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Abolizione delle province, rabbia e delusione in rete

postato il 6 Luglio 2011

C’è chi ha provato ad ironizzare alla maniera del Bersani di Crozza con un divertentissimo “ragazzi, ma siam pazzi, siam mica qui ad abolire le province”, ma in rete il sentimento prevalente riguardo alla mancata abolizione delle province è la rabbia, in particolare verso il Partito Democratico che in aula si è clamorosamente astenuto. E’ soprattutto la base del Pd a farsi sentire sul web. Su Twitter c’è chi va giù duro sulla dirigenza del Pd: “soliti idioti”“politicanti in standby”“quaquaraquà”, qualcun altro si rivolge direttamente a Rosy Bindi chiedendole di non indignarsi solo per Berlusconi ma anche per come votano in Parlamento. Poi ci sono i delusi come la giornalista Ilaria D’Amico che parla esplicitamente di “brutta figura”, o un giovane di Lodi che rivolge un lapidario invito a Bersani: “volete cambiare l’Italia? Guardate Twitter, quello che la gente pensa sulle province. E che cavolo, ascoltateci una buona volta!”.

Su Facebook l’aria che si respira non è differente e mentre sorgono pagine e gruppi che chiedono l’abolizione delle province, le pagine ufficiali del Pd, di Pierluigi Bersani, di Rosy Bindi e di altri dirigenti democratici, sono prese d’assalto da militanti inferociti che chiedono conto del comportamento dei propri dei parlamentari. Interpreti del malessere dell’elettorato democratico sono  i blogger più vicini al centrosinistra. Metilparaben di Alessandro Capriccioli liquida il comportamento in aula del Pd con un secco “è semplicemente penoso”, Alessandro Gilioli dal suo “Piovono rane” rievoca per Pdl e Pd il celeberrimo “hanno le facce come il…” del giornale satirico “Cuore”, mentre Pippo Civati ammette la figuraccia e pone qualche dubbio sulla capacità del Pd di essere realmente una forza di cambiamento e di governo. I delusi dal Pd hanno però anche parole di elogio per chi si è battutto con coerenza, tanto che un medico su twitter lancia una proposta: “tutti a votare Pier Ferdinando al prossimo giro?”.

Adriano Frinchi

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“Aboliremo le province”, la promessa elettorale di Silvio Berlusconi (e del PD)

postato il 5 Luglio 2011

Repetita iuvant dicevano gli antichi, ma ripetere alcune cose potrebbe non giovare, anzi addirittura potrebbe fare arrossire. E’ il caso dell’abolizione delle province: durante la campagna elettorale del 2008 Silvio Berlusconi e la sua coalizione hanno promesso agli italiani di abolire le province per recuperare ben dieci milioni di euro, oggi gli stessi che nel 2008 erano i paladini di questo provvedimento si sono invece premurati di respingere alla Camera la proposta di legge per sopprimerle. A dire il vero anche il PD, allora guidato da Veltroni, si sbracciava per l’abolizione delle province; promesse anche in questo caso non mantenute, così il PD ha infatti votato con PDL e Lega, salvando il Governo. “Repetita iuvant” dicevamo, ecco un florilegio di dichiarazioni rilasciate alle agenzie di stampa da far arrossire qualunque pinocchio della politica.

PDL: BERLUSCONI,COLLABOREREMO CON PD PER ABOLIZIONE PROVINCE

(ANSA) - ROMA, 4 MAR - Visto che l'abolizione delle province
e' anche nel programma del Pd ''su questo potremmo collaborare,
allo scopo di abolire le principali province dove esistono aree
metropolitane''. Lo ha detto Silvio Berlusconi, leader del Pdl,
ospite di 'SkyTg24 Pomeriggio'.
(ANSA).

GMB
04-MAR-08 13:41 NNNN

Apc-*ELEZIONI/ BERLUSCONI: LE PROVINCE VANNO ELIMINATE TUTTE
Sono inutili è solo un costo per i cittadini

Roma, 5 mar. (Apcom) - Silvio Berlusconi ribadisce oil suo
progetto di abolizione delle Province, un'abolizione che, a suo
giudizio, deve riguardare tutti questi Enti locali, non solo
quelli delle città metropolitane. Intervistato durante la
trasmissione 'Porta a porta', l'ex premier ha infatti
sottolineato: "Dobbiamo eliminare le Province. Sono tutte inutili
e soltanto fonte di costo per i cittadini".

