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Sì al terzo polo dal 12%degli italiani (Renato Mannheimer – Corriere della Sera)

postato il 22 Luglio 2011
La convention del Terzo Polo comincia in qualche modo sulle pagine del Corriere della Sera dove il sondaggista Renato Mannheimer propone un’indagine sull’ipotesi e l’eventuale ruolo di una forza politica che si collochi tra gli schieramenti di centrodestra e centrosinistra. Ecco l’analisi dei dati proposta da Manneheimer.

Si ritorna a parlare, in questi giorni, dell’ipotesi (e del ruolo) di un «terzo polo» , che si collochi tra gli schieramenti maggiori di centrodestra e di centrosinistra. A questo progetto stanno lavorando da tempo i leader di almeno tre forze politiche (Casini, Fini, Rutelli) che, assieme al Mpa di Lombardo, hanno in programma per oggi una sorta di costituente comune, all’interno della quale si potrebbero rafforzare i legami e i propositi di collaborazione già espressi da tempo. Quali sono le reali potenzialità di una formazione siffatta? E quale il ruolo che potrebbe giocare nello scenario politico? Sulla base dei sondaggi più recenti, circa il 12%degli italiani afferma di voler votare per una delle tre componenti attuali del terzo polo (anche se, ovviamente, non è detto che confermino questa scelta nel caso di una loro più stretta aggregazione). A costoro si possono affiancare i cosiddetti elettori potenziali, vale a dire coloro che, pur non avendo ancora deciso di votare per uno dei tre partiti, dichiarano di prendere comunque in considerazione questa eventualità. Si tratta, in altre parole, del possibile terreno di espansione elettorale del terzo polo. Questo mercato potenziale aggiuntivo è assai ampio— attorno al 25%— ma, naturalmente, non facile da conquistare, dato che attualmente i suoi componenti dichiarano di fare scelte diverse: molti votano oggi Pd, ma molti altri affermano di essere  indecisi sul partito da scegliere. In che misura, secondo questi elettori, le tre forze politiche che vorrebbero costituire il terzo polo devono realmente unirsi tra loro? Sulla questione si riscontrano opinioni divergenti. È vero infatti che la maggioranza relativa (44%) degli elettori attuali per una delle componenti del terzo polo dichiara di auspicare un partito unico. Ma è vero anche che una quota di poco inferiore (40%) suggerisce invece la costituzione di una mera coalizione, ove ciascun partito mantiene la propria identità. E che tra gli elettori potenziali quest’ultima opinione è addirittura prevalente. Non è detto, dunque, che l’unità tout court sia la soluzione più ambita. Ma, alla fine, si uniranno davvero in qualche modo tra loro Api, Fli e Udc? Secondo la maggioranza relativa dei loro votanti (e dell’elettorato in generale), l’intenzione in realtà c’è, ma manca ancora la chiarezza sul percorso da intraprendere. Anche se molti (38%degli italiani), persino all’interno dello stesso elettorato del terzo polo (ove costituiscono il 35%), si dichiarano scettici e affermano di credere poco alla reale volontà di fondersi da parte di queste tre forze politiche. Qualunque forma esso finisca con il prendere, il terzo polo dovrà decidere quale ruolo assumere nello scenario politico. Correre da solo o allearsi? E con chi? La chiara maggioranza (48%) dei votanti attuali e potenziali per il terzo polo suggerisce di non legarsi a nessuno, riservandosi quindi una indipendenza nelle scelte future. Tra i restanti, si equivalgono coloro che indicano il centrodestra o il centrosinistra come possibile partner (ma tra gli elettori potenziali prevale l’indicazione per il centrosinistra). La scelta è di grande rilievo, specie con questo sistema elettorale, in quanto l’alleanza del terzo polo con l’una o con l’altra delle coalizioni maggiori è dirimente per l’assegnazione del premio di maggioranza. Il peso del terzo polo e gli orientamenti che esso, prima o poi, dovrà prendere appaiono dunque decisivi per la futura configurazione dello scenario politico. Anche di qui l’invito, espresso dagli intervistati nel sondaggio, di fare finalmente luce sulle scelte e sugli orientamenti futuri delle forze politiche di centro.
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Manovra, famiglie sul Titanic

