05 maggio, Roma
postato il 4 Maggio 2012Ore 11.30 – Sheraton Golf Parco de’ Medici – Viale Salvatore Rebecchini 39
Partecipa al XXIV Congresso Nazionale Acli
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Incontro pubblico
“Riceviamo e pubblichiamo” di Giuseppe Portonera
Mario Monti, alla fine, ha dato il via alla tanto attesa seconda fase del suo Governo: dopo le tasse e i sacrifici, ha deciso infatti di mettere mano al taglio della spesa pubblica – condizione necessaria per provare a rimettere in sesto questo Paese. In tutti questi anni, in Italia, ogni politica di crescita economica non è mai riuscita a prescindere dall’aumento della spesa pubblica, dal suo dilatamento e dal suo ingigantimento: servivano investimenti, si diceva; bisognava sostenere la domanda, si aggiungeva; era necessario l’intervento dello Stato, si concludeva.
E così, sotto l’ala della giustificazione nobile, si sono coperti anni e anni di mala politica: la spesa pubblica “improduttiva” (gli sprechi, per intenderci) è diventata sempre più grossa, alimentata da investimenti sbagliati e mal indirizzati, e ha finito per soffocare la parte di spesa “produttiva”, riferita all’erogazione dei servizi pubblici. Epperò, ogni volta che si chiede di tagliare la “spesa pubblica”, parte la corale alzata di scudi: “si taglino gli sprechi, ma non i servizi!”; sacrosanto, ma avete provato a chiedervi “quanti sprechi si annidano tra i cosiddetti servizi?”. Ecco, il Ministro Giarda ha fatto il punto della situazione in un doc che è stato pubblicato sul sito del Governo, oggi: il costo di produzione dei servizi pubblici è aumentato in trenta anni molto di più di quelli del settore privato – con un aggravio di spesa di circa 70 miliardi. E a tutto questo si aggiungono poi le decisioni sulla messa a frutto delle risorse, sbagliate perché influenzate dalla sfera politica e dai numerosi interessi costituiti del nostro Paese.
Tutto questo e molto altro deve essere radicalmente modificato e la decisione del Governo di mettersi all’opera (per ora con le forbici, quando però servirebbe uno strumento un attimino più aggressivo) è sicuramente positiva. Perché, come ha giustamente fatto notare Carmelo Palma su Libertiamo, con questa scelta (forse) si è finalmente capito che il sistema Italia per come ha funzionato finora (e non pensate sia un male recente, basterebbe rileggersi cosa scriveva Sturzo nel ’50), non va bene (non è mai andato bene): se si fa un buco, non lo si può coprire con un altro, “in uscita (e quindi da sinistra) o in entrata (e quindi da destra)”.
La spending review, espressione che speriamo possa presto entrare a far parte del nostro vocabolario politico quotidiano, non è e non può essere solo un “mezzo occasionale”, per evitare qualcosa (come può essere l’aumento dell’IVA ad ottobre): deve essere un “metodo permanente”, per liberare energie nuove e “restituire alla vita l’infrastruttura pubblica”. Solo che, perché questo accada, bravi tecnici e competenze acclarate non basteranno: serve una chiara e decisa volontà politica. E anche un po’ più di onestà intellettuale in materia.
Casini: “mai più con Lombardo”. (Emanuele Lauria, la Repubblica-Palermo)
Arriva il voto di sistema. (Salvatore Merlo, Il Foglio)
Buone intenzioni e acqua fresca. (Alberto Alesina-Francesco Giavazzi, Corriere della Sera)
Conferenza stampa
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Incontro con candidati UDC e stampa