Tutti i post della categoria: Economia

A Chianciano si ragiona di economia e di futuro.

postato il 10 Settembre 2011

“Riceviamo e pubblichiamo” di Giuseppe Portonera

Si è appena conclusa la tavola rotonda “L’Agenda per la Crescita”, incontro clou della giornata di oggi. Sul palco della nostra convention si sono confrontati – in una giornata nera per l’economia mondiale, con lo spread italiano arrivato a oltre quota 350 e con le dimissioni del commissario tedesco nel board BCE, Stark – ospiti d’eccezione, quali Emma Marcegaglia, Presidente di Confindustria, Raffaele Bonanni, segretario generale della CISL, Corrado Passera, Chief Executive Officer di Intesa Sanpaolo, Alberto Orioli, vicedirettore del Sole 24 Ore, e il nostro Savino Pezzotta, Presidente della Costituente di Centro. Si è ragionato di economia e di prospettive future, partendo dalle difficoltà della crisi che stiamo vivendo in questi mesi, in modo concreto e stimolante: in un periodo in cui il nostro Paese è sempre più teatro di lotte intestine, di incomprensioni, di scelte di campo eternamente divergenti (del resto, ieri Pisanu si è chiesto, sconsolato: “che razza di Paese siamo diventati? Non riusciamo più ad unirci nemmeno in questi casi!”), vedere i rappresentanti dell’Industria, delle Banche e dei Sindacati trovare un punto di interlocuzione comune e sviluppare una discussione comune, non è sicuramente un fatto da sottovalutare. E che ciò sia avvenuto proprio sul palco della nostra convention, altro non è che la riprova che i nostri appelli alle “responsabilità nazionale” e agli “sforzi comuni” non sono solo parole al vento: sono, piuttosto, il presupposto per poter cercare delle soluzioni coraggiose e strutturali ai nostri problemi. Perché, come ha ben detto Pezzotta, non si può pensare di trovare riparo in scorciatoie ed escamotage “tecnici”: la risposta deve venire dalla politica, ma da una politica che sappia – finalmente – diventare “responsabile” e, quindi, “istituzionale”.

In questi mesi, si è lungamente ragionato sui “limiti” della politica, che a detta di molti avrebbero rappresentato uno delle cause principali dell’esplosione dello strapotere dei mercati. Noi, da parte nostra, più che di “limiti” della politica, abbiamo sempre preferito parlare di “assenza di coraggio”, di incapacità di dettare la linea ai mercati, anziché farsela da loro dettare; ecco, perché i veri “limiti” della politica sono ben altri e ben più semplici (forse): sostanzialmente, ha ribadito Pezzotta, l’errore fondamentale sta nel fatto che i politici italiani hanno smarrito una visione di insieme e di futuro, dimenticando che la loro grande missione sta proprio in questo, nella capacità di saper interpretare i tempi e di guardare al momento di “crisi” non come una fase depressiva da domare, ma come un’occasione per fare quelle riforme strutturali ormai improrogabili per il nostro “sistema Paese”: “dobbiamo smetterla – ha tuonato il Presidente della Costituente – di scaricare le nostre colpe sui mercati. Il vero problema non è speculazione, ma  la cronica insufficienza del Governo!”. Sulla stessa linea d’onda anche gli altri intervenuti: la Marcegaglia, infatti, molto applaudita e gradita dalla nostra platea, ha impostato il suo discorso sulla necessità di un rilancio della crescita economica, da conseguire attraverso l’adozione di diversi provvedimenti in grado di contemperare le richieste di tutte le categorie sociali (per cui, sì anche alla patrimoniale, se questo volesse dire sgravi fiscali, liberalizzazioni e privatizzazioni): e, stuzzicata da una domanda del moderatore Orioli, non ha avuto problemi nel dire che se questo Governo dovesse continuare a percorrere, come ha fatto finora, la strada dell’indecisionismo,  un cambio di guida diventerà indispensabile e irrinunciabile (meraviglioso il passaggio: “noi, per salvare 158 mila pensionati 58enni padani, stiamo pagando un prezzo altissimo: è inaccettabile”). Ancora più esplicito e diretto è stato poi Corrado Passera, che ha battuto insistentemente su un punto fisso: l’Italia ha tutte le carte in regola per uscire dalla crisi da sola, non c’è bisogno di restare aggrappati all’ancora di salvataggio lanciataci dalla BCE e dalla UE. Per riuscirci, basta fare un ragionamento serio sulle priorità e sulle urgenze da risolvere, a partire dalla lotta all’evasione, che dovrebbe essere perseguita senza sconti e indulgenze per nessuno: è inaccettabile che, esclusi i dipendenti, siano pochissimi gli Italiani a dichiarare più di 100 mila euro l’anno. Interessante anche l’intervento di Raffaele Bonanni, che – pur sicuramente in una prospettiva diversa, ma non per questo antitetica da quella della Marcegaglia e di Passera – ha fatto leva sulla necessità di “modernizzare” l’Italia, facendo un esempio più che calzante: com’è pensabile che in Val di Susa, la Tav, un’opera che è già pronta da 4 anni in Francia e che ci chiede l’Europa, sia bloccata da un gruppo di facinorosi ed estremisti? Dov’è il decisionismo, la forza, l’autorità di chi governa? Magistrale a tal punto proprio l’intervento finale del presidente Marcegaglia che ha concluso la tavola rotonda: il compito che le forze responsabili del nostro Paese, in testa ovviamente l’Udc, deve essere quello di dare voce alla “maggioranza silenziosa” italiana che, al contrario di una “minoranza silenziosa”, si rifiuta di cedere al richiamo della demagogia e continua a sognare un Paese moderno. E, tutto sommato, normale.