postato il 21 Luglio 2011

Anche i meno avvezzi all’economia e alla finanza avranno ormai capito che la manovra finanziaria del governo Berlusconi riguardante l’obiettivo di pareggiare il bilancio negli anni 2013-2014, sebbene presentata inizialmente come un semplice aggiustamento dei conti, è destinata invece a prendere i tratti meno piacevoli dell’aumento della pressione fiscale. L’Italia ha una pressione fiscale molto alta, tra le più alte in Europa. La manovra la farà crescere addirittura dell’1,2%, mettendo ancor più in difficoltà migliaia di italiani. L’incremento delle tasse colpirà un po’ tutti, ma quelli che se la vedranno peggio saranno le giovani coppie, le famiglie monoreddito e le famiglie con molti figli. Per i benestanti, comunque colpiti, le cose andranno un po’ meglio. Tremonti ha stabilito che il taglio lineare delle 480 agevolazioni fiscali e assistenziali sarà del 5% nel 2013 e del 20% nel 2014, anno che si preannuncerà parecchio duro.

Non è facilissimo capire come i tagli si abbatteranno sulle famiglie italiane, ma delle stime elaborate, ad esempio quelle dell’Ansa in collaborazione con i Caf della Cisl, c’è veramente da preoccuparsi. Su una famiglia monoreddito benestante senza figli il taglio voluto dal governo peserebbe rispettivamente per 136 euro nel 2013 e per 543 euro nel 2014. Simile, purtroppo solo nel pagamento delle tasse,  è la situazione per una famiglia monoreddito il cui capofamiglia è una “tuta blu“: pagherà 140 euro in più nel 2013 e 556 euro nel 2014. Per quanto riguarda una giovane coppia con doppio reddito e un figlio a carico, oltre magari ad un mutuo da pagare, nel 2013 ci saranno 203 euro in più di tasse l’anno successivo 904 euro in più. Una famiglia di ceto medio e monoreddito, con un impiego da dipendente e due figli a carico, si vedrà aumentare le tasse di 169 euro nel 2013 e di 676 euro nel 2014. Un pensionato, vedovo, con con un reddito superiore alla pensione sociale (15.000 euro), si troverà a pagare 102 euro in più nel 2013 e 400 euro in più l’anno dopo. Situazione ancora più dura per una famiglia monoreddito con due figli maggiori di 3 anni a carico: con un reddito di 25.000 euro l’anno (è il caso delle famiglie in cui chi lavora fa il poliziotto) i tagli provocheranno un aumento di 226,5 euro nel 2013 e di 906 euro nel 2014 a livello di tasse da pagare. Aggiungendo l’arrivo del super-ticket sanitario, i dipendenti pubblici senza aumento degli stipendi per un altro anno e l’aumento dell’età pensionabile è evidente che il peso del risanamento dei conti pubblici riguarderà soprattutto le famiglie e i ceti medio-bassi.

La gravità della situazione per le famiglie italiane è testimoniata anche dalla posizione  del sottosegretario alla Famiglia Carlo Giovanardi che ha giudicato negativamente la manovra e ha minacciato le dimissioni. L’imbarazzo di Giovanardi e di tutti quelli che nel governo e nella maggioranza hanno sempre parlato di  politiche a favore della famiglia è evidente. Queste politiche tanto annunciate non sono mai arrivate, anzi le famiglie sono oggetto di un “massacro fiscale” senza precedenti che pone serie preoccupazioni. Tremonti presentando la manovra ha parlato del Paese usando la metafora del Titanic, il superbo transatlantico colato a picco nelle fredde acque dell’Atlantico del nord, e probabilmente mai immagine fu più azzeccata considerata la terribile fine che fecero le tante famiglie confinate nella terza classe della nave. Ieri sul Titanic l’orchestra suonava incurante, oggi il governo continua a far finta di niente. Troppe inquietanti similitudini.

“Riceviamo e pubblichiamo” di Adriano Frinchi

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Terzo Polo, adesso è il nostro tempo. Cambiamo l’Italia.

postato il 21 Luglio 2011

La convention terzopolista che si terrà venerdì all’Auditorium della Conciliazione a Roma e vedrà uniti Udc, Fli, Mpa e Api, ha un titolo forte: “Io cambio l’Italia”. Che non è uno slogan messo lì per dire tutto e non dire niente, ma la ragione politica e amministrativa per cui in Italia c’è bisogno di un Polo terzo fra due che non funzionano e fanno acqua da tutte le parti. È lo stesso leit-motiv, lo stesso mantra che noi dell’Udc conosciamo bene. Perché ce lo ripetiamo e lo ripetiamo agli elettori da quel lontano (solo temporalmente, però) 2 dicembre 2006, quando – a Palermo – si consumò una drastica scelta: avevamo capito che la Casa delle Libertà era ormai morta e la coalizione di centrodestra non era più in grado di dare soddisfacenti risposte all’Italia: qualcuno ci arrivò più tardi di noi e penso bene di sistemare la faccenda, sostituendo alla coalizione un megapartitone senz’anima, in cui o si vince (e si osanna il capo) o si perde (e si muore).

