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La risposta che la politica deve ad Enzo Tortora

postato il 18 Settembre 2010

Venticinque anni fa dei magistrati napoletani scrivevano la pagina più nera della giustizia italiana, il 17 settembre 1985 Enzo Tortora dopo ben sette mesi di detenzione veniva ingiustamente condannato a 10 anni. Soltanto dopo un anno e dopo un’infinità di umiliazioni la Corte d’Appello di Napoli assolveva con formula piena il celebre conduttore diPortobello e iniziava un processo per calunnia per tutti quei pentiti che per svariati motivi si erano accaniti contro il povero Tortora.

Sono passati venticinque anni, Enzo Tortora sfinito dal suo calvario giudiziario e da un tumore si è spento nel 1988, i giudici che si accanirono contro Tortora non sono stati oggetto nemmeno di una indagine o di un procedimento disciplinare, anzi hanno continuato tranquillamente le loro carriere, e Gianni Melluso, uno dei pentiti che accusò Tortora, è tornato in libertà nel 2009 e ha chiesto perdono ai familiari di Tortora. Sono passati venticinque anni e nonostante tante altre vittime della malagiustizia e il “referendum Tortora”  del 1987  nessuna seria riforma della giustizia italiana è stata messa in cantiere.

Oggi il centrodestra al governo, che in passato era stato uno dei paladini per la battaglia sulla giustizia giusta, è impantanato nella polemica politica per alcuni provvedimenti che sembrano più che altro mirati a liberare il Premier dai suoi guai giudiziari e il dibattito politico verte unicamente intorno a questi temi con l’unica lodevole e scontata eccezione dei radicali che custodi della memoria del caso Tortora hanno presentato una mozione parlamentare chiaramente passata sotto silenzio. Sì perché c’è anche il silenzio della stampa e delle tv che si indignano e fanno le barricate contro il ddl sulle intercettazioni ma non sono capaci di condurre una campagna per la giustizia giusta, forse perché la giustizia giusta non fa vendere tante copie e non alza gli indici di ascolto televisivi come le gogne mediatiche, le manette sotto i riflettori e i tabulati delle intercettazioni sbattuti in prima pagina.

Enzo Tortora alla fine della sua odissea giudiziaria tornando alla conduzione del suo Portobello disse: “io sono qui, e lo so anche, per parlare per conto di quelli che parlare non possono, e sono molti, e sono troppi. Sarò qui, resterò qui, anche per loro”. Venticinque anni dopo la voce di Tortora, e di quelli come lui, è una voce inascoltata che continua a chiedere a chiedere la responsabilità civile dei magistrati, la separazione della carriere, un sistema che vagli la professionalità dei magistrati, l’incompatibilità tra permanenza nell’ordine giudiziario e incarichi elettivi e non, la modernizzazione tecnologica degli uffici giudiziari, la semplificazione delle modalità di notifica degli atti giudiziari, un adeguamento degli organici del personale e tempi standard dei procedimenti civili e penali. Chi avrà il coraggio e la responsabilità di rispondere ad Enzo Tortora?

“Riceviamo e pubblichiamo” di Adriano Frinchi

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Meridione: uniti nella battaglia contro il dissesto idrogeologico

postato il 17 Settembre 2010

Il presidente Napolitano ha dichiarato “Vogliamo o no mettere tra le priorità l’esigenza di porre in sicurezza la vita delle nostre popolazioni?” e poi ha aggiunto “L’Italia, e in modo particolare il Mezzogiorno d’Italia, è territorio ad elevato rischio sismico e ad elevato rischio idrogeologico, anche per effetto di un vero e proprio dissesto prodottosi nei decenni. Vogliamo o no mettere fra le priorità gli investimenti in questi settori? Vogliamo o no mettere tra le priorita’ l’esigenza di porre in sicurezza la vita delle nostre popolazioni?”.

Questo messaggio si ricollega anche alla recente tragedia occorsa ad Atrani (Sa), dove a causa di una alluvione e di una frana, una ragazza di 25 anni ha perso la vita e a tutti gli altri dissesti che accadono ogni anno in Italia. L’anno scorso, ad esempio, vi fu la tragedia nella zona di Messina che causò danni alle cose, ma soprattutto più di 13 morti.

