Renzi cambi spartito. Deve unire, non può solo dividere
L’intervista di Monica Guerzoni a Pier Ferdinando Casini pubblicata su Il Corriere della Sera
Pier Ferdinando Casini sa bene che «chiedere a Renzi di essere meno Renzi è un’impresa disperata». Eppure, per scongiurare che il rottamatore finisca vittima della rottamazione, l’ex presidente della Camera azzarda alcuni suggerimenti: «Io consiglio a Renzi di cambiare spartito e di riflettere sui dati elettorali. Con molta serenità e, se ne è capace, con una certa dose di autocritica».
Renzi stai sereno?
«Non esiste solo il problema, molto sentito, di una divaricazione tra il vecchio e il nuovo: anche in Italia l’insoddisfazione del ceto medio ha cambiato profondamente la tipologia del voto tradizionale. Esiste un fenomeno parallelo, la rottamazione del potere».
«In un tempo caratterizzato dalla velocità, dopo due anni di presidenza del Consiglio è Renzi a rappresentare il potere, più di ogni altro».
Troppo potere nelle mani di un uomo solo?
«La solitudine nella gestione del potere comporta un onere evidente. Quando io lo sento dire “ho rinnovato troppo poco” oppure “il voto ai Cinquestelle è un voto di proposta e non di protesta” mi preoccupo, perché temo che scelga la spiegazione più semplice».
Dove ha sbagliato Renzi?
«Il potere ce l’hanno anche Merkel e Cameron, due leader che hanno cercato di superare i vecchi steccati e si propongono come elementi unificanti dei loro Paesi. Davanti alla protesta loro non incarnano una protesta di serie B, ma la soluzione politica. Renzi dovrebbe unificare, non solo dividere. Ha diviso il Pd, lasciato al suo destino una parte della maggioranza e non è riuscito a essere elemento unificante neppure con la sua opposizione».
E la «santa alleanza» tutti-contro-uno?
«Renzi dovrebbe riflettere sulla fine del patto del Nazareno, con cui era riuscito a dividere la componente moderata del centrodestra dagli estremisti, oggi riuniti in nome dell’antirenzismo. Un parlamentare di maggioranza mi ha posto un interrogativo inquietante al quale non ho saputo rispondere. “Ma noi siamo destinati a morire per Renzi o a competere assieme a lui, candidandoci nella sua squadra?”».
Voterà sì al referendum?
«D’Alema dice cose opinabili, ma sul referendum non mi convince. Un no avrebbe una ricaduta negativa a livello mondiale. Eppure mi chiedo che bisogno ci sia di questa corsa contro il tempo per votare alla fine dell’estate, iper personalizzando il referendum. È un altro modo di procedere sbagliato e lo dico io, che non ho esitazioni a votare sì».
Perché va contromano rispetto ai tanti ex diccì che sono nel fronte del No?
«Sarebbe puro fregolismo, se chi ha votato la riforma in Parlamento si battesse per farla bocciare nel Paese. Neanche a me piace la campagna impostata da Renzi, ma sarebbe irresponsabile rinunciare alla sostanza per la forma».
Consiglia al premier di far slittare il referendum?
«Non vedo la necessità di farlo a ottobre. E non capisco l’intangibilità di una legge elettorale che può benissimo prevedere la possibilità di una coalizione. È una cosa condivisa e metterebbe al riparo Renzi dalle critiche di voler fare tutto da solo».
Lei ha sostenuto Berlusconi, Monti, Letta e ora si smarca da Renzi.
«Da Berlusconi mi sono smarcato rinunciando al governo, mentre rivinceva trionfalmente. Monti l’ho sostenuto con la stessa logica di Letta e Renzi, convinto che di fronte alla crisi drammatica in Europa lo schema sia quello della convergenza nazionale tra i socialisti e i popolari. Dove essa non realizza c’è l’ingovernabilità, come in Spagna».
Se perde il referendum, Renzi si deve dimettere?
«Nostro dovere è dargli i consigli giusti perché lo vinca, poi ognuno è artefice del proprio destino. Di dimissioni ha parlato lui ed è stato un altro degli sbagli che ha fatto».
L’Udc è spaccata e così Area popolare, come pensa di ricomporre i cocci?
«La contabilità dei centrini non mi interessa. Parlo da parlamentare libero, che non ha tessere e aspira solo a esprimere le proprie idee. Ho fatto politica di partito per decenni e non ne sento la nostalgia».