Noi, che siamo sempre stati piccoli, ma orgogliosi e testardi, abbiamo scelto di imboccare una strada solitaria, una strada impervia e tortuosa: e per molto tempo non c’è stato nessuno che ci tendesse la mano e che ci aiutasse; ci facevamo compagnia tra di noi, ci sostenevamo a vicenda: ci colpivano, ci schernivano (quante volte ho sentito decretare la nostra resa, in cambio di dorate poltrone) e noi restavamo fermi sulle nostre posizioni. È stato il tempo delle formiche: abbiamo affrontano diverse tornate elettorali e siccome (e chissà come mai) i nostri voti non accennavano a diminuire, ma restavano anch’essi saldi, abbiamo cominciato a sentirci dire che dalla nostra posizione di irrilevanza e di assoluta minorità non ci saremmo mai schiodati. Ne abbiamo sentite di così tante e di così grosse: ma tant’è. Perché essere formiche vuol dire anche saper incassare i colpi senza farsi male, lavorando tutti insieme per il bene del proprio formicaio. Ed è stato proprio così che lungo quel nostro cammino, quella lunga traversata nel deserto, abbiamo trovato nuovi compagni. Noi, piccole formiche, non eravamo più sole. E nemmeno più piccole.

Nel frattempo, infatti, l’Italia che i leader del bipolarismo/bipartitismo de noantri non solo non accennava a nascere, ma in più assumeva connotati e fattezze sempre più difficili e dure. L’illusione di un Paese migliore senza quei fastidiosi “uddicinni” è crollata e la realtà ci ha mostrato tutte le difficoltà che incombevano su di noi, peggio della spada di Damocle. E noi, che al formicaio-paese teniamo ancor di più rispetto al formicaio-partito, abbiamo cominciato a predicare “responsabilità”, “coesione”, “unità”. E, vuoi o non vuoi, “loro” – quelli che tanto ci disprezzavano – hanno dovuto ascoltarci. Hanno dovuto darci ragione. Intorno alle nostre parole d’ordine, ai nostri progetti, abbiamo aggregato un Polo – insieme agli amici incontrati per strada e che come noi e con noi vogliono cambiare l’Italia. Il “loro” tempo è finito. È scaduto tra scandali, festini, onesti-solo-a-parole, compravendite e fallimenti. Ora è il nostro momento.

Amici del Terzo Polo, amici dell’Udc, di Fli, dell’Api, del Mpa: è la nostra occasione. Ma c’è bisogno di un’altra prova di coraggio: lasciare le nostre case per aprirci al mondo esterno, per cominciare a progettare anche una grande casa comune che ci ospiti tutti. La fuori c’è l’Italia vera. L’Italia che aspetta solo di essere ascoltata e sostenuta. C’è un’Italia che è stanca delle continue e infruttuose divisioni da stadio che viviamo ogni giorno, stanca di dover lottare per arrivare a fine mese, stanca di non poter sognare un futuro migliore. C’è un Nord che non ne può più delle sparate leghiste, che si trova costretto a dover fare i conti con un’agricoltura e un’industria in crisi, che non ne vuole più sapere di essere ingannato quotidianamente. E c’è un Sud che lotta e non si arrende, che ne ha fin sopra i capelli di classi dirigenti fallimentari e spreconi e che non vuole più sentire parlare di mala sanità o istruzione scadente. Ci sono giovani e giovanissimi che come me e tanti altri che sono convinti che le cose si possano cambiare davvero e che lottano per riuscirci; laureati che sono costretti ad emigrare e scappare e che invece rappresentano il futuro del nostro Paese; operai, insegnanti e dottori che dopo aver lottato una vita, si vedono chiusi il proprio posto di lavoro per assenza di fondi; imprenditori soffocati da tasse eccessive e spesso incomprensibili; e si potrebbe continuare per pagine e pagine.

Non possiamo più perdere tempo. Cambiamo l’Italia. Ora. Insieme.