E proprio a causa della ripetitività di queste tragedie, dobbiamo cercare di intervenire per spezzare questa catena di luttuosi eventi, come ha sostenuto in parlamento l’onorevole Occhiuto che si è fatto promotore di varie interrogazioni parlamentari per sapere come il governo vuole intervenire contro il dissesto idrogeologico, ottenendo una risposta assolutamente sconsolante, in quanto l’azione governativa per vincere questa battaglia è stata risibile, come testimoniato nella intervista recentemente rilasciata durante il “Laboratorio delle Idee” di Chianciano.

In questa intervista, l’on.le Occhiuto mette l’accento sulla pochezza dell’attività governativa sia in campo economico, che è grave, sia anche nella sicurezza dei cittadini, visto che il problema idrogeologico e ambientale è stato ampiamente sottovalutato da Berlusconi, e questo è ancora più grave, perchè la tragedia, come abbiamo visto ad Atrani, è sempre in agguato.

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Nei rapporti con la Libia la mortificazione della nostra politica estera

postato il 16 Settembre 2010

‘Riceviamo e pubblichiamo’
di Federico Poggianti
Era solo questione di tempo.
La politica governativa sull’immigrazione si è mostrata per quello che è: un buco nell’acqua. O meglio, tanti buchi, ma nello scafo di un peschereccio italiano attaccato da una motovedetta libica.
Donata per giunta dalla nostra Repubblica e sulla quale prestano servizio sei militari italiani della Guardia di Finanza in qualità di osservatori e tecnici.
La cessione di questo tipo di mezzi militari è stata resa esecutiva dal famigerato Trattato d’Amicizia Italo-Libico, dopo che l’Unione Europea votò nel 2004 all’unanimità il ritiro dell’embargo statunitense che dal 1986 proibiva la vendita di materiale ad uso militare alla Jamāhīriyya libica. [Continua a leggere]

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Meno tasse sulla produttività, ma dove troviamo le risorse?

postato il 16 Settembre 2010

E’ chiaro a tutti che Berlusconi stia entrando nella modalità da campagna elettorale, ma soprattutto sa che se non agisce in qualche modo, rischia di essere politicamente contestato, magari non in Parlamento, ma sicuramente da larga parte del Paese.

Non è un mistero che da Giugno a oggi vi siano stati già molti scioperi, e molti altri se ne preannunciano, soprattutto considerando che in autunno vi farà la discussione della nuova Finanziaria 2011.

A riprova di quanto detto, pare che Berlusconi e Tremonti abbiano intenzione di iniziare una manovra tesa a isolare la CGIL, e nel frattempo dare una prima risposta agli altri sindacati e soprattutto al mondo di Confindustria, sempre più critico verso il governo, come testimoniato dalle parole della presidentessa Emma Marcegaglia che ha sostenuto che, forse, il governo oramai non c’è più.

Nel concreto, cosa ha intenzione di fare Berlusconi?

Accogliere in parte le richieste dei sindacati e di Confindustria, in modo tale da potere avere un atteggiamento più conciliante da parte delle parti sociali ed evitare un autunno di contestazioni (o quanto meno ridurle), soprattutto alla luce delle proteste che già animano il mondo della scuola e i vari settori produttivi italiani.

Sostanzialmente si vuole inserire in agenda la proroga per il 2011 della detassazione dei premi di produzione, di prorogare la tassazione agevolata per i premi produttività, ovvero la “parte flessibile” del salario.

Attualmente l’aliquota e’ fissata al 10% e vi si accede se si ha una soglia di reddito pari a 30 mila euro l’anno. La proposta di Cisl e Uil, che piace anche al governo, e’ quella di confermare lo sconto innalzando però a 40 mila euro la franchigia.

Il risultato è quello di rendere meno pesante una parte del salario, e al contempo di agevolare le aziende che pagano meno contributi e vedono stimolata la produttività, in linea con quanto richiesto da Emma Marcegaglia.

Questo non significa che tutte le proposte dei sindacati verranno accettate, infatti dalle volontà del governo sono escluse le proposte per una riduzione immediata della pressione fiscale ed un aumento della tassazione sulle rendite finanziarie.

