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Lo “sciopero” dei calciatori e del buon senso

postato il 14 Settembre 2010

We are the champions di Iguana JoLa notizia è stata oramai ufficiliazzata da qualche giorno:  l’Aic (Associazione Italiana Calciatori) ha proposto uno stop (indebitamente definito “sciopero”) al campionato di calcio di massima serie per protestare contro le modifiche apportate dalla Lega di serie A al contratto collettivo.
In pratica, i calciatori, hanno annunciato che non scenderanno in campo durante la quinta giornata di campionato per dimostrare, con forza, il loro dissenso riguardo le nuove disposizioni normative cogitate dalla Lega.

Tralasciando il fatto che si tratterà con molta probabilità dell’ennesima farsa che porterà alla cancellazione della norma contestata ed alla regolare discesa in campo delle squadre, sarebbe imperdonabile non analizzare un episodio che, soprattutto in tempi di crisi e di tagli sempre più severi imposti ai lavoratori di ogni categoria, ha il sapore dell’assurdo e del privilegio quasi assoluto che vuole essere tramutato in diritto inviolabile.

Lungi dallo scadere nel populismo proletario che demonizza ogni riccone ed il benessere economico in genere, occorre però analizzare con obiettività i punti della diatriba e l’incredibile schiaffo al buon senso dato dall’Aic a tutti i cittadini italiani e a tutte le altre, vessatissime categorie di lavoratori ai quali, come noto, si richiedono ogni giorno sacrifici più difficili e debilitanti.

I giocatori, infatti, contestano una nuova disposizione secondo la quale, uno strapagato e stratutelato professionista di serie A, è costretto ad accettare il trasferimento ad un’altra squadra qualora il suo contratto sia in scadenza. A patto, però, che il nuovo ingaggio pattuito tra squadra che vende e squadra che acquista sia pari o superiore a quello precedente. In parole povere, dunque, si eviteranno i soliti giochi al rialzo e le consuete speculazioni dei giocatori in scadenza contrattuale i quali, puntualmente, rifiutano le offerte di nuove squadre per alzare il proprio prezzo d’acquisto e quindi il proprio stipendio. Il team acquirente, infatti, non dovendo versare un cent a nessuna squadra, potrà dimostrarsi molto più generoso nei confronti del nuovo acquisto.

Un meccanismo che tanti guai e squilibri finanziari ha causato a squadre italiane e staniere e che la Lega vuole giustamente distruggere. Per difendere i propri spropositati interessi economici, però, Massimo Oddo scomoda addirittura “i diritti umani” e il rispetto dei lavoratori; lamentando inoltre una presunta mancanza di tutele per la sua classe d’appartenenza e, dulcis infundo, l’essere trattati “come oggetti e non come persone“.

Insomma: in un periodo in cui gli stipendi da 1000 euro vengono tagliati e milioni di giovani e meno giovani sono disoccupati e senza futuro a causa della crisi, i megamiliardari del gioco del pallone indicono addirittura uno “sciopero” nazionale in nome dei diritti umani e di presunte vessazioni ordite ai loro danni.

C’è persino qualcuno che, molto disinformato sui fatti e sulle ragioni della inaccettabile protesta, si affanna a difendere le ragioni di questa marmaglia di bamboccioni viziati e materialisti. Una delle giustificazioni avanzate in questi giorni, ad esempio, parla di uno sciopero indetto anche per tutelare i colleghi meno fortunati che militano nelle serie minori. Nulla di più falso dato che, come si evince del resto anche dallo stesso discorso di Oddo, lo stop al campionato è chiesto esclusivamente per tutelare la categoria di professionisti che milita nella massima serie (non a caso contro la Lega di Serie A).

L’aspetto scandaloso e poco confortante è che, se un gruppo di miliardari sono riusciti a trovare coesione per un’azione di protesta che avrebbe tolto loro non dei diritti ma dei privilegi inaccettabili soprattutto in tempi come quelli attuali, lo stesso non sono riusciti ancora a fare gruppi di lavoratori sul serio vessati, sottopagati, umiliati e presi in giro da sindacati e sindacalisti. In ultimo, al caro terzino del Milan che si dice risentito perchè “ci impediscono di svolgere attività parallele“, bisognerebbe ricordare che il doppio lavoro è vietato a tutte le categorie professionali (avvocati, ingegneri, giornalisti, medici ecc) e non solo a chi, con una singola attività, riesce comunque a percepire svariati miliardi di vecchie lire all’anno. Inoltre, come Francesco Totti e tanti altri testimonial di lusso dimostrano inequivocabilmente, queste “attività parallele” (spot televisivi, telecronache ecc.) vengono permesse eccome a questa categoria in un periodo  in cui sempre più persone devono cedere al ricatto della crisi; accettando turni di lavoro di 12 ore giornaliere e stipendi inferiori ai mille euro mensili.

