Tutti i post della categoria: Economia

Il problema non sono le agenzie di rating ma la credibilità del governo

postato il 20 Settembre 2011

Pdl faccia dimettere premier o rischio Grecia

In questa caccia disperata al colpevole speriamo non siano incolpate le agenzie di rating perché il problema non sono loro.
Il problema siamo noi che non abbiamo saputo fare una manovra strutturale per la crescita. Il problema è la credibilità internazionale del governo.
Per questo rivolgo un appello alle donne e agli uomini di buona volontà della maggioranza, perché evitino di aprire una pagina nera per l’Italia. Dobbiamo evitare lo spettro della Grecia perché altrimenti tutta la politica ne sarà travolta. Non difendano l’indifendibile e aprano una fase nuova. Far finta di non sentire le sirene vuol dire portare l’Italia nel baratro: Berlusconi è parte del problema e potrebbe essere anche parte della soluzione.

Pier Ferdinando

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Arriva il “condono Scilipoti”

postato il 20 Settembre 2011


“Riceviamo e pubblichiamo” di Mario Pezzati

Scilipoti, mette a segno un colpo che, se gli procura visibilità, lo qualifica però da “responsabile” a “irresponsabile”. In un momento in cui si chiedono sacrifici agli italiani, in cui, almeno a parole, il governo vuole scoprire gli evasori, il parlamentare in questione propone e fa approvare dal governo un emendamento per valutare la possibilità di un condono fiscale ed edilizio.

Cosa prevede l’emendamento di Scilipoti? Mentre lo stesso ministro dell’economia si è mostrato dubbioso sull’ipotesi di nuovi condoni, il parlamentare in questione ha pensato bene di fare un nuovo regalo agli evasori e quindi «impegna il Governo a valutare se adottare il tanto vituperato condono fiscale».

In pratica propone una sanatoria tombale, che se mai diventasse legge, porterebbe a premiare gli evasori azzerando i contenziosi degli ultimi 5 anni tra Stato e cittadini.

Avevamo già parlato e avanzato una propsota per una riforma di Equitalia e andare incontro ai cittadini senza premiare gli evasori, la proposta non era per un condono tombale, ma per una rateizzazione e una moratoria per le famiglie in difficoltà verso Equitalia, da unire ad un pugno di ferro verso chi evade.

Per Scilipoti e il governo, invece, sembra che gli evasori debbano essere ulteriormente premiati perché si ritroverebbero a pagare tra il 5 e il 10% di quanto dovuto se si è in possesso di partita iva, mentre chi non ha partita iva verrebbe abbandonato a se stesso, ma non è tutto, perché  nell’ odg di Scilipoti, che ha ottenuto il parere favorevole dell’ esecutivo, c’ è anche il condono edilizio «per i piccoli abusi» residenziali.

Cosa si intende per “piccoli abusi residenziali”? In pratica si parla di un condono edilizio per tutti gli abusi realizzati fino al 31 dicembre 2010 per una volumetria pari a 400 metri cubi (una casa di 100 metri quadri ha una volumetria di 300 metri cubi, per fare capire le proporzioni), anche se non «aderente alla costruzione originaria» e indipendentemente dai vincoli ambientali, demaniali, storici.

Anzi per essere precisi l’emendamento riporta: “il condono edilizio per tutte le opere abusive realizzate entro il 31 dicembre 2010 in ampliamento di opere regolarmente assentite. Per ultimazione si intende l’opera completamente definita nella sua volumetria e nella sua sagoma visiva (in caso di abitazioni occorre il tetto ed i muri perimetrali completi di intonaco e pitturazione esterni) ed esternamente esteticamente completate (con intonaco e pitturazione); che l’opera abusiva realizzata in ampliamento non debba essere superiore al 25 per cento della volumetria originaria o, in alternativa, e non deve costituire un ampliamento superiore a 400 metri cubi (circa 130 metri quadri); che l’ampliamento si considera tale anche se questo non è costruito in aderenza alla costruzione originaria, purché sia tutto realizzato entro la distanza di metri 75 dalla costruzione originaria regolarmente assentita.”