“Riceviamo e pubblichiamo” di Giuseppe Portonera

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Tornano le tasse: l’IRPEF sulla casa e via le deduzioni per i carichi fiscali

postato il 20 Luglio 2011

La notizia è di quelle che lasciano basiti: pare che torni la tassazione sulla prima casa, solo che invece che pagare l’ICI adesso la inseriremo nell’IRPEF, ovvero la dichiarazione dei redditi, mentre le riduzioni per carichi familiari verranno tagliate.

Certo ora voglio vedere, se la notizia è confermata, come il governo giustificherà una simile mossa dopo che per anni aveva strombazzato “urbi et orbi” che non metteva le mani nelle tasche dei cittadini, e che anzi aveva tolto l’ICI sulla prima casa. Ricordate? Era uno dei punti fondamentali del programma elettorale del 2008. Purtroppo per Berlusconi, noi abbiamo una memoria di ferro e cosa ancora peggiore, sappiamo usare la calcolatrice, per vedere dove, come e quanto ci costano le “idee” di questo governo.

Andiamo alla norma e facciamo un paio di conti. Cosa dice la legge? Sostanzialmente il maxiemendamento introdotto in sede di conversione del dl 98/2011 (ovvero la finanziaria approvata la scorsa settimana) prevede una riduzione “lineare” del 5 per cento nel 2013 e del 20 per cento dal 2014 dei regimi di esenzione, esclusioni e agevolazioni fiscali rilevati dalla commissione sulle “tax expenditures”. In soldoni, il taglio “lineare” ripristina la tassazione ai fini Irpef della prima casa (abolita nel 2000 dal governo Amato).

Una bella botta, vero? Attualmente, in base all’art.10 comma3 bis tuir, vi è la deduzione integrale della rendita catastale dell’unità immobiliare adibita ad abitazione principale e delle relative pertinenze. In pratica, con la legislazione attuale la rendita catastale della prima casa non compare nell’IRPEF, mentre con le nuove norme, la riduzione “lineare” della deduzione per l’abitazione principale del 5% nel 2013 e del 20% dal 2014, è prevista la tassazione dell’unità abitativa su una base imponibile pari al venti per cento della rendita catastale.

In pratica si dovrà mettere nella dichiarazione dei redditi il 20% della rendita catastale della prima casa. Ma cosa è la rendita catastale? Con tale termine si intende la rendita ipotetica di un immobile che si ottiene moltiplicando le sue grandezze fisiche (numero di vani, volumetria, estensione) e una tariffa (tariffa d’estimo) che si determina in base al comune, alla zona dove sorge l’immobile e alla destinazione d’uso dell’immobile medesimo. Essa viene usata come valore di riferimento per le successioni, donazioni e appunto per l’IRPEF; solo che fino ad oggi la prima casa non compariva nella dichiarazione dei redditi, da domani si.

Ovviamente questo riguarderà anche le deduzioni che attualmente vigono sui mutui fatti per l’acquisto di una casa: nello specifico si considerano in calo sia i benefici per la deduzione della prima casa sia quella relativa agli interessi del mutuo; nel primo caso si registra una diminuzione da 126,8 euro a 100 euro nel 2014, mentre per gli interessi si passerebbe dai 328 euro all’anno attuali a 264 euro.

Questa norma, va ad aggiungersi ad un’altra norma ancora più ingiusta, ovvero il taglio relativo alle detrazioni per carichi di famiglia. Attualmente la legislazione prevede che le detrazioni relative al coniuge e figli a carico sono tanto maggiori quanto più basso è il reddito del contribuente. Ovviamente, se il taglio della riduzione è uguale per tutti, chi ne soffre di più è la famiglia con meno soldi.

Nel campo delle deduzioni familiari, è ragguardevole il dato in base al quale emerge che 11,8 milioni di italiani ne sono beneficiari e in media queste raggiungono gli 829 euro, ma con il taglio del 20% il lavoratore con figli e coniuge a carico avrà una deduzione di circa 665 euro.