Al di la delle chiacchere da bar, dunque, da amanti del calcio, invitiamo questi signori a ritrovare un po’ di buon senso e di rispetto per chi riempie loro le tasche quotidianamente ed in barba alla miseria patita.
Ai tifosi di tutta Italia e ai gruppi Ultras da sempre pronti ad ogni sacrificio pur di seguire la passione per questo bellissimo sporto che è il calcio, proponiamo parimenti un’azione di “contro-sciopero” simbolica; lasciando magari vuote le curve dei principali stadi Italiani durante almeno una delle giornate in calendario; evitando anche di acquistare alla non modica cifra di 10 euro le partite di Euorpa League e Champions trasmesse su Sky.

Per inciso ed onde evitare sciocche e facili strumentalizzazioni di ordine politico, chi scrive non chiede ai calciatori o ai miliardari di tutto il mondo di rinunciare ai propri diritti fondamentali; riducendosi magari lo stipendio fino a guadagnare come un’operaio di Melfi ma, semplicemente, di ritrovare il contatto con la realtà e di essere abbastanza umili da comprendere che, in tempi di pressante crisi economico-finanziaria, i sacrifici economici debbono sostenerli (proporzionalmente) tutti i lavoratori e non solo ed esclusivamente determinate categorie, per giunta già deboli e tartassate. Il resto è pura e sterile propaganda populista che non può interessare chi crede sul serio in uno Stato liberale in cui il colpevole non è il ricco ma l’ingordo ed il disonesto.

“Riceviamo e pubblichiamo” di Germano Milite

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Casini e la solitudine dei numeri primi

postato il 14 Settembre 2010

“I numeri primi sono divisibili soltanto per 1 e per se stessi. Se ne stanno al loro posto nell’infinita serie dei numeri naturali, schiacciati come tutti fra due, ma un passo in là rispetto agli altri”. Così scrive Paolo Giordano nel suo romanzo “La solitudine dei numeri primi” che in questi giorni arriva anche nelle sale cinematografiche grazie all’opera di Saverio Costanzo, e queste parole del  giovane autore, per uno strano volo pindarico della mente, possono essere applicate al leader dell’Udc Pier Ferdinando Casini.

Il suo intervento conclusivo alla festa di Chianciano è stato compresso dai media tra i numerosi interventi politici di questa domenica settembrina di feste di partito, ma pur essendo “schiacciato” tra Berlusconi, Bossi e Bersani l’ex Presidente della Camera è sembrato, per dirla appunto con Giordano, “un passo in là rispetto agli altri”.

Mentre un Berlusconi scolorito (politicamente si capisce… il cerone è sempre ottimo) giocava con i giovani del ministro Meloni al gioco della torre e a raccontare barzellette che non facevano ridere, a Chianciano Casini chiedeva responsabilità, onesta e coerenza politica al Premier; mentre a Venezia il Senatur decideva di sciacquare con pura acqua del Po il figlio “Trota” e i fedelissimi, nel famoso centro termale della provincia di Siena il leader dell’Udc chiedeva una maggiore attenzione per il Sud e un impegno maggiore per la legalità; mentre a Torino Bersani si rimboccava le maniche per mettere ordine nel Pd e trarre dal baule dei ricordi l’Ulivo, alla festa dell’Udc Casini parlava di una nuova forza politica capace di interpretare il cambiamento e il disagio dei tanti italiani delusi dalla politica.

Pier Ferdinando Casini ha avuto il merito di non impantanarsi nelle inutili alchimie politiche nel suo discorso conclusivo della festa dei centristi, al contrario ha detto parole chiare sulla odierna situazione politica e, cosa più importante, ha aperto un cantiere per costruire qualcosa di nuovo, un progetto per il cambiamento. Il merito di Casini sostanzialmente è quello di continuare su quella strada coraggiosa ancorchè ripida imboccata nel 2008 e di guardare con fiducia e ambizione al futuro. Sa bene Casini che ogni passo indietro rispetto alle scelte coraggiose degli ultimi anni metterebbe la parola fine alle aspirazioni dei moderati italiani, sa bene che il futuro del Paese e dei moderati non si può barattare per il solito misero piatto di lenticchie. Le parole di Casini hanno qualcosa di diverso rispetto alle parole di Berlusconi, Bossi e Bersani perché sanno di futuro, in quelle parole fiere e schiette c’è la voglia di imbarcarsi in una avventura politica nuova che superi gli schemi e le incertezze e di lavorare con quanti hanno veramente a cuore il futuro dell’Italia seguendo quell’antico adagio che dice di non chiedere al viandante da dove viene ma piuttosto dove va.

Eppure posizioni come quelle di Casini rischiano sempre di apparire un po’ solitarie salvo poi rivelarsi delle profezie realizzate, ma questa forse è la famosa solitudine dei numeri primi, forse è il prezzo da pagare per chi in politica vuole essere libero e coraggioso. Il prezzo della libertà e del coraggio è alto ma è pur vero che è ampio il credito che gli italiani concedono a chi è capace di parlare di futuro e di cambiamento del Paese.