Per chi volesse approfondire ecco il testo completo, compresi errori di battitura e grammaticali, del famigerato emendamento Scilipoti.

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La manovra? Fatta per l’80% di nuove tasse

postato il 17 Settembre 2011

Una manovra fatta di rattoppi, ripensamenti, non è una manovra strutturale che non affronta i problemi della crescita. Berlusconi ha detto che non avrebbe messo le mani nelle tasche degli italiani, e invece questa manovra è fatta per il 65% da nuove tasse, che arrivano all’80% con i costi per le famigli e i tagli ai servizi locali.
Siamo in un uragano europeo, ma affrontare la tempesta con una barca che fa acqua da tutte le parti significa presumibilmente andare a fondo. Vedo che chi ci governa pensa a tutto tranne che a guidare il Paese.

Pier Ferdinando

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Governo irresponsabile, dietro l’angolo c’è la Grecia

postato il 16 Settembre 2011

L’opposizione ha mostrato grande amore per l’Italia

Ci vuole più amore e rispetto per l’Italia. Sfido chi conosce i fatti degli uomini della politica e del mondo a cercare un altro Paese dove in pochi giorni l’opposizione ha consentito di fare una manovra che non condivideva, rinunciando alle sue legittime rivendicazioni. Questa opposizione ha mostrato grande amore per l’Italia e gli italiani. Qui l’unica cosa irresponsabile e’ l’atteggiamento della maggioranza. Se c’è chi ritiene che le cose vadano bene il governo andrà avanti perché ha la maggioranza siamo all’irresponsabilità perché dietro l’angolo c’e’ la Grecia.
Quando la maggioranza non ascolta e non fa un doppio passo indietro, si assume la responsabilità di andare avanti su un percorso che prego non sia accidentato per il nostro Paese, ma lo temo.

Pier Ferdinando [Continua a leggere]

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Meglio una cattiva manovra che nessuna

postato il 16 Settembre 2011

Il Governo Berlusconi ha varato una manovra raffazzonata che fa leva sulle tasse e non prevede alcuna riforma strutturale. Non si incide sulla crescita, né sul Mezzogiorno perché quando al Sud si eliminano gli incentivi per il potenziamento della banda larga, si lancia un messaggio preciso: si ferma la crescita, si blocca lo sviluppo. Così si impedisce ai ragazzi e alle giovani generazioni di comunicare con internet.
A distanza di anni, dopo aver fatto una lunga traversata nel deserto senza che alcuno ci desse neppure una borraccia d’acqua, possiamo dire che avevamo ragione. Sì, avevamo ragione sia quando siamo stati all’opposizione del Governo Prodi, sia ora che ci opponiamo a quello di Berlusconi. Detto questo, pero’, meglio una cattiva manovra che non averne alcuna. Dovevamo dare un segnale all’Unione europea che ce lo chiedeva con insistenza e l’abbiamo dato.

Pier Ferdinando

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Sarkozy e Cameron in Libia, gli interessi in ballo

postato il 16 Settembre 2011

“Riceviamo e pubblichiamo” di Mario Pezzati

Sarkozy e Cameron, leader di Francia e Inghilterra, sono atterrati in Libia acclamati come eroi.

Dopo la guerra civile, la Libia rappresenterà, fra le altre cose, un enorme affare: la ricostruzione delle infrastrutture danneggiate, senza contare i contratti petroliferi e i punti di passaggio per il petrolio e il gas del resto dell’Africa (ad esempio il petrolio nigeriano). L’Italia che fino a ieri era il partner privilegiato della Libia, rischia a breve di essere tagliata fuori, con ripercussioni alle aziende, le finanze, i lavoratori.

