Tutti i post della categoria: Spunti di riflessione

Il processo è breve ma la notte è lunga

postato il 7 Aprile 2011

Tanti italiani sono abituati a lavorare fino a tardi o addirittura a svolgere il proprio lavoro in notturna, a volte con turni massacranti ma sempre per racimolare quanto è necessario per arrivare alla fine del mese. In questi giorni i deputati saranno impegnati ad oltranza, sfruttando quindi le ore della notte, per stare in aula a discutere e votare. “Finalmente” dirà qualcuno, sperando di vedere finalmente un Parlamento che lavoro giorno e notte per il Paese, ma purtroppo le sedute in notturna della Camera dei Deputati sono una richiesta della maggioranza per evitare l’ostruzionismo dell’opposizione e approvare nel più breve tempo possibile la legge sul processo breve.

Sembra incredibile: mentre c’è una guerra in fase di stallo, mentre il canale di Sicilia si riempie di cadaveri e l’emergenza immigrazione spacca l’Italia e l’Europa, i deputati sono costretti dagli strateghi del Presidente del Consiglio agli straordinari per varare una legge che ha l’unico obiettivo di salvare il Premier dai suoi guai giudiziari. Come se non bastasse i ministri di questo governo, che dovrebbero in queste gravi situazioni adoperarsi per risolvere problemi ben più grandi, essendo deputati sono costretti a stare incollati al loro scranno parlamentare per evitare al Governo una nuova Caporetto in materia di giustizia. C’è un evidente scollamento tra il Paese reale, che si affanna e soffre,  e una classe politica impantanata in un dibattito sterile e peggio ancora nella difesa dei privilegi e delle malefatte di pochi. La seduta notturna della Camera per approvare l’ennesima legge ad personam, non è solo una triste cartolina da Montecitorio ma è una metafora della situazione politica: le tenebre nella letteratura di ogni tempo sono anche  il tempo degli operatori di iniquità, il tempo di quanti si nascondo e mettono in atto ogni genere di azione cattiva. Approvare una legge, questo tipo di legge, di notte mentre la gran parte del popolo italiano dorme è una conferma che siamo purtroppo ancora una volta alla “notte della Repubblica”. Se Federico Fellini fosse vivo direbbe nuovamente che “adesso c’è soltanto il sentimento di un buio in cui stiamo sprofondando”. E’ notte, una lunga notte, ma istintivamente tutti noi cerchiamo un po’ di luce.

Adriano Frinchi

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La Russa, Alfano e il cosiddetto decoro delle istituzioni

