Archivio per Giugno 2012

#ideapazzapersilvio, peccato sembri Totò

postato il 1 Giugno 2012

di Adriano Frinchi

Gli italiani hanno sempre associato la “pazza idea” a Patty Pravo, da oggi probabilmente insieme alla mitica cantante del Piper ci sarà Silvio Berlusconi che oggi in un incontro con i gruppi parlamentari del Pdl ha annunciato la sua pazza idea: “Vi dico la mia pazza idea. Se non viene stampata altra moneta dalla Bce, stamperemo noi la nostra moneta con la nostra Zecca” ha detto il Cavaliere che ha poi spiegato: “Monti deve chiedere che l’Europa stampi moneta. Se così non fosse, sarebbe meglio uscire dall’euro, pur restando nell’Unione europea… La Banca centrale o diventa di ultima istanza o si deve porre il problema dell’Europa o meglio della Germania in Europa”.

C’è da dire che la “pazza idea” di Berlusconi ha riscosso subito un certo successo su Twitter dove gli utenti si sono scatenati con l’hashtag #ideapazzapersilvio.

Perplesso e spiazzato invece il mondo politico, in particolare sull’uscita dall’euro che sarebbe, a detta di molti, deleteria.

Roberto Occhiuto,  vicepresidente della commissione bilancio di Montecitorio, ha spiegato perché la pazza idea berlusconiana è improponibile e impraticabile ma anche immaginato un Berlusconi intento a stampare euro di notte.

L’immagine di Occhiuto richiamerà alla mente di molti la mitica scena del film “La banda degli onesti” dove Totò è impegnato a stampare banconote false. Una scena esilarante, quasi come la proposta del Cavaliere.

Commenti disabilitati su #ideapazzapersilvio, peccato sembri Totò

L’abbandono dell’euro: una scelta con tanti rischi e nessun vantaggio.

postato il 1 Giugno 2012

“Riceviamo e pubblichiamo” di Mario Pezzati

Uno dei cardini del “programma” di Grillo, a cui si sta accodando anche la Lega, è l’uscita dall’euro e la svalutazione della lira come soluzione alla crisi economica italiana.

Questa soluzione, in realtà, è peggiore del male e va a colpire non i ceti abbienti, ma soprattutto gli strati più poveri della popolazione. Analizziamo cosa comporterebbe seguire il “consiglio” di Grillo e quali sarebbero le conseguenze:

1. ESPORTAZIONI E IMPORTAZIONI

E’ vero che per effetto della svalutazione, le esportazioni risultano più competitive, mentre le importazioni, aumentando di prezzo, perderebbero quote nel mercato italiano, ma è anche vero che si avrebbe un aumento proporzionale in senso inverso dei prezzi delle materie prime (più si svaluta la nostra moneta, maggiormente costano le importazioni di materie prime) e questo danneggerebbe le nostre esportazioni annullando quasi del tutto gli effetti della svalutazione.

Per effetto della svalutazione, infatti, i prezzi delle materie prime aumentano con due ovvie conseguenze: aumento dei costi per le aziende (che trasferiranno questo aumento nei prezzi finali, con conseguente aumento nel prezzo delle merci vendute) e aumento dei costi per i consumatori. Il risultato è che l’azienda produttrice vedrà ridotto (o annullato) il vantaggio competitivo della svalutazione, mentre il consumatore vedrà l’aumento non solo sui beni importati come l’energia, ma anche sui prodotti finali, e questo impoverirà ulteriormente i ceti meno abbienti, con il risultato che saranno i più penalizzati dal provvedimento auspicato da Grillo.

2. MUTUI, TASSI, RISPARMI

Se andiamo a guardare il settore bancario e i clienti, le conseguenze dell’uscita dall’euro e della svalutazione propugnata da Grillo, sono ancora più esiziali.

Intanto dobbiamo chiederci se il mutuo resta in euro o viene convertito in lire. Nel primo caso, ovvero se il mutuo resta in euro, la svalutazione della lira vedrebbe gli italiani percepire uno stipendio in lire (svalutate) e pagare una rata in euro, ma siccome l’euro si apprezzerebbe sulla lira (cioè avrebbe più valore della lira), ecco che subentra per il cliente un ulteriore costo, quello legato al cambio lira-euro.

Si potrebbe obiettare, allora, che si può convertire il mutuo in lire per legare salari e rate, ma in questo caso ci rimetterebbero le banche e i fondi di investimento, perché la lira perderebbe subito di valore e in termini reali i loro crediti si vedrebbero ridotti, con il risultato che il sistema bancario italiano dovrebbe fare i conti con ingenti perdite e il rischio concreto di dichiarare fallimento (e quindi azzerando i conti dei clienti).