Sicuramente questo provvedimento, se verrà confermato dal governo, sarebbe un passo importante per aiutare le famiglie, ma, se Berlusconi è contento per questa decisione, il problema passa al ministro Tremonti, che dovrà reperire le risorse finanziarie necessarie.

“Riceviamo e pubblichiamo” di Gaspare Compagno

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Fuori i mercanti dal tempio, Pisacane per primo

postato il 15 Settembre 2010

Tempio di Ercole (Sicilia) di Stefano LiboniAndrò dritto al sodo: dopo l’intervista di oggi rilasciata a Le Repubblica, l’espulsione di Michele Pisacane dall’Udc era cosa necessaria. Ulteriori discussioni erano davvero superflue: come si sarebbe potuto accettare di tenere ancora tra le propria fila un personaggio che, intervistato da uno dei principali quotidiani italiani, se ne esce con un “Sto nell’Udc, ma tratto con il Pd e forse voto per il governo”? Per formazione e cultura sono sempre stato un garantista – e non solo in termini giudiziari: il dissenso in un partito non è da guardare come un male assoluto; anzi, in molti casi, è una la prova di lavorare per un organismo ancora democratico e non per un casermone autoritario.

Il dissenso si può manifestare in diverse forme, ma – non dimentichiamolo mai – nasce come atto di “amore” nei confronti della causa, degli ideali, dei valori del Partito che si è scelto di sposare; per questo chi sceglie di coltivarlo, lo fa sempre scegliendo tempistiche e modalità che facciano apparire chiaro il proprio contrasto con alcuni “compagni”, non con l’idea del Partito stesso. Ma, secondo voi, un personaggio come Pisacane, rilasciando dichiarazioni del genere, potrebbe forse essere ancora innamorato dei valori fondanti dell’Udc? E degli elettori tutti di quel Partito che hanno concorso ad eleggerlo?

È la più classica personificazione del peggior trasformismo alla Depretis: nessuno scrupolo nel trattare contemporaneamente con due sponde differenti come quella del Pd o del Pdl; alcuno scampolo di coscienza nel mercificare il proprio voto-stampella; assenza di riguardo nei confronti dei propri elettori. Già me lo immagino, il buon Pisacane, mentre prende agevolmente contatti con Francheschini da una parte e con Nucara dall’altra: che cosa potrebbe promettere, contemporaneamente, ad entrambi, a parte i 18824 voti di cui va tanto fiero? Sta lì, buono buono, ad aspettare che la situazione muti improvvisamente: che muti pure – si sarà detto – l’importante è che muti a suo favore. Tanto il taxi comodo su viaggiare nel frattempo lo aveva. Si è imbarcato sull’Udc subito dopo la dissoluzione dell’Udeur, e appena arrivato ha preteso di contare, e pure molto: ha cominciato a guerreggiare con questo e con quello, e nel frattempo continuava le sue abili manovre con Tizio e con Caio, il tutto gestito con imperturbabile tranquillità e sfrontata sfacciataggine.

Ha preteso di installare un proprio banchetto nel tempio in cui soggiornava, facendo ciò che gli riusciva meglio: il cambia-valute. “Io ho 19 mila voti: sono pronto a barattarlo per questi assessorati, per questo posticino, per questa presidenza di commissione”. Quando ha capito che la sua moneta andava al ribasso, si è fatto un giro veloce degli altri mercati e delle altre piazze e ha scoperto che, con un po’ di fortuna, avrebbe potuto rilanciare le sue quotazioni. Prima ha provato con il Pd e Dario Franceschini e poi con questo fantomatico “gruppo di responsabilità” (vergognosa pantomima) pare aver trovato la realizzazione che cercava. Ha cercato addirittura di strumentalizzare il dissenso espresso dall’area siciliana (non comprendendo la notevole differenza, di cui parlavo su, tra dissenso costruttivo per il Partito e dissenso costruttivo per il proprio interesse) e ora che si è trovato isolato, dopo le parole di rassicurazione venute dall’isola, ha accesso per primo il cerino e ha aspettato la sua scontata espulsione (“Se Casini mi caccia guardo altrove”: solo se ti caccia, giurin giurello?).

