Tutti i post della categoria: Esteri

Ucraina: Dico di no al pacifismo equidistante. L’Occidente è a rischio

postato il 10 Marzo 2022

Sabato sarò in piazza a Firenze. In queste ore dobbiamo esser grati agli ucraini che ci ricordano chi siamo, chi siamo stati e chi dovremmo essere

L’intervista pubblicata su Repubblica, a cura di Francesco Bei. 

“Gli ucraini ci stanno mandando un grido disperato, che è non soltanto “salvateci” ma qualcosa di più importante. Ci chiedono di salvare l’Occidente. Dobbiamo esser loro riconoscenti perché, in queste ore drammatiche, ci ricordano chi siamo, chi siamo stati e chi dovremmo essere”. Pier Ferdinando Casini parteciperà sabato alla manifestazione fiorentina delle città europee a sostegno dell’Ucraina. Un’iniziativa, spiega in questa intervista, molto diversa dalle piazze pacifiste della scorsa domenica.
Dopo un primo momento di unità, la guerra sta provocando divisioni anche in Italia. Molti respingono quella che chiamano la logica dell’elmetto. E lei?
“Io penso, al contrario, che va respinto un pacifismo che mette tutti sullo stesso piano, falsifica le responsabilità e confonde la storia. Ascoltando certi slogan mi sembra di essere tornato alla mia giovinezza, quando una parte degli intellettuali e della sinistra diceva: né con lo Stato, né con le Br”.
È scorretto, come hanno fatto alcuni professori, ricordare che la Nato è arrivata a “circondare” la Russia, di fatto provocando Putin?
“Il problema di questa guerra non è la Nato. Putin sa benissimo che la Nato non si sarebbe mai estesa all’Ucraina e alla Georgia. Quello che non può accettare è che ai suoi confini ci sia un Paese democratico. È la ragione per cui viene avvelenato Navalny, si chiude la bocca ai giornalisti liberi, si obbliga all’esilio chi si oppone al governo di Lukashenko. Non sono le armi della Nato che fanno paura a Putin ma il contagio della democrazia”.
In Occidente è come se ci fossimo svegliati dopo un lungo sonno. Una reazione molto diversa rispetto a quando Putin si prese la Georgia e poi la Crimea. Cos’è successo?
“È pazzesco ma è così, è come se questa volta fosse suonata una sveglia. Quando un ex presidente degli Stati Uniti come Trump, in quella che dovrebbe essere la Nazione guida, arriva a dire che Putin è “un genio”, si capisce che quello che non va bene siamo noi, non gli altri. Non siamo più in grado di distinguere il bene dal male. E soprattutto non abbiamo più il coraggio di chiamare le cose con il loro nome”.
C’è in giro anche molta paura, si parla di terza guerra mondiale, di una nuova Chernobyl. È legittimo dire: fermatevi tutti, voglio scendere.
“La gente è normale che sia spaventata, ma la politica avrebbe il dovere di spiegare. Quando Cossiga e Craxi decisero di installare gli euromissili in Italia, come risposta agli SS20 sovietici, ci furono manifestazioni enormi. Persino Giovanni Paolo II era contrario, il mondo cattolico era spaccato. Ma i leader di allora andarono avanti lo stesso e, anche grazie a quella scelta, ci diedero 30 anni di pace”.
Adesso invece vede una politica spaventata?
“Prendiamo Salvini. È l’espressione di una politica che non esercita una leadership ma segue il vento dei social. Ma poi i social, vedi la vicenda della maglietta con la faccia di Putin, cambiano vento e ti si rivoltano contro. Guidare un Paese significa fare anche scelte impopolari”.
Come inviare armi all’Ucraina?
“Esatto, una scelta giusta, perché significa non lasciare soli i resistenti, non lasciare campo libero all’aggressore. Non fare come Chamberlain con Hitler”.
Molti opinionisti in questi giorni hanno detto: se inviamo armi agli ucraini la guerra durerà di più e aumenteranno le sofferenze per la popolazione civile. La convince questo ragionamento?
“Per niente. Davanti a un popolo che resiste e chiede aiuto, questo è un discorso vile e omissivo, ripetuto da un pacifismo equivoco che è la ragione della nostra crisi di identità”.
Eppure sia a destra che a sinistra sono in tanti a provare a spiegare, quando non a giustificare, le ragioni di Putin. Come mai?
“Non mi meraviglia questa solidarietà trasversale. Per una certa sinistra, minoritaria, si tratta di confermare i suoi paradigmi fondamentali, mentre a destra Putin trova consenso in quella destra che applaude i discorsi ignobili del patriarca di Mosca Kirill sui gay. Un consenso che include anche un certo cattolicesimo ultra-conservatore”.
Landini e la Cgil invocano l’Onu, la grande assente. [Continua a leggere]

