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Dopo il “Sono Porci Questi Romani”, polenta e vaccinara all’ombra di Montecitorio

postato il 6 Ottobre 2010

coda alla vaccinara di alyssaxwuDopo SPQR, “Sono Porci Questi Romani”, Bossi si deve essere reso conto di averla fatta proprio grossa. A parte Pontida e qualche enclave padana, tutta la nazione italiana si era ribellata a questo indegno trattamento e così il Senatur ha scelto di correre ai ripari. Certo, uscire da questo pantano era proprio difficile, praticamente impossibile.

Per una delle sue “solite” “battute” si era addirittura visto recapitare una mozione di sfiducia dalle opposizioni e – udite, udite – stavolta la possibilità che andasse a buon segno c’era davvero: i lumbard si sono improvvisamente sentiti accerchiati e il timore di rimanere fregati stavolta li ha sul serio terrorizzati. “E come ne usciamo stavolta?” si saranno detti. “Con le ossa rotte!” rispondereste voi. E invece no. Perché l’aiuto insperato ai professionisti dell’insulto (perché di questo si tratta) è venuto niente meno di che dagli “insultati” di professione (o di vocazione?): dai politici di Roma “ladrona”. Che, per un giorno, ha preferito diventare la Roma del Magna-Magna: un Circo, nel vero senso della parola.

In allegra atmosfera da sagra di Paese, c’erano Gasparri che rimescolava un calderone di polenta (o era la pozione magica di Asterix e Obelix?); la Polverini che ha “imboccato” il Senatur (sotto gli sguardi un po’ stralunati della Martini e di Rosy Mauro); la polenta, i maccheroni, la pajata, la coda alla vaccinara e (ovviamente) tanti tarallucci e tanto buon vino; di nuovo la Polverini che ha mangiato soddisfatta accanto a un cuoco che indossava un camice con scritto – a lettere cubitali – “orgoglio padano” (contenta lei); c’era Alemanno che accende il sigaro a Bossi, mentre Cota mangiucchiava qualcosa (ma a proposito, Cota lì cosa ci faceva?); sventolavano ovunque le bandiere d’Italia e della Padania (sì, avete capito bene: quasi fosse già uno stato a sé). E c’era, però, soprattutto lo sfondo di Montecitorio, ridotto per un giorno a diventare il set di un gigantesco banchetto di “riappacificazione”.

Così, dopo “Sono Porci Questi Romani”, oggi abbiamo scoperto che SPQR può anche significare “Sono Pochi Questi Rigatoni”. Che tristezza. Gli eredi di Roma Caput Mundi ben contenti non solo di sopportare le battutacce dei Padani (eredi dei Celti sconfitti) ma anche a riderci su, ad annuire, o addirittura a stare in silenzio, come semplici camerieri. Il ruolo da prima donna, da super star è stato riservato solo a Bossi: sì all’Italia federale, un po’ meno a quella unita; no categorico (con colorito intercalare) al GP di Roma; evocazione di nuove elezioni (zero fantasia, comunque!).

E Alemanno? Impeccabile, sul serio. Sempre accanto al Senatur, ha dato l’impressione di essere solamente una comparsa in una sceneggiatura già scritta. Per carità, una brava comparsa: sempre con il sorriso sulle labbra, sempre pronto a correggere il tiro delle sparate di Bossi (seppur solo con deboli sussurri), ma pur sempre una comparsa.

Eppure, sapete cos’è la cosa che mi ha terrorizzato più di tutto in questa assurda giornata? Che l’ingrato ruolo che oggi è toccato al Sindaco di Roma, un giorno possa diventare anche il nostro, di tutti gli Italiani, sacrificati sull’altare delle alleanze di questo centrodestra snaturato, che si fonda su un’innaturale asse antinazionale e antiunitario. Già mi ci vedo: con la livrea, il vassoio d’argento e l’aplomb anglosassone mentre servo nei nuovi salotti del potere, nei sacri Palazzi della politica. Che non sono più quelli romani, statene certi.

“Riceviamo e pubblichiamo” di Giuseppe Portonera

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Le sfide della geopolitica tricolore

postato il 6 Ottobre 2010

Earth in the water drop di 5348 Franco ON/OFFTroppo spesso la riflessione politica tende a restare chiusa nel guscio di quel che succede nel “proprio giardino”. Si dimentica che viviamo in una società in cui globale e locale si intrecciano, e ciò che succede fuori dai confini nazionali non è meno importante degli avvenimenti che ci riguardano da vicino. Basti pensare a due fatti recenti: l’espulsione dei rom da parte del presidente Sarkozy in Francia; la condanna alla lapidazione prima, all’impiccagione poi per Sakineh in Iran. Temi, entrambi, che ci hanno toccato da vicino, che ci hanno fatto riflettere.

Non è la prima volta e non sarà certo l’ultima.

Per questo motivo abbiamo deciso di promuovere sul blog un ciclo di approfondimenti di geopolitica. Si tratterà di articoli scritti da giovani, studenti e non, con l’obiettivo di stimolare un dibattito costruttivo tra cittadini, e riscoprire il gusto di capire ciò che accade attorno a sé.

Oggi pubblichiamo un articolo di introduzione. Buona lettura.

