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Emergenza rifiuti, le proteste di Terzigno e la mia terra malata

postato il 27 Ottobre 2010

“Riceviamo e pubblichiamo”
di Nadia Tortora
Terzigno ormai è famosa in tutta Italia. Ma è famosa per le ragioni sbagliate. I media hanno fatto capire che lì c’è guerriglia perché i cittadini di quel paese del vesuviano, così come è successo già in precedenza, si stanno ribellando alla discarica.
“Chissà cosa pretendono questi napoletani, forse vogliono che la loro immondizia se la prendano le altre regioni” immagino siano stati questi i commenti degli italiani.
La situazione è invece diversa.
Terzigno dista pochi chilometri dal mio paese, posso testimoniare con i miei occhi. Lì c’è il Parco Nazionale del Vesuvio, un parco che dovrebbe essere una riserva naturale, che avrebbe dovuto portare turismo, dove gli abitanti della zona portavano i bambini a passeggiare, dove una volta si faceva jogging.
Invece le persone che ci governano da riserva naturale l’hanno trasformato in discarica a cielo aperta. Nella Cava Sari per due anni sono stati sversati i rifiuti di Napoli e provincia. Per due anni i cittadini di Terzigno sono stati in silenzio ed hanno osservato, ma soprattutto hanno respirato un’aria intrisa da una puzza irrespirabile. Poi il governo decide che sempre nel parco nazionale del Vesuvio, sempre in una riserva naturale, bisognava aprire un’altra discarica a Cava Vitiello. Solo a quel punto si è deciso di protestare pacificamente e di impedire ai camion di sversare. [Continua a leggere]

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La felice gestione Zaia del Veneto: più tasse per tutti e meno sanità

postato il 26 Ottobre 2010

Sembra impossibile, eppure sembra confermato: la Regione Veneto aumenterà le tasse, per potere coprire i suoi buchi di bilancio, soprattutto quello nella sanità.

Ora, il PDL e Zaia dicono no a nuove tasse, salvo poi sbugiardarsi da soli e ammettere che probabilmente verrà ritoccata al rialzo l’addizionale IRPEF, sancendo, di fatto, un aumento delle tasse per i cittadini.

E per fortuna che Zaia, durante la sua campagna elettorale, aveva promesso un deciso miglioramento per il Veneto, che anzi avrebbe avuto la fortuna di essere una delle regioni apripista in tema federalista. Ma il Federalismo, non dovrebbe abbassare le tasse?

Parrebbe di no, perchè si sta venendo a configurare da un lato meno prelievo dello Stato, ma anche meno trasferimenti dello Stato verso le Regioni, con il risultato che lo stesso Formigoni, governatore della Lombardia, lamenta che le riduzioni operate dal Governo mette a rischio i servizi per il cittadino.

Il problema quindi diventa: o si aumentano le tasse (quindi l’aumento del 3% dell’addizionale IRPEF) per risanare il deficit della Sanità e i minori trasferimenti da parte dello Stato, o si tagliano i servizi al cittadino (per altro, con la chiusura di alcuni ospedali, si sta già operando in tal senso, ma non basterebbe).

Zaia, e la Lega, pur di non ammettere che forse il Federalismo non è la panacea di tutti i mali e che forse loro non sono degli amministratori così abili, scaricano la colpa di tutto su Galan e il PDL, ma questo, a mio avviso, non risolve il problema e non può nascondere le responsabilità della Lega, visto che il partito di Bossi aveva una fortissima presenza anche nella Giunta Galan.

Per avere uno spaccato della situazione Veneta, chiediamo un giudizio ad una persona che vive questa realtà ogni giorno: il Consigliere Regionale di Verona, Stefano Valdegamberi (UDC), il quale afferma:

“la Lega sta smentendo se stessa. Per anni ci ha raccontato che il suo pseudo federalismo avrebbe portato più risorse alle regioni virtuose come il Veneto, togliendole a Roma “ladrona”. Oggi si verifica l’esatto opposto: il sistema Veneto (regione, province e comuni) perderà oltre 1 miliardo di euro nei prossimi due anni per cui la Lega ci sta convincendo ad aumentare l’imposizione fiscale per garantire la permanenza dei servizi. Nell’ultimo Consiglio Regionale il capogruppo dal fazzoletto verde, Caner, ha ribadito la necessità ad aumetare l’irpef (colpendo prevalentemente i redditi da lavoro dipendente) oltre ad introdurre la tassa sul turismo (una delle principali voci dell’economia veneta) e la tassa sugli immobili urbani per i consorzi di bonifica, la cui abolizione , prima delle elezioni, era stata sbandierata dalla lega come un suo meritato successo. Lega partito delle tasse? Certo, perchè un federalismo che non diminuisca i troppi livelli di governo e di potere, ulteriormente rafforzati e moltiplicati dalle amministrazioni padane risulta del tutto inefficace, se non persino dannoso. L’incapacità di effettuare riforme strutturali tali da svincolare risorse dalla burocrazia e dal pachidermico ed obsoleto sistema pubblico (fatto da una miriade di centri di spesa), per rimettere in moto le infrastrutture e l’economia, ha già affossato sul nascere il progetto del pseudofederalismo. Le uniche novità sono le minori risorse dalla Capitale e l’aumento delle tasse. L’esatto contrario di ciò che si è predicato finora nelle piazze durante i raduni padani. L’Udc lo aveva già detto. Anche se ancora una volta il tempo ci sta dando ragione, ad essere truffati sono i cittadini veneti che, svegliandosi dal tepore dell’illusione, ancora una volta dovranno mettere mano al portafoglio….anche se sempre più vuoto.”

