Tutti i post della categoria: Esteri

L’Italia si svegli o la Libia è perduta. E adesso l’Europa ritrovi unità

postato il 30 Dicembre 2019

L’intervista di Marco Ventura pubblicata sul Messaggero
«Spero che i ministri degli esteri europei il 7 gennaio vadano in Libia con le idee chiare e non si limitino a una litania di buone intenzioni. Siamo già fuori tempo massimo. L’Europa e l’Italia si sveglino o la Libia è perduta». Lancia l’allarme Pier Ferdinando Casini, presidente del gruppo italiano dell’Unione interparlamentare: «Una escalation militare a poche centinaia di chilometri dalle coste italiane può avere conseguenze devastanti sul controllo di fenomeni come l’immigrazione clandestina e le potenziali schegge terroristiche che possono partire, come già in passato, dall’Africa del Nord verso l’Europa».
Borrell, Di Maio e gli altri ministri cosa dovrebbero proporre?
«Devono avere un piano chiaro, altrimenti è meglio che restino a casa. Mi auguro però che questa missione sia il segno della volontà unitaria europea di immettere nell’Africa del Nord mezzi finanziari ingenti, allora sì che avrebbe un senso. Perché è vero che bisogna spingere per una soluzione politica e non militare, ma la soluzione politica oggi è nelle mani di Russia e Turchia e c’è il rischio che alla fine tutto si riduca alla spartizione della Libia tra queste due potenze». [Continua a leggere]

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«Venezuela, in Italia i due deputati da sei mesi nella nostra ambasciata»

postato il 1 Dicembre 2019

Sono felici di poter abbracciare i propri cari. Sono grato a chi mi ha consentito di tornare con questi miei colleghi da Caracas

L’intervista di Marco Ventura pubblicata sul Messaggero

Passa anche attraverso Pier Ferdinando Casini e la sua missione di dialogo in Venezuela la riapertura di uno spiraglio di mediazione tra il presidente venezuelano in carica, Nicolás Maduro, e l’autoproclamatosi Juan Guaidó, riconosciuto da 57 paesi eppure inchiodato al suo ruolo di presidente di un Parlamento in scadenza. E il segno del dialogo è un successo che Casini, decollato ieri sera da Caracas per Roma, ha centrato con la sua visita da presidente dell’Unione interparlamentare: portare in Italia due deputati con doppia cittadinanza, venezuelana e italiana, che si erano rifugiati l’8 e 9 maggio nella nostra Ambasciata perché accusati di cospirazione e privati dell’immunità. Gli onorevoli Mariela Magallanes e Americo De Grazia, entrambi del movimento Causa R, sono infatti moglie e figlio di italiani, il secondo ferito nell’assedio all’Assemblea nazionale. «Sono parlamentari che conosco da lunga data e che mi stanno a cuore come mi sta a cuore il Venezuela», spiega Casini lasciando Caracas. «Abbiamo condiviso queste ore nell’Ambasciata e li ho visti in uno stato d’animo altalenante: gli piange il cuore a lasciare il Venezuela, ma sono felici di riabbracciare i propri cari che nel frattempo sono andati in Italia. Ci sono momenti nella vita delle persone che non sono uguali agli altri, come non lo sono stati questi sei mesi per loro». [Continua a leggere]

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Casini libera due italiani. Sono oppositori di Maduro

postato il 1 Dicembre 2019

Missione a Caracas per riportare a Roma i deputati rifugiati in Ambasciata. «Rischiavano il carcere, ho mediato col governo e li ho messi in salvo»

L’intervista di Ettore Colombo pubblicata su QN

Dopo tre giorni di incontri politici ad altissimo livello, con tutti i rappresentanti del governo (il presidente Maduro in testa) e dell’opposizione (dal presidente ad interim Guaidò in giù), oggi Pier Ferdinando Casini, presidente dell’Unione interparlamentare italiana, torna in Italia, dal Venezuela, con un successo personale e politico di indubbio rilievo: riporta in Italia due deputati dell’opposizione a Maduro che rischiavano la galera. Si tratta degli onorevoli Mariela Magallanes e Americo De Grazia, entrambi dalla doppia nazionalità italo-venezuelana, cui era stata revocata l’immunità parlamentare dal Tribunale supremo di giustizia perché accusati di «colpo di Stato», quello di Guaidò. I due deputati si erano rifugiati nella residenza dell’Ambasciatore d’Italia di Caracas a maggio ed è stato permesso loro di partire solo grazie all’intervento di Casini. La Magallanes è sposata con un italiano ed ha tre figli: è stata eletta all’Assemblea nazionale per il Movimento ‘Causa R’ ed ha svolto varie indagini sulle violazioni dei diritti umani. De Grazia è figlio di un italiano e deputato di ‘Causa R’: nel 2017, è stato ferito da un’azione dei ‘Colectivos’ (squadre di picchiatori di Maduro) durante l’assedio al Parlamento. [Continua a leggere]