Faccia pure le valigie il Pisacane, se ne vada dall’Udc così come era entrato: senza rimpianti e senza riguardi. L’amore e l’attaccamento agli ideali di un tempo, evidentemente, non fruttano più abbastanza a mercanti come lui. Sarà pure vero che sono solo residui per romantici illusi come me. Ma almeno sparisca dalla nostra vista. Dal nostro Tempio. Grazie Segretario Cesa per avere avviato l’iter di espulsione.

“Riceviamo e pubblichiamo” di Giuseppe Portonera

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Adro, quella scuola con il marchio della Lega

postato il 15 Settembre 2010

‘Riceviamo e pubblichiamo’
di Andrea Santacaterina
Che una scuola nuova venga costruita senza che l’amministrazione comunale sborsi i soldi necessari è sicuramente una notizia nuova a molte persone. Il sindaco di Adro, Oscar Lancini, è il protagonista della vicenda, già famoso nei mesi scorsi per aver negato il cibo a dei bambini i cui genitori non pagavano la retta per la mensa scolastica.
Il primo cittadino è riuscito a trovare un accordo con una ditta privata, barattando i vecchi edifici scolastici in cambio della costruzione della nuova struttura; al mobilio invece ci ha pensato la cittadinanza, con un contributo volontario che ha permesso degli strumenti d’avanguardia per le classi.

Se la notizia fosse stata solo questa, oggettivamente il sindaco Lancini avrebbe avuto tutti i meriti di una gestione intelligente e responsabile, oltre che la fortuna di guidare una comunità evidentemente coesa e solidale.
Invece un primo particolare è già evidente a chi entra nell’edificio: la rosa celtica, o Sole delle Alpi, è quasi una costante visiva fra tavoli incisi, la lettera “o” sostituita all’interno delle parole, zerbini e disegni di bambini stilizzati, dove invece di tenersi per mano uno con l’altro curiosamente tengono fra loro il simbolo. Una coincidenza, forse comoda, che sia anche il simbolo della Lega ma parliamo pur sempre di una decorazione di origine celtica che è presente in diverse parti dell’Europa e in Eurasia. Nulla di strano, insomma.

Una seconda coincidenza, tuttavia, potremmo trovarla nella massiccia presenza del colore verde o all’assenza della bandiera italiana all’inaugurazione. Che l’edificio sia intitolato a Gianfranco Miglio è poi solo l’ennesima coincidenza che battezza la struttura d’avanguardia.

Bisogna però rendersi conto che se una coincidenza da sola rimane tale, due fanno un indizio e tre irrimediabilmente una prova.
Non è necessario fare un grosso sforzo per immaginare come sia singolare che tanti segnali riferiti al partito della Lega, di cui casualmente fa parte il sindaco e la giunta, siano potuti finire in un edificio scolastico. E’ più difficile immaginare come sia stato possibile inserire tutto questo in una realtà, quella di una scuola, dove non dovrebbe esistere nel modo più assoluto.

Nelle parole dello stesso sindaco Lancini, che giustifica il Sole delle Alpi come un simbolo storico e tradizionale, è possibile immaginare l’inquietante parallelo con il fascio littorio, utilizzato in epoca romana come in un passato ben più recente e oscuro dell’Italia. Non appare davvero una giustificazione quella del primo cittadino, bensì un invito all’accondiscendenza e all’ingenuità nei confronti della strumentalizzazione della storia di allora e di adesso.

Il tricolore invece è l’unico simbolo che viene a mancare all’inaugurazione, icona di uno stato ritenuto poco presente e da cui non è possibile ricevere aiuto. Il fatto che esso non sia il simbolo di una realtà politica ma dell’identità di una nazione che prossimamente compirà i suoi 150 anni curiosamente non sembra aver turbato nessuno dei presenti, che forse ne ignorano il reale significato.
Una nota a margine merita chi dice che i simboli riconducibili ad un partito non sono nuovi né strani all’interno di una scuola, riferendosi a ben altro partito politico e rifiutandosi così di intervenire. In questo caso mi sembra di vedere il bambino che, colto dalla maestra nel fare qualcosa di male, punta il dito verso un compagno di classe accusandolo della stessa colpa per giustificarsi. A queste persone si può semplicemente rispondere che il detto “mal comune, mezzo gaudio” sembra più un tentativo di chiudere gli occhi e andare oltre che porre rimedio ai possibili problemi.

