Archivio per Giugno 2011

Perché, numeri alla mano, queste elezioni non sono andate affatto male

postato il 7 Giugno 2011

Meno male che D’Alimonte c’è. Consentiteci di dirlo, di ripeterlo, di cantarlo! Troppo spesso in politica si parla per sentito dire, per pressappochismo, per approssimazione. E si fa presto, quindi, a decretare vincitori e sconfitti, a dimostrare i propri successi e i fallimenti altrui, a distorcere la realtà ai fini della propria propaganda. C’è poi chi, invece, preferisce – alle discussione a caldo – i ragionamenti a freddo, con dati e numeri reali alla mano, senza cadere nel gioco della demagogia e del populismo. Sono uno di questi: sprecare fiato non mi è mai piaciuto e ho sempre avuto in sospetto i fanfaroni e i chiacchieroni, di cui – ahinoi – il mondo politico offre un vasto assortimento. Pensateci su un attimo: vi sarà capitato, in questi giorni, di accendere la Tv e di ascoltare l’infinito parterre di trasmissioni politiche, di tg, di approfondimenti vari, dire, più o meno, tutti le stesse cose, tutti – troppo spesso – con la stessa superficialità. Così, giusto per fare un esempio, avrete sentito che il Terzo Polo, l’alleanza tra Udc, Fli e Api, si è rilevata un sostanziale fallimento elettorale, perché è rimasto dietro gli altri due poli nei quattro grandi comuni chiamati al voto e perché, nei migliori dei casi, non ha superato il 10 per cento. E, magari, a forza di sentirlo, ve ne sarete convinti anche voi e – per carità! – sarete anche caduti nel giochetto “mannaggia, ho sprecato il mio voto”, che fa gola a tanti, da entrambe le parti, in questi tempi.

Poi, però, capita di trovarsi tra le mani l’Osservatorio di Roberto D’Alimonte e di accorgersi – numeri alla mano – che quello che si sente da giorni non è poi così vero; che sì, il Terzo Polo non ha perso, come volevano farci credere, che anzi ha addirittura “raddoppiato” i consensi in un anno, dal 2010 al 2011. Scrive infatti il politologo del Sole 24 Ore: “in sintesi oggi il centrosinistra è diventato lo schieramento maggioritario al Nord e al Centro. Il centrodestra resta tale solo al Sud. Anche qui ha perso ma molto meno che nelle altre zone. Mentre al Nord e al Centro il calo è stato di circa dieci punti al Sud si è fermato a meno di cinque. Anzi in questa area il centrosinistra ha perso di più, quasi sei punti. I vincitori sono stati da una parte la frammentazione e dall’altra i partiti del terzo polo. Il terzo polo come coalizione non si è presentato dappertutto ma i partiti che gravitano nell’area di centro erano ben presenti nel Meridione. La somma dei loro voti arriva al 15,8 per cento. È un dato poco notato. Ed è un dato che aumenta addirittura nei comuni più piccoli. Infatti nei 51 comuni non capoluogo del Sud i partiti del terzo polo hanno ottenuto il 19,8% contro il 12% nei dieci comuni capoluogo”. Il primo dato, evidente, è che nelle amministrative del 2010, il Terzo Polo prese complessivamente l’8 per cento: dato che, nel 2011, è balzato al 14,4%, +6,4%. Mica caramelle. Anche perché, continuando ad analizzare le analisi di D’Alimonte, possiamo provare a fare qualche altra analisi, a cominciare dall’importante del fattore “dimensione dei comuni” – siamo più forti nei piccoli comuni, più deboli nei grossi: e se questo può sembrarvi un limite, ricordatevi che l’Italia è un paese di piccole comunità. Nei comuni sotto i 15.000 abitanti (che non sono compresi nell’analisi di D’Alimonte, però) vive il 43% della popolazione italiana e in questi comuni i due poli sono sempre andati molto meno bene che nelle grandi città, mentre i partiti del Terzo Polo, per primo l’Udc, hanno sempre potuto contare su un forte radicamento (anche il Fli, in questa tornata, ha registrato lì le sue migliori performance). Come sottolinea lo stesso D’Alimonte, alle prossime politiche la partita si giocherà necessariamente anche qui, su un terreno che è sempre stato poco favorevole ai grandi e più propenso ai piccoli.