postato il 31 Marzo 2011

Le ultime convulse giornate parlamentari saranno ricordate come l’ennesimo colpo di mano del Presidente del Consiglio per liberarsi, una volta per tutte, del famigerato “processo Mills” ma possono essere utili per capire l’idea delle istituzioni e della politica di molti esponenti dell’attuale maggioranza. Sorvoliamo sul consueto “abuso di maggioranza” e la continua prevaricazione delle prerogative del Parlamento, che già basterebbero a classificare un certo modo di fare politica, e consideriamo alcuni comportamenti di ministri e deputati. Ha aperto questa galleria degli orrori il ministro Ignazio La Russa che abbiamo visto sbraitare in aula contro il presidente dei deputati del Pd Franceschini e rivolgersi con un sonoro “vaffanculo” al Presidente della Camera. La Russa probabilmente era nervoso per le dure contestazioni ricevute fuori da Montecitorio con tanto di lancio di monetine, e qui però ci sarebbe da chiedere al Ministro dell’Interno Maroni come hanno fatto dei manifestanti ad arrivare così prossimi al portone della Camera dei Deputati  tanto da ostacolare l’ingresso di un parlamentare. Purtroppo La Russa non è stato il solo ministro a rendersi protagonista di scene pietose, si sono infatti uniti a lui i ministri Alfano, Prestigiacomo, Romano, Gelmini e Romani che hanno precipitosamente abbandonato il Consiglio dei Ministri – dove si discuteva di Libia ed emergenza immigrati – per correre a votare un verbale d’aula. Sotto lo sguardo divertito di molti deputati e di molti giornalisti si è assistito ad una corsa dal sapore fantozziano con tanto di difficoltà ad inserire la scheda per votare: “mi si sono intrecciati i diti” avrebbe detto il ragioniere Fantozzi. Non contento della prestazione l’enfant prodige berlusconiano Angelino Alfano ha scagliato la sua tessera contro i deputati dell’Italia dei Valori che poi con fare poliziesco Di Pietro ha mostrato ai giornalisti come se stringesse in mano il corpo del reato. C’e da dire che anche i deputati della maggioranza, forse invidiosi delle prodezze dei propri ministri, hanno cercato di adeguarsi al famoso “decoro delle istituzioni”. Così un deputato (siamo ansiosi di scoprirne il nome) ha colpito il Presidente Fini alle spalle scagliandogli contro un giornale mentre Osvaldo Napoli del Pdl ha pensato bene che in questa situazione era meglio impedire all’assistente della deputata Ileana Argentin (Pd) di applaudire. Peccato che l’on. Argentin abbia bisogno del suo assistente per fare un applauso. Non si vuol fare la morale a nessuno perché può capitare a tutti di perdere le staffe, ma qui siamo davanti a reiterati comportamenti che sono rivelativi di una idea degenere della politica e di uno scarso senso delle istituzioni. I nostri deputati ci tengono a farsi chiamare “onorevole”, abbiano quindi almeno la decenza di far corrispondere a questo appellativo un comportamento consono al ruolo che ricoprono.

“Riceviamo e pubblichiamo” di Adriano Frinchi

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Asia Bibi, se i cuori si induriscono

postato il 28 Marzo 2011

Nel cuore dell’Asia c’è un paese, il Pakistan, dove è in vigore una assurda legge sulla blasfemia che prevede l’ergastolo per chi offende il Corano e la pena di morte in caso di offesa a Muhammad. Prima del 1986, anno di entrata in vigore della legge, non vi erano in Pakistan denunce di blasfemia ma dopo in 20 anni ci sono stati circa 1.000 casi, mentre 70 persone, solo accusate di blasfemia, sono state vittime di esecuzioni extragiudiziali. Ma bisogna annoverare in questa tragica lista anche i nomi di quanti sono morti per essersi soltanto opposti alla legge sulla blasfemia: il  musulmano, Salman Taseer, governatore del Punjab (il 4 gennaio scorso dalla propria guardia del corpo) e del cattolico, Shahbaz Bhatti, ministro per le minoranze del Governo pakistano (il 2 marzo per mano di gruppo di uomini armati). Questo accade nel cuore dell’Asia. Poi c’è quanto accade nel cuore di Asia. Asia Bibi è una donna pakistana di 45 anni, madre di cinque figli, che è stata condannata a morte con l’accusa di aver offeso il profeta Muhammad. Asia è stata accusata dalle vicine di casa che non volevano farle toccare il recipiente per la raccolta dell’acqua ed ora si trova  nella cella di isolamento del carcere di Sheikpura, nel Punjab, gravemente malata,  impaurita per la sua sorte e quella dei suoi familiari ed amici e in attesa della morte. Ma nel cuore di Asia, come racconta in una straordinaria intervista al quotidiano “la Repubblica”, non alberga solo la paura ma c’è anche posto per la speranza, speranza che è fatta di cose semplici come potere organizzare una cena per la propria famiglia e di cose grandi come vedere abolita la legge sulla blasfemia che a detta di Asia “fa male ai cristiani e ai musulmani”. Asia Bibi ha anche un altro desiderio: vorrebbe incontrare il Papa, sa infatti che ad un Angelus Benedetto XVI ha parlato di lei ed è stata una cosa che ha riempito il suo cuore di speranza e voglia di vivere. Tutto ciò accade nel cuore dell’Asia e nel cuore di Asia, ma ciò che preoccupa di più è la durezza dei cuori degli uomini e delle donne che vivono nel libero Occidente. In Italia dove la questione femminile è ritornata al centro dell’attenzione anche con manifestazioni di piazza, nessuno ha sentito la necessità di parlare di Asia Bibi. Forse è troppo cattolica o forse non è mai stata ad una festa ad Arcore. Ma se la vicenda di  Asia Bibi non tocca il nostro cuore e non fa fremere le nostre coscienze che senso hanno le manifestazioni e gli sproloqui per la dignità delle donne? Perché i cuori di tante donne europee non sono con quello di Asia, perché sono così induriti? La drammatica risposta a questo quesito sta forse in una pagina evangelica: “dov’è il tuo tesoro, là sarà anche il tuo cuore”.

