Ddl intercettazioni: il pensiero di un giovane blogger
Oggi, venerdì 9 luglio 2010 è una giornata storica. Per lo sciopero dei mezzi di trasporto pubblico? E che sarà mai? Vorrà dire che andrò alla posta e al supermercato a piedi o, come faceva mio nonno, con la bicicletta. Tanto fa caldo, siamo entrati a pieno regine nella stagione estiva e non dovrebbe piovere. Ma no, oggi c’è un altro sciopero, non so se più importante, ma certamente rilevante: quello dell’informazione. Uno sciopero in cui i giornali non sono stati stampati, i telegiornali non sono andati in onda, o al massimo sono andati in onda ma senza servizi, e i giornali on-line non sono stati aggiornati. Ed è proprio on-line il luogo dove ha inizio la vera battaglia virtuale. Finalmente i blogger come me, anche se non giornalisti, possono diventare protagonisti. Una categoria lavorativa non riconosciuta e non ancora annoverata tra quelle professionali, senza alcuna disciplina, che attraverso un canale di comunicazione non convenzionale, alternativo, fatto di blog, web tv, social network come Facebook e Twitter, si confronta a viso aperto con le Istituzioni del nostro Bel Paese. E senza gridare, senza scendere in piazza a manifestare con bandiere e striscioni, bensì col silenzio intendiamo esprimere il nostro dissenso per un disegno di legge che limita la libertà di informazione. Con le manette alle mani, non saremo in grado, per 24 ore, di digitare sulle tastiere QWERTY dei nostri personal computer nessuna parola, nessun pensiero compiuto, né di caricare immagini o video. Questo è l’unico post anti-post di questa giornata sul mio blog, che è necessario per spiegare agli amici, agli utenti del web, ai naviganti dell’internet-spazio, che il ddl del Governo che vieta la pubblicazione di atti giudiziari e intercettazioni, anche se per qualcuno è considerato “sacrosanto” perché protegge la privacy, non apporta nessuna tutela sul diritto altrettanto sacrosanto dei cittadini a conoscere le cose, e limita l’attività di diffusione delle notizie di giornali, radio, televisioni e blog.
Dal comunicato FNSI (Federazione nazionale della stampa italiana) si legge: “Una giornata di silenzio per protestare contro il disegno di legge Alfano che limita pesantemente la libertà di stampa e prevede pesanti sanzioni contro editori e giornalisti che danno conto di fatti di cronaca giudiziaria ed indagini investigative”.
Dal sito del Corriere.it si legge: “Una giornata di silenzio che in realtà serve a parlare. Una giornata senza radio, televisioni, giornali e siti Internet per far sì che siano i cittadini a rivendicare il proprio diritto a essere informati. Perché la protesta indetta dalla Federazione nazionale della stampa non è la difesa corporativa dei giornalisti, ma il grido di allarme di chi si preoccupa per gli effetti che avrà la nuova legge sulle intercettazioni: limiti forti alla possibilità di diffondere notizie; di fare informazione”.
E ancora: “Si parla di intercettazioni, ma quello che riguarda le conversazioni telefoniche e ambientali è soltanto uno dei tanti divieti di pubblicazione. Nessun colloquio registrato potrà mai più essere reso noto fino alla celebrazione del processo, così come gli atti di indagine anche non più segreti, perché ormai conosciuti dalle parti. «Bisogna salvaguardare la privacy dei cittadini», ripetono i sostenitori della legge. Principio sacrosanto, è vero, ma che va salvaguardato senza intaccare il diritto-dovere dell’informazione. La scelta di imporre ai giornalisti di poter soltanto riassumere le carte processuali in realtà aumenta il pericolo che il contenuto di ogni documento possa essere riportato in termini lacunosi o strumentali. E priva persino gli indagati o gli arrestati della possibilità di utilizzare, per far valere le proprie ragioni, quanto affermato dal giudice o dalla pubblica accusa. Almeno fino al dibattimento. In quella sede la privacy evidentemente non si deve più tutelare, visto che anche le intercettazioni potranno comunque diventare pubbliche”.