Bac/Ang/Dav

052025 mar 08

ENTI LOCALI:BERLUSCONI,ELIMINARE PROVINCE,RISPARMIAMO 10 MLN

(ANSA) - TAORMINA (MESSINA), 29 MAR - L'eventuale futuro del
governo di centrodestra ha in programma anche ''l'eliminazione
delle Province dagli enti locali''. Lo ha detto il candidato
premier del Pdl Silvio Berlusconi intervenendo al Forum di
Confagricoltura a Taormina.
''Quando furono realizzate le Regioni - ha aggiunto - tutti
davano per imminente l'abolizione delle Province, poi localismi
ed egoismi hanno prevalso. L'abolizione delle Province - ha
spiegato Berlusconi - senza licenziare alcun dipendente pubblico
porterebbe da solo un risparmio di 10 milioni di euro
l'anno''.(ANSA).

TR-FPI/IMP
29-MAR-08 13:23 NNNN

PDL: BERLUSCONI A CENA ANTONIOZZI, ABOLIREMO LE PROVINCE =
(AGI) - Roma, 3 apr. - "Oggi ho fatto la piu' grande maratona
della tv. Ho parlato per 9 ore e 20 minuti". Silvio Berlusconi
si presenta alla cena offerta dal candidato del Pdl alla
provincia di Roma Alfredo Antoniozzi e la prima cosa che spiega
alla platea e' che vuole abolire le province. "Dall'abolizione
delle province avremo 12 miliardi di euro di risparmio" dice
l'ex premier spiegando di aver fatto una prima stima in
proposito. Il candidato premier del Pdl tuttavia osserva che
"non e' giusto gettare la colpa addosso sempre alla casta dei
politici. Lo sapete - aggiunge parlando in una sala di un
albergo romano - io non ho simpatia per la casta. Anzi, mi
sento di rappresentare l'antipolitica, sono un imprenditore
prestato alla causa". Berlusconi nel suo intervento ha ribadito
la teoria del 'voto utile': "Se non abbiamo una vasta
maggioranza non riusciremo a cambiare un paese che e' in
declino. Bisogna anche ragionare - ha osservato - che
l'economia americana subira' un arresto. Le famiglie americane
hanno speso di piu' di quanto guadagnavano. Per questo motivo
noi dobbiamo far fronte ad una situazione difficile e dobbiamo
ottenere il piu' ampio consenso possibile". (AGI)
Gil/Cam
032317 APR 08

NNNN

BERLUSCONI:INUTILE METTERE MANI ITALIA SENZA AMPIA MAGGIORANZA =
(AGI) - Roma, 3 apr. - "E' inutile mettere le mani sull'Italia
se non avremo un'ampia maggioranza". E' quanto afferma Silvio
Berlusconi in un'intervento alla cena offerta dal candidato del
Pdl alla provincia di Roma, Alfredo Antoniozzi. "L'ex premier
spiega di non voler fare "lotte pazzesche" per cambiare
l'Italia, per questo chiede un ampio consenso. Berlusconi
inoltre chiarisce che le riforme sul dimezzamento dei
parlamentari e sull'abolizione delle province saranno fatte
dopo la legislatura che avra' inizio a seguito del voto del 13
aprile. (AGI)
Gil
040036 APR 08

NNNN

ELEZIONI: BERLUSCONI, ABOLIZIONE PROVINCE NEL PROGRAMMA E VA FATTA =

Roma, 10 apr. (Adnkronos) - "L'abolizione delle province e' nel
nostro programma. Le province non possono essere lasciate in piedi,
solo per l'abolizione delle province, pur assorbendo tutto il
personale si risparmiano 10-13 mld all'anno". Lo ha sottolineato
Silvio Berlusconi, durante la registrazione della puntata di 'Porta a
Porta' che andra' in onda questa sera, ribattendo a chi ricordava la
contrarieta' della Lega all'abolizione di questi enti locali.