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Muro di Berlino: quando prevalse la forza della libertà e della democrazia

postato il 7 Novembre 2019

Il mio intervento nell’Aula del Senato sulla commemorazione dell’anniversario della caduta del Muro di Berlino

Signor Presidente,
vorrei ringraziare il vice presidente La Russa per la sua idea di ricordare in quest’Aula una data molto importante per la nostra storia: trent’anni fa cadeva il muro di Berlino, la cui costruzione ha rappresentato una delle pagine più drammatiche della storia contemporanea del Novecento, con la divisione tra i Paesi europei caduti sotto il giogo del Comunismo e dell’Unione Sovietica. La democrazia veniva abbattuta, con la forza delle idee.
Non servirono i carri armati, non servirono manifestazioni di forza: l’unico grande elemento insopprimibile, che riuscì a scalfire quel grandissimo ignobile muro, fu la forza della democrazia. Nel confronto tra il blocco dei Paesi dell’Unione Sovietica e il blocco dei Paesi europei democratici, in quel giorno drammatico, dopo mesi e mesi di logoramento, dopo una vicenda storica che ha segnato il mondo contemporaneo, prevalse la forza della libertà e della democrazia.
Ho visitato Berlino Est negli anni passati, negli anni in cui il muro c’era. Ricordo la mia prima visita nel 1973: avevo 18 anni e partecipavo ad un corso di formazione della Fondazione Adenauer a Berlino Ovest. Con un gruppo di giovani, molti dei quali ho ritrovato poi sui banchi del Parlamento nella Democrazia Cristiana e in altri partiti, entrai in quella sorta di città spettrale che era Berlino Est. Provenendo da Berlino Ovest noi giovani eravamo stupefatti di come il mondo non potesse aver chiara la percezione della differenza che c’era. [Continua a leggere]

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Siria-Turchia: Di Maio porti in Ue problema foreign fighters

postato il 30 Ottobre 2019

Il mio intervento in Aula sulle comunicazioni del ministro degli Esteri Luigi Di Maio sulla Siria.

 

Signor Presidente, la prima domanda che ci dovremmo porre è se siamo soddisfatti della relazione di oggi del Ministro degli esteri o meno. La seconda domanda che ci dovremmo porre con onestà, però, è se, qualora fossimo stati al posto del Ministro degli esteri, saremmo stati in condizione di essere più soddisfacenti di lui o avremmo sostanzialmente ripetuto le cose che lui ha detto questa mattina.
Cari colleghi, sfido chiunque a dire che se fosse stato, questa mattina, al posto del ministro Di Maio, avrebbe dato delle soluzioni che purtroppo non siamo in grado di dare non solo – lo ha detto il senatore Romani – perché siamo in una condizione di semi-irrilevanza rispetto al tema siriano che si sta profilando nel contesto internazionale e mediterraneo, ma perché questa sostanziale irrilevanza oggi ce l’ha l’Europa intera e perché noi, purtroppo, parlando della tragedia dei curdi e di questa sorta di assertività turca che consente a quel Paese di fare quasi quello che vuole in quell’area, purtroppo dobbiamo parlare di noi stessi, dobbiamo guardarci allo specchio. Altro che Di Maio, il Governo, il Presidente della Commissione europea: questo è un processo drammatico che sta vedendo una nuova definizione degli assetti del Mediterraneo che sono scritti contro o in modo del tutto indifferente rispetto ai desiderata europei.