“Riceviamo e pubblichiamo” di Adriano Frinchi

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“Piccinerie” leghiste e grandi testimonianze di Unità, la lezione del 17 marzo

postato il 24 Marzo 2011

Al consiglio comunale di Como l’ennesima e inopportuna furibonda lite sul Tricolore. Il consigliere PD Vittorio Mottola, dopo aver sottolineato con un discorso l’assenza della Lega Nord a tutte le celebrazioni per i 150 anni dell’Unità d’Italia e avendo precisato che il “tricolore è l’unica cosa che rimane alle famiglie dei ragazzi italiani che muoiono in guerra”, ha regalato una bandiera italiana all’assessore leghista al decoro Diego Peverelli. La scena che ne segue è degna del film “l’Esorcista” quando all’indemoniato viene gettata addosso l’acquasanta: l’assessore al decoro getta in faccia al collega del PD il Tricolore, rimproverandolo per il gesto “provocatorio e antidemocratico” e lamentando il mancato rispetto delle posizioni leghiste da parte delle altre forze politiche. L’assessore, visibilmente infervorato, viene invitato a lasciare l’aula e lui, nel farlo, apostrofa il consigliere Mottola con un sonoro “vergognati, terun de m…”.

A parte le ovvie considerazioni su questa vicenda, verrebbe da pensare: “lasciamo perdere, sono fatti isolati prodotti da persone poco intelligenti”. Questa volta credo che un’affermazione del genere sia del tutto fuori luogo. Non siamo davanti ad un fatto isolato ma all’ennesimo gesto di irriverenza, per non dire franco vilipendio, che gli esponenti della Lega Nord manifestano nei confronti dei simboli dell’Unità Nazionale, dopo l’opposizione alla Festa Nazionale del 17 Marzo passando per il comportamento dei consiglieri regionali lombardi della Lega Nord, andati al bar a prendere il caffè mentre in aula veniva suonato l’inno di Mameli. Ciò che però fa veramente arrabbiare è che questi presunti secessionisti non si pongano il problema di “Roma Ladrona” quando si tratta di ricoprire incarichi pubblici lautamente retribuiti. Forse c’è un problema di coerenza.

Oltre le piccinerie di una certa politica però bisogna fare un’ulteriore riflessione. L’Italia è unita dal 1861, ma qualcuno ha mai pensato ad unire gli Italiani? La Lega Nord non è l’unica forza politica di chiaro stampo secessionista presente in Italia: penso ai sardi dell’IRS ma anche a chi, nel Sud, inneggia al ritorno del Regno delle Due Sicilie, e potrei citarne altri. Cosa c’è dietro?

La risposta probabilmente è da cercare in un’Italia profondamente eterogenea, fatta di realtà politiche, ambientali e socio-culturali differenti. E’ sufficiente pensare al divario Nord-Sud, che esiste e non si può certo negare o spiegare in maniera semplicistica, alle minoranze linguistiche forse non abbastanza tutelate, alle peculiarità geografiche che spesso, anziché diventare ricchezza, sono fonte di difficoltà e divisione. Che alcune forze politiche facciano demagogia credo sia lapalissiano, ma l’errore di fondo, il nostro errore, è trascurare queste problematiche.