(Sam/Pe/Adnkronos)
10-APR-08 17:18

NNNN

 

FEDERALISMO: BERLUSCONI, ABOLIZIONE PROVINCE E' UN PROBLEMA APERTO =

(ASCA) - Roma, 15 set - ''L'abolizione delle Province e' un
problema aperto, anche se non ne abbiamo ancora parlato in
Consiglio dei ministri''. Lo ha detto il presidente del
Consiglio Silvio Berlusconi durante la registrazione di
'Porta a porta.
''Questo problema - ha aggiunto il premier - non e' ne' di
destra ne' di sinistra e quindi sarebbe auspicabile,
nell'affrontarlo, la concordia tra tutte le forze
politiche''.
lpe/mcc
152010 SET 08
NNNN

PROVINCE:BERLUSCONI, VORREI ABOLIZIONE MA LEGA NO D'ACCORDO

(ANSA) - BRUXELLES, 11 DIC - ''C'e' un solo punto nel
programma elettorale in cui ho difficolta' serie con gli alleati
ed e' quello dell'abolizione delle Province: siamo ancora
convinti che sarebbe utile per risparmiare ma la Lega ha una
posizione molto ferma''. Lo ha sottolineato il premier Silvio
Berlusconi conversando con i cronisti oggi a Bruxelles.
D'altra parte, ha spiegato il presidente del Consiglio, ''io
non ho il 51% e devo accettare cio' che i miei alleati ritengono
di non poter sottoscrivere''. (ANSA).

KWF/CIP
11-DIC-08 16:38 NNNN

Apc-*Riforme/ La Russa: Abolire le province tra cinque anni
La Lega non chiuda le porte a questo programma

Milano, 13 dic. (Apcom) - Il ministro della Difesa, Ignazio La
Russa e coordinatore nazionale di An, propone di abolire tutte le
delle Province tra cinque anni. Nel pieno del dibattito
sull'abolizione degli enti provinciali, il ministro La Russa dà
la sua ricetta, alla vigilia dell'appuntamento elettorale del
2009: "Le Province non possono essere abolite adesso che si sta
per andare a votare - ha detto a margine di un incontro presso il
gazebo del Pdl in San Babila - ritengo che fra cinque anni
debbano essere abolite tutte le Province e che subito dopo il
voto venga fatta una legge che preveda il passaggio delle deleghe
provinciali al termine del prossimo mandato a Comuni, Regioni o
aree metropolitane".

Il ministro ha voluto richiamare anche l'attenzione della Lega
sul tema delle Province: "Ci dobbiamo dotare di un programma per
l'abolizione e invito la Lega a non chiudere a questo programma.
Penso che tutte le Province vadano abolite e non alcune sì e
alcune no: questa è un'ipotesi che tutto il Pdl deve scartare".

Quanto invece ai candidati del Pdl per le provinciali milanesi
per le quali da tempo circolano molti nomi ma ancora il partito
non si è pronunciato ufficialmente, La Russa ha ribadito: "Sia
con Albertini che con la Moratti i candidati sono stati scelti
poco prima della scadenza elettorale. Penati, visto che è così
indietro, fa bene a correre". Domani, infatti, il Partito
democratico, alla presenza del segretario nazionale Walter
Veltroni, lancia le proprie candidature per le provinciali 2009.

Mlo/Ral

131711 dic 08

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Abolire le province. Una proposta dalla Sicilia.

postato il 27 Giugno 2011

Le province italiane sono 110 e ognuna costa, in media, agli italiani, 1,1 milioni di euro l’anno. In periodo di campagna elettorale tutti sono ben disposti a prometterne l’abolizione ma immancabilmente quando alle parole devono seguire i fatti il responso è sempre quello: le Province non si toccano. Anzi. Ad oggi, infatti, al posto di mandarle in pensione c’è chi deposita in Parlamento la richiesta per crearne di nuove. Annunci e smentite dunque si rincorrono specie quando viene tirata in ballo la questione dei costi della politica e il dito viene puntato contro le zavorre d’Italia. Tra promesse mancate e rinvii della questione proviamo da queste pagine a fare una proposta concreta: perché non cominciare dalle province siciliane che secondo lo stesso Statuto regionale non dovrebbero esistere? (art. 15). Ecco uno schema di proposta di riordino del sistema degli enti locali isolani.

 

La legge della Regione Siciliana n. 9 del 6 marzo 1986 istituisce il libero Consorzio dei Comuni denominato Provincia Regionale, quale organo di riferimento delle comunità locali, votata al coordinamento dello sviluppo economico e sociale del territorio. Le province regionali hanno un importante ruolo di coordinamento finalizzato allo sviluppo economico e sociale. Ma spesso non è così.