Per quanto riguarda il debito pubblico il problema è più complesso: intanto non si può di fatto dichiarare il default dell’Italia (anche se pilotato) come è stato fatto per l’Argentina, perché in quest’ultimo caso la maggior parte dei titoli argentini erano allocati all’estero, mentre qui in Italia la maggior parte del debito pubblico è in mano agli italiani medesimi e alle banche italiane.

Questa situazione di fatto viene a creare un cortocircuito logico-economico: se lo stato italiano dichiara default e non paga i titoli di stato (BTP, BOT, ecc.), di fatto azzera i risparmi di tantissimi italiani e il patrimonio delle banche e quindi lo strumento (il default appunto) che dovrebbe “salvarci” finisce con l’affossarci definitivamente (sull’Argentina parleremo più diffusamente in seguito).

A questo punto abbiamo due strade: o si converte in lire o si lascia in Euro. Se si lascia in Euro, con la svalutazione della lira, lo Stato di fatto vede moltiplicato il debito pubblico in maniera più che proporzionale rispetto a quanto viene svalutata la lira sull’euro: in concreto, se la lira dimezza il suo valore (ovvero perde il 50%), il debito pubblico in euro raddoppia (aumenta del 100%).

Se invece si converte in lire, si rischiano una valanga di cause da tutto il mondo da parte di detentori dei nostri titoli di Stato che non accetterebbero il tasso di conversione deciso da noi. Dunque, il debito rimarrebbe in euro.

3. STIPENDI E PENSIONI

Gli stipendi convertiti in lire, vedrebbero il loro potere d’acquisto ridotto in seguito alla svalutazione della lira (si veda quanto detto al punto 1), in pratica se la lira viene svalutata del 50%, di fatto il mio stipendio viene dimezzato e questo riduce ancora di più le probabilità di sopravvivenza di tantissimi italiani già sulla soglia dell’indigenza.

A fine mese, per pagare la solita rata del muto o del frigo bisognerebbe mettere cioè molti più soldi. L’onere sui prestiti di ogni tipo balzerebbe molto al di sopra del livello attuale (si parla di almeno il 7% in più), e questo potrebbe innescare il fenomeno del «bank running», ovvero la corsa a ritirare i soldi dai conti e dai depositi che è uno scenario tipico, in questi casi.

4. ARGENTINA

Chi invoca la svalutazione della lira e/o il default dell’Italia cita come esempio l’Argentina, ma non considera che la realtà argentina è ben diversa da quella italiana, inoltre nonostante la crescita attuale, non si può dire che il default del paese sudamericano sia stato indolore per i suoi abitanti.

E’ vero che oggi il Pil viaggia tutti gli anni a più 8 o lì intorno, e il tasso di disoccupazione è sceso da un numero angosciante (25% nel 2002) al 7,5 del 2011, ed il reddito medio è tornato ai livelli pre crisi, e anche un po’ sopra, 7400 dollari pro capite, dopo essere crollato nell’annus terribilis a 2670, però non dobbiamo scordare che l’Argentina è benedetta da un immenso territorio ricco di materie prime, dal mais alla farina, al grano. Nel momento più nero, l’Argentina ebbe un aiuto eccezionale da Cina e India: questi paesi (come altri) sono grandissimi importatori di soia, e l’alto prezzo della soia sui mercati internazionali (più che triplicato in quel periodo) determinò un grande afflusso di valuta estera. Per capire il fenomeno: la sola Cina ha importato, nel 2009, soia per 19 miliardi di dollari

Ancora oggi, la domanda di soia di Cina e India è in continuo aumento tenendo alti i prezzi e garantendo un notevole afflusso di denaro verso l’Argentina e uno sbocco verso, nel momento in cui la gente ritirava in massa i soldi dalle banche per mandarli all’estero, provocando così il loro fallimento assieme a quello dello Stato.

22 Commenti

No a demagogia, sostegno incondizionato al governo

postato il 1 Giugno 2012

Senza Monti l’Ialia sarebbe già in ginocchio

Non è l’ora di scelte emotive, né di improvvisazioni: è il momento del sostegno incondizionato ad un governo che sta guidando l’Italia nella terribile situazione di crisi finanziaria ed economica internazionale. In casi come questi abbonda il populismo, la demagogia impera e le persone responsabili solitamente sono messe in minoranza. Ma io vorrei ricordare a tutti gli smemorati che senza la credibilità personale del premier e la sua autorevole presenza in Europa e nei consessi internazionali, l’Italia sarebbe già in ginocchio.

Pier Ferdinando

8 Commenti


Twitter


Connect

Facebook Fans

Hai già cliccato su “Mi piace”?

Instagram