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11 SETTEMBRE, 20 ANNI DOPO

postato il 10 Settembre 2021

L’intervento in apertura dei lavori del convegno al Senato, in occasione dei 20 anni dagli
attacchi dell’11 settembre 2001

“Siamo tutti americani…”

Echeggiano ancora nella mia mente queste parole pronunciate da tanti di noi all’indomani del terribile attentato alle Torri Gemelle.

“Siamo tutti americani” non era solo un attestato di solidarietà per quella grande nazione sorella terribilmente colpita. Era qualcosa di più, la rivendicazione della superiorità morale dell’Occidente ferito da un terrorismo inedito che non esitava a strumentalizzare l’appartenenza religiosa per fini di guerra e di morte.

A distanza di 20 anni, la riflessione di oggi non può essere un mero evento rievocativo: essa si lega infatti alle immagini strazianti dei cittadini afghani attaccati ai carrelli degli aerei in decollo da Kabul: una sorta di resa dell’Occidente costellata da contraddizioni e errori.
Una ritirata che segna un cambiamento epocale che non può essere minimizzato.

Noi italiani e europei siamo chiamati a dare senso ai valori e agli ideali dell’Occidente – se ancora in essi ci riconosciamo – dando finalmente un’anima all’intuizione europea.

La storia chiama tutti noi ad assumerci ulteriori responsabilità e uscire da uno stadio di infantilismo politico che delega all’America e agli americani l’onere di essere attore globale.

Apriamo la riflessione odierna, a cui concorreranno i principali leader delle forze politiche, ancora una volta con un devoto omaggio a tutte le vittime del terrorismo e ai tanti caduti italiani che, in ogni scenario di guerra, in questi 20 anni hanno fatto onore all’Italia e ai nostri valori: abbiamo l’impegno morale di operare perché il loro sacrificio non sia stato vano.

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Afghanistan: Sono scene vergognose ed è anche colpa nostra. Tradita ogni promessa

postato il 17 Agosto 2021

L’intervista di Francesco Malfetano pubblicata sul Messaggero

«Ciò che sta capitando in Afghanistan è una vergogna mondiale, in particolare per l’Occidente. E una fetta di responsabilità, certo non preminente, è anche nostra. Non possiamo far finta che non sia così. Per che cosa abbiamo partecipato a questa coalizione? Per questo epilogo? No di certo». Non usa mezze misure Pierferdinando Casini, protagonista della storia della Democrazia Cristiana e oggi senatore di Per le Autonomie, che vede negli sviluppi drammatici della situazione a Kabul, con i talebani ormai al potere, la fine di un’epoca.

Presidente Casini, le immagini delle ultime ore mostrano cittadini in fuga, disperati al punto da attaccarsi ai carrelli degli aerei sperando di riuscire a scappare. Sono video che non avremmo mai voluto vedere. Al netto della tragedia, cosa rappresentano quelle immagini?
«Davanti a quei video la domanda vera che purtroppo dobbiamo porci è ha ancora un senso parlare di Occidente? L’Afghanistan e questo epilogo a me sembra abbiano liquidato il concetto stesso di Occidente, con tutti i suoi valori e i suoi sistemi. Siamo moralmente responsabili delle immagini che vediamo. Quella gente ha creduto che fosse possibile quello che noi abbiamo affermato e cioè che le donne potessero determinare il proprio futuro, potessero studiare, che i matrimoni combinati non fossero più all’ordine del giorno, che ciascuno fosse padrone del proprio corpo che non potesse essere usato a piacimento dei peggiori e più bestiali istinti, che la gente potesse votare. Abbiamo tradito tutto questo. Prima la scelta di Trump di negoziare a Doha con i talebani ponendo la premessa per la delegittimazione dei governi faticosamente costruiti, e poi l’attuazione di quella politica compiuta da Biden in queste settimane, getta un’onta di vergogna su tutti noi. Italia compresa. Non possiamo far finta che una fetta di responsabilità non sia nostra. Siamo stati parte di queste coalizioni». [Continua a leggere]