“Riceviamo e pubblichiamo” di Adriano Frinchi

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Perché non c’è ancora il Ministro per lo Sviluppo Economico?

postato il 13 Settembre 2010

‘Riceviamo e pubblichiamo’
di Gaspare Compagno
E’ chiaro a tutti che l’Italia, in economia, naviga a vista, nonostante le affermazioni di Tremonti, che anzi vengono sbugiardate dall’OCSE e dal FMI.
Certo, poi pare che Tremonti si incontra segretamente proprio con Strauss-Kahn, presiente del FMI, a proposito della situazione economica non rosea dell’Italia, e allora sorge spontanea la domanda: perché da ormai 4 mesi e mezzo manca il responsabile del Ministero per lo Sviluppo Economico?
Possibile che non ci sia una persona competente in tutta Italia, per questa carica? [Continua a leggere]

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I giornalisti calabresi non si fanno intimidire: “Non ci avrete mai!”

postato il 12 Settembre 2010

parghelia di siremiaTaniche di benzina sul balcone di casa, auto fatte saltare in aria o crivellate di proiettili, intimidazioni via citofono, foto di figli nel passeggino accompagnate da lettere di avvertimento. È difficile per chi non vive e lavora in Calabria farsi un’idea di cosa voglia dire essere cronisti (e magistrati, carabinieri, poliziotti) in una regione dove quello che sarebbe inaccettabile per qualunque giornalista diventa la quotidianità. Ma anche chi vorrebbe leggere di questa realtà e documentarsi fa molta fatica, perché le notizie calabresi raramente escono dai confini regionali.

Agostino Pantano, Ferdinando Piccolo. Giuseppe Baglivo, Michele Albanese, Gianluca Albanese, Antonino Monteleone, Angela Corica, Agostino Urso, Lucio Musolino, Riccardo Giacoia, Saverio Puccio, Giovanni Verduci, Michele Inserra, Giuseppe Baldessarro, Guido Scarpino, Pietro Comito, Leonardo Rizzo, Filippo Cutrupi: Sono solo alcuni dei giornalisti e dei blogger che hanno ricevuto minacce, che sono stati aggrediti, sequestrati, intimiditi. Non per aver fatto uno scoop planetario, né per aver necessariamente messo in mezzo un potente famoso. Ma per aver riportato notizie raccolte in questura, in tribunale, in caserma: la routine del lavoro di cronista.

In Calabria basta un articolo di ordinaria amministrazione per ricevere, puntuale, una pallottola in redazione. Nessun timore, nemmeno stavolta riusciranno a farci paura, a farci tirare i remi in barca. Le minacce non servono a niente, non ci spaventano, le rispediamo al mittente e sulla busta ci mettiamo anche la firma. Proiettili vaganti, buste. Tanti postini che però ci fanno capire una cosa, parte della Calabria non vuole cambiare, e soprattutto ci fanno capire che la strada che abbiamo intrapreso è quella giusta.

Scrivere ciò che si vede e si scopre è il nostro mestiere, continueremo a farlo in piena libertà, nella convinzione che così facendo riusciremo a rendere il giusto servizio alla comunità. Abbiamo il diritto di non essere eroi”, Dopo l’ennesima intimidazione proviamo a farci sentire, non per avere pubblicità, ma per non essere lasciati soli e per dichiarare la volontà di “lavorare in pace”. “Presto ci spareranno addosso, perché capiranno che le cartucce, le bottiglie incendiarie, le telefonate, le minacce mafiose perpetrate nelle loro più variegate forme non funzionano”.

Di questi inviati di guerra in casa propria si occupa anche un’interrogazione parlamentare al ministro dell’Interno, Roberto Maroni e a loro Roberta Mani, giornalista di Mediaset, ha dedicato un libro, Avamposto-Nella Calabria dei giornalisti infami, scritto con Roberto Rossi. È lei che prova a fare da tramite con un pubblico non solo locale per conto dei colleghi di cui ha raccolto le storie.

Non è facile vivere in Calabria, non è facile scrivere di ‘ndrangheta, denunciare. Ma bisogna sacrificarsi per la libertà di informare. Ci hanno detto-siediti- e ci siamo alzati, ci hanno detto-non fare questo, non fare quello- e noi l’abbiamo fatto… Ci hanno detto- non scrivere- e noi abbiamo scritto e continueremo a farlo. Non saranno proiettili, buste gialle, lettere minatorie a fermarci. Non sarà una macchina bruciata a fermare il nostro ardore, a frenare la nostra rabbia.

Non ci avrete mai. È questo il motto che lega tutti noi. Continuo ad amare questa terra. Continuo ad amare Polsi, per me il paradiso terrestre. Polsi che mi ha svezzato con il mio primo articolo. Polsi, che è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso. In questi giorni, il 4 settembre, avevo scritto di una strada che collega Polsi a San Luca. Una strada da sistemare da almeno venti anni. Scrivo di un appalto di 12 milioni di euro vinto nel ‘96 da una ditta di Crotone che era poi andata in fallimento e del subappalto concesso a un’altra ditta di San Luca il cui proprietario aveva dichiarato di non aver mai ricevuto denaro.