Le Sfide della geopolitica tricolore

Ci troviamo in un mondo in repentino cambiamento. Viviamo infatti in un’epoca in cui tutto ciò che i nostri padri hanno contribuito a costruire sta rapidamente mutando. Il sogno del mondo unipolare al termine di sessant’anni di Guerra Fredda si è rivelato una chimera: gli Stati Uniti, benchè usciti vincitori dal formidabile confronto ideologico, non sono riusciti a consolidare questa vittoria. Essi hanno infatti solo guidato la transizione da un bipolarismo ad un multipolarismo ben più complesso ed articolato del vecchio ordine, aprendo scenari nuovi, in cui si scontrano molteplici interessi ed equilibri geopolitici. Sono emersi nuovi attori, mentre altri hanno reclamato a gran voce la propria presenza al tavolo della Storia, dopo lunghi decenni, o addirittura secoli, di oblio.

La terribile crisi economica che ha messo in ginocchio le economie di tutti i paesi avanzati e costretto a mettere in discussione il modello di sviluppo che ha guidato il mondo dalla Seconda Guerra Mondiale in avanti, ha tuttavia delineato uno scenario da cui usciranno le nazioni destinate ad essere considerate leader per il prossimo futuro. Nonostante tra i paesi che gli economisti già indicano con l’acronimo B.R.I.C. (Brasile, Russia, India e Cina), le reazioni alla tempesta siano state profondamente diverse, è indubbio che la straordinaria crescita della Cina, che le ultime stime attestano al 9% annuo, mentre per intenderci, l’Italia si aggira ad un modestissimo 0,4%, aiutano a comprendere quanto ormai il baricentro politico mondiale non si trovi più esclusivamente a Londra, Berlino o Washington. E’ importante poi aggiungere all’equazione che, Cina ed India, due stati confinanti, raccolgono all’interno dei propri confini un terzo della popolazione terrestre.

Tornando a scenari a noi più prossimi, alle porte d’Europa assistiamo al risveglio dal lungo letargo eltsiniano dell’Orso russo. La Russia ha vissuto la caduta del Muro di Berlino come una tragedia: l’era di Eltsin è per molti russi coincisa con l’adozione forzata, voluta dagli U.S.A., di un modello economico liberista, alieno e per decenni avversato dalla struttura stessa del potere sovietico il cui risultato è stato quello di portare la sfinita società russa al collasso.

Dai primi anni Duemila ad oggi, sotto la spinta del presidente Putin, lo Stato ha provveduto a centralizzare nuovamente, o in ogni caso a mantenere un controllo più o meno diretto mediante uomini di fiducia, la gran parte dei settori strategici nazionali, in primis quello energetico. E’ proprio in questa chiave che va letta l’incisività della penetrazione russa negli ex Paesi della Cortina di Ferro, forte dello status di maggior esportatore di gas in Europa. Sempre da questa considerazione parte il sabotaggio politico ad ogni gasdotto (non ultimo il caso del progetto “Nabucco”) che possa far venire meno la possibilità per la Russia di incidere in maniera fondamentale sull’approvvigionamento energetico europeo.

Un particolare riferimento va al Vicino ed al Medio Oriente, terre in cui storicamente la presenza italiana è stata permeante anche grazie alla posizione geografica della nostra Penisola, ed in cui, corre l’obbligo ricordarlo, sono impegnati in missioni multinazionali nostri militari in Libano con la missione U.N.I.F.I.L. – Leonte, ed in Afghanistan con I.S.A.F. . La maggiore partita strategica si gioca in Iran. Il regime degli Ayatollah si sta infatti progressivamente costruendo un rango di media potenza regionale ed il suo programma atomico ne è solo la manifestazione più rilevante. Ciò che infatti dovrebbe particolarmente preoccupare l’Occidente, non è solamente il perseguimento della “Bomba Sciita” (gli iraniani sono infatti musulmani di confessione Shīʿa), quanto la corsa all’arma atomica che si scatenerebbe nei vari stati del Golfo, in maggioranza di confessione sunnita e che porterebbe ad una proliferazione potenzialmente incontrollabile.

Oltre a questo, Teheran può contare in alcuni stati chiave nella geometria mediorientale, nella presenza di movimenti ritenuti amici: è il caso di Hamas nella Striscia di Gaza e di Hezbollah, particolarmente forte a sud del fiume Litani, in territorio libanese, dove operano tra i reparti multinazionali, anche nostri militari. Vi sono inoltre governi tradizionalmente amici come quello siriano ed altri che si avvicinano progressivamente alle posizioni iraniane, come sta accadendo nel caso della Turchia. Il quadro infine si complica ulteriormente se si considera che l’Italia è il terzo esportatore per volume d’affari nella Repubblica Islamica.

Si pone quindi la questione dell’attenzione che la nostra società rivolge al perseguimento dell’interesse nazionale italiano nel Mondo, in condizioni di crescente asimmetria geopolitica tra paesi sviluppati ed in via di sviluppo. Basti pensare alla poco nota presenza italiana in Africa, anche grazie ad aziende leader come l’E.N.I. ed alla sempre maggiore quota ricoperta dalle potenze emergenti (prima tra tutte proprio dalla Cina), nelle economie e nella crescita culturale e sociale dei paesi africani.

Innanzi a questa nuova forma di mercato e di equilibrio internazionale, dobbiamo prendere coscienza della grandiosità di ciò che accade al di là dei nostri ristretti confini, concentrandoci su eventi all’apparenza lontani, ma che la globalizzazione e la Storia fanno sì che si mostreranno terribilmente prossimi per approntare le giuste risposte ad una sfida che si svolgerà per i prossimi decenni.

“Riceviamo e pubblichiamo” di Federico Poggianti

Il primo approfondimento: La tigre ed il dragone.

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Quale giustizia possibile?

postato il 5 Ottobre 2010

Quale giustizia possibile? Questa è una delle tante domande che rimbombano tra le menti frastornate degli italiani, troppo intontite da slogan e attacchi quotidiani a chicchessia.