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Lo “sciopero” dei calciatori e del buon senso

postato il 14 Settembre 2010

We are the champions di Iguana JoLa notizia è stata oramai ufficiliazzata da qualche giorno:  l’Aic (Associazione Italiana Calciatori) ha proposto uno stop (indebitamente definito “sciopero”) al campionato di calcio di massima serie per protestare contro le modifiche apportate dalla Lega di serie A al contratto collettivo.
In pratica, i calciatori, hanno annunciato che non scenderanno in campo durante la quinta giornata di campionato per dimostrare, con forza, il loro dissenso riguardo le nuove disposizioni normative cogitate dalla Lega.

Tralasciando il fatto che si tratterà con molta probabilità dell’ennesima farsa che porterà alla cancellazione della norma contestata ed alla regolare discesa in campo delle squadre, sarebbe imperdonabile non analizzare un episodio che, soprattutto in tempi di crisi e di tagli sempre più severi imposti ai lavoratori di ogni categoria, ha il sapore dell’assurdo e del privilegio quasi assoluto che vuole essere tramutato in diritto inviolabile.

Lungi dallo scadere nel populismo proletario che demonizza ogni riccone ed il benessere economico in genere, occorre però analizzare con obiettività i punti della diatriba e l’incredibile schiaffo al buon senso dato dall’Aic a tutti i cittadini italiani e a tutte le altre, vessatissime categorie di lavoratori ai quali, come noto, si richiedono ogni giorno sacrifici più difficili e debilitanti.

I giocatori, infatti, contestano una nuova disposizione secondo la quale, uno strapagato e stratutelato professionista di serie A, è costretto ad accettare il trasferimento ad un’altra squadra qualora il suo contratto sia in scadenza. A patto, però, che il nuovo ingaggio pattuito tra squadra che vende e squadra che acquista sia pari o superiore a quello precedente. In parole povere, dunque, si eviteranno i soliti giochi al rialzo e le consuete speculazioni dei giocatori in scadenza contrattuale i quali, puntualmente, rifiutano le offerte di nuove squadre per alzare il proprio prezzo d’acquisto e quindi il proprio stipendio. Il team acquirente, infatti, non dovendo versare un cent a nessuna squadra, potrà dimostrarsi molto più generoso nei confronti del nuovo acquisto.

Un meccanismo che tanti guai e squilibri finanziari ha causato a squadre italiane e staniere e che la Lega vuole giustamente distruggere. Per difendere i propri spropositati interessi economici, però, Massimo Oddo scomoda addirittura “i diritti umani” e il rispetto dei lavoratori; lamentando inoltre una presunta mancanza di tutele per la sua classe d’appartenenza e, dulcis infundo, l’essere trattati “come oggetti e non come persone“.

Insomma: in un periodo in cui gli stipendi da 1000 euro vengono tagliati e milioni di giovani e meno giovani sono disoccupati e senza futuro a causa della crisi, i megamiliardari del gioco del pallone indicono addirittura uno “sciopero” nazionale in nome dei diritti umani e di presunte vessazioni ordite ai loro danni.

C’è persino qualcuno che, molto disinformato sui fatti e sulle ragioni della inaccettabile protesta, si affanna a difendere le ragioni di questa marmaglia di bamboccioni viziati e materialisti. Una delle giustificazioni avanzate in questi giorni, ad esempio, parla di uno sciopero indetto anche per tutelare i colleghi meno fortunati che militano nelle serie minori. Nulla di più falso dato che, come si evince del resto anche dallo stesso discorso di Oddo, lo stop al campionato è chiesto esclusivamente per tutelare la categoria di professionisti che milita nella massima serie (non a caso contro la Lega di Serie A).

