postato il 20 Gennaio 2021 | in "Politica, Rassegna stampa"

«Il premier è passato dai leghisti al Pd, figurarsi se non supera una lite con Iv»

Il conflitto è stato aspro, il tema è se vogliamo restare prigionieri della contesa o invece andare avanti

L’intervista di Francesco Malfetano pubblicata sul Messaggero

Presidente Casini, in aula ha chiesto a Conte e Renzi di recuperare un «filo comune per andare avanti assieme». Ha cioè dettato in Aula una lezione della vecchia Dc, impartendola a chi oggi basa la politica sugli ultimatum.
«Io non sono convinto che le ragioni dell’aritmetica coincidano con quelle della politica. Ed è per questo che non mi interessa quanti saranno i voti della coalizione. So solo che usciamo dalla crisi più deboli di quando ci siamo entrati in un momento in cui tutta Europa cerca di ampliare al massimo la condivisione, noi la restringiamo. E questo mi preoccupa più delle questioni di principio che pure ci sono».

Si riferisce al fatto che una maggioranza raccogliticcia non sia in grado di dare vera forza all’esecutivo?
«Io non biasimo i parlamentari che sostengono il governo, li rispetto. Non mi piace il doppiopesismo, considerando che al governo c’era chi li riteneva voltagabbana pericolosi per la democrazia. Bisogna usare lo stesso metro sempre. Io dico che un conto è una forza politica organizzata di un ex presidente del Consiglio, un conto sono parlamentari in ordine sparso».

Lei ha citato Moro proprio su questo punto.
«Io ho citato una famosa frase di Moro ai gruppi parlamentari della Dc, cioè meglio sbagliare assieme che avere ragione da soli. Ora il conflitto tra Conte e Renzi è stato aspro, i toni sono stati a volte oltremisura, da parte di entrambi. Il tema è questo, vogliamo restare imprigionati in questa contesa tra i due o cercare di andare oltre. Lo stesso Conte, che ha l’onere di recuperare il governo, si adoperi in uno sforzo supplementare. Io me lo auguro per la coalizione e per non fare un favore al sovranismo di Salvini e Meloni perché un governo che esce più debole da una crisi come questo è un governo che concede all’opposizione di vivere di rendita».

Dalla Dc ha mutuato anche il messaggio che non c’è nulla di incancellabile.
«Conte non è una dama di San Vincenzo, è un signore che ha governato con Salvini e con il Pd, che ha elogiato Trump e ora elogia Biden. Se ha litigato con Renzi può trovare le ragioni per superare il litigio. La vita politica è fatta di asperità ma anche di superamento degli scontri. Bisognerebbe farlo, sempre per il bene della coalizione».

Al netto dei personalismi dei protagonisti, che ruolo può giocare il Pd in questo scontro?
«Oggi la responsabilità di decidere la linea è di Conte e del Pd. Ecco io al Pd, a cui riconosco di essere stata la forza cardine dell’europeismo italiano in questi anni e che è un partito che ha mostrato grande senso di responsabilità, consiglio di capire se il gioco vale la candela. Modestamente mi permetto di suggerire che non è così e che c’è la necessità di uno sforzo ulteriore. Come si dice in questi casi chi ha più intelligenza la adoperi».

Non si aspetta nulla dal Movimento 5Stelle mi pare.
«In questo momento non è la forza trainante del governo, il M5S è un movimento rispettabile ha governato prima con Salvini poi con il Pd, ma è in preda anche a questioni interne molto complicate. Io li rispetto ma non mi aspetto nulla, mi aspetto che il Pd faccia un gesto».

Di che tipo?
«Ci sono tanti modi di farlo. Uno ad esempio può prendere la fiducia in Parlamento e andarsi a dimettere. In fondo lo fece anche Berlusconi prima di Monti. Ora qui l’epilogo può essere diverso perché non c’è un Monti che si sta scaldando in panchina ma probabilmente ci sarebbe un incarico per il Conte-ter. Anzi devo dire che se dopo aver preso la fiducia Conte andasse a rimettere il mandato al Quirinale allora si spiegherebbe tutto. Darebbe un senso anche alla caccia del voto. Il quadro prenderebbe una forma, il governo anche nella trattativa con Renzi sarebbe più forte però non si smarrirebbe la ragione dello stare assieme».



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