Da ormai molti mesi, per non dire da molti molti anni, il tema della riforma della giustizia è una priorità nell’agenda governativa. Il problema principale però è che nonostante le infinite discussioni non si riesce a capire quale giustizia sia possibile.

Non credo il problema riguardi l’etimologia del termine o il suo senso più alto, il nodo invece rimane sempre sull’uso che se ne fa della giustizia.

Ultimamente la discussione politica è stata improntata allo smantellamento dell’attuale sistema giudiziario per porre le basi alla riedificazione di un sistema nuovo e possibilmente migliore. Nelle intenzioni nulla da eccepire. Ma si sa che tra le intenzioni, ritenute buone, e l’azione passa inevitabilmente la mente dell’uomo.

Il corpo giudiziario è composto da uomini che per definizione possono commettere degli errori, hanno dei desideri, vogliono crescere professionalmente, e che purtroppo qualche volta non hanno scrupoli ad abusare di ciò che hanno per le mani pur di farsi un po’ di pubblicità. Ne sono prove inequivocabili molti degli innumerevoli processi che negli ultimi 20 anni hanno colpito il mondo politico e non solo. Le assoluzioni piene arrivate spesso troppo tardi hanno però dimostrato la buona fede degli imputati, e la cattiva fede di qualche magistrato che pur di un titolo sul giornale era disposto a ergersi, e lo fa tuttora, a bandiera del giustizialismo, la peggiore degenerazione della giustizia.

Per ovviare a questo e per salvaguardare il buon nome dell’Italia anche e soprattutto all’estero, negli ultimi tempi ritorna sempre più insistentemente il cosiddetto lodo Alfano. È chiaro che, come affermato dallo stesso Casini poco tempo fa, lo scudo per le più alte cariche dello stato è un elemento imprescindibile oggi per impedire l’ingerenza in politica di un potere diverso da quello esecutivo o legislativo, ed è chiaro che chi in un preciso momento rappresenta l’Italia nella comunità internazionale non deve essere turbato da problemi giudiziari spesso ingigantiti o montati ad hoc. Ma in una democrazia “matura”, come vorrebbe essere la nostra, l’imposizione di un codice etico in politica dovrebbe elidere la possibilità di utilizzo dello stesso.

Troppo spesso il problema si cerca di risolverlo a valle, mentre si dovrebbe andare sempre più alla radice. La necessità di un “lodo costituzionale” nasce dal fatto che guardando la composizione del parlamento una gran parte si è macchiata di reati, piccoli o grandi che siano, ma pur sempre reati. Questo si ovvierebbe a monte impedendo che chi è sottoposto a procedimenti giudiziari non possa essere candidabile. Ma questo purtroppo non è.

E perciò ormai troppo spesso si utilizza la politica come scudo per evitare di essere processati, adducendo ancor più spesso, motivazioni ridicole di fronte all’opinione pubblica volontariamente inerte a queste affermazioni.

Se delle intercettazioni sono realmente irrilevanti, perché non dare l’autorizzazione all’utilizzo da parte della magistratura? Se tutti i processi intentati sono solo bolle di sapone, perché allora non affrontare tutti i gradi di giudizio per arrivare finalmente ad una sentenza definitiva?

Troppo comodo bloccare la magistratura attendendo che scadano i tempi della prescrizione. Troppo comodo additare la magistratura come di parte. È vero, si riscontra una ideologia prevalente in certi ambiti, ma è pur sempre vero che se non si ha commesso nessun reato tutte le azioni intentate si risolveranno in una assoluzione piena.

Ma la realtà è che forse qualche scheletro nell’armadio lo si trova, e proprio grazie a questo risulta più facile a chi controlla mezzi di informazione o dall’altro lato a qualche magistrato troppo “furbo” montare un caso pur di screditare agli occhi dell’elettorato questo o quel politico. L’attività ignobile del dossieraggio ne è solo l’ultimo mezzo. L’utilizzo ormai dilagante del “metodo Boffo” ne è l’ultima conseguenza.

Per questo oggi la riforma della giustizia è imperativa. Bisogna riuscire a coniugare una riforma che garantisce al cittadino che si trova davanti ad un giudice di non invecchiare con questa spada di Damocle del processo, bisogna, dall’altro lato, separare le carriere di pubblici ministeri e giudici, ed impedire ad entrambi di farsi pubblicità sfruttando le indagini magari a carico di un cittadino illustre. A chi ha un procedimento in corso deve essere garantita la privacy, deve essere garantita la possibilità si svolgere serenamente il proprio lavoro fino a che la giustizia non abbia accertato la colpevolezza o l’innocenza del cittadino indagato. Ma ancor di più devono essere rispettati i principi fondamentali che la giustizia impone, quelli della certezza della pena e soprattutto dell’uguaglianza di fronte alla legge.

E proprio sull’uguaglianza che oggi la classe politica deve riflettere. L’uguaglianza impone una moralità di base imprescindibile per chi fa politica. Chi persegue il bene comune non può e non deve perseguirne il proprio. Perseguendo il bene comune non si commettono quegli errori che purtroppo oggi sono all’ordine del giorno. Non si vendono o comprano case, non si fanno “massaggi” in cambio di appalti, ma soprattutto non si utilizza la politica come mezzo per difendersi dal giudizio della legge e non si offende pubblicamente e quotidianamente la nazione impunemente, specialmente se si è un ministro della Repubblica.