 

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Tobin tax o Eurobond?

postato il 9 Settembre 2011

“Riceviamo e pubblichiamo” di Mario Pezzati

Nei giorni scorsi si è dibattuto su Tobin Tax e su Eurobond come di due strumenti alternativi per cercare di sostenere l’Europa in questa crisi e anche oggi i ministri di Germani e Francia hanno nuovamente chiesto di introdurre questa tassa.

Personalmente sono contrario alla Tobin Tax e a favore degli Eurobond, perché la prima avrebbe un effetto depressivo per i mercati, mentre con i secondi si potrebbero reperire facilmente risorse da destinare agli investimenti in infrastrutture e per la crescita.

Ma effettivamente cosa sono?

La Tobin Tax prende il nome dal suo ideatore, l’economista James Tobin, e si configurava, al momento della sua ideazione, come una tassa da fare pagare agli operatori finanziari per ogni transazione sui mercati valutari, con lo scopo di rendere poco appetibili le speculazioni di brevissimo periodo che lucravano sui piccoli scarti tra una valuta e l’altra.

L’idea è piuttosto semplice: ad ogni cambio da una valuta ad un’altra, si preleverebbe una piccola tassa, di circa  mezzo punto percentuale del montante. In questa maniera, si scoraggerebbero gli speculatori, perché molti investitori piazzano a brevissimo termine i loro soldi nelle valute. Se questi soldi vengono improvvisamente prelevati, i paesi devono alzare drasticamente i tassi di interesse in modo da mantenere attraente la valuta. Tuttavia, alti interessi sono spesso disastrosi per l’economia locale.

I ricavi della tassa per Tobin erano solamente un sottoprodotto , come da lui affermato durante la sua ultima intervista rilasciata a Der Spiegel. Inoltre facendo diminuire gli scambi, diminuiscono anche gli introiti di questa tassa.

Sbaglia quindi chi pensa di potere avere introiti consistenti su questa tassa, soprattutto perché se non viene applicata a livello mondiale, i danni sono maggiori dei benefici, come dimostrato dall’esperienza svedese che aveva messo la Tobin Tax, ma ha dovuto toglierla perché i ricavati erano infinitesimali e quasi tutti gli scambi si erano spostati dalla borsa valori svedese a quella londinese, producendo una grande depressione per i mercati finanziari svedesi.

E’ logico pensare che, se si applicasse la Tobin Tax solo nell’Europa continentale, gli scambi si sposterebbero in mercati privi di questa tassa, e quindi il suo effetto sarebbe nullo come introiti, e anzi produrrebbe una grave crisi per gli operatori dei mercati finanziari, proprio per questo moltissime nazioni europee sono contrarie all’idea di imporre la Tobin Tax.

Discorso diverso per gli Eurobond, che sono delle obbligazioni emesse da tutta l’Europa e quindi godrebbero di un buon rating e di tassi di interesse abbastanza bassi, in quanto sarebbero garantiti da tutti i paesi europei (fenomeno detto risk pooling: ossia la trasformazione di rischi individuali in frazioni di rischio collettivo ).