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L’Italia si svegli o la Libia è perduta. E adesso l’Europa ritrovi unità

postato il 30 Dicembre 2019

L’intervista di Marco Ventura pubblicata sul Messaggero
«Spero che i ministri degli esteri europei il 7 gennaio vadano in Libia con le idee chiare e non si limitino a una litania di buone intenzioni. Siamo già fuori tempo massimo. L’Europa e l’Italia si sveglino o la Libia è perduta». Lancia l’allarme Pier Ferdinando Casini, presidente del gruppo italiano dell’Unione interparlamentare: «Una escalation militare a poche centinaia di chilometri dalle coste italiane può avere conseguenze devastanti sul controllo di fenomeni come l’immigrazione clandestina e le potenziali schegge terroristiche che possono partire, come già in passato, dall’Africa del Nord verso l’Europa».
Borrell, Di Maio e gli altri ministri cosa dovrebbero proporre?
«Devono avere un piano chiaro, altrimenti è meglio che restino a casa. Mi auguro però che questa missione sia il segno della volontà unitaria europea di immettere nell’Africa del Nord mezzi finanziari ingenti, allora sì che avrebbe un senso. Perché è vero che bisogna spingere per una soluzione politica e non militare, ma la soluzione politica oggi è nelle mani di Russia e Turchia e c’è il rischio che alla fine tutto si riduca alla spartizione della Libia tra queste due potenze». [Continua a leggere]

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«Venezuela, in Italia i due deputati da sei mesi nella nostra ambasciata»

postato il 1 Dicembre 2019

Sono felici di poter abbracciare i propri cari. Sono grato a chi mi ha consentito di tornare con questi miei colleghi da Caracas

L’intervista di Marco Ventura pubblicata sul Messaggero

Passa anche attraverso Pier Ferdinando Casini e la sua missione di dialogo in Venezuela la riapertura di uno spiraglio di mediazione tra il presidente venezuelano in carica, Nicolás Maduro, e l’autoproclamatosi Juan Guaidó, riconosciuto da 57 paesi eppure inchiodato al suo ruolo di presidente di un Parlamento in scadenza. E il segno del dialogo è un successo che Casini, decollato ieri sera da Caracas per Roma, ha centrato con la sua visita da presidente dell’Unione interparlamentare: portare in Italia due deputati con doppia cittadinanza, venezuelana e italiana, che si erano rifugiati l’8 e 9 maggio nella nostra Ambasciata perché accusati di cospirazione e privati dell’immunità. Gli onorevoli Mariela Magallanes e Americo De Grazia, entrambi del movimento Causa R, sono infatti moglie e figlio di italiani, il secondo ferito nell’assedio all’Assemblea nazionale. «Sono parlamentari che conosco da lunga data e che mi stanno a cuore come mi sta a cuore il Venezuela», spiega Casini lasciando Caracas. «Abbiamo condiviso queste ore nell’Ambasciata e li ho visti in uno stato d’animo altalenante: gli piange il cuore a lasciare il Venezuela, ma sono felici di riabbracciare i propri cari che nel frattempo sono andati in Italia. Ci sono momenti nella vita delle persone che non sono uguali agli altri, come non lo sono stati questi sei mesi per loro». [Continua a leggere]

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Casini libera due italiani. Sono oppositori di Maduro

postato il 1 Dicembre 2019

Missione a Caracas per riportare a Roma i deputati rifugiati in Ambasciata. «Rischiavano il carcere, ho mediato col governo e li ho messi in salvo»