Se sommiamo i provvedimenti sulla casa e la riduzione delle detrazioni per i familiari a carico una famiglia media si troverà a pagare circa 1000 euro in più. Una bella batosta decisa da chi afferma di non mettere nuove tasse…. Si e magari Babbo Natale esiste…

“Riceviamo e pubblichiamo” di Mario Pezzati

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Paolo Borsellino nel mio ricordo vive

postato il 19 Luglio 2011

Ero per terra. Il braccio graffiato in più parti. Solo dopo qualche giorno fui costretto ad una ingessatura: la caduta dal motorino aveva causato la frattura dell’omero. Erano da poco passate le cinque di quel 19 luglio del 1992. Sistemai zoppicando il “Ciao” nel garage. A Milazzo quel pomeriggio faceva caldo. Mi trovavo lì per una vacanza con i miei genitori. La sigla “edizione straordinaria” del Tg2 interruppe di colpo la discussione sulla mia rovinosa caduta. “Attentato”. Un nuovo attentato. A poche settimane da quello che aveva causato la morte di Giovanni Falcone. Sui volti dei miei genitori e dei mie zii l’assoluto silenzio ed una profonda tristezza. Silenzio e tristezza riempirono anche l’aria della cucina dove ci trovavamo seduti a discutere, fino a qualche minuto prima, del mio incidente. In me un sentimento misto di paura e dolore. A Milazzo, quel pomeriggio, dopo quella notizia, non sentì più il caldo sulla mia pelle. Un brivido lungo la schiena, lento. E un fitto dolore al braccio.

Giovanni Villino

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L’analisi di Mannheimer sulle intenzioni di voto: sale il Pd, frena il Pdl. Indeciso uno su due

postato il 17 Luglio 2011

L’Udc al 7%. Terzo Polo decisivo alle prossime elezioni

Sta diffondendosi, ancora una volta, l’ipotesi di nuove consultazioni politiche da tenersi in autunno o, al massimo, nella  prossima primavera, fortemente sollecitate in queste ore dall’opposizione, anche in conseguenza del comportamento tenuto in occasione dell’approvazione della manovra economica. Quali potrebbero essere i risultati di queste eventuali elezioni anticipate? Nessuno può saperlo in questo momento. Ma l’elemento maggiormente caratterizzante il quadro odierno è la forte crescita di consensi per il centrosinistra, dovuta anche alla spinta degli esiti delle ultime amministrative e dei referendum. Il Pd è oggi stimato oltre il 28% (ma, secondo altri istituti di ricerca, ad esempio Ipsos e Demos, si trova quasi al 30%), e supera così il dato ottenuto alle ultime europee (26%), pur restando lontano da quello delle politiche (33%).

All’inizio dell’anno in corso, il partito di Bersani superava di poco il 24%. Un avanzamento notevole, di circa 4 punti, in un solo semestre. Il trend di crescita riguarda anche alcune altre forze del centrosinistra, specie quelle che potremmo forse definire le più «radicali» nell’atteggiamento antiberlusconiano. Ad esempio, l’Idv di Di Pietro supera il 6% (ma, sempre secondo Demos, sfiora l’8%) e ü Movimento 5 Stelle di Grillo si attesta sul 2,5%.

Sel di Vendola conferma il suo rilievo nel panorama politico, mantenendosi sopra il 7% (sopra l’8% secondo Ipsos e Digis), rimasto stabile negli ultimi mesi: un valore doppio rispetto a quanto ottenuto nelle ultime europee. A fronte di questo andamento, si registra un significativo decremento del Pdl. Che è oggi attestato al 27% (altri istituti variano dal 2fi,4 al 29%), quando a gennaio superava il 30%. L’altro partito di maggioranza, la Lega, pare invece essere rimasto quasi indenne da questo trend di decrescita (anche per essersi spesso dissociato da Berlusconi m molte scelte e prese di posizione) e rimane attorno al 10%, pur con un lieve calo rispetto a gennaio. Tra i partiti di centro, l’Udc appare stabile attorno al 7%, mentre Futuro e Libertà conferma le difficoltà nel decollare e si attesta oggi al di sotto del 4% (o meno secondo diversi altri istituti di ricerca). Sulla base di questo quadro, sembrerebbe dunque (ed è oggi ragionevole prevedere) che il centrosinistra possa vincere le prossime elezioni, almeno per ciò che riguarda la Camera dei Deputati Anche se saranno certo significative le scelte che decideranno di fare le tre forze di centro (Udc, Fli, Api). Se infatti esse finissero col non correre da sole (al contrario di quanto hanno sin qui dichiarato) e si alleassero, in tutto o in parte, ad una delle coalizioni maggiori, costituirebbero inevitabilmente l’elemento determinante nell’assegnare il premio di maggioranza, sempre che si voti con l’attuale sistema elettorale. Ma, soprattutto, stira dei partiti nel corso della campagna elettorale. Sono infatti tantissimi — e in forte crescita, specialmente nell’elettorato del centrodestra — gli intervistati che rispondono di essere oggi indecisi su cosa votare: nelle ultime rilevazioni essi costituiscono quasi la metà della popolazione. Non a caso, le più recenti chiamate alle urne hanno dimostrato come siano tanti (e, soprattutto, in incremento) i cittadini che decidono all’ultimo momento, sulla base delle proposte delle varie forze politiche (e/o della immagine dei leader) nelle settimane immediatamente antecedenti al voto. Ancor più delle volte precedenti, si può affermare che questi elementi giocheranno un ruolo decisivo nel determinare i risultati.

