I dem non pensino all’autosufficienza, si vince solo conquistando i moderati
postato il 31 Gennaio 2020L’intervista a cura di Fabrizio Nicotra pubblicata su Il Messaggero
Presidente Casini, che lettura dà dal risultato delle elezioni in Emilia?
«Il Pd ha avuto un ottimo risultato e tutto sommato lo ha avuto anche in Calabria per cui ha legittimi motivi di soddisfazione. Può essere contento anche per il risveglio di un mondo giovanile che quando va in piazza, e mi riferisco alle Sardine, con civiltà con educazione e con gioia, è il benvenuto. Però guai se i dem facessero analisi sbagliate su questo successo perché quel risultato parla da solo: il buongoverno di Bonaccini ha convinto gli elettori moderati, che fanno la differenza in ogni elezione, a votare per il centrosinistra».
Quindi la lettura che dà il Pd, quella di un ritorno del bipolarismo, non la convince?
«E’ un’analisi che può andare nella direzione giusta se il Pd è consapevole di dover fare i conti non solo con una componente più giovanile e più radicale, ma anche con un grande bacino di elettori moderati. E’ un’analisi sbagliata se il Pd pensa a quella che una volta si sarebbe chiamata l’autosufficienza della sinistra. Il risultato, soprattutto quello dei quartieri delle grandi città emiliane, ci dice che la coalizione di centrodestra (la cui componente centrista, Forza Italia, si è fermata al 2%) ha preso gli estremisti, quella di Bonaccini ha preso gli elettori moderati.
Lo stesso Salvini dovrebbe riflettere profondamente sul tipo di messaggio che gli arriva dall’Emilia: la Lega ha avuto un risultato strabiliante, quindi è tutt’altro che in crisi, ma la sua espansione partitica non ha coinciso con l’espansione della coalizione. E questo cosa significa? Che la differenza la fanno gli elettori moderati: in Emilia sono andati con Bonaccini in parte perché il governatore li ha convinti e in parte perché Salvini li ha spaventati. Se la riflessione interna al Pd si allontanasse da questi dati e portasse a una radicalizzazione a sinistra, il vantaggio si perderà in poco tempo».
Nel Pd però prevale la linea di un’alleanza organica con M5S.
«Secondo me è uno schema politichese. Bonaccini dimostra che l’alleanza con M5S non sarebbe servita a nulla, sarebbe stata una forzatura che avrebbe portato molti elettori di M5S a votare per la Lega. Il problema non sono le alleanze ma la proposta politica. Bonaccini ha preso i voti degli industriali, dei commercianti e in genere di tutte le categorie che al Nord sono schierate con il centrodestra».
In vista delle prossime regionali cosa succederà?
«Mi auguro che il Pd non abbia la sindrome dell’autosufficienza. Sono d’accordo con Franceschini e Gualtieri: entrambi dicono che l’Emilia è una tappa importante, ma anche che è una tappa che non può essere soffocata da analisi sbagliate. Gualtieri, che non a caso è candidato alle suppletive nel collegio di Roma 1, ha fatto un esplicito riferimento agli elettori moderati. Fa benissimo perché se fa appello solo alla sinistra quel collegio è perso».
I movimenti al centro continuano. Da Renzi a Calenda a quella parte di Forza Italia anti-salviniana. Che spazio c’è?
«Lo spazio politico c’è e il proporzionale lo amplierà. Ma non si può pensare che la legge elettorale determini le svolte politiche. Prima di tutto serve un progetto che deve essere credibile. Renzi ha ancora del filo da tessere, e io gli ho dato un consiglio: lui è un leader, ma deve girare l’Italia e dedicarsi alla costruzione del partito. La leadership non basta, serve far crescere la classe dirigente in periferia e avere un partito che sia credibile. Non è una cosa semplice e non è sufficiente delegare».
La riforma della giustizia e il nodo prescrizione sono il primo scoglio per governo e maggioranza. Andranno a sbattere?
«La riforma così com’è non va: i cittadini che entrano nel tunnel della giustizia non possono rimanere in eterno appesi a un pregiudizio. Una democrazia liberale non ha nulla che fare con il populismo giudiziario, per cui questo è un banco di prova per capire se la lezione emiliana è stata capita bene».