Nel corso degli ultimi anni mi sono sempre occupato di cronaca nera, seguendo i principali fatti della sua terra. In particolare mi sono occupato giorni fa anche del Santuario di Polsi e della Festa della Madonna della Montagna. “Un Santuario – ha dichiarato il vescovo di Locri, Mons. Giuseppe Fiorini Morosini, – in cui si è consumata l’espressione più terribile della profanazione del sacro ed è stato fatto l’insulto più violento alla tradizione religiosa”. Il riferimento è alle immagini di un summit tra gli uomini delle cosche della ‘ndrangheta nel santuario diffuse qualche mese fa. Ho scritto, anche del recente “via vai di politici e amministratori pellegrini per un giorno al Santuario, tutti presenti a parole per strappare la madonnina alla ‘ndrangheta e restituirla ai calabresi onesti e devoti”.

Vivere in Calabria, in una terra trafitta dall’odio e dall’arroganza di una cultura Mafiosa che nella società odierna si fa sempre più strada, trovando consensi tra la genti e le persone che confidano nella Madonna di Polsi che nello stato, sempre più assente nel territorio Calabrese, in particolare nella Locride, la mia terra dove la parola Stato non ha nessun significato.

Mi chiamo Ferdinando Piccolo e sono un ragazzo iscritto in giornalismo, a scienze politiche, collaboro con il quotidiano della Calabria, e sono corrispondente di San Luca e dei paesi limitrofi. Sono abituato a Descrivere una realtà stravolta dai continui fatti di cronaca che ci caratterizzano e ci contraddistinguono. Nella mia terra lo Stato non esiste, si è dimenticato di noi. O Ci sta solamente usando. La realtà è che a differenza della Sicilia, in Calabria la voglia di reagire non c’è , perché ci fa comodo avere un compare sempre a disposizione, pronto a soddisfare i nostri desideri.

La voglia di dire no alla ‘ndrangheta ha smarrito la strada, al Bivio tra San Luca e Bovalino ha scelto la terza strada, per l’isola che non c’è. Ormai siamo troppo abituati ad alzarci con la puzza di sangue e coricarci con i vestiti impregnati di ‘ndrangheta. Ma la Locride non è solo Spaghetti e Malavita. L’Aspromonte non è il paradiso terrestre dei latitanti, Ma è soprattutto una terra che ammalia, strega, con i suoi sentieri intersecati in piccoli paesi. È vita. La voglia di reagire può nascere, come una ginestra che attecchisce dove il terreno non lo permette perché come dice lo scrittore di San Luca Corrado Alvaro: “La disperazione più grave che possa impadronirsi d’una società è il dubbio che vivere rettamente sia inutile. Basta un atto, un gesto, una parola per ricordarti che sei un uomo” .

Ferdinando Piccolo, Bovalino (RC), 23 anni giornalista

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Trento, quando l’indifferenza è anche infedeltà

postato il 11 Settembre 2010

cuidados di gesteiraC’è una ragazza a Trento con una vita difficile: un matrimonio fallito, un figlio in affidamento condiviso, e come se non bastasse niente casa e un lavoro da 500 euro al mese. Ma a Trento ci sono anche solerti assistenti sociali e un integerrimo Tribunale dei Minori che non appena vengono a conoscenza della seconda gravidanza della ragazza consigliano un bell’aborto perché con una vita così non si può essere delle buone mamme.

A Trento c’è una ragazza che dice “sì” alla vita nonostante tutto e tutti e nonostante tutti i suoi fallimenti decide di fare un miracolo: decide di dare al mondo una figlia. Ma al Tribunale dei Minori di Trento sono bravi a riconoscere i fallimenti ma non i miracoli e così dopo poche ore dal parto, senza nemmeno averla attaccata almeno una volta al seno, la bambina viene tolta alla madre. Oggi questa bambina è stata dichiarata dal Tribunale “adottabile”  e le speranze della mamma di riabbracciare quella bambina appena vista in sala parto sono ridotte al lumicino.

A Trento, la civilissima Trento, c’è tutto questo. Ma in questa storia triste ci sono anche degli assenti e sono assenti illustri. Penso sia legittimo chiedersi dove siano in questa vicenda drammatica i cristiani trentini. Non è questo un attacco alla Curia trentina, ma una domanda accorata rivolta alla coscienza di ogni singolo cristiano, di qualunque confessione, della città di Trento: è possibile credere nel valore della vita e della famiglia e permettere allo stesso tempo che si verifichi una situazione del genere? E quando parlo di cristiani è evidente che il riferimento non è fatto esclusivamente ai ministri di culto e ai parroci che sono sempre di meno e sempre più carichi di responsabilità e di lavoro, ma alle comunità cristiane.