Colleghi, questa è la drammatica realtà e dobbiamo essere onesti. È per questo che francamente, Ministro, le dico che ritengo assai seria l’analisi che lei ha fatto, perché non c’erano alternative, perché purtroppo questa è la realtà che lei ha fotografato. Lei ha espresso una solidarietà verso i curdi che condivido. Sono stato nel Kurdistan iracheno e ho preso parte più volte a visite di delegazioni parlamentari e so bene che la realtà dei curdi siriani è diversa, ma comunque esprimiamo questa solidarietà. Quanta di questa solidarietà, però, si traduce in fattiva operatività? Ben poca, purtroppo, perché abbiamo dei vincoli determinati dalla situazione, nonostante l’Italia in quell’area svolga un ruolo. Non dimentichiamo che, ad esempio, assistiamo oggi all’esplosione del Libano e se il Libano non è già esploso in modo assai più pericoloso di quanto si poteva prevedere in passato, è stato anche per la forza di interposizione militare che l’Italia ha in Libano, con centinaia di soldati, con attrezzature e anche con costi per il nostro Stato.
Lei ha usato un’espressione che a me piace molto, quando ha detto che la stabilizzazione del Mediterraneo è l’interesse nazionale italiano. È così, colleghi, questa è la realtà. La stabilizzazione del Mediterraneo è l’interesse nazionale italiano, purtroppo vediamo quello che capita. L’Algeria è in una condizione drammatica, tra l’altro è una società molto più giovane delle altre e completamente assistita dalle risorse energetiche. C’è la situazione dell’Egitto che certamente è preoccupante, c’è la Libia che è una polveriera e adesso ci sono Libano e Siria con milioni di rifugiati. [Continua a leggere]

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Venezuela: Solidarietà alla famiglia Zambrano, l’applauso del Senato

postato il 26 Giugno 2019

Oggi nella tribuna del Senato erano presenti Sobella Mejias, moglie di Edgar Zambrano, il Vice Presidente dell’Assemblea nazionale del Venezuela, arrestato dai servizi segreti e detenuto illegalmente nelle carceri venezuelane dall’8 maggio scorso.
Con lei, anche le loro figlie, Sue e Soley Zambrano, ed il deputato Jesús Yánez.
In questi 50 giorni di detenzione il Vice Presidente Zambrano ha potuto ricevere soltanto una visita: quella della moglie, per soli 10 minuti.
A questa famiglia che sta soffrendo ho chiesto l’applauso dei colleghi del Senato in segno della solidarietà dell’Italia verso la battaglia dei democratici venezuelani.

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Venezuela: L’Italia riconosca Guaidó presidente

postato il 13 Maggio 2019

Roma dovrebbe riattivare la cooperazione allo sviluppo. E’ ridicolo parlare di elezioni libere: organizzate da chi e gestite da chi? Da Maduro? Serve una transizione.

L’intervista di Daria Gorodisky a Pier Ferdinando Casini pubblicata sul Corriere della Sera

«L’Italia,da Paese serio, riconosca finalmente Juan Guaidó come presidente di transizione del Venezuela, così come hanno fatto gli Stati Uniti e più di 50 nazioni al mondo». Pier Ferdinando Casini senatore ed ex presidente della Camera, non condivide la linea del governo.

Il presidente del Consiglio Giuseppe Conte ha scritto una lettera a Guaidó…
«Per la prima volta in termini ufficiali Conte ha riconosciuto che l’Assemblea nazionale presieduta da Guaidó e legittimata democraticamente,mentre non lo è l’elezione di Nicolas Maduro. E’ un atto di coraggio rispetto alia posizione dei 5 Stelle, ma non basta».

Conte sostiene che così favorisce il dialogo fra le parti.
«E un’ingenuità totale. Si è visto che cosa e successo dopo la conferenza di Palermo sulla Libia: altro che mediazione fra Haftar e Sarraj, invece della pace è scoppiata la guerra. Sul Venezuela sono al lavoro signori come Mike Pompeo e Sergej Lavrov, non dei dilettanti alio sbaraglio». [Continua a leggere]

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Vi spiego i danni del populismo su politica estera e banche

postato il 11 Aprile 2019

“Abbiamo un governo di dilettanti allo sbaraglio”. E sulla commissione d’inchiesta: “E’ l’antimafia bancaria”