 

Obiettivo: abrogazione dell’Ente Provincia

Modalità:

·         Devono essere garantiti e mantenuti costanti i trasferimenti regionali e nazionali diretti alle provincie siciliane per un periodo di 5 anni (né in più perché l’obiettivo è fare economia, né in meno perché non vanno penalizzati i cittadini);

·         Tali fondi potrebbero essere così ripartiti: il 50% delle risorse immesse potrebbero essere mantenute in Regione in virtù delle competenze acquisite; il 40% potrebbe essere ripartito ai comuni in base al numero di abitanti; per il 10% potrebbe essere distribuito sempre ai comuni, ma in base a priorità specifiche (dissesto idrogeologico, accoglienza immigrati, emergenze ambientali o sanitarie, etc.);

·         Le società partecipate integralmente dalla Provincia o le quote di sua spettanza vengono trasferite all’Assessorato Regionale di competenza che le può mantenere girare ad una holding appositamente costituita o già esistente (modello Iri) al fine di valorizzare la partecipazione stessa;

·         TRASFERIMENTO DELLE COMPETENZE:

Art. 12 Pianificazione territoriale

1) manutenzione della rete delle principali vie di comunicazione stradali e ferroviarieà ai comuni (che hanno già un servizio identico per le proprie strade)

 

2) localizzazione delle opere ed impianti di interesse sovra comunale à alla Regione o alle unioni dei comuni

 

Art. 13 Funzioni amministrative (integrato dall’art. 19, comma 13, della L.R. 19/2005)

 

Nell’ambito delle funzioni di programmazione, di indirizzo e di coordinamento spettanti alla Regione, la provincia regionale (oggi) provvede sulle seguenti materie:

 

1) servizi sociali e culturali:

 

a) realizzazione di strutture e servizi assistenziali di interesse sovracomunale, anche mediante la riutilizzazione delle istituzioni socio-scolastiche permanenti, in atto gestite ai sensi dell’art. 2 della legge regionale 5 agosto 1982, n. 93; restano ferme le competenze comunali in materia à alla Regione (che ha già un servizio identico)

 

b) distribuzione territoriale, costruzione, manutenzione, arredamento, dotazione di attrezzature, funzionamento e provvista del personale degli istituti di istruzione media di secondo grado; promozione, negli ambiti di competenza, del diritto allo studio. Le suddette funzioni sono esercitate in collaborazione con gli organi collegiali della scuola; à alla Regione (che ha già un servizio identico per le scuole di altri gradi)

 

c) promozione ed attuazione, nell’ambito provinciale, di iniziative ed attività di formazione professionale, in conformità della legislazione regionale vigente in materia, nonché realizzazione di infrastrutture per la formazione professionale; àalla Regione (che ha già un servizio identico)

 

d) iniziative e proposte agli organi competenti in ordine all’individuazione ed al censimento dei beni culturali ed ambientali ricadenti nel territorio provinciale, nonchè alla tutela, valorizzazione e fruizione sociale degli stessi beni, anche con la collaborazione degli enti e delle istituzioni scolastiche e culturali. Acquisto di edifici o di beni culturali, con le modalità di cui all’art. 21, secondo e terzo comma, della legge regionale 1 agosto 1977, n. 80. Per l’esercizio delle funzioni suddette, la provincia si avvale degli organi periferici dell’Amministrazione regionale dei beni culturali ed ambientali; à alla Regione su proposta dei comuni o alle Unioni dei Comuni

 

e) promozione e sostegno di manifestazioni e di iniziative artistiche, culturali, sportive e di spettacolo, di interesse sovracomunale; à alle Unioni dei Comuni (che hanno già un servizio identico)

 

2) sviluppo economico:

 

a) promozione dello sviluppo turistico e delle strutture ricettive, ivi compresa la concessione di incentivi e contributi; realizzazione di opere, impianti e servizi complementari alle attività turistiche, di interesse sovracomunale; à alla Regione (che ha già un servizio identico)

 

b) interventi di promozione e di sostegno delle attività artigiane, ivi compresa la concessione di incentivi e contributi, salve le competenze dei comuni; à alla Regione (che ha già un servizio identico)

 

c) vigilanza sulla caccia e la pesca nelle acque interne; à alla Regione (che ha già un servizio identico)