Non è un caso che proprio Pdl e Pd abbiano riacceso, in questi giorni, la “caccia” al Terzo Polo. Sono consapevoli, infatti, che per vincere le elezioni non basta prendere il 50+1% a Milano, Roma o Napoli; ma bisogna sapere convincere anche gli elettori dei piccoli e medi centri, cuori di una borghesia, di una piccola industria, di un grosso artigianato operoso e di un ceto lavorativo (ma non chiamatelo proletario, per favore) di grande forza. Mi stupisce che uno come Massimo D’Alema, di solito fine e attento osservatore della politica italiana, si sia lasciato andare a dichiarazioni dal sapore “pseudo berlusconiano”, accusando il Terzo Polo di “furbizie, pigrizie e terzo-forzismi (sic!)”. Avremo pure commesso i nostri errori, per carità, ma la nostra forza sono pur sempre i nostri elettori che, come ha ammesso lo stesso D’Alema, sono “un passo avanti”. Sono le stesse che per anni abbiamo sentito da Silvio Berlusconi che ha ossessivamente cercato di spiegare che “un conto è Casini, un conto gli elettori dell’Udc che non possono che stare col centrodestra”. Ragionamento macchinoso e infruttuoso, perché puntualmente smentito ad ogni tornata elettorale. E da ogni ragionamento “a freddo” che si basi su analisi numeriche serie e competenti.

“Riceviamo e pubblichiamo” di Giuseppe Portonera

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Immigrati, sì a cittadinanza per i bambini nati in Italia

postato il 6 Giugno 2011

Ius soli è una prospettiva che la nostra società deve avere

L’Italia è malata, è malata di populismo, è malata di xenofobia e di razzismo, e nello steso tempo deve sapere chi è. Il grande tema è l’integrazione necessaria a costruire una società sui valori condivisi di patria e italianità.
Dobbiamo saper trasmettere agli altri il senso di un destino comune, ma anche di un’appartenenza a radici che sono il minimo comune denominatore di un’identità  cristiana del Paese.
In questo senso riteniamo che lo “ius soli” sia certamente la scelta di prospettiva della società italiana: un bambino che nasce in Italia deve avere diritto alla cittadinanza italiana.
Bisogna avere il coraggio di integrare. Il multiculturalismo ha fallito: ecco perché noi parliamo di interculturalismo.

Pier Ferdinando

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Rassegna stampa, 6 giugno 2011

postato il 6 Giugno 2011

Buttiglione delude Pdl e Pd: «Né di qua, né di là» (Francesco Ghidetti, QN)

Governo, le condizioni di Bossi: sì di Berlusconi o voto anticipato (Alberto D’Argenio, La Repubblica)

Pdl e Lega in pressing su Tremonti (Ugo Magri, La Stampa)

Feltri – Il consiglio di guerra dei sopravvissuti (Mattia Feltri, La Stampa)

Referendum, i partiti scelgono è ancora polemica sui tg (Mario Stanganelli, Il Messaggero)

Battista – Rinnegare le proprie idee per far cadere il Nemico (Pierluigi Battista, Corriere della Sera)

I dubbi di Avvenire sulla scheda anti atomo: a rischio il piano energia (Antonietta Calabrò, Corriere della Sera)

Napolitano – Una reazione morale contro l’indifferenza (Giorgio Napolitano, Corriere della Sera)

Formigoni: “Subito riforme economiche. Ma tutti insieme” (Carlo Bertini, La Stampa)

Cirino Pomicino: «C’è voglia di Dc e Alfano? ha quel Dna. II Pdl Si disgregherà» (Fabrizio Roncone, Corriere della Sera)

Ferrara – Muoversi, cambiare tutto: chi deve farlo nome per nome (Giuliano Ferrara, Il Foglio)

Il Papa: «Non cedete alla convivenza» (Gian Guido Vecchi, Corriere della Sera)

Colao – Servono regole in rete, non ostacoli al mercato (Vittorio Colao, Corriere della Sera)

Gentili – La crescita come priorità non può essere solo uno slogan (Guido Gentili, Sole24Ore)

Golan, i soldati israeliani sparano sui palestinesi (Aldo Baquis, La Stampa)

150 anni dopo, Cavour resta il politico dei miei sogni (Massimo Gramellini, La Stampa)

In treno con le occasioni estive (Rossella Cadeo, Sole24Ore)

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L’Aquila: specchio di un’Italia dimenticata

postato il 5 Giugno 2011

Un gruppo di ragazzi ha deciso di inaugurare un blog, “La Politica che vorrei”, senza le effigie di partito che vuole essere occasione di stimolo e dibatti. Da quel blog ripubblichiamo un post, purtroppo sempre attuale, su L’Aquila, una città che giorno dopo giorno muore. Continuate a scrivere ragazzi.