Il colloquio con David Allegranti pubblicato su Il Foglio

Pier Ferdinando Casini è sufficientemente esperto per passare con dimestichezza, nel corso di una conversazione, dalla politica estera agli affari interni senza perdere il passo. Intanto partiamo dalla politica estera del governo gialloverde, vero tallone d’Achille insieme all’economia, con una premessa: “La politica estera oggi non è più come prima, un comparto esterno, una proiezione disarticolata rispetto a quel che accade all’interno di un paese. Politica estera e politica interna sono la stessa cosa. Il mondo è più complesso e meno rassicurante rispetto a 20 anni fa. Fino agli anni Novanta c’era un sistema che andava in automatico, con la caduta del Muro di Berlino siamo entrati in una fase complessa. Oggi abbiamo da un lato un gigante dai piedi d’argilla come la Russia, che in termini militari cerca di governare il vuoto nel Mediterraneo lasciato dagli Stati Uniti (anche per la loro mutata condizione energetica) e recupera una sua imperialità che aveva perso da Eltsin in poi. Dall’altro c’è la sfida cinese, la principale”.
I cinesi, con la loro “one belt one road”,sottolinea Casini, “stanno lanciando un’Opa amichevole sul mondo. Sono tornati con una base militare in Africa, a Gibuti, come non facevano da tempo. Hanno messo le fiches su alcuni paesi deboli, europei, come la Grecia, vedi l’acquisizione del porto del Pireo. Oggi in Africa e in Europa hanno un peso crescente”. Il mondo è diventato più complesso, insomma, per molte ragioni. Ecco, in questo contesto “noi abbiamo un’amministrazione politica di dilettanti alio sbaraglio. Dopo i primi mesi sono diventati un po’ più riflessivi, ma all’ inizio sono stati disarmanti nel loro pressappochismo”. Per dire, “nel finale della scorsa legislatura qualcuno dei 5 stelle propose Maduro come mediatore in Libia. Ed è di poche settimane fa la conferenza di Palermo, un’esibizione imbarazzante di velleitarismo”.
L’elenco delle fragilità italiane è dunque lungo e tutto questo “fa sì che gli americani siano profondamente irritati con la nostra amministrazione. Siamo l’unico Paese occidentale che sul Venezuela si è schierato dalla parte della Russia e della Cina. Non meravigliamoci poi se li rivediamo reimbarcarsi in Libia e dire goodbye”. Anche in Europa non andiamo granché, dice Casini, perché “siamo totalmente irrilevanti. Abbiamo polemizzato con tutti, dimostrandoci inaffidabili. Francia e Germania, nel frattempo, vanno avanti da sole e se c’è da portare qualcuno al tavolo vedrete che il convitato sarà la Spagna, non l’Italia. Ci siamo dimostrati ridicoli nel corso della trattativa sulla legge di Stabilità. Siamo partiti lancia in resta salvo poi piagnucolare nelle anticamere di Juncker”. [Continua a leggere]

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«Va bene aderire alla Nuova via della seta però bisogna muoversi in ambito europeo»

postato il 13 Marzo 2019

Ha ragione Prodi a chiederci di esporre la bandiera europea il 21 marzo

L’intervista di Marco Ventura pubblicata sul Messaggero

Va bene fare affari con i cinesi e aderire alla Via della Seta, ma non senza l’accordo di Europa e Stati Uniti. Ne è convinto Pier Ferdinando Casini, presidente dell’Unione interparlamentare, per il quale «prima siamo andati alla guerra con l’Europa sulla legge di bilancio, salvo poi cercare intese; dopo abbiamo insultato i francesi, andando però a Canossa per negoziare una soluzione sulla Tav; adesso siamo l’unico Paese in Europa che non ha riconosciuto Guaidò in Venezuela, e l’unico che firma un protocollo sulla One belt one road’ con la Cina. Ci viene detto che questo non cambia la collocazione atlantica dell’Italia L’importante è capire che nella politica internazionale a ogni azione corrisponde una reazione».

E quale sarebbe?
«Non meravigliamoci se qualche nostra grande azienda non chiuderà qualche contratto con gli americani. Grandi gruppi come Leonardo e Eni, in un sistema consolidato di alleanze, hanno ogni giorno concertazioni o affari con gli Usa. Questo salto in avanti dell’Italia sulla Via della Seta è un vorrei ma non posso’ rispetto a tedeschi e francesi, che i loro interessi commerciali li fanno tranquillamente, con i cinesi, senza compromettersi in una firma così impegnativa. Alla fine scontenteremo pure i cinesi, perché adesso si cerca di ridimensionare il tutto».