Come uscirne? Credo che se vogliamo “fare gli Italiani” dobbiamo convincerci che non siamo tutti uguali e abbiamo storie, territori ed esigenze profondamente diverse. L’Unità d’Italia si realizza solamente nel momento in cui ricchezze e problemi di ogni regione diventano patrimonio comune. Non possiamo parlare d’Italia Unita, e non posso definirci davvero italiani se non pensiamo che le bellezze di Firenze, di Roma o della Calabria siano una ricchezza di tutti , e se parimenti non crediamo davvero che la mafia, i rifiuti in Campania o le difficoltà per la ricostruzione de L’Aquila non siano un nostro problema.

Solo se inizieremo a considerare ogni angolo d’Italia come casa nostra, solo quando saremo capaci di condividere il nostro benessere ma anche i nostri problemi, solo allora potremo davvero parlare di italiani uniti oltre che di Italia unita.

“Riceviamo e pubblichiamo” di Maria Pina Cuccaru

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Libia: addolorati per le vittime, non per il carnefice

postato il 22 Marzo 2011

Affronteremo con senso dello Stato il dibattito parlamentare di domani, ma una cosa deve essere chiara: siamo addolorati per le migliaia di donne e di uomini assassinati da Gheddafi e dai suoi scherani, non certo per la sorte del leader libico. Tra il carnefice e le vittime non abbiamo dubbi da che parte stare.

Pier Ferdinando

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Qui Radio Londra, quando per colpa di Ferrara la cena va di traverso

postato il 16 Marzo 2011

C’erano tutte le premesse per definire quella di stasera una buona cena: il pollo caldo, un contorno di patate ed un bicchiere di Coca cola. Ma sì, anche la tivù accesa in sottofondo con i deliri del Tg1. Solitamente il mio televisore è sintonizzato su La7, appuntamento fisso con l’ottimo tiggì di Mentana. Ma questa sera avevo proprio voglia di vedere Qui Radio Londra, il programma di Giuliano Ferrara. Apprezzo molto il Foglio, quotidiano che dirige e che acquisto con frequenza. Volevo quindi rivederlo nelle vesti di commentatore televisivo nel dopo tg1. Che mai l’avessi fatto.

La mia cena subisce un primo stop quando vengo a sapere dallo stesso Ferrara che stamattina qualcosa gli è andato storto. Si è alzato di buon umore, almeno così dice, ma un video su You Tube lo ha turbato. Quale? Questo. Si vedono le immagini della protesta che ha accolto Karima El Mahrou, ribattezzata “Ruby”, davanti ad un locale di Maglie. Ferrara è furibondo: “Nel mio paese – dice – c’è gente che ha scambiato il proprio cuore di carne con il cuore di pietra”. Il suo faccione immenso mi ipnotizza.

Mi dice che la povera Karima ha usato il proprio corpo, la sua bellezza, per farsi avanti. Ferrara mi ricorda “l’infanzia complicata” di Ruby, aggiungendo che se ne è “emancipata attraverso il proprio corpo”, come accade a molte ragazze che vogliono fare carriera nel mondo dello spettacolo.

Metto da parte il piatto con le patate. Prendo tra le mani il bicchiere con un po’ di Coca cola all’interno ed chino il capo. Il faccione di Ferrara diventa sempre più inquietante. Ma il cattivo gusto arriva alla fine. Ferrara, non sazio degli acrobatici parallelismi che vanno dall’Islam integralista che lapida le adultere all’America puritana del ‘600, quando si tatuava una lettera rossa sul corpo delle donne di strada, mi tira in ballo Gesù. Avete capito bene. Chiama in causa Gesù di Nazareth, il Cristo, l’unto. Per dirmi cosa? Che nel Vangelo c’è scritto che quel grande ebreo palestinese, Gesù, di fronte a una folla che voleva lapidare un’adultera disse: chi è senza peccato scagli la prima pietra.

E tutto questo per cosa? Per difendere Ruby e criticare chi quella sera le ha fischiato contro. Ma non solo. Giuliano Ferrara ce l’ha “con chi li eccita”, con chi fa appello alla morale, al puritanesimo.