“Riceviamo e pubblichiamo” di Gaspare Compagno

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Governo Berlusconi: tante promesse, un intenso sapore di bugie

postato il 25 Ottobre 2010

on the road di mammamirkaBerlusconi celebra se stesso e il suo Governo attraverso i suoi successi e con nuove promesse (ricordate i 5 punti), e allora mi pongo la domanda: ma è davvero così?

Vediamo come stanno le cose e lasciamo giudicare alle persone, analizzando i cavalli di battaglia di Berlusconi. Per oggi limitiamoci a 4 punti: Alitalia, Autostrada Salerno – Reggio Calabria, Riforma della scuola, emergenza rifiuti.

La vicenda Alitalia è stata un successo: non direi proprio. Gli stessi Sabelli e Colaninno ammettono che il 2009 è andato maluccio (a volere usare un eufemismo), il 2010 sta pure andando maluccio e se nel 2011 la situzione non migliora, Cai avrà grossi problemi (e di sicuro i “Patrioti azionisti” non intendono aggiungere altri soldi e i lavoratori mugugnano (per non dire che protestano apertamente) anche per i tagli al personale effettuati tanto che avevano dichiarato uno sciopero per il 26 novembre. 
Per quanto riguarda il rimborso agli obbligazionisti e azionisti della vecchia Alitalia, dobbiamo dire che il Ministro delle Finanze ha offerto agli obbligazionisti il 70% del nominale (che però scende al 50% del reale) e agli azionisti circa 0,27 centesimi per azione, ma doveva consegnare i BTZ già per fine novembre, data slittata a fine Dicembre. Dalle notizie di stampa si apprende che entro dicembre 2010 (al massimo per il gennaio 2011) verranno dati i famosi BTZ per il rimborso. C’è da registrare che questa vicenda è stata talmente gestita male che su internet sono fiorite leggende urbane senza alcun riscontro dei fatti: c’è chi scrive che il Governo aumenterà il rimborso senza però citare fonti, ma anzi millantando inesistenti rapporti con il Consiglio dei Ministri; chi invoca vere e proprie alchime segrete, ipotizzando che vi sia un accordo sottobanco per fare entrare i vecchi azionisti e obbligazionisti nella nuova CAI; c’è infine chi afferma, in spregio al codice civile, che si aumenterà il rimborso, ma solo per chi ha aderito e noin riaprendo i termini dell’adesione.

Ma dai fatti citati (rimborso mancato, lavoratori scontenti che scioperano, conti non eccellenti, scarsa liquidità della nuova Alitalia), non direi proprio che la vicenda Alitalia sia stata un successo per Berlusconi, nonostante le sue affermazioni.

Autostrada Salerno – Reggio Calabria: il Premier afferma che entro il 2013 l’autostrada sarà completata. Affermazione perentoria che non lascerebbe adito a dubbi, ma se andiamo a scavare a fondo osserviamo che questa affermazione non potrà mai realizzarsi e resterà un pio desiderio. Infatti lo stesso presidente dell’ANAS, l’ente che gestisce le autostrade, afferma che i soldi bastano solo per l’86% del tracciato e che anzi, per finire i 60 km che mancano all’appello servirebbero altri 2,5 miliardi di euro che al momento non ci sono. Quindi, nel 2013, l’autostrada non sarà completata perchè mancano i soldi, di conseguenza, la promessa del Premier è falsa già fin dall’inizio.

Non solo, ma se consideriamo che per i lavori appaltati sono stati destinati 7,36 miliardi di euro (ovvero 7360 milioni di euro) da distribuire per 383 km (esclusi quindi i 60 km che abbiamo già menzionato e non hanno copertura), otteniamo la cifra di 19,2 milioni di euro per km, una cifra che definire esorbitante è un eufemismo.

Riforma della scuola: Berlusconi ha lanciato una riforma della scuola per premiare il merito, ridurre le spese e migliorare i servizi.

Senza eufemismi direi che l’unica cosa che ha ottenuto è stato un taglio selvaggio delle spese per la scuola, peggiorando i servizi, come affermano le mamme dei bambini, che all’inizio avevano creduto in questa riforma e che sono rimaste profondamente deluse.