Siamo in grave ritardo su tedeschi e francesi con la Cina, e dovremmo frenare?
«Noi dovremmo essere al fianco di Francia e Germania per l’Europa, che è l’unica costruzione in grado di garantire i nostri interessi nel mondo. Se procediamo in ordine sparso diventiamo irrilevanti. Ha ragione Prodi a chiederci di esporre la bandiera europea il 21 marzo. Ma il Parlamento, oltre alla bandiera, deve mettere la politica. E prima di qualsiasi firma, il ministro degli Esteri deve venirci a spiegare in Parlamento che cosa si sta per firmare».

Francia e Germania gli affari con la Cina li fanno da quel dì
«Per recuperare il tempo perduto si lavori nel concreto dell’economia e dei rapporti bilaterali, senza sottoscrivere questa Opa amichevole’ della Cina sul mondo, fuori dal contesto europeo». [Continua a leggere]

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Venezuela: Siamo con Guaidò e chiediamo al Governo di riconoscerlo

postato il 12 Febbraio 2019

Il mio intervento nell’Aula del Senato a seguito delle comunicazioni del Ministro degli esteri sulla situazione in Venezuela


Il Ministro Moavero ha posto quattro punti all’attenzione del Parlamento: emergenza umanitaria; condanna delle violenze; elezioni presidenziali; garanzie per i nostri connazionali. C’è innanzitutto il tema dell’emergenza umanitaria (forniture essenziali, assistenza ai profughi e tutto il resto). Siamo d’accordo, Ministro, ma questo non è un tema nuovo, l’emergenza c’è da mesi. In effetti, come potrebbe infatti considerarsi diversamente il fatto che in un Paese tre, quattro milioni di profughi sono costretti a scappare a piedi? Come dovremmo definire la situazione che ha portato il 90% dei bambini a non andare a scuola e a frugare nella spazzatura? Ministro, lei ha ragione: c’è un’emergenza umanitaria, ma non si tratta di nulla di nuovo rispetto alla situazione di cui un anno e mezzo fa, già nella scorsa legislatura, il Parlamento aveva parlato. Non c’è dunque niente di nuovo in quello che sta capitando oggi. C’è solo il fatto che il mondo ha aperto gli occhi, tutto il mondo salvo noi, che siamo il Paese che ha fornito tradizionalmente al Venezuela il maggior numero di connazionali.

Il secondo punto riguarda la condanna alla violenza e alla repressione dei diritti umani. Ministro, ma lei non può fare la parte di Alice nel paese delle meraviglie. Noi abbiamo avuto centinaia di prigionieri politici, ma quando la Chiesa ha fatto la mediazione poi se ne è ritirata, perché il primo punto che ha posto è stato quello dell’afflusso del materiale per i diseredati venezuelani e per i profughi, perché ha chiesto la liberazione dei prigionieri politici e un processo elettorale credibile. È stato risposto di no su tutta la linea da Maduro e, addirittura, la Chiesa si è ritirata dalla mediazione.
Oggi parliamo di condanna della violenza e della repressione, ma non si può fare un discorso così generico. La condanna della violenza e della repressione ha un nome e cognome: la condanna del regime di Maduro che è fortemente connesso al narcotraffico, che oggi ha spostato le sue rotte tradizionali. Dalla Colombia oggi passa tutto dal Venezuela. Il traffico internazionale della droga passa da lì! Apriamo gli occhi, se non altro per contrastarlo meglio!