Alzandomi da tavola ho posato il bicchiere mezzo vuoto. Il mio stomaco si era bevuto già davvero troppo.

“Riceviamo e pubblichiamo” di Giovanni Villino

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La paura della verità che viene detta ridendo

postato il 10 Marzo 2011

Ogni martedì la trasmissione di Giovanni Floris “Ballarò” è aperta da Maurizio Crozza che con la sua satira pungente commenta l’attualità politica e puntualmente, mentre Crozza fa il suo monologo, la telecamere indugia sugli ospiti colpiti dalle sue battute. Tra questi si distinguono i rappresentanti della maggioranza, di volta in volta i vari Bondi, Ravetto, Cicchitto e Brambilla che non ridono e anzi guardano in cagnesco il comico genovese in attesa di chiedere a Floris di poter replicare alle battute. In tutto il mondo ci sono spettacoli di satira, ma da nessuna parte del globo ho visto politici chiedere di poter replicare alle battute. Anche perché mi sono sempre chiesto: ma come si replica ad una battuta? Forse facendone una più bella? Raccontando una barzelletta?

Purtroppo, a parte il Presidente del Consiglio, non mi pare di vedere in giro grandi barzellettieri e quindi quell’aria seriosa e di sufficienza davanti alle battute del comico di turno mi sembra davvero ridicola e indice di scarsa intelligenza. Fortunatamente c’è anche chi come Pier Ferdinando Casini che pubblica sulla sua pagina Facebook una puntata del programma satirico “gli Sgommati” dove bonariamente viene preso in giro da un pupazzo di gommapiuma che ne riproduce le fattezze. Il leader dell’Udc si colloca in una consolidata tradizione italiana di politici amanti della satira: Giovanni Spadolini ad esempio non si arrabbiò mai con Giorgio Forattini che lo disegnava pachidermico e nudo, così come Amintore Fanfani per l’imitazione di Alighiero Noschese, e Giulio Andreotti andava addirittura al Teatro Margherita a godersi la sua imitazione fatta da Oreste Lionello. Saper ridere di sé non è solo una grande qualità umana, ma è anche un antidoto efficace contro i deliri di onnipotenza, al contrario, la serietà ostentata davanti ai lazzi dei comici, gli “editti bulgari” per combattere le barzellette e le querele per le vignette satiriche non sono solo riconducibili ad una pochezza intellettuale e culturale e ad una forma di violenza, ma sono anche il sintomo di una paura: la paura della verità che viene detta ridendo.

