postato il 26 Novembre 2011 | in "In evidenza, Media e tecnologia, Riceviamo e pubblichiamo"

Perché #lacquadelsudnonsivede? Per un uso responsabile di Twitter

“Riceviamo e pubblichiamo” di Giuseppe Portonera

Avevo, colpevolmente, mancato la lettura dell’ultimo post che Dino Amenduni ha scritto per il suo blog sul Fatto Quotidiano. As usual, si tratta di un interessante approfondimento sul rapporto che intercorre tra l’uso dei social network e il loro corrispettivo “buon utilizzo”: è un tema che merita un’analisi completa e attenta. Per Dino, è necessario utilizzare “responsabilmente” i vari strumenti che il Web ci mette a disposizione, Twitter e Fb in primis, perché “i social media offrono possibilità inedite e questo non può essere mai ignorato dagli utenti. Eppure accade molto spesso. Specie quando si usano gli strumenti della Rete in modo istintivo, irrazionale, im-mediato”. La “responsabilità” sta proprio in questo, quindi, nel rendersi conto che Twitter, insieme agli altri social network, è ormai “lo strumento ideale per rendere visibili sentimenti collettivi” e che pertanto non può essere utilizzato in modo decontestualizzato, quasi fosse solo un sfogatoio o un pensatoio raccogli pensieri. Del resto, come abbiamo sempre sostenuto anche noi, i social media – come ogni altro mezzo di comunicazione – sono di per sé “neutri”: è l’utilizzo che il proprio bacino di utenza ne fa, a caratterizzarli come strumenti utili e innovativi o come inutili e passivi o addirittura pericolosi.

Già in occasione della tragica alluvione di Genova di qualche settimana fa, proprio su questo blog, avevo sottolineato come, in situazioni difficili e di emergenza, un uso maturo e responsabile dei social network fosse, oltre che utile, anche “positivamente impressionante” (per riprendere la definizione di @robertorao). Twitter aveva agito da acceleratore, catalizzando tutta la tensione emotiva dei vari utenti e spianando la strada alla libera e rapida circolazione di informazioni dirette (anche se, come ha sottolineato @_arianna, il rischio di “autoreferenzialità” era forte) e dando l’opportunità a ciascuno di noi di “renderci utili”. Lo stesso virtuoso meccanismo, purtroppo, non si è ripetuto con l’altrettanto terribile alluvione di qualche giorno fa in Sicilia e Calabria: il flusso di tweets è stato notevolmente inferiore e l’unico hashtag che è arrivata in TT, rimanendoci tra l’altro per pochissimo tempo, è stata #Saponara; mentre è nata un’altra hashtag (giustamente?) polemica, #lacquadelsudnonsivede. Ci troviamo, in sostanza, di fronte a due casi (quasi) paralleli: due terribili inondazioni, due terribili occasioni di morte, ma due – purtroppo – trattamenti mediatici differenti. Perché? Ha ragione Francesco Merlo, che – su Repubblica – ha sostenuto che è tutto passato inosservato perché “non c’è persona che non pensi che aiutare il Sud possa risultare pericoloso”? Davvero la tragedia di Genova ci ha coinvolti perché ha colpito una terra “virtuosa”, mentre quella che ha colpito Messina no, perché il nostro Sud è visto come un “luogo dove la disgrazia è considerata endemica”?

Io continuo ad augurarmi di no. Mi sforzo di pensare che ci siano altri motivi, altre spiegazioni. In attesa di trovarli, voglio però riflettere su un dato a mio parere fondamentale: l’alluvione messinese è passata inosservata non solo sui “newmedia”, ma anche su quelli tradizionali, sui giornali, sui tg; l’esatto opposto era invece avvenuto per Genova: migliaia di tweet, grandi paginate e lunghi servizi. Esiste dunque un rapporto di reciproca influenza tra new e old media? Ecco, secondo me questo si inscrive perfettamente nella discussione di cui sopra: l’utilizzo responsabile dei social media dovrebbe misurarsi anche sui parametri dell’indipendenza che questi dimostrano di avere nei confronti degli altri canali di comunicazione. Sono convinto, infatti, che se gli utenti twitter avessero puntato la loro attenzione su #Saponara, i quotidiani e i telegiornali se ne sarebbero dovuti accorgere, per forza (per quella celebre storiella del “popolo-della-rete”). E invece questo non è successo. L’acqua del Sud, per l’appunto, non si è vista, è finita in secondo piano. Ma gli utenti twitter italiani non l’hanno considerata meritevole di attenzione fino in fondo di loro sponte o perché sono state, prima di loro, le principali agenzie comunicative a relegarle a terza o quarta notizia?

Questo è una domanda che giro a voi. Di una cosa sono certo, però: la Rete non può essere “regolamentata” da agenti esterni; il processo di “responsabilizzazione” deve essere interno e automatico, deve nascere direttamente dagli stessi utenti. La consapevolezza di avere tra le mani uno strumento dalle potenzialità infinite deve essere accompagnata dalla comprensione che il suo utilizzo deve essere “competente”, deve essere “attento”. È indubbiamente difficile, però, come spiega bene Dino, “bisogna provarci, sapendo che i social media costruiscono e distruggono con la stessa potenza e facilità”.

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