Dove sono le parrocchie? E i gruppi e i movimenti specie quelli con le famiglie numerose da sfoggiare ai “Family Day”? Dov’è il singolo cristiano? La vicenda della mamma di Trento non è un caso per preti e suore o destinato al volontariato oppure alle varie Caritas e strutture assistenziali , era un caso per una comunità cristiana, un caso che poteva essere risolto con un po’ di attenzione e solidarietà umana ancor prima che evangelica. E’ un tempo triste per la Chiesa e per i cristiani, e lo è ancor di più per i cattolici italiani divorati ormai da apatia e indifferenza. Diceva il Cicerone britannico Edmund Burke che “niente è più fatale alla religione che l’indifferenza, che alla fine, è una mezza infedeltà”. E’ vero e l’indifferenza dei cristiani è una infedeltà al Vangelo.

“Riceviamo e pubblichiamo” di Adriano Frinchi

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Per l’OCSE l’Italia va indietro, si vede che non parlano con Berlusconi

postato il 10 Settembre 2010

money it's a crime di kiki99L’OCSE ha dichiarato che nel terzo trimestre di quest’anno si potrebbe avere un calo del PIL pari allo 0,3% su base trimestrale annualizzata, mentre la media dei paesi del G7 sarà pari all’1,4%, e quindi noi siamo tra gli ultimi come crescita, anzi noi bruciamo ricchezza.
Eppure il governo dice che andiamo benissimo e i conti sono a posto, e quindi viene spontanea la domanda: chi sbaglia?
Con un po’ di cattiveria si potrebbe dire che il governo si esprime e valuta le parole, mentre l’OCSE valuta i numeri, e siccome in economia contano i numeri che pesano più delle parole, ha ragione l’OCSE.

Questa affermazione, quantunque contenga un fondo di verità, è, però, troppo semplicistica.
Giustamente chi legge, avrebbe da ridire sulle affermazioni di Tremonti, perchè, guardando al proprio portafoglio, si rende conto di avere sempre meno soldi, e sempre più spese e tasse.
E allora?
Intanto premettiamo che le affermazioni dell’OCSE sono corrette e nessuno si è azzardato a smentirle, ma la cosa più importante da rilevare è che Tremonti, furbescamente, parla sempre di conti pubblici, che sono cosa ben diversa dai conti delle singole famiglie che si ritrovano ad essere sempre più povere.

L’OCSE parla del PIL che è un indicatore della ricchezza prodotta, mentre Tremonti, quando parla dei conti pubblici, si riferisce esclusivamente a quanti soldi entrano ed escono dalle casse dello Stato. Si potrebbe dire che, mentre Tremonti parla di “una parte della ricchezza”, l’OCSE, con il PIL, va a guardare tutta la ricchezza dell’Italia, ma anche così non basta, perchè, a peggiorare la situazione, Tremonti guarda una situazione statica, come se mostrasse una fotografia, mentre il PIL e l’OCSE parlano di una realtà dinamica, come un filmato, e infatti anche per il futuro l’OCSE vede nero, affermando che nel quarto trimestre, quindi nei prossimi mesi, l’Italia crescerà di un misero 0,1%, mentre la media dei paesi del G7 sarà dieci volte tanto, ovvero l’1%.

Questo mostra il grosso limite di questo governo, che, andando oltre alle dichiarazioni di Tremonti e Berlusconi, bada solo ai conti, ma non guarda alla crescita, non punta allo sviluppo, non guarda ai giovani, e a riprova di ciò, basta osservare che da più di 4 mesi manca il Ministro per lo Sviluppo Economico.
Il risultato di quanto detto è nell’assenza, in questi anni, di una politica economica tesa alla crescita, assenza che viene rimarcata nei 5 punti su cui Berlusconi vuole la fiducia, che riportano la totale assenza di una politica volta a fare crescere economicamente l’Italia e che sia a favore delle famiglie, creando un handicap per l’economia italiana che invece sarebbe, con i giusti stimoli, molto più vivace e dinamica.
A riprova di ciò basta consultare l’ISTAT, che registra per i primi 6 mesi, un grande dinamismo dell’economia privata, nonostante il governo.
Infatti l’ISTAT registra un aumento delle esportazioni, nei primi 6 mesi dell’anno, e anzi questi dati riservano parecchie sorprese.

Chi esporta di più non è il Veneto o la Lombardia, ma l’Italia Meridionale e le Isole come la Sicilia e la Sardegna se andiamo a considerare i settori che contribuiscono maggiormente alle esportazioni nazionali, osserviamo che gli incrementi più significativi si hanno per coke e prodotti petroliferi raffinati (piu’ 62,3 per cento), sostanze e prodotti chimici (piu’ 29,6 per cento), articoli farmaceutici, chimico-medicali e botanici (piu’ 18,7 per cento) e computer, apparecchi elettronici e ottici (piu’ 17,4 per cento). Chi invece segna il passo, anzi ha una flessione del 3,3% è il settore dell’abbigliamento.

