Libia: Onu prenda iniziativa forte
Il mio intervento a seguito dell’Informativa del Ministro Gentiloni sui recenti sviluppi della situazione in Libia
Signor Presidente, innanzitutto vorrei rivolgere a lei un ringraziamento perché, finché c’è il bicameralismo, ritengo che sia giusta la richiesta che lei ha fatto nelle scorse ore al Governo di venire a riferire qui in Senato, dopo essere stato alla Camera dei deputati, perché quello che si sta svolgendo in quest’Aula è un dibattito centrale per i problemi dell’Italia e per il nostro Mediterraneo. La seconda considerazione che voglio fare è che in poco tempo è difficile affrontare un argomento così complesso come quello della Libia, ma voglio dire che sono rassicurato dalle parole che ci ha detto oggi il ministro Gentiloni, mentre lo ero molto meno dall’alternanza di voci di questi giorni, che non hanno fatto sempre chiarezza della posizione italiana. Lei oggi, signor Ministro, è stato chiaro e limpido; non ripeterò le cose che ha detto, su cui sono totalmente d’accordo. Prima di assumere o di annunciare decisioni su questioni così delicate, infatti, è necessario riflettere sul passato e sugli errori che abbiamo fatto. Vedete, colleghi, da qualcuno spesso viene detto che è stato un errore l’azione militare francese contro Gheddafi, con argomenti sostenuti peraltro da una logica: avevamo un terribile dittatore, oggi ne abbiamo tanti che emulano Gheddafi e che rendono ancora più confusa la situazione, annullando qualsiasi statualità in Libia.
Qualcun altro ritiene che sia stato comunque positivo scacciare una persona come Gheddafi. A me in questo momento non interessa però l’analisi storica sull’utilità o meno di quell’azione. Mi interessa invece analizzare fino in fondo gli errori che abbiamo fatto perché, giusta o sbagliata che fosse l’azione nei confronti di Gheddafi, l’errore più grande che la coalizione ha fatto è stato pensare di risolvere la questione intervenendo e lasciando la Libia al suo destino. Ma in una condizione così confusa, con questioni tribali, etniche, religiose e localistiche, come si poteva pensare di aver esaurito il compito nei bombardamenti a Tripoli e nelle zone limitrofe, o cacciando Gheddafi? Non possiamo rifare, magari per le migliori intenzioni e con le migliori intenzioni, gli stessi errori che abbiamo commesso in passato. Quanto all’azione militare, scusate, onorevoli senatori, ma contro chi? Per che cosa? Con quale modalità? Ci sono i buoni e ci sono i cattivi. Come lei ha detto molto bene oggi, signor Ministro, la situazione è talmente intricata che già parlare di azioni militari è un controsenso, se non sappiamo a chi in qualche modo questa azione militare dovrebbe giovare e nei confronti di chi dovrebbe essere instaura un’alleanza militare in una condizione che oggettivamente è di confusione a 360 gradi. Consentitemi, poi, non siamo ingenui: tutto possiamo pensare di poter in tollerare in politica estera, ma non l’ingenuità, che è un peccato mortale e delle migliori intenzioni sono lastricate le vie dell’inferno. E allora, quando si dice che adesso c’è il Daesh o l’ISIS in Tripolitania, in Libia, non dimentichiamo che c’è un’azione di franchising molto ben descritta dal nostro Ministro per cui alcuni gruppi estremisti ammainano le loro bandiere e tirano su quelle nere del Daesh così da avere una visibilità maggiore, perché anche nel mondo del terrorismo ci sono le logiche che appartengono a volte ad altre comunità umane e ad altri contesti e non voglio fare esempi, perché ne potrei fare a iosa. Allora cerchiamo di capire che l’alternativa a seminare con il dialogo politico il terreno della Libia non c’è. Ripeto: non c’è. Certo, è insufficiente. Benissimo, è insufficiente; dobbiamo fare di più. Ma il dialogo politico è il presupposto per tutte le azioni, perché altrimenti descriviamo una realtà che non c’è. Il dialogo politico è