E questo stesso concetto lo ribadiscono gli studenti di ogni latitudine e i docenti di tutta italia. Se un intero popolo insorge contro una riforma, direi che questa riforma è tutto fuorchè un successo.

Emergenza rifiuti: premesso che sicuramente ci vuole una maggiore cultura della raccolta differenziata in Italia, è anche vero che la raccolta differenziata, per essere effettiva, prevece a valle la costruzione di un centro di riciclo della plastica, uno per il vetro, uno per i metalli, e un inceneritore per bruciare i rifiuti residuali e ottenendo energia. Berlusconi reputa un successo la risoluzione dell’emrgenza rifiuti a Napoli, ma in realtà si limitò a forzare la riapertura di alcune discariche, dando una soluzione (e un successo) temporanea, ma non duratura, vedesi Terzigno.

E’ troppo facile liquidare queste proteste solo dicendo che “c’è la camorra dietro ai protestanti”, ma bisogna riconoscere che l’emergenza fu affrontata con superficialità e senza un piano preciso. Solo riconoscendo questa mancanza, si può sperare di approntare un paino rifiuti valido.

Non affermerei quindi che questo sia stato un successo per Berlusconi.

Da quanto detto, resta ben poco, quindi, dei “famosi successi” e delle “promesse” di Berlusconi. Nei prossimi giorni vedremo che altri punti, come il piano casa, sono stati disattesi, nonostante il battage pubblicitario che è solito accompagnare le dichiarazioni del Premier.

“Riceviamo e pubblichiamo” di Gaspare Compagno

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Arginare la rabbia

postato il 24 Ottobre 2010

C’è una belva che di notte corre per le città addormentate e penetra nelle case e poi, all’alba, si unisce al branco che batte le contrade d’Italia. Questa belva è la rabbia che la nostra società, rimbambita dalla televisione, sta vedendo riemergere da un passato lontano e ormai dimenticato. E’ una rabbia che nasce dalla povertà, dallo sfruttamento, dalla precarietà e soprattutto dalla mancanza di speranza e di futuro. E’ un sentimento che nasce nel cuore di vecchi con pensioni da fame, di adulti senza più il lavoro e di giovani depredati dei loro sogni. E’ una rabbia sacrosanta per le ingiustizie perpetrate da un sistema immobile e vorace, ma che purtroppo si sta traducendo sempre più spesso in violenza contro il sistema e anche contro se stessi.

Sono le cronache di questo tempo triste a ricordarci le frequenti esplosioni di questa rabbia: il fumogeno contro Bonanni, gli assalti e le intimidazioni a Cisl e Uil, la rivolta di Terzigno e quella dei pastori sardi, senza contare l’aumento esponenziale di suicidi fra precari e disoccupati.

Ma sono ancora segnali troppo deboli per la nostra classe dirigente, impegnata a preservare potere e privilegi, e per la intorpidita coscienza civile degli italiani; eppure c’è un’aria strana, qualcosa cova sotto la cenere di alcune vite, alcuni oltre a tirare la cinghia serrano anche i denti e i pugni per riuscire a trattenere il malcontento che cresce giorno dopo giorno. La rabbia cresce e si diffonde in particolare tra i giovani che non sono soltanto bamboccioni o aspiranti tronisti e veline, ma sono anche ragazzi e ragazze che desiderano un lavoro dignitoso e che non vogliono, con tanto di laurea appesa al muro, ridursi a lavorare in un call center. Chi può scappa via da questo insulso Paese, ma chi rimane è vittima sacrificale di una spietata dittatura generazionale, come scrisse già nel 1995 Ferruccio De Bortoli, dove i padri hanno realizzato i sogni di uguaglianza e sicurezza sociale delle vecchie generazioni a spese della gioventù attuale, che è stata caricata di uno schiacciante fardello di debito pubblico.

In un contesto clientelare e dove il pensiero critico fa fatica ad affermarsi continuano a prevalere “fuga” (la celebre fuga dei cervelli all’estero) e “accettazione passiva” (astensione crescente alle elezioni), ma la rabbia degli impotenti continua ad accumularsi. La domanda allora è la seguente: cosa accadrà quando questo sistema, che già manda sinistri scricchiolii, crollerà definitivamente?

La rabbia, quella bestia che adesso crediamo in gabbia, verrà liberata e farà strage nelle tenere carni dei corpi. Non è questa la fosca previsione dell’ennesimo profeta di sventura, ma è l’esito scontato della rabbia e della disperazione che stanno seminando a piene mani nei cuori degli italiani. C’è un modo per fermare questa corsa verso il baratro? Evitare il disastro è possibile, e se la presa di coscienza della classe politica di fronte ai problemi del Paese resta ad oggi soltanto una chimera, rimane la possibilità di incanalare la rabbia e la delusione in un sentiero democratico fatto di impegno e partecipazione. Trasformare la rabbia in passione è la sfida per chi vuole veramente salvare l’Italia; dire basta alle pastoie gerontocratiche e clientelari è quanto di più coraggioso e saggio si possa fare in questo momento per un Paese che ha disperato bisogno di riforme e di risorse per l’istruzione, la ricerca e lo sviluppo, un Paese che ha disperato bisogno di futuro.