Se vediamo i dati a livello regionale, osserviamo che viene facilmente confutata la tesi leghista che vuole il Sud, come una regione parassita che non produce nulla, infatti notiamo che per il coke e prodotti petroliferi raffinati le regioni che contribuiscono maggiormente alle vendite dirette verso l’estero e che registrano i maggiori incrementi settoriali sono Sardegna (piu’ 95 per cento), Liguria (piu’ 58,3 per cento), Lazio (piu’ 50,8 per cento), Lombardia (piu’ 49,5 per cento) e Sicilia (piu’ 42,4 per cento). Per le sostanze e prodotti chimici, i maggiori incrementi riguardano Sicilia (piu’ 82,1 per cento), Toscana (piu’ 41,5 per cento), Emilia Romagna (piu’ 33,7 per cento), Piemonte (piu’ 31,9 per cento), Veneto (piu’ 28,8 per cento) e Lombardia (piu’ 26,8 per cento).
Per il settore farmaceutico, che produce una parte importante del PIL italiano, osserviamo che per gli articoli farmaceutici, chimico-medicali e botanici le regioni con i maggiori incrementi sono Toscana (piu’ 98,6 per cento), Emilia-Romagna (piu’ 58,4 per cento), Lazio (piu’ 30,6 per cento), Piemonte (piu’ 18,1 per cento), Campania (piu’ 17,2 per cento) e Marche (piu’ 15,7 per cento); flessioni si registrano invece per la Lombardia (meno 1,2 per cento). Le esportazioni di computer, apparecchi elettronici e ottici sono particolarmente dinamiche da Emilia-Romagna (piu’ 25,1 per cento), Lombardia (piu’ 23,8 per cento), Piemonte (piu’ 16,3 per cento) e Toscana (piu’ 9,9 per cento); per il Veneto invece si registra una flessione (meno 2,4 per cento).

Come si vede quindi abbiamo una Italia estremamente dinamica, anche al Sud che, anzi, ha contribuito grandemente ai conti dello Stato con le sue esportazioni, anche se una parte importante di questo governo, vorrebbe cancellarlo.

“Riceviamo e pubblichiamo” di Gaspare Compagno

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A Chianciano ci si interroga su tv, internet ed una informazione che non informa

postato il 9 Settembre 2010

E’ appena finito un interessantissimo laboratorio, “Comunicazione politica”, che ci ha dato l’opportunità per riflettere su un tema fondamentale in Italia: l’informazione, il cosiddetto “Quarto Potere”(usando una citazione cinematografica). Eppure, quello che è stato chiamato potere, dovrebbe essere piuttosto un servizio, come ha suggerito Roberto Natale, presidente della federazione nazionale Stampa Italiana. L’informazione dovrebbe definirsi uno strumento nelle mani dei cittadini, ma finisce per diventare uno strumento nelle mani di alcuni potentati, convinti di avere il diritto di modellarla a proprio piacimento.

E quanto importante sia l’informazione nella vita sociale dei cittadini italiani è sotto gli occhi di tutti. Questa è una delle (numerose) anomalie italiane: viviamo in un Paese in cui vi è un monopolismo informativo, che rischia di rendere nullo il senso stesso dell’informazione, soprattutto pubblica.

Siamo ormai abituati a vedere un giornalismo assoggettato al miglior offerente, capace di dare più peso alle beghe interne della maggioranza, piuttosto che alla morte di un sindaco onesto e capace, Angelo Vassallo, che aveva avuto il coraggio di battersi contro la malavita organizzata. Ciò che mi lascia perplessa, è che questa sia la normale routine del nostro amato bel Paese.

Non si può, non vogliamo rimanere fermi ad osservare una stampa statica e sottomessa, che preferisce un ottimismo di facciata, che non vuole parlare di problemi per non tediare i lettori, che finge che tutto vada bene, piuttosto che raccontare l’evidenza: le difficoltà che gli italiani si trovano ad affrontare ogni giorno.

Il web, allora, può diventare un mezzo per riformare l’informazione. Internet può essere lo strumento per dare voce a chi non ne ha, ai loro veri problemi. “L’informazione come servizio, che possa ascoltare gli invisibili, per sviluppare una cittadinanza consapevole”, come ha proposto il professor Andrea Monda, autorevole giornalista dell’ “Avvenire” e dell’ “Osservatore Romano”.

Dunque, sfruttiamo quest’opportunità, le nostre capacità, rendiamoci strumento per la cittadinanza, così da riaccendere quella curiosità critica, quella fiamma necessaria per far risplendere il nostro futuro.

“Riceviamo e pubblichiamo” di Marta Romano

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Angelo Vassallo, storia di un Sindaco vero

postato il 9 Settembre 2010

L’Udc ha dedicato ad Angelo Vassallo la scuola di formazione politica svoltasi quest’oggi a Chianciano

Due le parole che hanno contraddistinto Angelo Vassallo: Ambiente e Legalità. Due luci nelle notte, che hanno guidato il Sindaco di Pollica, comune in provincia di Salerno, un Sindaco vero, che purtroppo è stato freddato da 9 colpi di pistola nelle propria auto, mentre ritornava a casa intorno alla 22 di sera, la notte del 5 settembre. Aveva 57 anni, ma tutto si è fermato lì, in quella stradina. Tutto per 9 crudeli colpi di arma da fuoco, troppo feroci per uccidere soltanto.