 

d) autorizzazione all’apertura degli esercizi di vendita al dettaglio di cui all’art. 9 della legge regionale 22 luglio 1972, n. 43; à ai comuni

 

3) organizzazione del territorio e tutela dell’ambiente:

 

a) costruzione e manutenzione della rete stradale regionale, infraregionale, provinciale, intercomunale, rurale e di bonifica e delle ex trazzere, rimanendo assorbita ogni competenza di altri enti sulle suindicate opere, fatto salvo quanto previsto al penultimo alinea dell’art. 16 della legge regionale 2 gennaio 1979, n. 1; àil finanziamento delle reti viarie extraurbane può essere affidato alla Regione, per le reti urbane la proposta deve venire dai comuni

 

b) costruzione di infrastrutture di interesse sovracomunale e provinciale; à alla Regione

 

c) organizzazione dei servizi di trasporto locale interurbano; à ai comuni (che ha già un servizio identico)

 

d) protezione del patrimonio naturale, gestione di riserve naturali, anche mediante intese e consorzi con i comuni interessati; à alla Regione, che potrebbe demandarla al comune con apposita convenzione

 

e) tutela dell’ambiente ed attività di prevenzione e di controllo dell’inquinamento, anche mediante vigilanza sulle attività industriali; à al comune, che si avvale dell’Agenzia Regionale Arpa

 

f) organizzazione e gestione dei servizi, nonchè localizzazione e realizzazione degli impianti di smaltimento dei rifiuti e di depurazione delle acque, quando i comuni singoli o associati non possono provvedervi i comuni

 

·         I dipendenti potrebbero essere trasferiti (compatibilmente con le proprie competenze e mansioni) nei tribunali (come amministrativi), nelle scuole (come personale ata, considerato che non si applica il tempo pieno per mancanza di collaboratori scolastici), nei comuni con organici sottodimensionati, nelle unioni di comuni sprovviste di personale proprio,  negli uffici regionali periferici che si stanno costituendo presso le sedi provinciali della Regione.

“Riceviamo e pubblichiamo” di Carmelo Cutrufello

 

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Referendum, il quesito sul legittimo impedimento

postato il 10 Giugno 2011

Come noto i prossimi 12 e 13 giugno saremo chiamati a votare per una consultazone referendaria su quattro distinti quesiti. Mentre i primi tre, riguardanti la gestione dell’acqua pubblica e la ricerca e l’introduzione dell’energia nucleare, sono argomenti a forte carattere tecnico, il quarto ha una valenza prettamente politica ed è quello che, sul piano politico appunto, potrebbe avere le maggiori ripercussioni. Vediamo di cosa si tratta( per chi volesse informarsi anche sugli altri quesiti si veda anche http://www.referendum-2011.info/ oppure sull’acqua e sul nucleare): Il quesito n. 4 (Scheda di colore verde) ha per oggetto l’abrogazione della norma che regola il legittimo impedimento invocabile dal Presidente del Consiglio e dai ministri al fine di non presenziare in aula se soggetti a processi; il quesito richiede che siano abrogati l’articolo 1, commi 1, 2, 3, 5 e 6, nonché l’articolo 2, della legge 7 aprile 2010 n. 51, recante Disposizioni in materia di impedimento a comparire in udienza. Chi vota Si vuole abrogare tale norma; chi vota No la vuole mantenerla.