“Riceviamo e pubblichiamo” di Adriano Frinchi

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WiFi, dal Consiglio dei Ministri barricate contro l’innovazione

postato il 23 Ottobre 2010

steal this connection di dana~2Per potere avere un WiFi libero, e avere una rete informatica degna di un paese sviluppato come è l’Italia, prima dovremmo liberarci delle false promesse e delle false paure del governo.

Per false promesse mi riferisco alle affermazioni di Brunetta secondo cui l’accesso al WiFi sarebbe stato liberalizzato in Italia, aveva affermato che avrebbe posto la questione nel Consiglio dei Ministri di ieri, cosa che invece non è avvenuta.

Per false paure del governo, mi riferisco ai timori, da parte del ministro Maroni, sulla perdita di sicurezza qualora si liberalizzasse l’accesso al Wi Fi.

Perchè dico false paure? Intanto, non è vero che chiudere il WiFi ci garantisce la sicurezza: l’attuale legge prevede solamente maggiore burocrazia e costi per chi volesse aprire un hot spot wifi, perchè impone di acquisire l’identità (tramite i dati della carta di identità) di chi fruisce del servizio, e poi trasmettere questi dati alle autorità competenti.

Non basta certo una carta di identità a garantire sui messaggi e sui contenuti inviati e ricevuti tramite internet e, soprattutto, non è sufficiente per identificare con sicurezza una persona. Inoltre, il traffico su Internet è talmente ampio che non si può pensare di controllarlo e verificarlo messaggio per messaggio, sito per sito, per tutti gli utenti (un controllo di questo tipo si può realizzare se già le autorità competenti sospettano di un certo individuo); a questo punto che senso ha identificare migliaia di persone, se poi non si può verificare quello che compie?

Ma anche seguendo questo ragionamento, e cioè della necessità di identificare la persona, si può ovviare ai controlli del decreto Pisanu, con la semplice registrazione in remoto dei codici identificativi della carta SIM dell’utente, il vantaggio è che il gestore non avrebbe necessità di tenere archivi, fare trasmissione di dati verso le autorità competenti e tutto sarebbe molto più veloce e con costi molto più contenuti.

La riprova di quanto detto, la si ha se andiamo a guardare gli altri paesi: la Francia ha circa 30 mila hot spot pubblici (ovvero punti in cui una persona può connettersi tramite Wi Fi), mentre l’Italia solo 4 mila. Significa che per la Francia, la sicurezza dei suoi cittadini non è importante? Sinceramente mi sembra una ipotesi ridicola.

La Gran Bretagna ne ha 28.000, eppure è stata teatro di attentati terroristici negli ultimi anni, e anzi alcuni mesi fa ha alzato il livelolo di guardia, ma questo non ha portato né una censura verso internet, né una limitazione alla possibilità di accedervi.

E se consideriamo gli USA? La patria del Patriot Act, la norma che ha limitato le libertà per la lotta al terrorismo, presenta ben 70.000 punti di accesso al Wi Fi totalmente gratuiti, senza considerare quelli a pagamento (con i quali sfondiamo largamente la soglia dei 100.000 punti di connessione). Anzi a New York (teatro dell’attentato dell’11 settembre 2001), ci sono 856 hot spot gratuiti, mentre in tutta Italia ce ne sono solamente 1.731.

Da quanto detto, emerge quanto il decreto Pisanu sia completamente superato, obsoleto, riproporlo è ridicolo, la sua abolizione dovrebbe anzi aprire interessanti prospettive, soprattutto se lo si vede nell’ottica di uno sviluppo tecnologico non più rinviabile, a partire dall’approfondimento del WiMax.

L’abolizione dell’articolo 7 del decreto Pisanu rappresenterebbe un salto enorme nelle possibilità di sviluppo dell’Italia, ed è una atto dovuto da parte di una politica responsabile verso il cittadino.

Riceviamo e pubblichiamo” di Gaspare Compagno

WiFi, i precedenti post

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Lodo Alfano, ascoltiamo il Quirinale

postato il 23 Ottobre 2010

Lo Stendardo del Presidente della Repubblica di  GilyoQuando una voce autorevole scende in campo è doveroso prestare orecchio. Soprattutto se questa voce va anche contro il suo stesso interesse di parte.

