postato il 18 Agosto 2010
Certo questa è una estate atipica. In questi caldi mesi fatti di botte e risposte, di piromani, di incendi e di pompieri, di acqua e benzina gettate sul fuoco spesso quasi contemporaneamente, non mancano gli spunti per poter ribadire quello che un Poeta scrisse oltre 700 anni fa: “ahi serva Italia di dolore ostello/ nave senza nocchiere in gran tempesta/ non donna di province ma bordello!”
Negli ultimi tempi ormai questo nostro bel Paese è diventato un letamaio di critiche, ingiurie e infamità senza paragoni. Ma la cosa peggiore è che il letamaio ha ormai imbrattato, se non addirittura inglobato, le istituzioni democratiche. La guerra giornalistica ha deciso che le pagine dei giornali devono essere il ring su cui si sfidano tutti gli attori di questa pietosa scena politica. Ma quale Parlamento, ma quale confronto, oggi si tira dritti per una strada che è sempre più quella sbagliata.
Si perde ormai il conto di tutte le interpretazioni fantasiose della Costituzione. È indubbio che la legge va interpretata, ma è altrettanto chiaro che non deve essere stravolta. È riduttivo appellarsi ora a questo ora a quell’articolo in maniera assolutistica, come se quel comma fosse la chiave di volta, salvo poi rinnegarlo o reinventarlo perché non più utile. Troppe volte in questi giorni si fa appello alla Costituzione per evitare o favorire scelte politiche e per trovare una giustificazione, o meglio ancora una pezza, a dichiarazioni fatte per puro interesse servile. Dov’è finita la dignità dei parlamentari? Dove la libertà di coscienza? Dove il senso civico e soprattutto la coerenza istituzionale?
La legge prevede che le accuse mosse al Presidente della Repubblica o sono fondate o devono essere perseguite, dal momento che lui rappresenta lo Stato e l’unità nazionale. Se le accuse sono vere, se il presidente agisce in modo incostituzionale allora è doveroso metterlo in stato di accusa, al contrario se le accuse sono fantasiose e soprattutto infondate è categorico che, chi ha il compito di rappresentare i cittadini nelle Istituzioni e si macchia di affermazioni demolitive contro le stesse Istituzioni che ha giurato di difendere, si dimetta dal ruolo di Parlamentare. Basta con questi continui kamikaze della Repubblica. La gente comune ha fin troppi problemi per dedicare a questi signori anche pochi minuti del loro tempo.
Ormai questa legislatura la si può definire come la peggiore della storia Repubblicana. Aveva ragione chi tempo fa affermava che l’ultima legislatura democratica è stata quella del 2001. Oggi tra i professionisti del nulla mascherati da deputati, che si arrogano il diritto di mistificare ogni cosa, l’unico rifugio è la “chiamata alle armi” in difesa delle Istituzioni non più solo minacciate, ma prese d’assalto. Siamo arrivati al caffè con queste storie, e il prossimo passo è alzarsi dal tavolo.
I problemi esistono, sono tanti e sono gravi. Le soluzioni ci sono, si intravedono o in alcuni casi si vedono chiaramente ma non si capisce il perché si temporeggia. Oggi con le intercettazioni, domani col processo breve o con processo “X”, tempo sprecato intorno ad argomenti procrastinabili di fronte a problemi non più rimandabili, di fronte alla necessità di soluzioni strutturali indifferibili. L’unico serio nel governo, mi duole dirlo, è Maroni. La pragmaticità del ministro dell’interno è emblematica. La nullità, talvolta intellettuale talvolta concreta, degli altri componenti del governo è altrettanto evidente.
Me ce n’è anche per le opposizioni. Troppo arroccate sul vento per potersi accorgere che la loro strategia rischia di non portare alla vittoria. Troppo impegnate a raccogliere pareri e a fantasticare piuttosto che essere pronte rimboccarsi le maniche per portare avanti delle Idee, dei punti di vista, dei modi operandi, per fare Politica. I bei faccioni de poster non si vedono se non in campagna elettorale. I volti dei leader oggi si riconoscono solo per gli scandali.
È sempre in questa estate, contraffatta da politicanti litigiosi e gratuiti conflitti, che diciamo addio ad un grande uomo, un esempio per la sua retta condotta da “Uomo delle Istituzioni”, il Presidente Cossiga. Nonostante le innumerevoli vicissitudini di cui è stato protagonista diretto o indiretto, nonostante i numerosissimi titoli in prima pagina, nonostante le critiche e le accuse, il Presidente Cossiga ha sempre interpretato a fondo il ruolo di Uomo di Stato, con lealtà, onore, gratitudine e fiducia nei confronti delle Istituzioni Repubblicane che lui stesso rappresentava considerandolo un “privilegio altissimo”, e che ha difeso sempre, esponendosi spesso in prima persona, pur di salvaguardarne il decoro.
La speranza è che la classe politica di oggi possa riconoscere che non deve esistere altro modo di fare politica se non quello nelle ma soprattutto per le Istituzioni, che l’unico Bene è il bene comune, che l’unico mezzo è la democrazia e soprattutto che gli sforzi devono essere trasversali per risolvere i problemi che attanagliano ormai da troppo tempo il nostro paese.
“Riceviamo e pubblichiamo” di Antonio Cannatà