Giusto per dare un’idea degli interessi che l’Italia ha in Libia, basta citare che prima della guerra civile, eravamo al primo posto per l’export e al quinto per l’import da Tripoli, con un interscambio nel 2010 che si aggirava sopra i 12 miliardi. Dalla Libia proviene quasi un terzo del petrolio e del gas che utilizziamo, senza contare che i libici possedevano circa il 7% di Unicredit, la finanziaria Lafico possiede il 14,8% della Retelit (società controllata dalla Telecom Italia attiva nel WiMax), il 7,5% della Juventus e il 21,7% della ditta Olcese. A questo aggiungiamo che Tripoli possiede una partecipazione attorno al 2,01% di Finmeccanica, e circa 100 imprese italiane in Libia, prevalentemente collegate al settore petrolifero e alle infrastrutture, ai settori della meccanica, dei prodotti e della tecnologia per le costruzioni. L’elenco è smisurato, ma, volendo restare alle più note, non possiamo non citare Iveco (gruppo Fiat) presente con una società mista ed un impianto di assemblaggio di veicoli industriali, Impregilo (i contratti stipulati con la Libia pesano per circa l’11% del fatturato della società), Bonatti, Garboli-Conicos, Maltauro, Ferretti Group (tutte società di costruzioni). Altri settori sono quelli delle centrali termiche (Enel power), impiantistica (Tecnimont, Techint, Snam Progetti, Edison, Ava, Cosmi, Chimec, Technip). Telecom è presente anche con Prysmian Cables (ex Pirelli Cavi). Nel 2008 inoltre i libici hanno formalizzato un’intesa con il ministero dell’Economia italiano che dovrebbe permettere a Tripoli di aumentare le partecipazioni in ENI (di cui già possiedono lo 0,7% del capitale) inizialmente al 5%, poi all’8%, fino a un massimo del 10%.  L’ENI è il primo produttore straniero nel paese libico, con una produzione di circa 244mila barili di petrolio al giorno, oltre al gas prodotto dai campi libici attraverso il gasdotto denominato GreenStream (che in questi giorni è stato chiuso a scopo precauzionale dall’ENI) che collega Mellitah, sulla costa libica, con Gela, in Sicilia.

Ma tutto questo era niente se confrontato con il piano di modernizzazione della Libia concepito da Gheddafi, che prevedeva investimenti per 153 miliardi di dollari per realizzare infrastrutture, progetti urbanistici e tecnologie per sviluppare l’industria estrattiva del petrolio e del gas.

Ovviamente questo piano acquista maggior peso ora che la Libia è da ricostruire interamente e in questo senso Impregilo che ha fatto molti affari in Libia: aveva vinto una commessa per la costruzione di una torre di 180 metri e un albergo di 600 camere a Tripoli, ha realizzato gli aeroporti di Kufra, Benina e Misuratah, e il Parlamento a Sirte. La stessa società ha vinto l’appalto per costruire tre università, più diversi alberghi e è in gara per la costruzione di una autostrada fino all’Egitto.

Tutto questo rischia di sparire se il governo non si muoverà per tempo come stanno facendo i governi di Francia e Gran Bretagna, ma, ed è questo il vero problema.

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Momento difficile, parliamo di crescita e di lavoro

postato il 14 Settembre 2011

In un momento così difficile come quello che stiamo attraversando la gente vuol parlare di crescita, di lavoro per i giovani, di prospettive per le famiglie. Gli italiani iniziano ad essere preoccupati per il loro futuro. Abbiamo molte persone di ceto medio che stanno scivolando nell’area della povertà, una manovra che è stata tale solo dopo cinque stesure; ci siamo fatti un po’ riconoscere da tutti, ma finalmente oggi si varerà. Questa è la questione decisiva che riguarda i prossimi mesi, le prossime ore degli italiani, perché rischiamo di fare la fine della Grecia. Chi non se ne rende conto o è in malafede o è di una sprovvedutezza clamorosa.