La voce in questione è quella del Capo dello Stato che ieri ha definito irragionevole lo scudo giuridico alle più alte cariche dello Stato. Il suo giudizio è stato critico ma non per questo invasivo nell’operato del Parlamento. Ha espresso perplessità sull’estensione del cosiddetto Lodo Alfano anche al Capo dello Stato poiché ne limiterebbe l’indipendenza e sarebbe in contrasto con l’articolo 90 della Costituzione.

Le parole di Napolitano arrivano in un periodo in cui regna la confusione istituzionale e imperano le forzature di una maggioranza barcollante. L’ennesima discussione sullo scudo, oggi chiamato lodo Alfano ieri lodo Schifani e così via, ha spostato il tiro da legge ordinaria a legge costituzionale. Non entrando nel merito tecnico della legge, le paure del Capo dello Stato sono relative all’aura di impunità che aleggia sul Lodo.

In ogni sistema democratico chi sbaglia è chiamato a pagare in misura proporzionata alle colpe commesse. E sempre in ogni sistema democratico maturo i rapporti tra giustizia e politica sono di reciproco rispetto e non di reciproca ingerenza. Per ovviare a questo che oggi in Italia si continua a parlare di lodo Alfano. Come ribadiva lo stesso Casini, “il lodo Alfano non ci piace, ma dobbiamo contribuire a rasserenare il rapporto tra politica e magistratura”. È questa la strada maestra da seguire. Rasserenare il rapporto tra politica e magistratura significa ricucire uno strappo ormai ultradecennale e riprendere il cammino verso il compimento di una democrazia matura.

Ma gli sforzi in questa direzione non devono e non possono finire qui. Così come quando si avverte il rischio di piena di un fiume la prima cosa da fare è rinforzare gli argini e solo poi costruire una diga a monte per evitare una nuova piena, anche qui la prima cosa da fare oggi è rinforzare un argine di non ingerenza per iniziare a lavorare già da domani con impegno e correttezza istituzionale ad una riforma della giustizia che completi e non distrugga il sistema attuale.

E sempre su questa scia che bisogna ascoltare le parole di autorevoli rappresentanti delle Istituzioni, e non lasciarle cadere nel dimenticatoio, utilizzandole come faro dell’attività legislativa per perseguire sempre ed in ogni modo il pene del Paese, unico vero obbiettivo di ogni uomo politico.

“Riceviamo e pubblichiamo” di Antonio Cannatà

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Censura preventiva in Rai? No grazie.

postato il 21 Ottobre 2010

fragile rai di video_max

Stanno convincendo il pubblico a pagare senza scegliere, abbonandosi al satellite e restando tutti a casa, usando il nome di “Repubblica” per tutta un’altra cosa”.

Così canta Frankie hi-nrg in “Rap lamento”, e ha perfettamente ragione. Poi i vertici della RAI, azienda pubblica italiana, che non venissero a lamentarsi se i cittadini non pagano il canone. E Santoro che è stato sospeso, e il caso di censura preventiva della puntata su Antigua di Report, e i collaboratori di Fazio e Saviano che sono senza contratto, e Ruffini, il direttore della terza rete, che non sa che pesci pigliare, e noi telespettatori che siamo le uniche vittime sacrificali.

Ciò che si rischia non è solo che non si vada in onda, ciò che si rischia è che si vada in onda, ma senza garanzie, il che è ancora più grave. Senza garanzie non si può lavorare, né in un cantiere, né in uno studio televisivo. Non è che essendo l’accusa partita da Fabio Fazio, che un tempo conduceva “Quelli che il calcio” con Idris e Marino Bartoletti, allora non è credibile. Fabio Fazio, e non è una mia opinione, bensì un dato di fatto oggettivo, rappresenta l’ancora di salvataggio di Rai tre, i dirigenti dovrebbero ringraziarlo, perché senza di lui e senza i suoi ascolti di “Che tempo che fa”, la nave sarebbe affondata da un pezzo, essendo il tempo tempestoso. Forse la Nina e la Pinta no, ma la Santa Maria ( la terza nave), sarebbe affondata. Quindi Fazio sarà la loro spina nel fianco e se vorrà andare in onda con i due Roberto, Saviano e Benigni, nessuno glielo potrà impedire, né tantomeno noi… che tra l’altro non vediamo l’ora.

Lucio Presta, intanto, l’agente dei VIP, ha fatto sapere che Roberto Benigni sarebbe disposto anche a partecipare gratuitamente allo “show”, e il direttore di Rai Tre ha presto smentito la notizia del cachet prima di 250 mila per Fazio, e poi di 80mila euro a puntata per Saviano. “La storia dei soldi è una fesseria” (R. Saviano). Insomma, stando alle notizie e alle smentite sembrerebbe che tutti questi problemi di logistica e di denaro non ci siano. E allora perché vogliono bloccarlo?