(L’analisi di Renato Mannheimer pubblicata su ‘Il Corriere della Sera’)

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Basilicata: la regione più povera d’Italia

postato il 16 Luglio 2011

L’ISTAT allarma l’Italia: nel 2010 risulta povera o quasi povera circa una famiglia su cinque. Nel 2010 l’incidenza di povertà assoluta e relativa ha toccato quote altissime. Il fenomeno, come purtroppo prevedibile, è particolarmente evidente neMezzogiorno, dove é povera quasi la metà (il 47,3%) delle famiglie con tre o più figli minori e, tra le regioni più povere d’Italia, la Basilicata si aggiudica questo triste primato: è la regione dove la povertà relativa ha l’incidenza maggiore (28,3 %), seguita da Sicilia (27 %) e Calabria (26 %) .

A quanto pare, in Basilicata non va proprio tutto così bene come sembra. I problemi sono molti e hanno radici ben profonde: sappiamo quanti giovani abbandonano la Basilicata (in gran parte laureati) e sappiamo per quale motivo: la mancanza di lavoro.

Eppure, la nostra Terra non è certamente povera di risorse, anzi! Abbiamo risorse energetiche (il petrolio), ambientali (l’acqua) e culturali (Melfi, Venosa, Matera..). Terra ricca, patria di gente una volta fiera e combattiva, costretta ora a vivere dell’elemosina dei  petrolieri che abusano delle nostre ricchezze e dei politici che, abbindolando la popolazione lucana, hanno costruito un impero di clientelismo di estensione incalcolabile.

Siamo schiavi di un sistema che abbiamo creato noi stessi, noi che abbiamo riposto la nostra fiducia in persone incapaci, inadeguate e immeritevoli di ricoprire cariche importanti. La mala-politica ha distrutto tutto, anche la nostra voglia di ribellarci. Siamo abituati a tutto e, ormai, ogni bruttura sembra scivolarci addosso, senza provocare reazione.

Siamo poveri, nelle tasche e nello spirito. Ci hanno tolto le forze e i mezzi per rialzarci, hanno fatto scappare i ragazzi: figli, fratelli, sorelle, cugini. Sono andati via, hanno offerto la loro intelligenza a chi ha saputo sfruttare le doti dei giovani per il bene collettivo.

Io, però, spero ancora. Spero che un giorno, i lucani possano svegliarsi da questo torpore.

Purtroppo non c’è più molto tempo per tergiversare: ognuno deve metterci la propria faccia, il proprio impegno: ragazzi,  anziani, padri, madri. Tutti. Soltanto se non permetteremo di toglierci anche questo briciolo di speranza che ci è rimasto, qualcosa forse potrà cambiare.

“Riceviamo e pubblichiamo” di Marta Romano

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Ministeri alla Villa Reale di Monza, il federalismo che costa di più

postato il 15 Luglio 2011

Sono cominciati da qualche giorno i lavori alla Villa Reale di Monza per insediare alcuni uffici periferici dei Ministeri della Repubblica Italiana con a capo i leghisti Calderoli e Bossi.

Mentre il Senatur mostrava il dito medio al tricolore alla festa padana di Besozzo, Calderoli annunciava: “Il 23 luglio alle 11.30 apriremo il mio ministero, quello di Bossi e di Tremonti a Monza, che piaccia o no a Roma. Vi aspettiamo tutti”. E non importa se la maggior parte degli spazi della Villa sono in condizioni precari, non importa se Comune e Regione da tempo si sono impegnati per il restauro del complesso nonostante le ristrettezze finanziarie del momento, a nulla serve che Formigoni, con un bando da 20 milioni di euro per il restauro, abbia già detto che a Monza non c’è spazio per questo tipo di operazioni, il “trasloco padano” s’ha da fare. È semplicemente vergognoso che, mentre le borse toccano il fondo, mentre ci si accinge ad approvare una manovra di lacrime e sangue, il sanguisuga Calderoli utilizzi denaro pubblico per concentrare alcuni uffici periferici facendo arrivare la mobilia da Catania, a 1.300 km di distanza da Monza, schiaffeggiando ulteriormente i brianzoli, maestri del mobile, senza aver nessuno rispetto per loro e per la Villa stessa.