Il timore è quello di perdere la libertà di raccontare l’attualità politica, economica e sociale dell’Italia, il rischio è quello di non trovare più articoli, inchieste, commenti, critiche, pareri su determinati argomenti, e si finirà a parlare solo di cani abbandonati, torte di mele e calcio-mercato, dimenticandosi dei veri problemi. Sotto l’ombrellone, mentre alla Camera e al Senato passeranno provvedimenti legislativi, gli italiani dovranno trovarsi un altro svago alternativo alla lettura del giornale, come ad esempio una bella partita a burraco o a bocce.
Molto bello questo post.
Io aggiungerei anche che la possibilità di accesso ai documenti, grazie al decreto, sarà riservata ai soli giornalisti iscritti all’albo, impedendo, così, la possibilità di effettuare attività di inchiesta a blogger come te e, persino, a coloro che hanno un patentino da pubblicista.
Diritto-dovere d’informazione non può significare autorizzare ad infangare il nome di una persona della cui colpevolezza non si è ancora certi. All’opinione pubblica può bastare sapere che quella persona è indagata, in attesa del giudizio.
Bello. !!
Complimenti Daniele
Il web e’ prima di tutto liberta’ di partecipazione, continua a scrivere i tuoi pensieri, comunica Daniele!
Si tratta di un decreto che tutelerà soltanto la privacy del potere e per questo deve essere combattuto.
A Ferdinando:credo che il rischio più grande sia invece proprio quello di una totale disinformazione dell’opinione pubblica,considerando che i fatti si verrebbero a conoscere dopo anni e considerando ancora che la gran parte dei soggetti che oggi contribuiscono grandemente alla nostra informazione,penso a tutti coloro che non hanno la qualifica di giornalista professionista,non sarebbero più leggitimati a farlo.Temo che la perdita di documentazione sarebbe enorme.
Buongiorno
“«Bisogna salvaguardare la privacy dei cittadini», ripetono i sostenitori della legge. Principio sacrosanto, è vero,”
Così scrive Daniele Urciuolo. No, non sono d’accordo! Il diritto alla privacy lo possono rivendicare soltanto coloro i quali non hanno voluto o potuto fare una vita pubblica. Chi ha scelto di fare una vita pubblica, vuoi in politica, vuoi in tv, vuoi in campo imprenditoriale, vuoi nel cinema, ecc. non ha diritto alla privacy. Anche perchè, poi, parecchie persone di questi silenzi ne soffrirebbero. Chi sarebbe oggi Fabrizio Corona se non fosse venuto fuori lo scandalo delle foto rubate e poi rivendute agli interessati (si chiama ricatto?)! Oggi questo nome non direbbe niente a nessuno… poveretto! lei lo avrebbe costretto all’anonimato! Qualche imprenditore avrebbe mai conosciuto qualche signorinetta che veniva condotta nei palazzi del potere, non si sa per quali scopi!!! La D’Addario (ne faccio il nome perchè ripeto cose dette pubblicamente in tv dalla stessa interessata) avrebbe mai avuto approvato il piano casa, o villa, o residence, quello che è insomma, se non ci fosse stato lo “scandalo” dell’anno passato? Avrebbe mai potuto scrivere un libro?
La privacy è stata solo una “cosa” creata per nascondere il malaffare, per non far scoprire gli altarini. Delle risate post terremoto aquilano non si sarebbe saputo nulla… dei lividi di Cucchi non si sarebbe saputo nulla. Sarebbe stato giusto?
Di contro ci sono personaggi famosi della cui vita privata nessuno sa nulla perchè, al di fuori del loro lavoro che li ha resi famosi, ogni sera si ritirano a vita privata e nessuno ne sa più niente.
Chi sceglie di fare una vita pubblica e di trasformare anche la propria vita privata in vita pubblica, non ha diritto ad alcuna privacy. Si rassegnino un po’ tutti.
Se la legge verrà approvata, e sicuramente lo sarà, magari con l’ennesimo voto di fiducia, io andrò a firmare per un eventuale referendum abrogativo.
Una citoyenne