Un ulteriore caso ancora irrisolto riguarda la storia dell’inchiesta Antigua-villa-di-Berlusconi di Report, puntata che sarebbe dovuta essere censurata preventivamente. Ma come è possibile? Intanto mi dovete spiegare come si fa a sapere se una cosa merita la censura oppure no, se ancora non è andata in onda? Ok la critica, ci sta, ok pure la eventuale denuncia dopo la messa in onda, ma la censura preventiva no, non si può sentire.

Tutto questo è inaccettabile, da blogger amante della buona televisione non smetterò di dirlo.

Riceviamo e pubblichiamo” di Daniele Urciuolo

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La riforma del mondo del lavoro: coniugare tutela del lavoratore e flessibilità

postato il 20 Ottobre 2010

lavoro di ilcapofficina(semanticamente uno stronzo)Il parlamento ha votato a favore del DDL lavoro, un provvedimento che comprende 50 articoli per 140 commi e che è la conclusione di un dibattito lungo due anni.

Questo provvedimento è stato giudicato con favore anche da buona parte del mondo sindacale che lo considera equilibrato, e in questo senso è stato importante il lavoro svolto dall’UDC, come ha riconosciuto lo stesso Sacconi che ha affermato: “Ringrazio in particolare il gruppo dell’Udc: i colleghi hanno svolto interventi che hanno sollecitato la definitiva approvazione del provvedimento, pur mantenendo riserve, legittimamente espresse, che mi sono sembrate di ordine generale”. E affermando che i parlamentari dell’UDC sono stati espressione di una “forza politica di opposizione responsabile che ha sempre guardato al concreto dei singoli provvedimenti”.

Di contro l’on.le Nedo Poli (UDC), Capogruppo in Commissione Lavoro, ha affermato: “Abbiamo voluto sostenere una riforma delle controversie di lavoro che garantisse minore conflittualità e maggiore responsabilità a tutti i protagonisti. L’Udc è per una giustizia del lavoro più rapida e più certa. In questo senso, il ddl lavoro apre la strada a nuove sfide. Non ci uniamo al coro di chi lo ritiene contrario agli interessi dei lavoratori. Auspichiamo che il Governo elabori al più presto le deleghe secondo le ragionevoli indicazioni che il ministro Sacconi ha più volte illustrato”.

Il punto fondamentale è stato quello di volere aumentare gli ambiti di scelta per i lavoratori per comporre le controversie nel rapporto di lavoro.

Ma cosa prevede sostanzialmente questo DDL e come cambierà il mondo del lavoro?

Il lavoratore può scegliere se ricorrere al giudice ordinario o ad un arbitro per dirimere le controversie lavorative, ma la scelta di ricorrere all’arbitrato (attraverso la sottoscrizione della cosidetta ‘clausola compromissoria’) deve essere effettuata dal lavoratore prima che intervenga la controversia stessa e dopo la conclusione del periodo di prova (quando si presume che il lavoratore sia più debole nei confronti del datore di lavoro), oppure prima del trascorrere di 30 giorni dalla stipula del contratto di lavoro. 
L’arbitro dovrà tenere conto non solo dei principi generali dell’ordinamento giuridico italiano ma anche i principi regolatori derivanti da obblighi comunitari (cosiddetto arbitrato per equità).

Una notazione molto importante riguarda invece i licenziamenti che sono esclusi dalle procedure di arbitrato, ma devono essere giudicati dal giudice ordinario (il licenziamento deve essere impugnato entro 60 giorni dalla ricezione della comunicazione scritta del licenziamento medesimo).

Per combattere il lavoro nero e il lavoro sommerso, sono state stabilite sanzioni molto più pesanti, proprio per rendere meno conveniente il ricorso a simili pratiche: le sanzioni andranno da 1.500 euro a 12.000 euro, più 150 euro per ogni giorno di lavoro nero e saranno comminate ai datori di lavoro che non trasmettono la comunicazione preventiva di assunzione. 
Le novità più importanti però riguardano l’apprendistato e i lavori usuranti.
E’ stato stabilito che l’anno di apprendistato a 16 anni, potrà sostituire l’anno scolastico, mentre per i lavori usuranti il governo adotterà una normativa per introdurre il pensionamento anticipato stabilendo l’eta minima a 57 anni, con 35 anni di contributi. 
Infine, una buona notizia per i lavoratori co.co.co e a progetto: omettere di versare le ritenute previdenziali operate dai committenti sui compensi dei lavoratori a progetto o co.co.co., iscritti alla gestione separata Inps, diventa reato.

L’impressione che si ricava da questi punti (che sono solo i principali) è che si sia cercato di snellire la burocrazia, sancendo una tutela per i lavoratori e svecchiando un ordinamento giuridico che iniziava a non essere più al passo con i tempi.