Ancora una volta la politica deve interrogarsi sul motto ciceroniano “bisogna essere schiavi delle leggi per essere veramente liberi”. Libertà e giustizia sono sempre più un binomio inscindibile legato a doppio filo con la maturità della democrazia in cui si vive. Solo quando riusciremo ad essere una democrazia matura avremo una giustizia efficiente e solo quando avremo una giustizia efficiente potremo essere una democrazia matura.

“Riceviamo e pubblichiamo” di Antonio Cannatà

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Expo 2015: il termine si avvicina e non si vedono soluzioni

postato il 5 Ottobre 2010

‘Riceviamo e pubblichiamo’ di Gaspare Compagno

Ieri sera a L’Infedele di Gad Lerner hanno parlato di Expo 2015 e dei vari problemi che lo stanno accompagnando, problemi che avevamo ampiamente dibattuto alcuni giorni fa. Francamente non mi ha stupito sapere per bocca di Boeri che inizialmente era stato fatto un accordo scandaloso per i terreni su cui doveva sorgere l’EXPO (l’accordo prevedeva il comodato d’uso dei terreni, però poi le costruzioni e l’intero quartiere sorto sul terreno, veniva ceduto gratuitamente ai proprietari dei terreni, ovvero la famiglia Cabassi), né mi ha stupito il “simpatico idealismo” di Fuksas il quale diceva di comprare i terreni (come se fosse facile reperire 200-250 milioni di euro), costruirci e poi cedere tutta la costruzione per realizzare un quartiere del futuro a prezzi calmierati (ipotesi veramente idealsitica), e non mi ha neanche stupito sentire enunciare una realtà che tutti sanno, ma fingono di ignorare: che a Milano si è costruito troppo, che ci sono uffici e appartamenti sfitti e invenduti, per un totale di 80mila appartamenti e 900.000 metri quadrati di uffici disponibili, decine di migliaia di negozi vuoti.

Quello che mi stupisce è l’affermazione secondo la quale il problema del mancato reperimento dei terreni (e quindi del mancato inizio dei lavori) è secondario, anzi ininfluente, rispetto alla massa degli altri lavori che stanno procedendo.
Perché mi stupisce? Per due motivi: il primo è che di molti di questi lavori (pedemontana, altre due linee aggiuntive della metropolitana milanese, e così via) non vi è traccia, siamo ancora nella fase progettuale o quanto meno, nella fase immediatamente precedente all’inizio dei lavori. I lavori inizieranno? Non si sa.
Il secondo motivo è che, se come hanno affermato durante la trasmissione, questi lavori sono il corollario dell’Expo, ma se la manifestazione non dovesse più svolgersi in Italia, questi stessi lavori, perderanno il loro motivo di esistere. Ed è questo il punto focale: il tempo passa, entro il 19 ottobre dobbiamo avere la piena disponibilità dei terreni o l’Italia perderà l’opportunità legata all’EXPO 2015 e questi lavori, che dicono che stanno andando avanti, avranno ancora motivo di essitere?

Altro punto che mi lascia perplesso: mancano i soldi. Inutile girarci attorno, il progetto intero non ha ancora abbastanza finanziamenti, che per il 70% dovrebbero essere privati, ma proprio questi ultimi mancano e quindi si rischia di aprire un buco enorme per mancanza di fondi.
E allora, io direi che sarebbe bene se il governo lombardo e nazionale decidessero di diventare più fattivi e meno ottimisti.
Troveremo una soluzione entro il 19 ottobre? Da italiano, spero di sì, ma ciò non toglie che essere arrivati all’ultimo giorno utile per sistemare questi problemi, è un segnale di fallimento per gli attuali amministratori.

Troveremo una soluzione entro il 19 ottobre? Da italiano, spero di si, ma ciò non toglie che essere arrivati all’ultimo giorno utile per sistemare questi problemi, è un segnale di fallimento per gli attuali amministratori, i quali intendono ricorrere al solito trucchetto italico: invocare l’emergenza per potere avere poteri assoluti (sembra quasi che sia voluto, vista la frequenza con cui si ripete).

Infatti accade che il sindaco Moratti potrebbe essere investita di poteri speciali per “adottare tutti i provvedimenti necessari per assicurare, nei tempi richiesti dal Bureau International des Expositions, la disponibilità delle aree che ospiteranno l’evento”.

Il documento non ha ancora avuto il via libera, ma la bozza è già presente a Palazzo Marino per il consueto iter: l’ordinanza della Protezione Civile (tho, ma guarda un po’…) è inviata alla Regione competente (in questo caso la Lombardia) per avere il via libera, che Formigoni ha prontamente dato e ora il provvedimento attende la firma di Berlusconi, il quale sicuramente la darà, perchè se tutto andrà bene, potrà ascriversi il merito dell’EXPO 2015, se tutto andrà male, la colpa sarà della Moratti, la quale già in passato aveva avuto poteri speciali, anche se solo per le opere corollarie.

Infatti il 19 gennaio, Berlusconi aveva concesso poteri straordinari (ci fu chi li definì stratosferici, vista l’ampiezza) alla Moratti giusto due mesi dopo la famosa telefonata, intercettata dalla Guardia di Finanza, sulle grandi opere del G8 e che menzionavano l’Expo, facendo intravedere i grossi appetiti attorno ad una torta da svariati miliardi di euro.

Ma forse ora l’ordinanza non basterà, perchè viene troppo tardi: l’ipotesi di esproprio non è percorribile a causa dei tempi risicati (per l’esproprio ci vuole l’autorizzazione della Corte dei Conti e sperare che i privati non facciano ricorso).

Allora forse si potrebbe tornare al vecchio accordo, prendere in comodato d’uso i terreni, costruirci l’expo 2015 e un intero quartiere, e dopo la manifestazione, restituire tutto ai proprietari, i quali si troverebbero un quartiere costruito senza spendere un euro e pronto per essere venduto e affittato.

