postato il 5 Settembre 2020 | in "Politica, Rassegna stampa"

«I parlamentari non si riducono così, l’antipolitica lascia irrisolti i problemi»

Il Pd paga lo sforzo per creare il governo, ma anche M5S non ha alternative

L’intervista di Marco Conti pubblicata sul Messaggero

Presidente Casini, sul taglio dei parlamentari ha votato quattro volte No. Pentito?
«Assolutamente no. In qualità di decano ho sempre difeso la centralità del Parlamento contro l’idea robesperriana che tagliando le teste dei parlamentari si risolvono i problemi della democrazia italiana. E’ un’equazione inaccettabile pensare che con l’antipolitica si risolvono i problemi della politica».

Invece?
«I problemi della politica si risolvono con la buona politica. Tagliare le teste senza porci il problema di come arrivano i parlamentari in Parlamento, è una follia. Io sono arrivato quarant’anni fa. I miei elettori mi conoscevano e mi votavano. Le preferenze, delegittimate a lungo, sono state in realtà lo strumento di trasmissione tra il Paese e la sua classe dirigente. Non poteva capitare che in una provincia di Roma non conoscessero i nomi dei propri rappresentanti sia essi democristiani, comunisti o missini. Oggi nessuno sa chi sono i propri rappresentanti. Questa è stata una delle ragioni che ha favorito l’antipolitica perchè quando manca la conoscenza di una persona eletta alla quale si può rivolgere la critica, si crea una spaccatura».

Si dice che è un primo passo
«La Costituzione è una cosa seria, non si possono tagliare parlamentari senza porsi il problema che alcuni territori rimarranno senza rappresentanti e senza distinguere il lavoro delle due camere».

Quindi è stato un errore accelerare il quarto voto alla riforma?
«Occorreva legare il voto ad un disegno organico di riforma e allora una riduzione dei numeri poteva essere addirittura utile. Invece si è proceduto affannosamente a votare per soddisfare i 5S e si è lasciato per strada il resto».

E ora?
«La riforma passerà, ma dopo tanti anni in politica posso dire che queste battaglie sono quelle che vanno la pena combattere».

Il Pd sta cercando di recuperare. Si riuscirà a portare a compimento una mini riforma costituzionale che accompagni il taglio e la legge elettorale?
«Me lo auguro, ma sono scettico. Bisognava unire il pacchetto al quarto voto in Parlamento. E’ evidente che il Pd è in una situazione delicata perché paga lo sforzo che generosamente ha fatto per creare il governo. Mi limito però sommessamente a far notare che non è che i 5S abbiano alternative! Negoziare in modo vigoroso con i cinquestelle è importante perchè non sono al governo per fare un favore al Pd, ma perchè temono il voto».

Inoltre a sostegno del referendum c’è anche buona parte dell’opposizione
«Infatti, a parte Berlusconi, il contributo al Sì è notevole. Anche perché questa è l’eredità più piena del governo gialloverde».

Nel frattempo si lavora sulla legge elettorale e si parla di ritorno delle preferenze. Lei dovrebbe essere contento?
«Ho visto cambiare le leggi elettorali tantissime volte e quasi sempre chi le ha fatte le ha congegnate sperando di potersi salvare politicamente. Ricordo che quando si fece il mattarellum, nella Dc si diceva che al Nord vincerà la Lega, al centro i Ds e al Sud noi. Non andò così. Gianfranco Fini, all’approvazione della legge mi disse salutami quest’Aula perchè non la vedrò più. Ed invece dopo qualche mese era al governo».

E le preferenze che vogliono ora i grillini?
«E’ vero che un Parlamento che ha meno rappresentanti, deve assolutamente restituire lo scettro ai cittadini. Perché se con un’ampia rappresentanza la selezione poteva essere anche verticistica, con il taglio serve restituire la centralità all’elettore».

Però i collegi saranno molto ampi, le campagne elettorali molto costose. Non c’è il rischio di corruzione, voto di scambio?
«Non si può costruire un sistema senza rischi in una democrazia. Questi ci sono nelle baronie dei collegi uninominali e nelle baronie delle preferenze. Servirà fare delle regole con contingentamenti dei costi delle campagne elettorali, i controlli».

Prima accennava al timore di un voto anticipato. Esiste un rischio?
«Non lo vedo. Il governo Conte non credo si giochi la sopravvivenza il 20 settembre. Piuttosto mi auguro che abbia la capacità di rispondere alle emergenze sociali del Paese. La prima è la riapertura delle scuole, se è vero che i giorvani sono la nostra priorità, poi il recovery fund e del Mes. E occorre presentare non una cascata di progetti, ma avere la forza di selezionare le priorità per recuperare i ritardi dell’Italia. Meno progetti ci saranno e più credibile sarà l’operazione».



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