fondamentale. Questo è il motivo per cui dobbiamo essere grati anche alla diplomazia italiana che, fino all’ultimo, ha cercato di tenere alto quel Tricolore a Tripoli: non era un esibizionismo nazionale, ma il tentativo, da quella sede, di avere il dialogo politico con tutte le parti. Scusate, voglio dirvi un’altra cosa. Le polemichette che vediamo nei nostri giornali in ordine al coinvolgimento possibile o presunto in queste vicende del professor Prodi (che stimo moltissimo e che è un grande amico, oltre che un italiano che certamente ci fa onore) sono ridicole. Ripeto: sono ridicole. Il più delle volte non hanno attinenza con quella che è la realtà dei fatti. Oggi abbiamo un mediatore dell’ONU, Bernardino León. Cerchiamo di sostenerlo, ma soprattutto cerchiamo di sostenere un dialogo politico, perché ognuno di questi Gruppi ha alle spalle qualcheduno (magari quei Paesi che condannano il terrorismo, ma che poi lo finanziano). Questo è un problema che dobbiamo affrontare tenendo presente che ci sono dei vicini. Gli egiziani, benissimo. Colleghi senatori, ci sono gli egiziani, ma anche gli algerini e ci sono anche i tunisini. Sappiamo che a volte un’azione egiziana può essere non certamente accettata da quelli che stanno dall’altra parte della Libia con la benevolenza con cui invece la vediamo noi. Il dialogo politico non deve allora essere solo con le fazioni, ma deve essere con i Paesi limitrofi. In questo c’è il ruolo dell’Europa e degli Stati Uniti, perché questo è l’elemento fondamentale per creare una rete protettiva e preventiva. L’intervento ci può essere: forse ci sarà anche, ma deve essere l’ultimo punto di un tassello, perché altrimenti andremo a fare guai aggiuntivi ai guai esistenti. A questo proposito vorrei dire una cosa, perché il mio Vice Presidente, il senatore De Cristofaro, ha parlato di Mare nostrum. Anche in questo caso, siamo fieri del nostro Paese e lo dico alla presenza del nostro nuovo senatore a vita, o, meglio (visto che senatore a vita lo era anche prima), del nostro nuovo senatore rientrato a pieno titolo, il presidente Napolitano. Siamo fieri di quello che l’Italia è e di come è. Siamo fieri che gli italiani aiutino gli altri in mare, però, colleghi, l’ingenuità non ci è consentita. La criminalità organizzata e le bande che troviamo con quei vessilli neri sono le stesse che obbligano i disperati ad imbarcarsi con il mare in burrasca, perché cercano le stragi, così da indurre la comunità occidentale e l’Italia ad atteggiamenti che giocano sul senso di umanità che è tipico della nostra società. Stiamo quindi attenti: quando parliamo di immigrazione clandestina, parliamo di uno strumento di guerra, perché queste persone lo usano come strumento di guerra verso l’Italia e l’Europa. Dobbiamo quindi essere un pochino disincantati. Senatore De Cristofaro, mi consenta anche di collegarmi al richiamo che ha fatto agli F-35. Mi scusi, ma dobbiamo stare attenti e rimanere ancorati agli obblighi e ai programmi che non sono programmi di guerra, ma programmi di pace. Infatti, senza la dissuasione di un equipaggiamento adeguato, finiamo per andare in un mondo che è ancora più difficile di quello che abbiamo frequentato fino a ieri, cioè un mondo in cui ci sono focolai di guerra ovunque, senza alcuna capacità difensiva e dissuasiva. Per cui, se c’è un momento in cui anche il problema dell’equipaggiamento delle nostre forze militari va visto con grande attenzione, è proprio questo. Comunque io penso che il Governo sia oggi sulla linea giusta; lo è stato già con i discorsi chiari, che ho condiviso, del presidente Renzi nella giornata di ieri. Domani ci saranno altri incontri internazionali. Oggi si riunisce il Consiglio di sicurezza dell’ONU; noi ci auguriamo che in quella sede ci possa essere un contributo forte ad un’iniziativa forte, che in questa fase deve essere ancora un’iniziativa diplomatica.