Pier Ferdinando

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No convinto alla Manovra, ma pregiudiziale Idv è irresponsabile

postato il 13 Settembre 2011

Signor Presidente, il mio gruppo, l’Unione di Centro per il Terzo Polo, voterà convintamente «no» a questa votazione sulla questione pregiudiziale di costituzionalità. Noi condividiamo pienamente il giudizio che ha dato adesso l’onorevole Ventura ma sintetizzando la cosa potremmo dire: «meglio una cattiva manovra che nulla». [Continua a leggere]

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Il Paese è sull’orlo del burrone

postato il 12 Settembre 2011

Sono preoccupato: vedo un Paese che danza pericolosamente sull’orlo del burrone.
Nel contesto di una crisi europea senza dubbio esiste il problema italiano. Non a caso la Spagna, che ha più disoccupati di noi, paradossalmente sta messa meglio. Per questo o le forze responsabili hanno prima a cuore gli interessi dell’Italia, cercano una soluzione insieme e fanno scelte impopolari o l’Italia va a rotoli.

Pier Ferdinando

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Da Chianciano arriva l’agenda per la crescita

postato il 10 Settembre 2011

“Riceviamo e pubblichiamo” di Mario Pezzati

Cosa ci vuole per fare crescere l’Italia?

In una giornata nerissima per i mercati finanziari, funestata dalle dimissioni di Stark, membro tedesco del board della BCE , la domanda è attuale e assume ancora più importanza.

Stark era il membro tedesco nel board della BCE ed era sempre stato in aperto contrasto con i piani di intervento della BCE per sostenere i paesi a rischio, ovviamente le sue dimissioni pongono dei dubbi sulle politiche future della BCE e questo ci riguarda direttamente visti gli interventi dei gironi scorsi per sostenere i nostri titoli di Stato.

Emma Marcegaglia, presidente di Confindustria, durante il meeting di Chianciano ha riconosciuto che l’Italia è in pericolo, anzi ha detto testualmente: «O i problemi li diciamo chiaramente – ha aggiunto – o se li lasciamo fuori dal tavolo, se facciamo finta che non ci siano, facciamo un danno al Paese».
La Presidente di Confindustria ha anche richiamato l’attenzione su un cambiamento della percezione verso l’Italia da parte degli investitori esteri, e ha rilevato che “si sta allargando anche lo spread a nostro sfavore tra noi e la Spagna. Siamo considerati meno credibili della Spagna che aveva una situazione politica difficile, poi Zapatero ha detto “non ce la faccio più, non ho più la credibilità dei mercati, vado a elezioni”.

Eppure, la nostra economia, è più solida, basti pensare che la Spagna ha una disoccupazione ufficiale oltre il 20%, mentre noi siamo tra l’8 e il 9%, quindi noi dovremmo essere un investimento più appetibile rispetto la Spagna, eppure non lo siamo. Perché?
Perché il governo spagnolo ha avuto il coraggio di fare scelte difficili, guidate non dai sondaggi, ma da un alto senso etico e dello Stato: Zapatero ha preso atto dei problemi del suo paese, ha fatto approvare delle misure per il rilancio dell’economia spagnola e poi si è dimesso, con la conseguenza che la Spagna andrà ad elezioni anticipate questo autunno. Questa scelta non è stata vista come irresponsabile, ma anzi come una garanzia di solidità e affidabilità.

Noi invece abbiamo un serio problema di affidabilità, come ha rilevato la presidente di Confindustria che dice: «Abbiamo un problema di credibilità. O il governo, molto velocemente dimostra che è in grado di fare una grande operazione, in termini di quantità ma anche di equità, superando i veti, oppure penso che dovrebbe trarne le conseguenze perché non possiamo restare in questa incertezza».

La Marcegaglia ha criticato duramente la manovra perché «per il 60% è composta da nuove tasse. Passiamo a una pressione fiscale pari al 44,5%, cioè il massimo storico in Italia. È una manovra depressiva». Inoltre, ha insistito il presidente di Confindustria, «non contiene interventi strutturali: bisogna affrontare il nodo pensioni, fare le liberalizzazioni e le privatizzazioni».