“Riceviamo e pubblichiamo” di Gaspare Compagno

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WiFi libero (anche) in Italia… Brunetta facci sognare?

postato il 18 Ottobre 2010

i-life di Patrick MayonRicorderete sicuramente che qualche giorno fa ho già parlato della necessità di “liberare” il WiFi e di abolire l’inutile e anacronistico Decreto Pisanu. Oggi giunge una bella notizia: il Ministro Brunetta, intervenendo al Future Center Telecom ha fatto sapere che durante il prossimo Consiglio dei ministri si dovrebbe esaminare l’abrogazione dell’art. 7 della legge Pisanu sull’obbligatorietà del deposito dei dati anagrafici sulle reti WiFi. «Il ministro Maroni – ha sottolineato Brunetta – si è detto disponibile e penso che dal prossimo Cdm si potrà liberare la rete».

Prendiamo per buone le parole del Ministro Brunetta, anche perché rappresentano un deciso cambio di marcia rispetto a quelle di un altro ministro, Elio Vito, che durante il question time dell’On. Roberto Rao, qualche giorno fa, arrivò a difendere il Decreto Pisanu, definendolo un’ineludibile sistema di sicurezza.

Ora non ci resta che vedere cosa accadrà al prossimo Consiglio dei Ministri in merito alle modifiche dell’art. 7 del decreto Pisanu sul WiFi: siamo curiosi di sapere se le parole di Brunetta rappresentano la linea guida del Governo o se si tratta di opinioni isolate. Internet – e quindi il libero accesso al suo utilizzo – rappresentano non solo una delle più alte espressioni della nostra libertà, ma soprattutto una nuova frontiera per lo sviluppo dell’economia e della società. Dare la possibilità di consultare Internet in ogni momento e con ogni comodità, significa garantire ai propri cittadini l’apertura al mondo più moderno e tecnologicamente avanzato. Vi faccio un esempio: un istituto scolastico dotato di connessione Wi-Fi è considerato all’avanguardia, quasi offrisse un servizio fuori dal comune. E invece no. Perché ogni scuola, di qualsiasi ordine e grado, dovrebbe essere dotata di questo tipo di connessione. In fondo, quale mezzo migliore esiste per evitare che Internet diventi una perdita di tempo se non quello di insegnare, sin da piccoli, a integrarlo – in modo sapiente e costruttivo – nella propria vita? Dai libri alle ricerche, dallo svago allo studio.

Ho già avuto modo di sottolineare come la proposta di legge portata avanti dall’Udc (con il concorso di Api, Pd e FLI) rappresenta un ottimo passo verso il futuro, verso una nuova alfabetizzazione. I vantaggi che si potrebbero ricavare sono immensi: la possibilità di un maggior coinvolgimento della gente comune, un avvicinamento sempre maggiore tra i quadri dirigenti della società e la base, una maggiore circolazione di informazione libera e veramente indipendente.

Se il dibattito che si svolgerà in Consiglio dei Ministri (così come ha promesso il Ministro Brunetta) andrà in questa direzione, vorrà dire che il lavoro che è stato svolto finora è stato ben fatto, perché determinerà novità positive ed utili per lo sviluppo tecnologico del settore e favorirà quella parte di cittadini colti, ben informati e attivi che devono essere un modello per tutti noi. Se invece, il CdM preferirà chiudersi a riccio in una posizione stantia e vecchia, continuando a sostenere che il Decreto Pisanu rappresenta una buona cosa, vorrà dire che occorrerà andare avanti con le iniziative bipartisan già intraprese, sperando di finirla di rincorrere ciò che altrove è già passato.

“Riceviamo e pubblichiamo” di Giuseppe Portonera

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Desiderio di genitorialità e adozione: dalla parte del figlio (sempre)

postato il 15 Ottobre 2010

"Somewhere over the rainbow" di Irene-C-Le nostre società occidentali, sempre più individualiste, sembrano manifestare crescenti forme di egoismo nell’espressione di quella che, ad ampio raggio, può essere definita genitorialità.

Per una volta vorrei provare ad osservare, dal punto di vista del bambino-figlio, alcune di queste espressioni.

Dalla parte del bambino, laddove sempre più donne sembrano realizzarsi forzando la mano alla sapienza della natura per riuscire ad avere figli senza la noia-necessità di avere un uomo a fianco. O provare la gioia di diventare neo-mamme in età da nonna, diminuendo così il diritto del figlio a crescere nel migliore dei contesti familiari possibili, almeno secondo le condizioni di partenza.

Dalla parte del figlio, in una società super consumista che rischia di non tollerare più famiglie o madri che, per problemi economici e socio-culturali, fanno fatica a tirare su un figlio. E’ il caso di Trento, che ha fatto molto discutere qualche settimana fa, e che ci deve ricordare che uno stato di povertà e indigenza non può mai essere un motivo per togliere la potestà genitoriale ad una mamma o ad una coppia; la società, attraverso i servizi sociali, dovrà semmai essere di supporto e di sostegno, per contribuire allo sviluppo sereno dei figli, senza mai fare prevalere logiche contro il loro mantenimento nel nucleo familiare di origine.