“Riceviamo e pubblichiamo” di Adriano Frinchi

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Il Partito che vorrei…

postato il 8 Marzo 2011

Siamo alle solite.
Mancano pochi mesi alle elezioni comunali, e i paesi sembrano risvegliarsi, o meglio, i partiti sembrano uscire dal letargo, ripopolarsi. Ormai tutti, dal PDL, al PD, passando per API,MPA,IDV (chi più ne ha, più ne metta!), pullulano di gente interessata solo ed esclusivamente al bene del proprio Comune.
Chissà perché, però, quest’amore per il proprio paese e questa voglia di fare politica si riaccendano soltanto in un periodo di tempo così breve, e si spengano, troppo spesso, pochi mesi dopo il voto.
In realtà, per me, la politica, l’essere in un partito, è tutt’altro. La vita di partito va ripensata.
Per me, significa partecipazione, continua e disinteressata, alla vita politica di un paese, significa vivere a contatto con i problemi di tutti i giorni, vederli con i propri occhi, toccarli con mano. Far parte di un partito significa, prima di tutto, sedersi in cerchio, guardarsi negli occhi, e discutere, discutere e discutere. Condividere notizie, portare alla luce problemi e, insieme, formulare proposte. Insieme, per l’appunto.
Infatti, continuo a credere che in un partito ogni tesserato debba avere pari dignità nelle assemblee. Nonostante io venga da un’esperienza fortunata, nonostante io abbia potuto assaporare in prima persona una viva attività partitica, so che in molti casi quella che io ho vissuto come normalità in questi anni, è pura utopia.
Quasi sempre, la situazione è questa: le assemblee non esistono, le sedi sono ermeticamente chiuse, e le chiavi sono detenute dai soliti vecchi volponi della politica, che organizzano riunioni per pochi eletti.
Fortunatamente, non è sempre così. In alcuni casi, continua a sopravvivere quella passione e quella voglia di fare politica, e si anima nei cuori di persone che credono, come me, che la vita di partito debba fondarsi su partecipazione e condivisione. Quella condivisione di idee, di gioie e, perché no, anche di delusioni, che può rendere grande un partito.
Ebbene, la mia speranza è proprio questa: che nei partiti si possa respirare quest’aria nuova, di cambiamento. Soltanto così, riacquisirebbero credibilità, anche agli occhi dei giovani, e forse tornerebbero ad animarsi, non solo a pochi mesi dalle elezioni.
L’unico errore da non commettere è lasciare che chi fa politica per passione, in maniera del tutto disinteressata, possa essere scavalcato da chi, a pochi mesi dal voto, brama per mettersi in mostra.
Soltanto così, credo, si potrà voltare pagina ed iniziare ad immaginare un nuovo modo di fare politica e dunque far tornare i giovani alla politica.

“Riceviamo e pubblichiamo” di Marta Romano

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Sono (solo) sondaggi, sono piccole riprove: la strada è giusta

postato il 7 Marzo 2011

Quello che noi, come Udc prima e come Nuovo Polo ora, andiamo ripetendo da anni – che questa Seconda Repubblica ha fallito, che Centrodestra e Centrosinistra sono ormai superati e che c’è fame di novità – è ormai certificato anche da numerosi sondaggi, che nella nostra Italia sono il termometro più usato per misurare gli umori del popolo elettorale.

A dare inizio alle danze, qualche settimana fa, è stato Nando Pagnoncelli, dell’Istituto Ipsos, che ha mostrato che, se Pier Ferdinando Casini dovesse scegliere di guidare il fantomatico CLN antiberlusconiano, vincerebbe con ampissimo margine su Berlusconi, 45 a 32; se invece – come ad oggi pare – il leader centrista dovesse scegliere di correre da solo, come candidato premier del Polo per l’Italia, attirerebbe a sé il 21% dell’elettorato italiano.

Qualche giorno dopo, è stata la volta di Ilvo Diamanti, che – su La Repubblica – ha pubblicato un’interessantissima “mappa”, da cui è emersa la costante crescita dell’Udc e del Nuovo Polo (passato dal 17% di dicembre al 20 di oggi) e l’aumento graduale della fiducia in Casini, quarto leader nazionale per indice di gradimento, e di Fini, +6,2%.

Su questo scenario è tornato, per la trasmissione televisiva Ballarò, sempre Pagnoncelli, che ha evidenziato il vertiginoso calo del Centrodestra, con i voti moderati in uscita verso il Nuovo Polo; anche in questo caso, interessantissimo il dato di Pier Ferdinando Casini: largamente vincente, infatti, alla guida di una Santa Alleanza contro Berlusconi (48 contro 34); e in caso di una corsa a tre poli, il nostro caro Pier si muoverebbe in una forbice di voti compresa tra il 20 e il 23 %, in crescita costante.