Ovviamente quando dico “senza spendere un euro” mi riferisco ai proprietari dei terreni, perchè i soldi per edificare tutto, li mettiamo noi italiani, mentre sono altri a prendersi questi soldi.

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A chi gioverà la depenalizzazione del reato di banda armata

postato il 4 Ottobre 2010

Foto Venezia 2007 di Lega Nord PadaniaTra pochi giorni Berlusconi potrà ringraziare in maniera tangibile i suoi alleati leghisti tramite la depenalizzazione del reato di banda armata, un provvedimento che diverrà operativo il 9 ottobre.

Andiamo con ordine.

Intanto cosa è il reato di banda armata? Citiamo testualmente da Edizioni Giuridiche De Simone: “il reato di banda armata (che figura nel codice penale) è figura criminosa, consistente nel formare o partecipare ad una particolare associazione a delinquere con lo scopo di commettere uno o più tra i più gravi dei delitti contro la personalità dello Stato (art. 306 c.p.). Il reato si differenzia dall’associazione per delinquere per il diverso fine (la commissione di reati contro la personalità dello Stato) e per la presenza di armi che, a differenza della circostanza aggravante di scorrere in armi le campagne o le pubbliche vie prevista dall’art. 416 c.p., nel delitto di banda armata è elemento costitutivo del reato.

Il codice non definisce il concetto di banda armata in senso stretto, che viene pertanto rimesso all’interpretazione giurisprudenziale, secondo la quale consiste in un raggruppamento di persone dotato di un armamento idoneo al raggiungimento di specifici scopi delittuosi.

Il codice punisce tanto chi costituisce una banda armata, quanto chi vi partecipa, prevedendo, peraltro, una pena diversa. E la pena quale è? Per la costituzione di Banda armata la pena è la reclusione da 5 a 15 anni. Per la partecipazione la pena è la reclusione da 3 a 9 anni.”

Questa è la legge fino ad ora.

Cosa accade dal 9 ottobre? Che questo reato, di fatto, scompare. Come è possibile che nessuno se ne accorge?

Il governo è ricorso al solito trucco, che avevamo visto per il lodo Mondadori inserire provvedimenti “pesanti” o discutibili in mezzo a tanti altri di cui non importa nessuno. In questo caso, si tratta del Dl 15.3.2010 n. 66 pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale l’8 maggio col titolo “Codice dell’Ordinamento Militare”, un provvedimento comprendente l’abrogazione di ben 1085 norme tra cui la numero 297, che abolisce il “Dl 14.2.1948 n. 43”: quello che puniva col carcere da 1 a 10 anni “chiunque promuove, costituisce, organizza o dirige associazioni di carattere militare, le quali perseguono, anche indirettamente, scopi politici” e si organizzano per compiere “azioni di violenza o minaccia”.


Capito il trucco? Si aboliscono migliaia di norme utili e in mezzo si aboliscono reati penali “pesanti”, soprattutto alla luce degli arresti di questi mesi per le BR e soprattutto della denuncia unanime del clima “pesante” che ormai si respira tra le fazioni più estremiste (un esempio è l’attentato, su cui tanto si discute, subito dal giornalista Belpietro) e che anzi fa paventare il ritorno al terrorismo come dice lo stesso ministro Maroni.

Ma su tutto questo, cosa c’entra la Lega? Perchè parlo esplicitamente di regalo alla Lega?

Perchè l’1 ottobre si doveva aprire un processo per il reato di banda armata, processo che si trascina dal 1996 e vede coinvolti 36 membri della Lega per la costituzione della struttura paramilitare denominata “Guardia Nazionale Padana” per la quale si parlava di tre reati gravissimi: attentato alla Costituzione, attentato all’unità e all’integrità dello Stato italiano, e la costituzione di Banda Armata. I primi due reati sono stati depenalizzati nel 2004, restava in ballo il terzo per il quale si attende il processo che vede imputati: il sindaco di Treviso Gian Paolo Gobbo e altri 35 esponenti della Lega nord, tra cui il deputato Matteo Bragantini, dell’ex primo cittadino di Milano Marco Formentini e del consigliere comunale di Verona Enzo Flego.

Perchè si attende ancora l’inizio del processo dopo 14 anni? Perché il procedimento è stato rallentato da richieste di autorizzazioni a procedere rivolte alla Camera e al Senato, perchè in questo processo, erano imputati anche Mario Borghezio, Umberto Bossi, Enrico Cavaliere, Giacomo Chiappori, Giancarlo Pagliarini, Luigino Vascon, Roberto Maroni e Roberto Calderoli, usciti di scena a fine dicembre 2009 in virtù della dichiarazione di inammissibilità, pronunciata lo scorso luglio 2009 dalla Corte Costituzionale. Per gli otto, così come già avvenuto nell’aprile 2009 per i senatori Vito Gnutti e Francesco Speroni, il gup Caccamo ha quindi decretato a distanza di 13 anni e 2 mesi dai fatti contestati «il non luogo a procedere» motivandolo con la «mancanza della condizione di procedibilità» e quindi finalmente si era stabilita la data di 1 ottobre per l’inizio del processo.

Però nell’udienza preliminare svoltasi la settimana scorsa, l’avvocatessa Patrizia Esposito ha fatto rilevare che anche l’ultimo reato, dal 9 ottobre, cessava di esistere, con la conseguenza che il Tribunale non ha potuto fare altro che prenderne atto e aggiornarsi al 19 Novembre, data in cui il reato non sarà più esistente e quindi automaticamente i leader leghisti verranno salvati.