Andiamo oltre. Voglio dirlo ai colleghi del MoVimento 5 Stelle: so che è una loro posizione tradizionale ma, dato che essi dicono che in questa vicenda non si accettano le interferenze estere, io dico loro quanto segue. L’interferenza estera più grande che c’è in Venezuela è l’esercito venezuelano controllato dagli osservatori cubani. Infatti, cubani in permanenza ai vertici dell’esercito oggi rappresentano la garanzia che l’esercito non molli Maduro, perché i gradi medi e bassi dell’esercito già si sono rifiutati di sparare sulla popolazione.
Vorrei farvi notare una cosa: per la prima volta, nell’ultima manifestazione, non vi sono stati morti. E perché questo è capitato oggi e non è capitato nelle manifestazioni degli anni scorsi e dei mesi scorsi? Perché l’esercito ha paura; perché comincia ad avere paura di continuare a perpetrare gli omicidi di massa che ha perpetrato in questi anni; perché c’è un controllo degli osservatori internazionali; perché si sono accesi i fari.
Quando, qualche mese, fa c’è stato l’insediamento di Maduro, nessun ambasciatore europeo vi è andato, neanche quello italiano. L’Italia non si dissociò allora da questa posizione internazionale, che ci viene presentata come se fosse qualcosa di nuovo, mentre è qualcosa di acclarato e anche di sottoscritto dall’Italia.
Lei Ministro dice che l’Assemblea parlamentare è legittimata. Grazie, lo sappiamo anche noi. È l’unico organismo legittimato, ma ci siamo dimenticati di dire che parte dei suoi membri sono stati incarcerati, che i deputati venezuelani non ricevono gli stipendi, che hanno chiuso la possibilità di accesso al Parlamento e che la Corte costituzionale nelle mani di Maduro ne ha dichiarato l’illegittimità. Per cui, anche qui noi scopriamo l’acqua calda sempre in ritardo.

Infine, vi è l’aspetto più grottesco, signor Ministro: garanzie per i nostri connazionali e operatività delle aziende italiane. Scusate, ma andate a chiedere ad Astaldi, andate a chiedere a Ghella, andate a chiedere a Salini, andate a chiedere agli operatori italiani. Alcune di queste aziende italiane sono in crisi, come leggiamo su tutti i giornali, perché devono ricevere tra i 300 e i 400 milioni di crediti dal Venezuela. Noi oggi parliamo di garanzie per le aziende italiane, ma queste garanzie noi ce le siamo sognate negli ultimi dieci anni e oggi, qui, non so cosa si possa fare. Oggi, forse, Maduro, anche se volesse, non potrebbe pagare le aziende italiane.
Oggi parliamo di un fatto concernete l’Italia, e lo dico mandando un abbraccio ideale a coloro che ci ascoltano in questo momento, che sono i nostri connazionali in Venezuela, che trepidano e si vergognano poi la posizione italiana, quando invece vorrebbero che l’Italia fosse in prima fila.
Stiamo parlando del fatto che siamo l’unico Paese europeo significativo ad assumere questa posizione Sembra che addirittura l’Italia abbia messo il veto sul riconoscimento di Guaidó da parte dell’Unione europea.
La festa è finita. Questo dibattito è chiaro. Una serie di cose, acclarate e risapute, ci sono state presentate come se si fossero prodotte per incidenti della storia e non per la volontà di un regime che oggi è narcotrafficante. Aspettiamo di vedere che cosa succede, auspicando che non accada niente di grave, che non ci siano morti e si possa arrivare con un cordone umanitario. Ma quale cordone umanitario, ministro Moavero, quando Maduro ha già chiuso le strade di accesso? Il cordone umanitario non può arrivare dal cielo.
Con questo regime non ci possono essere il dialogo (perché sarebbe un’ipocrisia e una finzione), né l’aiuto umanitario (che può essere ricevuto solo a danno del Governo). Il Governo non accetterà mai che l’aiuto umanitario arrivi. Noi ci laviamo allora la coscienza, dicendo che auspichiamo che tutte queste brutte cose non accadano. Purtroppo, invece, stanno capitando.

Mi sarei augurato che il Governo italiano non facesse un’equazione tra la dittatura e la democrazia, come quando, negli anni Settanta, durante la lotta tra lo Stato e le Brigate rosse, si diceva: «Né con lo Stato, né con le Brigate rosse». Allora grandi forze popolari rifiutarono quest’equazione, che oggi rifacciamo per il Venezuela: noi non siamo né con Maduro, né con Guaidó.
Onorevole Ministro, noi siamo con Guaidó e chiediamo alla maggioranza e al Governo di riconoscerlo. Siamo con il Parlamento venezuelano, a cui idealmente ci congiungiamo in un abbraccio leale. Domani audiremo il Presidente della Commissione esteri dell’Assemblea nazionale del Venezuela. Questi sono donne e uomini coraggiosi, che stanno combattendo per dei principi che ormai sembrano da noi dimenticati: libertà e democrazia. Viva il Venezuela!

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