Occorre brevemente spiegare cosa sia il legittimo impedimento e perchè questo quesito rivesta una particolare importanza politica: per principio generale, applicabile a chiunque in ambito penale, ciascun imputato ha diritto di scegliere se partecipare o meno alle udienze che lo riguardano. Se non partecipa il procedimento va comunque avanti anche in sua assenza, a meno che tale assenza derivi da un “legittimo impedimento”. In quel caso l’imputato ha diritto ad ottenere un rinvio dell’udienza ad altra data nella quale non sussista tale impedimento. Sulla base di questo principio generalmente applicabile, la Legge 7 aprile 2010 ha introdotto principalmente due varianti rilevanti: 1- le incombenze derivanti da attività di governo del Presidente del Consiglio e dei Ministri costituiscono legittimo impedimento nel senso sopra descritto; 2- l’autorità politica che intende avvalersene può autocertificare l’esistenza dell’impedimento senza che vi possa essere alcuna discrezionalità da parte dell’autorità giudicante. In aggiunta la Presidenza del Consiglio può giudicare tale impegno continuativo e richiedere un rinvio per un periodo fino a 6 mesi. Chiamata ad esprimersi sulla materia la Corte Costituzionale, con la sentenza 23/2011 (http://www.cortecostituzionale.it/actionPronuncia.do) ha ridimensionato notevolmente la portata della legge. Infatti, pur ritenendo valido il principio secondo cui gli impegni legati al mandato governativo possano costituire motivo valido quali legittimo impedimento, ha dichiarato illegittima la parte della norma relativa alla possibilità di autocertificazione e di impegno continuativo. In poche parole la Consulta ha stabilito che la sospensione non possa essere richiesta per impegni genericamente continuativi e che, cosa più importante, l’autorità giudicante conserva la propria discrezionalità circa l’effettiva legittimità dell’impedimento addotto con la immediata conseguenza di far riprendere immediatamente i procedimenti sospesi fino a quel momento a carico del Presidente del Consiglio.

Fin qui la parte tecnica del quesito, ora alcune considerazioni di natura più politica.

In primo luogo, siamo sicuri che una vittoria eventuale dei SI modifichi la normativa esistenete? L’abrogazione della norma riporterebbe di fatto la situazione a quel principio di portata generale sopra descritto, ossia alla possibilità che chiunque ha di far valere un proprio legittimo impedimento. D’altronde la citata sentenza delle Corte ha di fatto apposto un avvallo costituzionale alla possibilità che gli impegni istituzionali possano costituire legittimo impedimento secondo il prudente apprezzamnto dell’autorità giudicante. Ne consegue che, di fatto, anche una vittoria dei SI e la conseguente abrogazione della legge 51/2010 potrebbe avere limitatissimi effetti procedurali.

Notevolmente maggiore invece sarebbe la portata politica di una eventuale vittoria del SI: è indubbio infatti che sul tentativo di ostacolare i procedimenti penali a suo carico, il Premier abbia fondato gran parte della propria attività politica, sempre forte, a suo dire, che la propria legittimazione discendesse direttamente dal consenso popolare. Da questo punto di vista il raggiungimento del quorum contro ogni previsione, darebbe la chiara indicazione di quanto questo modo di fare politica non sia più né capito né seguito dalla gente; che la legittimazione popolare non è una delega in bianco, ma al contrario c’è fintanto che chi governa lo fa negli interessi della nazione e non esclusivamente dei propri; che, probabilmente, la norma del legittimo impedimento sia la risposta sbagliata ad un problema, quello del bilanciamento fra i poteri legislativo ed esecutivo da un lato e giudiziario dall’altro, che tuttavia esiste e merita di essere affrontato con ottica altamente istituzionale e non personalistica.

Per questi motivi, nella speranza che chi governa recepisca il messaggio e cambi decisamente passo o, in alternativa, ceda la mano, il 12 e 13 giugno vale la pena andare a votare e votare SI al quesito sul legittimo impedimento.

“Riceviamo e pubblichiamo” di Alberto Evangelisti

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Referendum, i due quesiti sull’acqua

postato il 8 Giugno 2011

A pochi giorni dal voto sui referendum provo ad esporre e riassumere i due quesiti sull’acqua, le posizioni e gli effetti dell’eventuale vittoria dei Sì e del raggiungimento del quorum.

PRIMO QUESITO:

Il primo quesito proposto dai promotori dei referendum incide sull’art. 23 bis del decreto Ronchi, che riguarda tutte le liberalizzazioni dei servizi pubblici locali (acqua, ma anche rifiuti e trasporti).

Provando ad entrare un po’ nel merito, e lasciando quindi da parte la retorica dell’acqua che passerebbe ai privati (Il decreto Ronchi riafferma invece che l’acqua, e ovviamente le infrastrutture, rimangono di totale proprietà pubblica), il decreto Ronchi si occupa di liberalizzare la gestione dei servizi pubblici, cercando di favorire una gestione sempre più industriale di servizi e beni comuni così importanti. Lo fa perché lo dice il buonsenso, la normativa europea e un percorso politico degli ultimi vent’anni, portato avanti anche e principalmente dal centro-sinistra (guarda un po’ anche dall’ex ministro Di Pietro).