“Riceviamo e pubblichiamo” di Gaspare Compagno

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Ecco perché Berlusconi non farà nessuna riforma della giustizia

postato il 3 Ottobre 2010

Una riforma della giustizia di ampio respiro e che sia particolarmente centrata sul miglioramento dell’efficienza del sistema giudiziario è da tempo auspicata dagli addetti ai lavori e dalle forze politiche, ed è dunque naturale e quasi doveroso che il tema della giustizia figuri tra le cinque priorità che il Presidente del Consiglio ha voluto mettere nell’agenda del governo.

Parlando alle Camere il Premier ha indicato gli elementi che ha suo avviso sono necessari per  una riforma della giustizia: riforma del processo penale; separazione delle carriere; riforma e sdoppiamento del Consiglio Superiore della magistratura;  accelerazione dei processi e smaltimento delle cause civili pendenti; soluzione al sovraffollamento delle carceri; semplificazione del processo civile e aumento delle risorse finanziarie per la giustizia. Gli elementi indicati dal presidente Berlusconi sono in alcuni casi interessanti e degni di considerazione, tuttavia il burrascoso clima politico e le tensioni istituzionali che lo stesso Premier quotidianamente alimenta, rendono assolutamente difficile una condivisa riforma della giustizia.

Ci sono altri elementi non meno rilevanti che rendono pressoché impossibile una reale azione riformatrice. Il primo elemento è l’assenza di un sincero spirito riformatore del Presidente del Consiglio. La sollecitudine che egli dimostra nei confronti del problema giustizia non sembra dettata da una reale volontà riformatrice ma da una ricerca esecrabile di impunità. Non è possibile che la riforma della giustizia venga studiata e progettata dal Ministro della Giustizia coadiuvato dall’avvocato del Premier con l’unico fine di fronteggiare i suoi guai giudiziari.

E’ incredibile anche che il Capo del Governo abbia manifestato pubblicamente la volontà di attuare una riforma che abbia dei caratteri limitativi e punitivi nei confronti della magistratura che egli definisce  “politicizzata”. Questo sentimento degrada e snatura  l’azione del governo  che non è più destinata a fare qualcosa “per”, ma è “contro” qualcosa o qualcuno. Le riforme sono sempre il tentativo di risolvere un problema o di migliorare una situazione , giammai una clava da utilizzare contro veri o presunti avversari politici.

Se la volontà riformatrice appare dunque viziata, dubbi e perplessità desta anche il contenuto di alcuni provvedimenti annunciati. Ad esempio, quando si invoca l’accelerazione dei processi si ripropone forse il già discusso “processo breve” ? Se cosi fosse , e della parole del Presidente non si evince il contrario,  si è già dimostrato che il risultato di tale provvedimento  sarebbe l’ “eutanasia” di molti processi e dunque della giustizia stessa. Ancora, come pensa il governo di smaltire l’incredibile mole di cause civili? Forse con una giustizia “privatizzata” che alleggerisca i giudici togati, ma che di fatto toglierebbe al cittadino il diritto e la possibilità di ricorrere al giudice civile? Risultano anche fumose e non chiare le dichiarazioni riguardanti l’aumento delle risorse per la giustizia e la riduzione del sovraffollamento delle carceri: il Presidente Berlusconi non ha mai indicato quanti e quali sono queste risorse  e se intende varare un nuovo piano carceri. Infine non si riesce a capire come e perché il Premier colleghi la revisione dei rapporti tra politica e magistratura al miglior funzionamento della macchina giudiziaria.

Alcuni provvedimenti infatti sembrano destinati più che a migliorare l’efficienza della giustizia ad indebolire le procure della Repubblica, che in alcuni casi il Presidente del Consiglio considera sovversive e a cui imputa la colpa di tramare contro lui e il suo governo.  Questa convinzione del Premier impedisce una discussione serena e proficua anche su alcuni temi fondamentali come la separazione delle carriere e la responsabilità civile dei magistrati: si può mai discutere con qualcuno che considera la magistratura una forza eversiva?

All’Italia occorre una riforma generale della giustizia, non bastano provvedimenti disorganici e settoriali che celano molto spesso degli interessi personali,  inevitabilmente destinati a danneggiare l’interesse della collettività.

“Riceviamo e pubblichiamo” di Adriano Frinchi

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Prostituzione, un tema che continua a dividere

postato il 1 Ottobre 2010

Il tema della prostituzione continua a dividere: molti vorrebbero cambiare la Legge Merlin e, come succede in diversi paesi europei, legalizzarla con lo scopo principale di toglierla dalle nostre strade attraverso la creazione di vere e proprie zone e aree delle città adibite a questo scopo.
Nel frattempo però le nostre strade continuano ad essere popolate di giovanissime (spesso minorenni) straniere che sono state portate in Italia, con l’inganno, e tenute schiavizzate da organizzazioni criminali che, come molti sanno, fanno grossi affari con la prostituzione. [Continua a leggere]

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Salerno-Reggio Calabria: Silvio, questo 2013 non mi è nuovo!