“Anche un uomo tornava al suo nido:
l’uccisero: disse: Perdono;
e restò negli aperti occhi un grido:
portava due bambole in dono.

Ora là, nella casa romita,
lo aspettano, aspettano in vano:
egli immobile, attonito, addita
le bambole al cielo lontano.

E tu, Cielo, dall’alto dei mondi
sereni, infinito, immortale,
oh! d’un pianto di stelle lo inondi
quest’atomo opaco del Male!”

da “X Agosto” di Giovanni Pascoli

Sull’accaduto indaga l’Antimafia, perché molti indizi indicano una precisa, anche se non unica, pista investigativa: l’omicidio di camorra. Il Sindaco Vassallo era un fiero sostenitore dell’ambiente, della sua tutela, della sua promozione, conscio che fosse una formidabile macchina per fare soldi e per portare benessere e serenità economica alla popolazione. Un progetto di rinnovamento, ristrutturazione, regolamentazione e riorganizzazione, il tutto con un pizzico di innovazione. Altre gravi situazioni si erano verificate per la preoccupante diffusione di cocaina nelle località turistiche del comune di Pollica. Forte anche la sua denuncia contro la collusione delle forze dell’ordine con la criminalità locale. Contro il male della droga, della mafia, dell’abusivismo, è intervenuto in prima persona Vassallo, mettendoci la faccia, l’anima, e anche la vita.

Acciaroli- Cilento ( Salerno) di GoldenpixelPollica è abbastanza lontana da Caserta, da Napoli e dagli altri centri cardine della criminalità campana. Sono più vicine Potenza, Melfi, Venosa, Lavello, Rionero e tutti gli altri abitati dell’alta Lucania, ai cuori pulsanti della camorra. La camorra si allarga, ricerca sbocchi, sonda il terreno e cerca nuovi luoghi dove impiantare il proprio malefico seme. A Pollica il terreno era fertile, ma il contadino Angelo sapeva fare il suo lavoro e ha saputo estirpare i germogli di questa erbaccia. Ma questo ha creato problemi. A chi? Il sostituto procuratore di Vallo della LucaniaAlfredo Greco commenta così a Sky Tg24 l’omicidio: «E’ un agguato in stile camorra con modalità brutte e pesanti, un’esecuzione cattiva con troppi colpi sparati».

Sono davvero rammaricato nel vedere un uomo ucciso in questo modo, con tanta rabbia, con tanto odio. Non bastava un colpo solo, o due (come se cambiasse qualcosa), ma ben 9 terribili spari. Un uomo non c’è più e quest’uomo era un Sindaco vero, rispettoso della sua terra, fiero della sua popolazione, degno della stima più sincera per l’ottimo, vivo, ingegnoso operato che portava avanti da molti anni. Ha cambiato la sua città, l’ha resa più ricca, più bella, conosciuta in tutta Italia, con picchi di efficienza stupefacenti. Ha costruito la sua città, come la voleva lui e come la volevano tutti. L’ha difesa, la sua città, dai carnefici affaristi, capaci, per un “no” ricevuto, di ammazzare.

Una città è sola, una popolazione senza guida. Ed ora? Cosa succederà? Chi li guiderà? Chi li difenderà con il proprio corpo? Chi li proteggerà dagli assassini del loro Sindaco? Il segnale lanciato alla popolazione è chiaro: chi si mette di traverso ha le ore contate. Si rischia la vita a fare il proprio dovere, il proprio mestiere e soprattutto a farlo bene. Come comportarsi? C’è bisogno di un nuovo sindaco, con la stessa forza, con la stessa integrità, con la stessa volontà ambientalista e legalitaria di Vassallo. Questo nuovo sindaco non servirà solo a Pollica, ma ogni Comune d’Italia dovrebbe trovare tra la propria popolazione Amministratori capaci e degni divivere la propria città e difenderla come se fosse la cosa più preziosa al mondo, come faceva Angelo.

“Riceviamo e pubblichiamo” di Antonio Di Matteo

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Perché, alla faccia di Di Pietro, continueremo ad essere al servizio del Paese

postato il 8 Settembre 2010

Run baby, run baby run di Guiba6Il leader dell’Italia dei Valori Antonio Di Pietro appare oggi particolarmente nervoso, stretto come è tra Partito Democratico e Grillini. Accusa Pier Ferdinando Casini e l’UDC di non avere coerenza e programma, affermando perciò che non esistono ragioni per la sua esistenza.

È difficile prendere lezioni di coerenza da chi ha fatto (in molti casi anche bene) il proprio lavoro di pubblico ministero nell’epoca di Tangentopoli e poi è entrato direttamente in politica gettando una prima frattura evidente nella divisione tra politica e giustizia.