L’intervista di Ettore Colombo pubblicata su QN

Dopo tre giorni di incontri politici ad altissimo livello, con tutti i rappresentanti del governo (il presidente Maduro in testa) e dell’opposizione (dal presidente ad interim Guaidò in giù), oggi Pier Ferdinando Casini, presidente dell’Unione interparlamentare italiana, torna in Italia, dal Venezuela, con un successo personale e politico di indubbio rilievo: riporta in Italia due deputati dell’opposizione a Maduro che rischiavano la galera. Si tratta degli onorevoli Mariela Magallanes e Americo De Grazia, entrambi dalla doppia nazionalità italo-venezuelana, cui era stata revocata l’immunità parlamentare dal Tribunale supremo di giustizia perché accusati di «colpo di Stato», quello di Guaidò. I due deputati si erano rifugiati nella residenza dell’Ambasciatore d’Italia di Caracas a maggio ed è stato permesso loro di partire solo grazie all’intervento di Casini. La Magallanes è sposata con un italiano ed ha tre figli: è stata eletta all’Assemblea nazionale per il Movimento ‘Causa R’ ed ha svolto varie indagini sulle violazioni dei diritti umani. De Grazia è figlio di un italiano e deputato di ‘Causa R’: nel 2017, è stato ferito da un’azione dei ‘Colectivos’ (squadre di picchiatori di Maduro) durante l’assedio al Parlamento. [Continua a leggere]

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Muro di Berlino: quando prevalse la forza della libertà e della democrazia

postato il 7 Novembre 2019

Il mio intervento nell’Aula del Senato sulla commemorazione dell’anniversario della caduta del Muro di Berlino

Signor Presidente,
vorrei ringraziare il vice presidente La Russa per la sua idea di ricordare in quest’Aula una data molto importante per la nostra storia: trent’anni fa cadeva il muro di Berlino, la cui costruzione ha rappresentato una delle pagine più drammatiche della storia contemporanea del Novecento, con la divisione tra i Paesi europei caduti sotto il giogo del Comunismo e dell’Unione Sovietica. La democrazia veniva abbattuta, con la forza delle idee.
Non servirono i carri armati, non servirono manifestazioni di forza: l’unico grande elemento insopprimibile, che riuscì a scalfire quel grandissimo ignobile muro, fu la forza della democrazia. Nel confronto tra il blocco dei Paesi dell’Unione Sovietica e il blocco dei Paesi europei democratici, in quel giorno drammatico, dopo mesi e mesi di logoramento, dopo una vicenda storica che ha segnato il mondo contemporaneo, prevalse la forza della libertà e della democrazia.
Ho visitato Berlino Est negli anni passati, negli anni in cui il muro c’era. Ricordo la mia prima visita nel 1973: avevo 18 anni e partecipavo ad un corso di formazione della Fondazione Adenauer a Berlino Ovest. Con un gruppo di giovani, molti dei quali ho ritrovato poi sui banchi del Parlamento nella Democrazia Cristiana e in altri partiti, entrai in quella sorta di città spettrale che era Berlino Est. Provenendo da Berlino Ovest noi giovani eravamo stupefatti di come il mondo non potesse aver chiara la percezione della differenza che c’era. [Continua a leggere]

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Siria-Turchia: Di Maio porti in Ue problema foreign fighters

postato il 30 Ottobre 2019

Il mio intervento in Aula sulle comunicazioni del ministro degli Esteri Luigi Di Maio sulla Siria.

 

Signor Presidente, la prima domanda che ci dovremmo porre è se siamo soddisfatti della relazione di oggi del Ministro degli esteri o meno. La seconda domanda che ci dovremmo porre con onestà, però, è se, qualora fossimo stati al posto del Ministro degli esteri, saremmo stati in condizione di essere più soddisfacenti di lui o avremmo sostanzialmente ripetuto le cose che lui ha detto questa mattina.
Cari colleghi, sfido chiunque a dire che se fosse stato, questa mattina, al posto del ministro Di Maio, avrebbe dato delle soluzioni che purtroppo non siamo in grado di dare non solo – lo ha detto il senatore Romani – perché siamo in una condizione di semi-irrilevanza rispetto al tema siriano che si sta profilando nel contesto internazionale e mediterraneo, ma perché questa sostanziale irrilevanza oggi ce l’ha l’Europa intera e perché noi, purtroppo, parlando della tragedia dei curdi e di questa sorta di assertività turca che consente a quel Paese di fare quasi quello che vuole in quell’area, purtroppo dobbiamo parlare di noi stessi, dobbiamo guardarci allo specchio. Altro che Di Maio, il Governo, il Presidente della Commissione europea: questo è un processo drammatico che sta vedendo una nuova definizione degli assetti del Mediterraneo che sono scritti contro o in modo del tutto indifferente rispetto ai desiderata europei.