Il decreto Ronchi spinge per le liberalizzazioni ma non dà, come invece falsificano i promotori, la gestione ai privati. Piuttosto la novità vera sta nella procedura ad evidenza pubblica, che i Comuni devono mettere in atto per scegliere il gestore. Le possibilità di affidamento del servizio, che il decreto Ronchi prevede sono le seguenti:

– assegnare la gestione del servizio pubblico locale tramite gara ad evidenza pubblica, a cui possono partecipare società private, società miste, società totalmente pubbliche (cioè le attuali municipalizzate);

– dare la gestione del servizio senza fare la gara ad evidenza pubblica ad una società pubblica o mista, sempre che questa faccia entrare il privato almeno al 40% delle quote e questo privato sia scelto tramite gara ad evidenza pubblica;

– esiste infine una terza ipotesi, in cui le società potranno mantenere l’ipotesi “in house”, ma in deroga, qualora si dimostrasse la specificità di un territorio che non preveda le condizioni per mettere in atto le liberalizzazioni.

Considerazioni: Insomma alla fine le soluzioni liberalizzatrici sono “parecchio all’italiana” che, per un liberale come me, portano a dire che il decreto Ronchi sia stato anche troppo morbido, non a caso la proposta del ministro On. Linda Lanzillotta del governo Prodi, affossata per le divisioni interne e la crisi prematura del governo, era ancora maggiormente liberalizzatrice.

Le municipalizzate totalmente pubbliche, se efficienti, insomma non si capisce cosa dovrebbero temere da gare trasparenti: credo sia molto probabile che queste siano le favorite a vincere la gara, essendo da anni gestori del servizio. Se non la vincono è evidente che sono talmente inefficienti, che è giusto che altri, privati, misti o totalmente pubblici, gestiscano il servizio al loro posto.

SECONDO QUESITO:

Il secondo quesito, quello della determinazione della tariffa, è ancora più paradossale, assurdo e demagogico: prevede infatti, tra i vari aspetti che portano alla determinazione della tariffa, l’abrogazione dell’adeguata remunerazione del capitale investito. Sarebbe quindi come chiedere che a gestire la risorsa idrica sia un’associazione di volontariato no profit. E qui non c’è un problema di pubblico e privato (non a caso qualche Sindaco furbacchione su questo quesito ha dichiarato il proprio No). La remunerazione sul capitale investito è fissata al 7%. Non so se è troppo, ho scoperto solo che questa soglia fu scelta proprio qualche anno fa dal ministro Di Pietro.

PRINCIPI CHE STANNO DIETRO A CHI E’ A FAVORE DEL REFERENDUM:

Il principio culturale che sta dietro al movimento del sì, movimento che va riconosciuto è riuscito a mettere in atto un forte coinvolgimento popolare dal basso, è che l’acqua (e gli altri servizi pubblici locali, di cui non parlano) debba essere gestita direttamente dal Comune, senza tra l’altro una logica industriale ed economica (visto il secondo quesito).

PRINCIPI CHE STANNO DIETRO A CHI E’ CONTRARIO AL REFERENDUM

I contrari ai referendum invece pensano che tornare ad una gestione diretta, oltre che sbagliata da un punto di vista culturale, sia insostenibile da un punto di vista economico. Nei servizi pubblici locali (acqua, trasporti, rifiuti) si parla di 120 miliardi di euro di investimenti da fare nei prossimi anni e questi dovrebbero essere trovati nelle casse comunali. Avremmo quindi un sistema al collasso, zero investimenti o un netto aumento della fiscalità generale.

COSA SUCCEDE SE VINCE IL SI:

se vince il si ai due referendum sull’acqua, si aprirebbe probabilmente un vuoto  normativo; a coprirlo sarà la  normativa europea, che per la concorrenza e la trasparenza impone che gli affidamenti dei servizi pubblici locali non siano dati “direttamente” al gestore pubblico o privato che sia. Sicuramente il privato non può essere, per legge, escluso dalla gestione dei servizi pubblici. Naturalmente, l’ho già detto, nessuno, privato o pubblico che sia, farà gli investimenti necessari.