Per quanto riguarda l’esistenza dell’Unione di Centro, è doveroso ricordare a Di Pietro che questa è presente in Parlamento dal 2008 per volontà di milioni di elettori che, contrariamente a quanto pensa Di Pietro, ne hanno riconosciuto il programma e apprezzato la coerenza.

Ricordiamo che l’UDC è stata l’unica forza che si è presentata da sola, e che da sola, ha superato la soglia dello sbarramento del sistema elettorale.

Non si può dire la stessa cosa per l’Italia dei Valori, che si trova sì in Parlamento per i tanti voti che ha preso, complice però una scelta miope e suicida di Walter Veltroni, che le ha regalato voti e la possibilità di fare l’opposizione dell’opposizione. Abbia il coraggio Di Pietro la prossima volta di presentarsi da solo e, come l’UDC, vada in Parlamento soltanto grazie al voto dei cittadini e non grazie ad accordi un po’ furbeschi ed impegni, dimenticati il giorno dopo (non si era impegnato a fare gruppo unico in Parlamento con il Partito Democratico?)

Coerenti con il programma e il mandato degli elettori l’Unione di Centro in questi due anni ha fatto opposizione repubblicana e moderata e, in tempi non sospettabili, ha avanzato a Berlusconi e al Paese intero il bisogno di un governo di responsabilità nazionale, che avesse la forza di fare le riforme e prendere provvedimenti impopolari di fronte ad una crisi come quella che stiamo vivendo.

Tutto questo comprensibilmente dà noia a quelle forze irresponsabili e populiste del Paese, come Lega e Di Pietro, che proprio in tali periodi di crisi e di crescente anti-politica trovano terreno fertile. Queste forze sono egoiste e, ancora di più di Berlusconi, fanno politica rincorrendo sondaggi e la pancia dell’elettorato. È la crescita di queste forze e i loro ricatti che hanno portato l’Unione di Centro a denunciare il bipolarismo fallimentare e muscoloso di questi anni, così come oggi queste due forze rappresentano un ostacolo insormontabile per eventuali alleanze, da costruire nell’interesse del paese. Non si preoccupino né Di Pietro, né Bossi: è l’Unione di Centro a non volere alleanze con loro, perché sarebbero pericolose per la nostra Nazione.

E piaccia o non piaccia a Di Pietro, l’Unione di Centro continuerà a portare avanti un modo di fare politica coerente con la tradizione del cattolicesimo democratico, del liberalismo e del riformismo; e per queste ragioni sopravviverà anche in futuro, magari cambiando simbolo e nome, ma lasciando inalterati i valori e il modo di proporli. Come molti altri partiti che si basano su valori saldi.

E l’Italia dei Valori di Antonio di Pietro invece che ha molte ragioni di esistere oggi in questo clima da guerra civile della nostra politica; ne avrà molte meno quando non ci sarà più questo clima avvelenato e il nemico Berlusconi, visto che il giustizialismo e l’anti-berlusconismo sono il principale e forse unico punto programmatico per cui attragga voti.

“Riceviamo e pubblichiamo” di Carlo Lazzeroni

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Poche nascite e nessun sostegno per le famiglie. Quale futuro per l’Italia?

postato il 8 Settembre 2010

Sleeping di margianaItaliani? Soli al mondo tra quarant’anni.

Lo avevano detto tempo fa vari istituti come la Banca d’Italia, l’Istat e altri ancora: le famiglie sono sempre più povere e, per di più, poco sostenute economicamente dalle istituzioni.

“Italia, riposa in pace”. È questo il titolo di un articolo che compare oggi nel sito del Wall Street Journal, in cui si  stigmatizza la morte demografica del nostro paese.

Nell’articolo, firmato dal giornalista italiano Giulio Meotti, si legge che «se la demografia è un destino, l’Italia sta letteralmente morendo» e la sua bassa natalità «minaccia di avere conseguenze sociali ed economiche catastrofiche». Dunque, c’è ben poco da sperare.

Dal 1994 – i dati citati – il numero delle nascite è sistematicamente superato da quello dei decessi e la fertilità è ai livelli minimi: 1,3 figli per donna. Dati sconcertanti, se si pensa che negli anni Sessanta era di 2 bambini a coppia.
La crisi delle nascite, prosegue il WSJ, minaccia di avere conseguenze sociali ed economiche disastrose. Già oggi, il 22%  della popolazione italiana è in età pensionistica: uno dei tassi più elevati a livello mondiale.

L’Italia non è il solo Paese sull’orlo del suicidio  demografico, sottolinea l’editoriale, ma è il primo nel mondo che vive il cosiddetto “crossing over”, cioè il numero degli under 20 è inferiore a quello degli over 60. E infine, annuncia il quotidiano, entro il 2050, il 60% degli italiani non avrà fratelli, sorelle, cugini, zii o zie.

La famiglia è il pilastro fondamentale della società, ma oggi è abbandonata a se stessa. Sosteniamola in concreto, rivoluzioniamo il fisco con il quoziente familiare: chi ha più figli deve pagare meno tasse!

“Riceviamo e pubblichiamo” di Daniele Coloca

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