I fondi ottenuti dagli Eurobond potrebbero poi essere usati, non solo per gli interventi della BCE e per gli Stati in crisi come la Grecia, ma soprattutto per finanziare investimenti in infrastrutture e il rilancio produttivo dell’Europa, stimolando la crescita e con effetti espansivi sui mercati.

Questo genererebbe un aumento del PIL europeo e quindi un aumento della ricchezza prodotta e del numero dei lavoratori occupati, diventando quindi uno strumento utile per il contrasto alla crisi attuale.

E’ chiaro che bisognerebbe strutturare bene gli Eurobond, soprattutto perché esistono varie tipologie: Stability Bond (Sb), UnionBond (Ub) e EuroBond (Eb) propriamente detti. Poi alcuni parlano anche di EuroUnionBond (Eub).

Gli UnionBond (Ub) furono proposti dal presidente della Commissione europea Jacques Delors nel “Libro bianco Crescita, competitività, occupazione” del 1993 e dovevano essere garantiti dal bilancio della Comunità europea per finanziare investimenti in grandi infrastrutture transeuropee i cui ricavi sarebbero andati ai promotori dei progetti medesimi (enti del settore pubblico e ditte private) onerati dagli interessi e dal rimborso degli Ub. Barroso e la Commissione Europea nel 2010 hanno sostenuto una variante degli Ub, ovvero i “projectbond” (Pb), per realizzare singole infrastrutture europee con finanziamenti nel partenariato pubblico-privato. I Pb andrebbero emessi da privati ma garantiti dal bilancio comunitario e dalla Bei. Ne esistono già alcuni varati dalla Bei e dal “Fondo Marguerite” operativo del 2008 con “core sponsors” costituiti dalle Casse depositi e prestiti (o forme affini) di Francia, Germania, Italia, Polonia, Spagna e dalla Bei. Si tratta di partecipazioni minoritarie in nuovi progetti di infrastrutture europee per trasporti, energia ed energie rinnovabili.

Gli EuroBond propriamente detti sono stati presentati come mezzo per ristrutturare i debiti pubblici nazionali degli Stati membri della UE e addirittura furono proposti nel 2010 da due ministri dell’economia: Jean-Claude Juncker (presidente dell’eurogruppo) e Giulio Tremonti.

Il vantaggio più grande degli Eurobond è che i titoli di Stato dei Paesi membri dell’euro rimangono attaccati e attaccabili, proprio perché il singolo stato ha un peso limitato sui mercati mondiali; cosa ben diversa sarebbero invece delle obbligazioni garantite da un intero continente.

Ovviamente i soldi ottenuti dagli Eurobond non dovrebbero servire a colmare i disavanzi dei vari paesi (come erroneamente ritengono molti), ma a finanziare la crescita e l’occupazione tramite investimenti produttivi, con il risultato che queste obbligazioni si ripagherebbero poi con gli introiti generati dagli investimenti.

 

 

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«Siamo sull’orlo del baratro, serve uno sforzo nazionale»

postato il 7 Settembre 2011

Pubblichiamo da ‘Il Messaggero’ l’intervista a Pier Ferdinando Casini
di Carlo Fusi

Da un lato la Cgil che sfila in piazza per lo sciopero generale proclamato in solitudine; dall’altro il governo che cambia per l’ennesima volta la manovra e ci mette sopra la fiducia. In mezzo la bufera economica che ancora una volta pone l’Italia nel mirino. Panorama drammatico e sconfortante.
Onorevole Casini parliamoci chiaro: siamo alla frutta?
«L’Italia è spaccata e purtroppo chi semina vento raccoglie tempesta. Per troppi anni si è sparso populismo, demagogia, irrazionalità. E oggi tutto questo finisce per andare contro Berlusconi e la sua maggioranza. Io sono molto preoccupato perché temo che rischiamo di passare dalla padella alla brace. Cioè da una coalizione incapace, pasticciona e confusa che non ha combinato niente, ad un populismo di piazza che ripropone le vecchie parole d’ordine e a cui la sinistra riformista non riesce più a parlare con il linguaggio della verità. Sono convinto che bisogna parlare chiaro per dire che, in una fase drammatica del mondo, il Paese continua a vivere al di sopra delle proprie possibilità. E’ per questo che oggi tutti dobbiamo fare sacrifici. Quando si dicono queste cose, la reazione di solito è: ma i sacrifici li devono fare i ricchi, li deve fare la politica, noi non ce la facciamo ad arrivare a fine mese. La risposta è: purtroppo tutti, al loro livello e proporzionalmente, vivono al di sopra delle possibilità del nostro Paese. O tutti ci rendiamo conto di questo e la politica dei sacrifici investe i grandi patrimoni ma anche l’orario di lavoro ela flessibilità in fabbrica, tiene insomma conto della necessità di un diverso comportamento degli italiani tutti, oppure non ci salveremo. Non si salverà nessuno». [Continua a leggere]