L’aspetto scandaloso e poco confortante è che, se un gruppo di miliardari sono riusciti a trovare coesione per un’azione di protesta che avrebbe tolto loro non dei diritti ma dei privilegi inaccettabili soprattutto in tempi come quelli attuali, lo stesso non sono riusciti ancora a fare gruppi di lavoratori sul serio vessati, sottopagati, umiliati e presi in giro da sindacati e sindacalisti. In ultimo, al caro terzino del Milan che si dice risentito perchè “ci impediscono di svolgere attività parallele“, bisognerebbe ricordare che il doppio lavoro è vietato a tutte le categorie professionali (avvocati, ingegneri, giornalisti, medici ecc) e non solo a chi, con una singola attività, riesce comunque a percepire svariati miliardi di vecchie lire all’anno. Inoltre, come Francesco Totti e tanti altri testimonial di lusso dimostrano inequivocabilmente, queste “attività parallele” (spot televisivi, telecronache ecc.) vengono permesse eccome a questa categoria in un periodo  in cui sempre più persone devono cedere al ricatto della crisi; accettando turni di lavoro di 12 ore giornaliere e stipendi inferiori ai mille euro mensili.

Al di la delle chiacchere da bar, dunque, da amanti del calcio, invitiamo questi signori a ritrovare un po’ di buon senso e di rispetto per chi riempie loro le tasche quotidianamente ed in barba alla miseria patita.
Ai tifosi di tutta Italia e ai gruppi Ultras da sempre pronti ad ogni sacrificio pur di seguire la passione per questo bellissimo sporto che è il calcio, proponiamo parimenti un’azione di “contro-sciopero” simbolica; lasciando magari vuote le curve dei principali stadi Italiani durante almeno una delle giornate in calendario; evitando anche di acquistare alla non modica cifra di 10 euro le partite di Euorpa League e Champions trasmesse su Sky.

Per inciso ed onde evitare sciocche e facili strumentalizzazioni di ordine politico, chi scrive non chiede ai calciatori o ai miliardari di tutto il mondo di rinunciare ai propri diritti fondamentali; riducendosi magari lo stipendio fino a guadagnare come un’operaio di Melfi ma, semplicemente, di ritrovare il contatto con la realtà e di essere abbastanza umili da comprendere che, in tempi di pressante crisi economico-finanziaria, i sacrifici economici debbono sostenerli (proporzionalmente) tutti i lavoratori e non solo ed esclusivamente determinate categorie, per giunta già deboli e tartassate. Il resto è pura e sterile propaganda populista che non può interessare chi crede sul serio in uno Stato liberale in cui il colpevole non è il ricco ma l’ingordo ed il disonesto.

“Riceviamo e pubblichiamo” di Germano Milite

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Casini e la solitudine dei numeri primi

postato il 14 Settembre 2010

“I numeri primi sono divisibili soltanto per 1 e per se stessi. Se ne stanno al loro posto nell’infinita serie dei numeri naturali, schiacciati come tutti fra due, ma un passo in là rispetto agli altri”. Così scrive Paolo Giordano nel suo romanzo “La solitudine dei numeri primi” che in questi giorni arriva anche nelle sale cinematografiche grazie all’opera di Saverio Costanzo, e queste parole del  giovane autore, per uno strano volo pindarico della mente, possono essere applicate al leader dell’Udc Pier Ferdinando Casini.

Il suo intervento conclusivo alla festa di Chianciano è stato compresso dai media tra i numerosi interventi politici di questa domenica settembrina di feste di partito, ma pur essendo “schiacciato” tra Berlusconi, Bossi e Bersani l’ex Presidente della Camera è sembrato, per dirla appunto con Giordano, “un passo in là rispetto agli altri”.

Mentre un Berlusconi scolorito (politicamente si capisce… il cerone è sempre ottimo) giocava con i giovani del ministro Meloni al gioco della torre e a raccontare barzellette che non facevano ridere, a Chianciano Casini chiedeva responsabilità, onesta e coerenza politica al Premier; mentre a Venezia il Senatur decideva di sciacquare con pura acqua del Po il figlio “Trota” e i fedelissimi, nel famoso centro termale della provincia di Siena il leader dell’Udc chiedeva una maggiore attenzione per il Sud e un impegno maggiore per la legalità; mentre a Torino Bersani si rimboccava le maniche per mettere ordine nel Pd e trarre dal baule dei ricordi l’Ulivo, alla festa dell’Udc Casini parlava di una nuova forza politica capace di interpretare il cambiamento e il disagio dei tanti italiani delusi dalla politica.