Sabato scorso, infine, la trasmissione In Onda (La 7), ha diffuso un nuovo, interessante sondaggio, concentrato stavolta sul solo Udc. Dall’indagine emerge che il voto potenziale (si tratta quindi di gradimento, che non si traduce per forza in voto elettorale) per il nostro partito è del 14,1%, bacino che noi occupiamo attualmente al cinquanta per cento circa, e che rappresenta una larga fetta della stessa zona elettorale presidiata dal Nuovo Polo – a riprova di quanto sostenuto da Casini. Per quanti, poi, sostengono di guardare con favore al nostro partito e si dichiarano al contempo cattolici, si parla di un 62% di osservanti, di 31% composto da sporadici, e di un 7% costituito da non frequentanti. Nel complesso, i nostri (possibili) elettori, si collocano a Destra – Centrodestra per il 21,2%, al Centro per il 36,3% e a Sinistra – Centrosinistra per il 23,9% (i non collocati sono il 18,6%): questo è un dato da studiare con attenzione, perché dimostra come in questi due-tre anni la stessa base elettorale del partito (che alla vigilia delle politiche del 2008 era per la stramaggioranza di centrodestra) sia cambiata notevolmente, attirando a sé gente e voti, a cui prima non riuscivamo a parlare. Il dato, però, sicuramente più significativo è la distribuzione anagrafica dei voti: il 36,6% è costituito, infatti, da elettori tra i 18 e i 34 anni, il 32,2% tra 35-54 anni, il 31,2% +55 anni. Questo vuol dire che il grosso della nostra base è costituito da giovani o giovanissimi: da gente, cioè, slegata dai vecchi schemi e dalle vecchie logiche politiche e desiderosa di aprirsi a un futuro che tarda, ahinoi, sempre più. Come evidenziato, peraltro, quella dell’Udc è la miglior performance – in quanto a gradimento giovanile – tra i partiti sondati finora: meglio ancora, quindi, dei colossi Pd e Pdl o dei modernisti Idv o Sel (e anche del Fli, a dirla tutta, che pure dell’innovazione ha fatto il suo cavallo di battaglia).

Sono (solo) sondaggi, è vero. E vi confesso che alle stime ho sempre creduto poco: ma i dati che emergono dagli studi sopra riportati, più che un incoraggiamento, sono la prova che quanto abbiamo fatto fin qui, è stato buono e apprezzato dagli elettori. Specie proprio dai più giovani che – non dimentichiamoli mai – devono essere il nostro target primario.

Giuseppe Portonera

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8 marzo, festa della donna. Alcune premesse

postato il 7 Marzo 2011

Oggi  assistiamo ad un degradare della piazza a luogo di scontro anziché di incontro. La Contrapposizione ci sta divorando, non siamo più capaci di capire che tutto può essere opinabile, quindi tutto può essere condivisibile oppure no, ma che ogni cosa  fa parte del tutto,  che in qualche modo ci appartiene:  solo chi è in malafede può continuare a sostenere, e sperare di inculcarci, che bisogna sempre schierarsi e dividersi possibilmente in fazioni che sperano quotidianamente solo di disintegrarsi a vicenda. E’ per questa ragione che non ho condiviso la Piazza del 13 febbraio, poiché a mio avviso , come tutto ormai nel nostro Paese,  essa è finita con l’essere strumentalizzata.  Ne condividevo i princìpi nobili per cui in molte l’hanno voluta,  ossia gridare ciò che Lorella Zanardo ha sapientemente riassunto ne Il  corpo delle donne, urlare cioè  che “non siamo solo un corpo”,  o meglio che non siamo solo quello. Ecco perché ho apprezzato di più ciò che molte donne  UDC  e non, ma in ogni caso fuori dalla Piazza,  hanno fatto  il 13 febbraio:  sono andate direttamente a chiederlo alle “donne interessate” i perché  riguardo la scelta  del corpo,  magari anche sul marciapiede, ma senza nessun presunto sentimento di superiorità, che ci tiene sempre distanti anni luce dalla verità delle cose e delle situazioni. Il 13 febbraio abbiamo semplicemente assistito alla ennesima protesta  contro il Governo,  sprecando così una occasione ( a meno che veramente non si voglia scendere nel ridicolo, additando  il Premier come  unico o maggior responsabile  della  “questione femminile”) e  poi perché dal 14 febbraio non mi è sembrato proprio di vedere e sentire in giro quella tanto agognata solidarietà in rosa. Mi capita spesso invece  di osservare il contrario:   tanta miseria Femminile, fatta di  invidia,  gelosia,  menzogna ed inganno,  gioco sporco e mancanza di lealtà, puntualmente a discapito di altre donne,  se c’è di mezzo un uomo o una promozione sul posto di  lavoro da contendersi, o anche solo per  famelica volontà di sopraffazione da soddisfare.  E così siamo solo  di fatto  passate  dalle nostre beghe e contrapposizioni quotidiane alla contrapposizione in grande stile,  tra donne di sinistra e donne di destra, che, come era ovvio che fosse, rispondono con la loro piazza pro Premier.