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La manovra e i mercati finanziari: una crisi di fiducia contagiosa

postato il 6 Settembre 2011

“Riceviamo e pubblichiamo” di Mario Pezzati

In questi giorni gli argomenti principe sui telegiornali sono essenzialmente due: la manovra finanziaria, e l’andamento dei mercati finanziari. Più volte abbiamo criticato questa manovra finanziaria e al contempo abbiamo ascritto la crisi attuale dei mercati finanziari ad una crisi di fiducia alla luce di un rallentamento dell’economia e posso affermare, senza tema di smentita, che i due fenomeni sono correlati.

Intendiamoci, è chiaro che anche altre economie stanno subendo un rallentamento, come la Germania e la Francia che hanno visto il loro PIL restare fermo nel secondo trimestre, o gli USA che non vedono miglioramenti sensibili nell’andamento della disoccupazione, ma in questi giorni il vero problema è l’Italia e le indecisioni che stanno accompagnando la manovra finanziaria.

Stiamo assistendo ad un balletto indecoroso, in cui ogni giorno la manovra finanziaria subisce una radicale revisione, segno di uno smarrimento di questo governo. Dobbiamo dirlo chiaramente, senza alcun timore.

Il governo cambia ogni giorno la manovra non solo perché non ha idee, ma perché ha sempre governato guardando ai sondaggi e sperando nei “miracoli”, senza sapere che in politica ed economia non esistono miracoli, ma solo il duro lavoro e il coraggio anche di prendere scelte difficili per il bene del Paese. E quando parliamo di “Paese”, ci riferiamo a tutti gli italiani e non solo ad una parte dell’elettorato: noi guardiamo a tutti e non solo agli agricoltori che sforano le quote latte come la Lega, o a coloro che hanno bisogno di un condono fiscale.

Questa indecisione sulla manovra finanziaria si sta traducendo in una crisi di fiducia non solo verso l’Italia, ma anche verso l’Europa, perché una manovra debole potrebbe costringere l’Italia ad una fine analoga a quella della Grecia e in quel caso, visto il peso dell’Italia nell’ambito della UE (contribuiamo per il 16% al PIL europeo e siamo la terza nazione dopo Francia e Germania per economia), difficilmente l’UE potrebbe salvarsi, perché causerebbe un effetto domino: Francia, Germania e Italia hanno interessi comuni e reciproci fortissimi, venendo a mancare un attore, viene a crollare tutto.

Purtroppo sembra che il governo non si renda conto di questo e intanto lo spread tra BTP e Bund tedeschi è salito a 370, mentre l’oro, bene rifugio per eccellenza, va alle stelle. All’estero hanno così poca fiducia in questo governo, che anche i titoli di stato spagnoli sono valutati più dei nostri, nonostante la Spagna abbia una disoccupazione al 20%, ben più alta di quella italiana.

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La manovra va approvata il prima possibile

postato il 5 Settembre 2011

Governo irresponsabile, opposizione sia seria

Il governo dimostra di essere irresponsabile e allora noi dell’opposizione, davanti le irresponsabilita’ altrui, dobbiamo, essere ancora più responsabili, più costruttivi e seri. Lavoreremo per cambiare la manovra, ma va approvata subito perché ogni giorno che passa le cose possono peggiorare. Spero che capiscano che c’è un Paese che sta andando a rotoli, ma non so se è ancora possibile fargli aprire gli occhi.

Pier Ferdinando

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Le misure della manovra sono confuse e pasticciate

postato il 4 Settembre 2011

La manovra è confusa e pasticciata, ed è già stata cambiata diverse volte. Stiamo scherzando con il fuoco, nessuno può assumersi la responsabilità di far naufragare l’Italia. C’e’ bisogno di senso di responsabilità da parte di tutti, anche di chi sta all’opposizione. Voteremo no, ma non c’e’ spazio ne’ per l’ostruzionismo ne’ per il tanto peggio ne’ per il tanto meglio.