Dalla parte del figlio, in una società evoluta dove i tanti progressi della scienza conducono le coppie, con crescenti problemi di fertilità, ad andare incontro alle umane richieste di genitorialità attraverso la fecondazione assistita; con alcune di queste che ricorrono a centri esteri, per aggirare le “severe” norme italiane in materia, frutto della famosa Legge 40, fortemente criticata e contrastata. E’ però doveroso ricordare che questa ha il merito di tutelare tutti i soggetti coinvolti, con un occhio di riguardo al figlio: non consentendo la fecondazione eterologa gli dà infatti la certezza della paternità, così come positivamente limita il possibile “mercato”delle nascite.

Dalla parte del figlio, di fronte ai continui diritti rivendicati da single e coppie dello stesso sesso, che vorrebbero vedere riconosciuto il loro naturale desiderio di genitorialità, attraverso l’adozione; per dare a coloro che hanno ricevuto un primo rifiuto, una famiglia fondata sul matrimonio tra uomo e donna, per assicurargli il contesto più stabile e adatto alla loro educazione e crescita.

A maggior ragione perché, complice la difficoltà ad avere figli naturali, come abbiamo ricordato poco sopra, sempre più coppie (eterosessuali) danno la disponibilità all’adozione, nazionale e/o internazionale, intraprendendo percorsi lunghi e non facili.

Percorso di cui è giusto, sempre dal punto di vista del bambino, sottolineare anche le cose positive del nostro sistema: ad esempio, per quanto riguarda l’adozione internazionale, intrapresa dalla maggioranza delle coppie visto il numero limitato di minori italiani in stato di adottabilità, l’Italia mette in atto un controllo abbastanza rigoroso sull’operato delle associazioni accreditate per dare concretamente compimento all’adozione nei vari paesi d’origine del bambino, a costo di produrre tempi più lunghi e fare adottare bambini un po’ più grandi. Questo avviene per verificare che i bambini dati in adozione si trovino veramente in uno stato di abbandono e siano gli ultimi degli ultimi, cercando di evitare ogni possibile dubbio di mercato di bambini. Questo purtroppo non è sempre avvenuto nel passato, e non pare avvenire in altri paesi: negli Stati Uniti si “scelgono” i bambini tramite l’utilizzo di Internet e anche in paesi europei a noi vicini non ci sono gli stessi controlli. Magari non abbiamo il peso internazionale di altri paesi più importanti, e in qualche caso incide negativamente sul cammino che le coppie italiane si trovano ad affrontare, ma riconosciamo i meriti ad un approccio italiano all’adozione che è sicuramente motivo di orgoglio, perché proiettato con lo sguardo sul bene del minore.

C’è sicuramente molto da fare per migliorare il percorso che le coppie affrontano: questo potrebbe, pur nella doverosa rigorosità, essere accorciato un po’ nella sua fase iniziale per non scoraggiare troppo coloro che vi si avvicinano. Le coppie dovrebbero essere sostenute anche dal punto di vista economico, specialmente per gli elevati costi necessari ad intraprendere l’adozione internazionale, che potrebbero essere abbattuti attraverso le relative detrazioni fiscali.

Esiste poi la necessità di non lasciare sole le coppie nella lunga fase dell’attesa per l’arrivo del nuovo figlio, ma ancora di più dopo l’avvenuto inserimento, ad oggi un po’ deficitario; attraverso un lavoro in sinergia, amministrazioni locali, servizi sociali e associazioni di volontariato potrebbero attivare gruppi di lavoro, condivisione e supporto per non fare sentire mai sole queste famiglie nei loro momenti “naturali” di difficoltà.

Ci sono poi tanti minori italiani che vivono negli istituti/case famiglia in attesa di essere dichiarati in stato di adottabilità e molti altri che non lo saranno mai, perché ci sono dei legami che persistono con la famiglia naturale. A questi bambini sarebbe comunque fondamentale, rispetto ad un istituto, assicurare il legame e l’affetto di un nucleo familiare che si renda disponibile, attraverso l’affido, ad affiancare (spesso sostituire) la famiglia naturale nella loro crescita. Spesso questi minori non sono piccoli di età e sicuramente è una scelta così grande che non può essere chiesta ad ogni coppia; questa però si troverebbe a vivere una forma ancora più alta e gratuita di genitorialità, dove la centralità della relazione riesce a supplire in qualche modo al legame di sangue o di legge. E dal punto di vista del bambino, vivere in una famiglia che lo accoglie, anche se soltanto per un limitato periodo della vita, può essere migliore che crescere in un istituto-casa famiglia.

Trovare soluzioni a questo come a molte altre difficoltà che i minori incontrano dovrebbe essere la priorità in una società evoluta, che invece sembra concentrata a rincorrere le continue e crescenti richieste di diritti (senza più doveri) da parte degli adulti.

“Riceviamo e pubblichiamo” di Carlo Lazzeroni

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