postato il 30 Settembre 2010

Work in progress di CapannelleQuesto 2013 non mi è nuovo!
E’ la data ultima voluta insistentemente dal Premier Silvio Berlusconi per la fine dei lavori della SA-RC.
In un articolo pubblicato tempo fa Massimo Procopio, fantasticava un articolo da dedicare all’inaugurazione dell’autostrada Salerno-Reggio Calabria, mentre tutto veniva accantonato.
Oggi, se un “personaggio” venuto da chissà dove e messo in contatto con la nostra ambasciatrice degli Affari Spaziali, l’astrofisica malese Mazlan Othman, avesse ascoltato il discorso del Premier Italiano direbbe che è un uomo di buoni propositi e che ispira fiducia e credibilità. Peccato che questo “personaggio extraterrestre” sia venuto soltanto oggi e non 16 anni fa, quando lo stesso Silvio propagandava le stesse cose, con la stessa faccia d’angelo di oggi, stessi propositi e stessa credibilità. Peccato pure che questo “personaggio” non sappia che ier stesso, in Commissione, sono stati bocciati proprio quei fondi destinati alla Salerno-Reggio Calabria ed alla Statale Ionica.
Se quel “personaggio” avesse intenzione di stabilirsi qui in Italia, si faccia vivo… gli darei prima qualche consiglio.
Il Nord per te è sconsigliatissimo per un semplice ragionamento: gli extracomunitari non sono ben accetti (in particolar modo dai leghisti), figuriamoci un extraterrestre.
Il Centro te lo consiglierei volentieri anche se ho sentito qualcuno in questi giorni dire “Sono Porci Questi Romani” ma, vista la sua fama, l’individuo in questione, che fa queste sparate a “nastro”, non è molto credibile.
Per quanto riguarda il Sud devo prima dirti i pro e i contro, poi decidi tu stesso. Cucina mediterranea buonissima, granite al pistacchio ed alla mandorla tostata squisite, luoghi magnifici da visitare e mare limpido (quando qualcuno non lo inquina), gente accogliente che ancora crede in certi valori e tradizioni … però ci sono anche i contro, infrastrutture incomplete (come avrai già capito con la Salerno-Reggio Calabria e la nuova SS106) o incompiute (come la Bovalino-Bagnara), ferrovie da terzo mondo (quello, il terzo mondo, poi te lo spiego un altro momento con calma), porto di Gioia Tauro che non decolla come potrebbe, ipotetica infrastruttura invidiabile dall’intera Europa ma che adesso trova concorrenza anche con Porto Said in Egitto (come mostrato anche nell’inchiesta di Ballarò martedì 28 settembre scorso). Sono tutte opere, incompiute, necessarie per sviluppare questo Sud. Naturalmente ci sono anche altri contro: disoccupazione, rifiuti, mafie e non solo.

Ora, pensandoci bene, caro “personaggio extraterrestre” mi viene da farti una domanda: “Ma tu, riusciresti a migliorare un po’ le cose al Sud Italia? Perché qui sulla Terra ancora nessuno ci è riuscito … tante parole, tante promesse, ma niente fatti!”

“Riceviamo e pubblichiamo” di Domenico Zappavigna

Commenti disabilitati su Salerno-Reggio Calabria: Silvio, questo 2013 non mi è nuovo!

Aiutateci a rilanciare il nostro futuro: battiamo la ‘ndrangheta

postato il 30 Settembre 2010

Il cancro delle mafie. L’inadeguatezza delle classi dirigentiIl dissesto ambientaleLa disoccupazione, il lavoro nerola povertà delle famigliel’emigrazione dei giovani. Problemi drammatici aggravati dalla crisi economica e dall’ egoismo individuale e corporativo cresciuto in tutto il Paese, limiti che rischiano di tagliare fuori il Mezzogiorno dai canali della ridistribuzione delle risorse trasformandolo in un collettore di voti per disegni politico-economici estranei al suo sviluppo.

Serve una rivolta etica e culturale che coinvolga tutti. La lotta alla ‘ndrangheta e alle mafie deve essere il primo investimento dello Stato per lo sviluppo del Mezzogiorno.

La lotta per la pulizia di un paese non deve essere di proprietà di singoli partiti, di singoli magistrati o esclusivamente di singoli individui. La lotta alla criminalità è anche nostra e di tutti coloro che in democrazia lottano per un mondo migliore. Lottano contro le mafie, a volte anche per la libertà di parola, baluardo di una terra libera e democratica.

Mi pare che in Calabria qualcosa stia cambiando grazie all’impegno delle Procure e delle forze dell’ordine, ma anche grazie all’impegno di tanti esponenti politici e cittadini in prima linea. Impegno che deve essere tradotto in atti concreti ed in proposte fattive per una lotta di contrasto che deve vederci tutti impegnati, quotidianamente ognuno nelle proprie realtà territoriali.

Impegni concreti sono l’interpellanza dell’On. Tassone concernente iniziative in relazione alla situazione dell’ordine pubblico in Calabria, con particolare riferimento alla operatività e alla tutela degli uffici giudiziari.

Impegni concreti sono le proposte che vengono portate in sede istituzionale per spingere progetti ed aiuti verso la nostra regione ed il mezzogiorno.

Impegni concreti sono la presa di posizione dell’on Occhiuto, che invita dirigenti locali dell’UDC a dimettersi da giunte indagate per mafia. “Occorre essere infatti garantisti, ma anche rigorosamente responsabili. In questo periodo poi, in una fase di grave emergenza nella lotta contro la ‘ndrangheta in Calabria, alla politica credo sia richiesto di essere prima rigorosa con se stessa, e solo un istante dopo garantista”

Si parla continuamente del collasso della giustizia e della drammatica situazione degli uffici giudiziari. Insomma, si parla della giustizia sempre come problema e mai come risorsa. Invece, proprio laddove come nel sud e’ piu’ difficile amministrarla, ci sono straordinari magistrati che ricordano con la loro presenza coraggiosa che le istituzioni ci sono e sono piu’ forti delle mafie. E’ evidente che da soli non possono farcela e quindi anche la politica si assuma le proprie responsabilita’ attraverso comportamenti, atti amministrativi e legislativi che non lascino da soli magistrati e forze dell’ordine”.