Pier Ferdinando

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Il testo della manovra è pasticciato ma noi siamo responsabili

postato il 2 Settembre 2011

Siamo sull’ orlo del baratro, cerchiamo di non finirci dentro

Noi abbiamo un giudizio pessimo su questa manovra, non la condividiamo, ma abbiamo anche un dovere chiaro e limpido che è quello della responsabilità.
Questo è un momento difficile per il Paese e nessuno può permettersi di ballare quando il Titanic rischia di affondare. Un atteggiamento ostruzionistico ora sarebbe da irresponsabili.
Cercheremo quindi di collaborare per evitare al Paese guai peggiori: siamo nel baratro, sull’orlo, cerchiamo di non finirci dentro. Abbiamo di dovere della serietà anche se questa manovra è un gran pasticcio e temiamo che non ci siano le coperture.

Pier Ferdinando

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Il governo è inesistente, con chi dialoghiamo?

postato il 1 Settembre 2011

Berlusconi è riuscito a fare un’operazione straordinaria: ha messo tutti d’accordo sul fatto che il governo non c’è. Noi siamo disposti a dialogare, ma con chi? Il governo cambia idea mille volte, su cosa dialoghiamo?
In questa situazione drammatica non basta il tatticismo di chi sta all’opposizione: non basta dire no. Tutti devono essere pronti a dialogare con Berlusconi per fargli capire che deve lasciare per il bene del Paese.

Pier Ferdinando

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Una manovra che aumenta il deficit di fiducia

postato il 1 Settembre 2011

“Riceviamo e pubblichiamo” di Adriano Frinchi

“In Italia la fiducia è la più rara delle materie prime” questa è la secca analisi di Eric Reguly l’inviato a Roma del giornale canadese The Globe and Mail che ieri in un interessante articolo ha commentato efficacemente la nuova manovra economica del governo Berlusconi.  Reguly pur riconoscendo la necessità comune a tutti i paesi occidentali di tirare la cinghia sostiene che il vero problema dell’Italia è il deficit di fiducia. L’inviato canadese sembra cogliere un aspetto fondamentale della crisi italiana: la crisi del nostro Paese è prima di tutto una crisi di fiducia nelle nostre possibilità e soprattutto nelle capacità della nostra classe politica di attuare quelle riforme necessaria ad invertire la tendenza. La cosiddetta “manovra di Ferragosto”, oltre ai discutibili contenuti, ha il demerito di non influire su questo aspetto, anzi dall’italiano medio viene percepita come l’ennesima prepotenza di uno Stato incapace che colpisce solamente le classi sociali più deboli. Se a ciò si aggiunge il fatto che la stragrande maggioranza degli italiani è convinta che tasse più alte non forniranno maggiori servizi, ma al contrario andranno a foraggiare i privilegiati della casta, la frittata è fatta. L’endemica mancanza di fiducia italiana non è solamente rilevata dai grandi analisti politici ed economici, ma fa parte del nostro quotidiano: Reguly esordisce addirittura con il riferimento ad una lavanderia romana che fa pagare prima di consegnare i vestiti puliti e che per lui diventa simbolo della generale carenza di fiducia degli italiani. L’analisi del giornalista del The Globe and Mail in sostanza non fa altro che rilevare ciò che ogni giorno respiriamo, cioè quel clima di incertezza e di sfiducia che immobilizza l’Italia. Non c’è dubbio che da questo punto di vista gli interventi economici di questo governo non sono solo insufficienti ma anche depressivi e che occorre immediatamente voltare pagina con una rinnovata iniezione di fiducia per ridare agli italiani quelle piccole e grandi certezze che consentono di essere diversi e di poter dire ad un giornalista canadese che pagherà i suoi vestiti puliti solo quando gli saranno consegnati.

 

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La manovra è un insulto agli italiani

postato il 31 Agosto 2011

La manovra è ormai senza padri e senza madri e senza copertura finanziaria. Il governo è in stato confusionale e cambia idea ogni giorno: sulle Province, sul contributo di solidarietà e oggi sulle pensioni. E’ veramente un insulto agli italiani che avrebbero bisogno prima di tutto di serietà.

Pier Ferdinando

 

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