Pier Ferdinando Casini ha avuto il merito di non impantanarsi nelle inutili alchimie politiche nel suo discorso conclusivo della festa dei centristi, al contrario ha detto parole chiare sulla odierna situazione politica e, cosa più importante, ha aperto un cantiere per costruire qualcosa di nuovo, un progetto per il cambiamento. Il merito di Casini sostanzialmente è quello di continuare su quella strada coraggiosa ancorchè ripida imboccata nel 2008 e di guardare con fiducia e ambizione al futuro. Sa bene Casini che ogni passo indietro rispetto alle scelte coraggiose degli ultimi anni metterebbe la parola fine alle aspirazioni dei moderati italiani, sa bene che il futuro del Paese e dei moderati non si può barattare per il solito misero piatto di lenticchie. Le parole di Casini hanno qualcosa di diverso rispetto alle parole di Berlusconi, Bossi e Bersani perché sanno di futuro, in quelle parole fiere e schiette c’è la voglia di imbarcarsi in una avventura politica nuova che superi gli schemi e le incertezze e di lavorare con quanti hanno veramente a cuore il futuro dell’Italia seguendo quell’antico adagio che dice di non chiedere al viandante da dove viene ma piuttosto dove va.

Eppure posizioni come quelle di Casini rischiano sempre di apparire un po’ solitarie salvo poi rivelarsi delle profezie realizzate, ma questa forse è la famosa solitudine dei numeri primi, forse è il prezzo da pagare per chi in politica vuole essere libero e coraggioso. Il prezzo della libertà e del coraggio è alto ma è pur vero che è ampio il credito che gli italiani concedono a chi è capace di parlare di futuro e di cambiamento del Paese.

“Riceviamo e pubblichiamo” di Adriano Frinchi

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Perché non c’è ancora il Ministro per lo Sviluppo Economico?

postato il 13 Settembre 2010

‘Riceviamo e pubblichiamo’
di Gaspare Compagno
E’ chiaro a tutti che l’Italia, in economia, naviga a vista, nonostante le affermazioni di Tremonti, che anzi vengono sbugiardate dall’OCSE e dal FMI.
Certo, poi pare che Tremonti si incontra segretamente proprio con Strauss-Kahn, presiente del FMI, a proposito della situazione economica non rosea dell’Italia, e allora sorge spontanea la domanda: perché da ormai 4 mesi e mezzo manca il responsabile del Ministero per lo Sviluppo Economico?
Possibile che non ci sia una persona competente in tutta Italia, per questa carica? [Continua a leggere]

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A Chianciano una flotta di fischi risponde alle avances di Berlusconi

postato il 13 Settembre 2010

All’incontro di Chianciano verso il Partito della Nazione, un vibrante Enrico Mentana ha intervistatato un redivivo Pier Ferdinando Casini sui temi più scottanti ed interessanti della politica nazionale. Come intuibile, non sono mancate domande provocatorie sull’attuale crisi di governo e sui progetti futuri della coalizione moderata. A circa metà del discorso, però, uno stuolo di fischi ha coperto per circa un minuto il dibattito tra i due.

Mentana, infatti, ha citato un’agenzia che riportava una dichiarazione di Silvio Berlusconi, il  quale, proprio riguardo il mancato ritorno nella maggioranza di Casini, ha affermato sicuro:”I centristi sono con noi anche senza il loro leader“. Nemmeno il tempo di terminare la frase che il numeroso pubblico di Chianciano ha risposto alla dichiarazione del Premier a suon di fischi e di “buffone”. A quel punto, Casini, si è rivolto al nuovo direttore del telegiornale di La 7 e, ironico, ha commentato:”E’ anche per questo che vogliamo bene a Berlusconi“.

Il leader del Pdl, in maniera difficilmente confutabile dall’eloquente reazione del popolo centrista, dimostra così per l’ennesima volta di soffrire di una eccessiva megalomania. Del resto persino Napoleone non si sarebbe mai sognato di dire:”I Russi sono con noi anche senza il loro Zar”; o no?

Probabilmente, però, alla festa dell’Udc di ieri le organizzazioni “rosse” avranno infiltrato qualche centinaio di comunisti-fischiatori.

Germano Milite

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