La Villa è un complesso di enorme valore costruita in meno di tre anni dall’architetto Piermarini che ha visto al suo interno teste coronate e che è tutt’ora sede di vari eventi culturali. L’arrivo degli uffici ministeriali e dei suoi inquilini costringerà, purtroppo, a rivedere il progetto del Museo della Villa: la Soprintendenza alle Belle Arti aveva già previsto l’ingresso dei visitatori presso il Cortile della Cavallerizza ma ad Umberto Bossi poco importa, bisognava farlo. Logico pensare che una mossa del genere è stata fatta solo ed esclusivamente per gettare fumo negli occhi a quegli elettori, ultimamente molti, che non vedono più nelle mosse leghiste i propri ideali. Questi personaggi che in settimana giacciono serafici a “Roma poltrona” e il sabato e la domenica presenziano alle feste della Lega offendendo la bandiera e il popolo italiano.

I giovani dell’UDC non ci stanno ed è per questo che siamo pronti a raccogliere le firme in tutta la Lombardia contro questo superfluo trasferimento e spreco di denaro pubblico. Confido nel popolo italiano e sono sicuro che in questo momento di sacrifici ci sia in Brianza, al Nord e in tutta Italia una sola voce che si levi a denunciare questa vergogna affinché vengano ritirati i decreti che permettono l’apertura degli uffici nella Villa Reale di Monza e faccio un appello al Sindaco Mariani e gli chiedo di tornare in sé, di abbandonare l’atteggiamento servile e di non appoggiare questo scempio che si viene a creare in un gioiello architettonico di cui andare orgogliosi.

“Riceviamo e pubblichiamo” di Michele Trabacchino

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Abolizione delle province e tagli ai costi della politica: gli emendamenti UDC alla Manovra

postato il 14 Luglio 2011

Raccogliere l’appello di Napolitano all’unità e a “sbrigarsi con la manovra finanziaria”, e soprattutto a moderare i toni, è un atto dovuto, ma che non ha impedito all’UDC e -in maniera coordinata- a tutte le opposizioni, di presentare degli emendamenti. Con pieno senso di responsabilità, l’UDC ha ridotto a tre i suoi emendamenti, proprio per non appesantire l’iter della finanziaria e contribuire attivamente alla sua genesi.

In particolare mi sembrano degni di menzione due emendamenti: il primo che chiede l’abolizione delle province; il secondo chiede che i tagli agli emolumenti dei politici partano già dal 2012. Quest’ultimo emendamento va anche incontro a quanto chiesto da Draghi, che parlava della necessità di ulteriori tagli se si volevano evitare nuove tasse e mi sembra un atto doveroso verso gli italiani.

Tremonti ha voluto dare avvio a questi tagli dal 2013, non andando a toccare i vitalizi già in atto, perché, afferma, vuole evitare ricorsi in tribunale sui “diritti acquisiti”. Francamente vorrei vedere un simile ricorso, ma al peggio non c’è mai fine. Per questo l’emendamento dell’UDC che anticiperebbe questi tagli al 2012 sarebbe importante, perché servirebbe a fare uscire allo scoperto quei politici bravissimi a parole ma che fanno tutt’altro con i fatti.

L’altro emendamento molto interessante è il taglio delle province che porterebbe ad un risparmio di circa 2 miliardi l’anno, una esigenza avvertita da tutti i cittadini. Anzi, ricordo che era un punto fondamentale nelle promesse elettorali dell’attuale governo; quindi l’UDC chiede che questa promessa sia mantenuta, andando incontro alle aspettative e richieste degli italiani, i quali ormai sono stufi di promesse a cui non seguono mai i fatti.