Nella società del Sud ci sono risorse di socialità, cultura, spiritualità, che alimentano la speranza del riscatto oltre ogni forma di rassegnazione e fatalismo, risorse che però devono essere aiutate, incentivate, non solo dai cittadini ma anche dalle istituzioni locali e nazionali. Nella società del Sud c’è volontà di cambiamento.

Aiutateci a rilanciare il nostro futuro.

“Riceviamo e pubblichiamo” di Daniele Coloca

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Il “Fascioleghista” e il nuovo incubo politico contemporaneo

postato il 28 Settembre 2010

L’era del pagnottismo che ha creato orribili mostri

Sono oramai due giorni che, tutta la stampa nazionale su web, quotidiani e tv si occupa del “Sono Porci Questi Romani” pronunciato da Umberto Bossi. Un tipo di sfottò che gli stessi abitanti della capitale si auto-attribuiscono da sempre e che, in maniera difficilmente spiegabile se non con la tradizione italica di riuscire a creare caos intorno al nulla e deserto riguardo ciò che conta, detto dal Senatùr ha scatenato uno stuolo irrefrenabile di scandali più o meno ipocriti e di giustificazioni più o meno patetiche.
La stessa “bufera” (definizione che piace tanto a noi giornalisti italiani) non è però scoppiata durante le innumerevoli volte in cui Bossi ha pesantemente e pubblicamente offeso la bandiera e l’inno d’Italia. Un vero è proprio reato, quello del vilipendio ai simboli nazionali, contemplato tra l’altro anche dall’articolo 292 del Codice Penale (come modificato dalle Legge n. 85 del24 febbraio 2006).
Articolo che in tre commi recita testualmente
“Vilipendio o danneggiamento alla bandiera o ad altro emblema dello Stato.

1. Chiunque vilipende con espressioni ingiuriose la bandiera nazionale o un altro emblema dello Stato è punito con la multa da euro 1.000 a euro 5.000. La pena è aumentata da euro 5.000 a euro 10.000 nel caso in cui il medesimo fatto sia commesso in occasione di una pubblica ricorrenza o di una cerimonia ufficiale.

2. Chiunque pubblicamente e intenzionalmente distrugge, disperde, deteriora, rende inservibile o imbratta la bandiera nazionale o un altro emblema dello Stato è punito con la reclusione fino a due anni.

3. Agli effetti della legge penale per bandiera nazionale si intende la bandiera ufficiale dello Stato e ogni altra bandiera portante i colori nazionali”

Leggendo le disposizioni di legge, dunque, anche un cittadino italiano comune capirebbe che per Bossi sarebbe stata necessaria la galera. E invece? Invece no: il leader del Carroccio urla, inveisce, insulta e provoca. Poi al massimo, se esagera e non ha bevuto troppo, bofonchia qualche roca scusa stando attendo a non urlare troppo e tutto passa; tutto viene dimenticato e le violazioni recidive del codice penale vengono sorvolate clamorosamente.
Ciò che però lascia maggiormente allibiti, sconfortati ed anche spaventati è la totale sottomissione alla Lega Nord dimostrata da quei personaggi politici di spicco e da quei ministri che, almeno teoricamente, dovrebbero rappresentare i valori della cosiddetta destra italiana. Tuttavia, pur di non scontentare il presidente del Consiglio, i vari La Russa e Alemanno chinano il capo, tollerano e, probabilmente, se ne fregano di ciò che urlano quotidianamente i rappresentanti leghisti. In particolare La Russa, in un’intervista a Repubblica, ha regalato agli italiani il più squallido, vigliacco e lampante esempio di servilismo politico che questo paese possa ricordare.
Difendendo il Senatùr, infatti, il ministro ha di fatto giustificato ogni tipo di propaganda purchè, quest’ultima, non porti all’esecuzione di atti ostili e violenti. In poche parole, seguendo il discorso larussiano, da domani ogni cittadino può parlare da un pulpito contro neri, ebrei, musulmani, settentrionali, meridionali, filippini e via discorrendo ad un patto; anzi ad un doppio patto: che lo faccia per “unire i suoi” e che il suo comizio virulento non scateni reali “reazioni ostili” nei confronti della popolazione insultata. Un vero e proprio inno a saltare a piè pari le leggi ordinarie e costituzionali che vietano non solo le azioni ma anche i discorsi a sfondo razzista e xenofobo.
Altro punto sul quale si potrebbe discutere in maniera sicuramente più interessante riguarda proprio la biografia del Senatùr che, come ancora pochi sanno (soprattutto fra i suoi elettori), non ha lavorato fino all’età di 46 anni. Prima di diventare Senatore, infatti, il numero uno del Carroccio che fa del “vai a lavorare” e del “no all’assistenzialismo” due dei suoi slogan prediletti, è riuscito a campare solo grazie ai “contributi” ricevuti sia dalla ex-moglie (la quale ha confermato la richiesta quasi ossessiva di soldi che ricevava spessisimo) che dai genitori. Insomma: un mantenuto cronico e disoccupato altrettanto pervicace che è poi riuscito ad entrare in politica garantendosi una rendita vitalizia alle spalle dei contribuenti. Questo è il massimo rappresentante del Lega Nord che oggi viene difeso dai nuovi mostri delle politica italiana. Quei mostri che, come orridi ibridi nati dall’unione tra il compromesso e la vigliaccheria, oggi si possono agevolmente definire “fascioleghisti”.

“Riceviamo e pubblichiamo” di Germano Milite, julieNews.it

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