Quando saremo capaci di essere unite invece  solo  ed esclusivamente dalla parola “donne”, a prescindere da tutto il resto?  E soprattutto,  quando saremo  tutte unite al di là  degli interessi  maschili? Non dovremmo dimostrare di essere realmente noi, donne e madri  capaci di partorire la Vita e l’Amore non solo con le chiacchere, ma con i fatti?  Quando dimostreremo  di essere madri  non  solo dal punto di vista  biologico, se poi di fatto  non perdiamo occasione per  trasformarci  immediatamente  in streghe a caccia della Biancaneve di turno? Quando la smetteranno alcune  donne, che non riescono ad ammettere che il Ministro Carfagna sia un buon Ministro, solo perché vorrebbero analizzare con la lente d’ingrandimento il suo passato di “ donna “( come se esso avesse a che fare con il giudizio sul suo operato di Ministro della Repubblica), ma che poi con senso materno assolvono le “ poveri minorenni”, come se quest’ultime  fossero sempre incapaci di intendere e di volere?   Questo atteggiamento non rivela altro che un subdolo sentimento di razzismo e di invidia, potrei dire “atavico”  in molte, troppe donne ancora, purtroppo.  L’invidia ovviamente verrà riservata, con annesse maldicenze, ad  una donna come Mara Carfagna, bella,  capace, stimata da donne e uomini; il razzismo subdolo  invece sarà  per  quelle che,  solo apparentemente , suscitano pietà,  quelle” povere”, appunto, tali  solo  perché  le donne che le assolvono  lo fanno esclusivamente  per la loro presunta (solo nella loro testa) sciocca superiorità rispetto ad una tipologia di donna ben precisa.  Ma  le Donne, le Madri  vere non uccidono la dignità di donna in entrambi i casi:  né Ministro donna-bella, né  giovane donna  che ha abbracciato un percorso di vita poco raccomandabile o condivisibile dalla maggior parte delle persone.  Questi mezzucci così miseri e bassi, che nulla hanno  a che fare con le peculiarità della donna,  dovrebbero essere le alte qualità morali che  distinguono il gentil sesso dalla presunta volgarità maschile?  E la presunta parità donna-uomo  è da esprimere facendo solo  quello che i maschi hanno fatto fino ad ora,  come la partecipazione ad uno  spogliarello azzurro o  le molestie sessuali  che “finalmente” possiamo fare anche noi  sul posto di lavoro per  la carriera?  Nulla da dire su chi fa lo spogliarello e su chi assiste ( visto che Parigi insegna che anche questo può essere trasformato in qualcosa di bello e artistico addirittura!), ma erano solo questi i traguardi importanti da conquistare?  Mi piacerebbe  se la superiorità  biologica della maternità si  esplicasse nella proposta  di fare una super piazza  di  richieste  condivise  da tutte le donne.  Madri, sorelle, figlie, che si riuniscono in una mega piazza  magari per aiutare concretamente donne e uomini in difficoltà:  una piazza per esempio per ed insieme  ai malati di Sla, o di qualsiasi altra malattia rara, che priva le persone dell’ autosufficienza  necessaria per vivere dignitosamente  ogni istante della propria giornata. Una piazza per loro e con loro per chiedere quell’adeguata assistenza e fondi economici che ancora mancano.  Se non ora quando? L’ otto marzo, nuovamente in piazza con la sfida di rappresentare e comunicare la dignità della donna, di ogni donna.

“Riceviamo e pubblichiamo” di Elisabetta Pontrelli

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