RIFLESSIONI CONCLUSIVE:

Io credo che comunque, privati o pubblici, sia importante provare (e questo il decreto Ronchi in parte lo fa) ad incidere sul problema centrale che oggi esiste intorno alle finte liberalizzazioni: dividere cioè il controllore (cioè chi pianifica, sceglie i piani industriali, affida il servizio e controlla) dal controllato (cioè chi gestisce il servizio). Oggi nel sistema misto, ad esempio quello toscano, è molto difficile, in quanto le municipalizzate si sono trasformate in pseudo Spa, con la politica che ancora è pienamente dentro la gestione.

“Riceviamo e pubblichiamo” di Carlo Lazzeroni

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Piano nazionale di riforme? Un elenco di buoni propositi

postato il 20 Aprile 2011

Il governo è alla frutta, ossessionato anche dal Terzo polo

C’è un governo che non governa e che non affronta i temi dell’economia. Il piano nazionale di riforme che hanno presentato è un decalogo di buone intenzioni ma non c’è lo slancio necessario, non c’è l’assunzione di responsabilità per riprendere la strada dello sviluppo, e se il Paese non si sviluppa ci sono più giovani disoccupati, più donne disoccupate, più disoccupati nel Mezzogiorno. È un elenco di buoni propositi che non si capisce come si potrà realizzare.
Intanto il governo è impegnato a creare leggi particolari sulla giustizia, e oggi alle varie ossessioni ha sommato anche quella sul Terzo polo. Perché mi sembra che oltre alle leggi ad personam stiano cercando di trovare anche leggi contra personam ed entità politiche.
Non sono affatto preoccupato, questo serve solo a far capire agli italiani come siano alla frutta. Purtroppo pero’ alla frutta portano anche tutto il Paese, perché vediamo uno stato di lacerante contrapposizione e di sostanziale paralisi su ogni tema fondamentale.

Pier Ferdinando

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Governo drammaticamente assente

postato il 9 Aprile 2011

Scossa a Costituzione è solo fumo

La riforma della Costituzione è un’altra delle scosse epocali che Berlusconi vuole dare, cioè fumo, perché l’arrosto non arriva mai. Infatti, i temi veri dell’immigrazione e dell’economia non vengono mai affrontati. Su questo il nostro governo è drammaticamente assente e confuso. Berlusconi si diverte a parlare di tutto, compreso il bunga bunga, ma non delle cose che riguardano gli italiani: le famiglie stanno scivolando nell’area della povertà e la scossa epocale all’economia non si è  vista.

Pier Ferdinando

 

 

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Il processo breve è l’ennesima legge ad personam

postato il 30 Marzo 2011

Il ministro della Giustizia si era impegnato a togliere di mezzo provvedimenti minimali e ad personam in cambio di un dialogo sulle riforme e invece ecco spuntare come funghi, nel giro di una settimana, proprio quei provvedimenti che servono solo a placare le ossessioni giudiziarie del premier. E’ davvero una vergogna, soprattutto per chi, come noi, ritiene che la riforma della giustizia deve essere fatta.

Pier Ferdinando

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Sulla giustizia dialogo se il governo non segue le ossessioni del premier

postato il 29 Marzo 2011

Il governo deve decidere che strada prendere: riformare la giustizia o seguire le ossessioni giudiziarie di Berlusconi. Se c’è spazio per le cose serie, ci sediamo al tavolo, se si tratta di fare colpi intimidatori nei confronti della magistratura non siamo disponibili. Noi non vogliamo dare alibi a nessuno per dire che l’opposizione non è disponibile al confronto quindi facciamo finta di non sentire il 90% delle cose che dice Berlusconi.

Pier Ferdinando

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Il limite di questa riforma della giustizia è il rinvio a leggi ordinarie

postato il 12 Marzo 2011

Così cambieranno ad ogni legislatura

Il limite di questa riforma costituzionale della giustizia e’ il continuo rinvio alle leggi ordinarie. Non mi interessano calcoli, tatticismi, meschinerie, mi interessa capire qual e’ il contenuto di questa riforma.
C’e’ il rischio che, ad ogni legislatura, la maggioranza di turno cambi le leggi ordinarie a cui rinvia il nuovo testo della Costituzione e questo sarebbe l’imbarbarimento finale del nostro rapporto tra politica e giustizia.
Se vogliamo sfasciare definitivamente il sistema giudiziario facciamo una bella cornice di nuove norme costituzionali rinviando a leggi ordinarie che ogni maggioranza che viene cambia a piacimento, dopodiché cambiamo l’Italia.

Pier Ferdinando

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