Il capo degli industriali ritiene che si debba intervenire anche sui costi della politica «senza fare demagogia perché in un momento complicato come questo non bisogna accendere la miccia
dell’antipolitica». Ma per riuscire a tornare a crescere dobbiamo risolvere due problemi: le pensioni di anzianità, perché è inammissibile essere gli unici ad avere pensionati di 58 anni, e il lavoro femminile. Sono due problemi che devono essere risolti perché siamo molto distanti dall’Europa su questi due punti. “Quindi tutti facciano sacrifici a partire da chi ha di più: bisogna mettere insieme un sistema per cui abbassiamo le tasse su chi tiene in piedi il paese cioè i lavoratori e le imprese e alzarle sul resto: Iva, patrimoni, rendite, su tutto quello che è necessario”. Dobbiamo anche considerare i costi della politica ed è inaccettabile che con la fiducia sulla manovra il Governo abbia fatto sparire i tagli alle indennità parlamentari e agli enti inutili, mentre gli enti locali hanno circa 1 milione e duecentomila abitazioni di proprietà pubblica che costano il doppio di quanto rendono e che invece potrebbero essere usate per azzerare le situazioni debitorie degli enti locali e ridurre il debito dello Stato.

Da questo panorama emerge una cosa strana, cioè che, se dal panorama eliminiamo il fattore politico, osserviamo che in questi mesi abbiamo esportato tanto quanto la Germania e siamo il secondo paese manifatturiero europeo dopo i tedeschi, e siamo anche percepiti come partner affidabili. Quindi abbiamo un sistema economico vitale, che regge la concorrenza straniera, ma quando si guarda il “sistema Italia” inserendo nell’analisi anche la politica, diventiamo inaffidabili. E questo francamente non è accettabile, e quindi il Governo dovrebbe agire prendendo anche atto dei suoi fallimenti ed errori.

In questo solco si è inserito l’amministratore delegato di Banca Intesa, Corrado Passera, il quale ha affermato: “noi vogliamo salvarci da soli, e’ ora di finirla di pensare che l’Europa ci salvi, e’ una cosa mortificante. Abbiamo tutti i numeri per tenerci insieme e per ristrutturarci e per rilanciarci. Finché – ha detto ancora – saremo il Paese che deve essere salvato, con un membro Bce che getta la spugna e batte i pugni sul tavolo e se ne va, siamo un Paese che non conta più nulla”. Al contrario, ”se noi vogliamo essere parte della sala di regia dove siamo stati nel momento migliore dell’Europa, se vogliamo tornarci e non essere la Grecia 2 come stiamo diventando, noi dobbiamo metterci a posto da soli e possiamo farlo”.

Anche perché il nostro sistema bancario finora è stato tra i più solidi e affidabili dell’Europa, l’unico che finora ha superato tutti gli stress test, senza avere banche in crisi di liquidità, o che hanno avuto bisogno di aiuti statali o di ristrutturazioni. Le nostre banche sono, come tutto il nostro sistema economico, estremamente solide e oculate nei loro interventi e investimenti. E quando il tessuto bancario è solido, la gente ha un’arma in più, ovvero la fiducia che i loro risparmi sono al sicuro.

Passera ha ribadito che ”possiamo crescere, abbiamo i numeri per farlo, abbiamo le risorse”. Dunque, ha concluso il manager, ”dopo la manovra, che ha dei limiti, dobbiamo mettere in moto un piano ampio per salvarci da soli e tornare a essere protagonisti”.

Ma basta parlare di economia per capire un paese? Probabilmente no, e a tal proposito voglio chiudere ricordando le parole di Pezzotta che ha aperto il dibattito con una riflessione: bastano le privatizzazioni e le liberalizzazioni per la crescita di un paese? Basta il PIL a misurare la crescita di un paese? Evidentemente no, perché la crescita deve basarsi anche sull’etica e la formazione. Dobbiamo rilanciare la tradizione economica mediterranea rispetto all’economia di stampo anglosassone, dominata dall’ossessione del PIL. Il PIL è un metro di misura, ma non è l’unico, bisogna anche considerare la crescita morale, etica e culturale, ma ovviamente questi ultimi punti non devono essere usati per coprire leggerezze in politica economica.

Quindi, va bene usare il PIL come metro di misura, ma bisogna affiancarlo ad altre misure che tengano conto di altri aspetti “più umani” della vita sociale, senza che questi ultimi siano usati per giustificare l’irresponsabilità economica come è avvenuto in passato.

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