repubblica)

Cosa si giocano Destri e Sinistri (Mario Sechi, Il Tempo)

Il Pd giustizialista stavolta non si salva (Fabrizio Rondolino, Il Giornale)

Giustizia, si riparte dal processo lungo (Dino Martirano, Corriere)

La confessione del killer (Serena Natale e Luigi Offeddu, Corriere)

“Ho fatto tutto questo da solo. Mi chiameranno il Mostro più grande” (Repubblica)

Sul “fondamentalista cristiano” (Piero Vietti, Il Foglio.it)

Perché voleva colpire l’Italia e Ratzinger (Massimo Introvigne, Il Giornale)

Anche le raffinerie siciliani di Augusta, Gela e Milazzo nel mirino del killer: “Traditori, gli italiani devono pagare” (Salvatore Lussu e Fausto Gasparroni, La Sicilia)

Quei giovani incapaci di reagire (Vittorio Feltri, Il Giornale)

Vizzini: “È vero, c’è una cappa dei potentati io sono pronto a lasciare il partito” (Emanuele Lauria, Repubblica)

Sinistra e gay contro la cognata di Casini (Leonardo Berberi, Corriere)

L’inquietudine dei cattolici (Ernesto Galli Della Loggia, Corriere)

Largo ai giovani (56enni) (Gian Antonio Stella, Corriere)

Commenti disabilitati su Rassegna stampa, 25 luglio ’11


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