Colleghi, questa è la drammatica realtà e dobbiamo essere onesti. È per questo che francamente, Ministro, le dico che ritengo assai seria l’analisi che lei ha fatto, perché non c’erano alternative, perché purtroppo questa è la realtà che lei ha fotografato. Lei ha espresso una solidarietà verso i curdi che condivido. Sono stato nel Kurdistan iracheno e ho preso parte più volte a visite di delegazioni parlamentari e so bene che la realtà dei curdi siriani è diversa, ma comunque esprimiamo questa solidarietà. Quanta di questa solidarietà, però, si traduce in fattiva operatività? Ben poca, purtroppo, perché abbiamo dei vincoli determinati dalla situazione, nonostante l’Italia in quell’area svolga un ruolo. Non dimentichiamo che, ad esempio, assistiamo oggi all’esplosione del Libano e se il Libano non è già esploso in modo assai più pericoloso di quanto si poteva prevedere in passato, è stato anche per la forza di interposizione militare che l’Italia ha in Libano, con centinaia di soldati, con attrezzature e anche con costi per il nostro Stato.
Lei ha usato un’espressione che a me piace molto, quando ha detto che la stabilizzazione del Mediterraneo è l’interesse nazionale italiano. È così, colleghi, questa è la realtà. La stabilizzazione del Mediterraneo è l’interesse nazionale italiano, purtroppo vediamo quello che capita. L’Algeria è in una condizione drammatica, tra l’altro è una società molto più giovane delle altre e completamente assistita dalle risorse energetiche. C’è la situazione dell’Egitto che certamente è preoccupante, c’è la Libia che è una polveriera e adesso ci sono Libano e Siria con milioni di rifugiati. [Continua a leggere]

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Venezuela: Solidarietà alla famiglia Zambrano, l’applauso del Senato

postato il 26 Giugno 2019

Oggi nella tribuna del Senato erano presenti Sobella Mejias, moglie di Edgar Zambrano, il Vice Presidente dell’Assemblea nazionale del Venezuela, arrestato dai servizi segreti e detenuto illegalmente nelle carceri venezuelane dall’8 maggio scorso.
Con lei, anche le loro figlie, Sue e Soley Zambrano, ed il deputato Jesús Yánez.
In questi 50 giorni di detenzione il Vice Presidente Zambrano ha potuto ricevere soltanto una visita: quella della moglie, per soli 10 minuti.
A questa famiglia che sta soffrendo ho chiesto l’applauso dei colleghi del Senato in segno della solidarietà dell’Italia verso la battaglia dei democratici venezuelani.

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Venezuela: L’Italia riconosca Guaidó presidente

postato il 13 Maggio 2019

Roma dovrebbe riattivare la cooperazione allo sviluppo. E’ ridicolo parlare di elezioni libere: organizzate da chi e gestite da chi? Da Maduro? Serve una transizione.

L’intervista di Daria Gorodisky a Pier Ferdinando Casini pubblicata sul Corriere della Sera

«L’Italia,da Paese serio, riconosca finalmente Juan Guaidó come presidente di transizione del Venezuela, così come hanno fatto gli Stati Uniti e più di 50 nazioni al mondo». Pier Ferdinando Casini senatore ed ex presidente della Camera, non condivide la linea del governo.

Il presidente del Consiglio Giuseppe Conte ha scritto una lettera a Guaidó…
«Per la prima volta in termini ufficiali Conte ha riconosciuto che l’Assemblea nazionale presieduta da Guaidó e legittimata democraticamente,mentre non lo è l’elezione di Nicolas Maduro. E’ un atto di coraggio rispetto alia posizione dei 5 Stelle, ma non basta».

Conte sostiene che così favorisce il dialogo fra le parti.
«E un’ingenuità totale. Si è visto che cosa e successo dopo la conferenza di Palermo sulla Libia: altro che mediazione fra Haftar e Sarraj, invece della pace è scoppiata la guerra. Sul Venezuela sono al lavoro signori come Mike Pompeo e Sergej Lavrov, non dei dilettanti alio sbaraglio». [Continua a leggere]

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