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Il Testamento Biologico

postato il 14 Luglio 2011

279 si, 206 no, 11 astenuti, la Camera approva!”. Queste parole riecheggiano il 12 luglio 2011 nell’aula di Montecitorio ma la nostra storia parte da qualche anno più in là. 4 aprile 1997: in Spagna a Oviedo i paesi membri dell’Unione Europea firmano la “Convenzione per la protezione dei diritti dell’uomo e la dignità dell’essere umano riguardo alla applicazioni della biologia e della medicina” che invita e vincola i paesi firmatari a creare e ad adottare negli anni seguenti norme contrarie all’accanimento terapeutico e alla regolazione del consenso informatico. A rappresentare l’Italia in quel momento è il primo governo Prodi che presto sarebbe giunto al capolinea con il ribaltone dalemiano. Da quel momento sono passati ben 14 anni, 14 anni intessuti di scontri, astio, fazioni che forse avrebbero potuto e anzi dovuto dare spazio a un maggior dibattito, pacatezza e serenità nell’interesse di tutti .

La “bomba” viene sganciata dal paese dei tulipani nel 2002 con un testo che per molti è la pietra miliare del “diritto all’eutanasia”. In realtà, tale testo stabilisce, non il “diritto all’eutanasia”, l’eccezione di alcune norme del codice penale che prevedevano la non imputabilità del medico per sospensione dell’erogazione di cure -in una regolamentazione peraltro abbastanza rigida- con paziente consenziente. Piccola sottolineatura: la costituzione e il diritto civile olandese, punto di riferimento per il pensiero più libertario, non afferma – così in tutto il resto del mondo – mai esplicitamente che l’eutanasia sia un diritto.

Fra qualche mese, quando il ddl Calabrò sarà definitivamente tramutato in legge con l’approvazione del Senato della Repubblica, anche l’Italia disporrà di una sua legislazione in merito. Ma che cosa afferma nello specifico la legge approvata alla Camera il 12 luglio? Cerchiamo di capirlo insieme.

Essa si compone di nove articoli, il primo dei quali “riconosce e tutela la vita umana, quale diritto inviolabile e indisponibile, garantito anche nella fase terminale dell’esistenza e nell’ipotesi in cui la persona non sia più in grado di intendere e di volere, fino alla morte accertata nei modi di legge”, e vieta esplicitamente “ogni forma di eutanasia e ogni forma di assistenza o di aiuto al suicidio, considerando l’attività medica e quella di assistenza alle persone esclusivamente finalizzate alla tutela della vita e della salute nonché all’alleviamento della sofferenza”.”

Il secondo articolo è sul consenso informato “Salvo i casi previsti dalla legge, ogni trattamento sanitario è attivato previo consenso informato esplicito ed attuale del paziente prestato in modo libero e consapevole”.

Ma il cuore della legge è sicuramente l’articolo 3 che “esprime orientamenti e informazioni utili per il medico, circa l’attivazione di trattamenti terapeutici purchè in conformità a quanto prescritto dalla presente legge”. Si tratta di un vero e proprio testamento biologico, denominato DAT, dalla durata di cinque anni e rinnovabile legato al dichiarante e a un suo fiduciario che sarà contenuto in un archivio unico nazionale e informatico sotto la tutela del Ministero della Salute. Il parere del medico sarà tuttavia vincolante perchè “sentito il fiduciario, annoterà nella cartella clinica le motivazioni per le quali ritiene di seguirle o meno” in base anche alla novità offerte dalla ricerca biomedica nella lotta alle malattie. Escluse dalla sospensione delle cuore sono l’idratazione e l’alimentazione considerate dalla legge non cure ma diritti inalienabili di ogni essere umano.

Non voglio fare discorsoni né rischiare di aprire infiniti dibattiti di stampo bioetico, medico o filosofico: semplicemente invito ciascuno di voi a riflettere molto semplicemente sui contenuti della legge che vi ho elencato in breve e magari a rintracciare e leggere il testo completo.

Piccolo suggerimento: ragioniamo e facciamolo con la nostra testa non facendoci condizionare da schemi di partito ma in base al nostro pensiero, coscienza, rispetto. E’ squallido e insensato prendere posizione perché semplicemente si appartiene a una parte politica e a una certa corrente di pensiero, ognuno di noi ragioni con la sua mente e la sua coscienza. E’ questo l’atteggiamento giusto.

Jakob Panzeri

PER APPROFONDIRE:

La convenzione di Oviedo, consiglio Europeo 4 aprile 1997

Il testo della legge italiana e i dossier allegati sul sito della Camera dei Deputati

La legislazione olandese

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