20/04/11 ore 18:00; pomeriggio a l’Aquila. Ho voluto vedere con i miei occhi, tastare la realtà, riscoprire la passione di crearsi una propria opinione, senza andare elemosinando quella di altri. Passare un pomeriggio all’Aquila, scoprire le menzogne e le verità, gli estremismi di tutte le fazioni, smascherare le infinite strumentalizzazioni del dolore di una città, di un popolo. Passeggiare per le strade completamente vuote, ancora calde della paura e della rabbia di aver perso tutto; vedere i palazzi con i tiranti di metallo, pieni di crepe, quasi impossibili da rimarginare; constatare lo stato di incertezza e insicurezza, evidenziato dalle centinaia unità militari presenti in tutta la città; assaporare la calma disillusa, straziante, disperata e abbandonata dei pochi, ultimi, cittadini ancora presenti; leggere i cartelli di protesta, frasi dure di chi ha perso tutto ciò che, con sudore, aveva guadagnato; scorgere, da lontano, appese al cancello del municipio, le chiavi delle case crollate.

Uno spettacolo desolante, che gela il cuore e demolisce ogni speranza a colpi di tristezza. L’Aquila è oggi lo specchio di un Paese a pezzi, in rovina, abbandonato, desolato, disilluso, disperato, dove vivono persone che hanno perso la speranza di un domani migliore. Un Paese che ha perso tutto, che non crede più in una Politica di servizio, che si occupi dei problemi reali delle persone; un Paese costretto a vendere o ad affidare ai privati i propri beni perché incapace di farlo autonomamente; un Paese che fa pagare ai contribuenti onesti l’evasione dei meno onesti; un Paese che premia i criminali evasori fiscali con un solo 5% di trattenuta per chi riporta in Italia i capitali nascosti all’estero; un Paese dove si fanno tagli alla ricerca, all’istruzione, all’università e alla cultura quando si continuano a finanziare i privati; un Paese che non riesce neanche a spendere i soldi che gli spettano dall’Unione Europea per incapacità di presentare progetti; un Paese che invece di completare opere pubbliche sospese ed iniziate da decenni (esempio autostrada Salerno-Reggio Calabria) pensa sempre a nuove mastodontiche costruzioni di dubbia utilità (es. ponte sullo Stretto di Messina); un Paese che tutti sentono il dovere di aiutare, di cui tutti parlano, ma dove nessuno sa concretamente cosa fare e come fare per risolvere i problemi; un Paese dove tutti parlano di bene comune e di solidarietà quando invece bombarderebbero il vicino per avere un piano in più in casa propria; un Paese che sembra aver gettato la spugna, perso qualsiasi speranza di un avvenire più dignitoso e più sopportabile; un Paese dove nessuno vuole più investire, ma che tutti vogliono spremere e sfruttare; un Paese dove l’eccellenza è scomoda, costa troppo; un Paese dove è premiata la mediocrità a patto che ci sia fedeltà; un Paese che mette a tacere il dissenso; un Paese dove non si sa più neanche come esprimerlo il dissenso; un Paese che sembra dire ai propri giovani, quelli che dovrebbero essere il futuro oltre che il presente, “andate via, che qui non c’è spazio, non c’è futuro, non c’è ascolto”; un Paese tenuto in piedi da tiranti di metallo, che impediscono temporaneamente il crollo, ma che neanche lontanamente risolvono il problema; Questa è l’Italia; Un Paese dove tutto sembra perduto.

Ma io credo che non sia del tutto così; ricostruire l’Aquila e l’Italia è possibile, siamo solo noi a poterlo fare, noi cittadini, noi persone; ritornare a credere in un senso di Stato; riacquisire una coscienza critica che ci faccia andare oltre ciò che ci dicono e che ci vogliono far credere; tornare a lavorare per il Bene Comune e non solo per il proprio tornaconto personale, dove l’unica regola è “Mors Tua, Vita Mea”; ricostruire un senso di appartenenza ad un Paese, ad un popolo, ad una Nazione; riacquisire un senso di rispetto e impegno personale in una politica che sentiamo non rappresentarci; tornare a sentirci portatori di diritti comuni e di responsabilità personali; adempiere quotidianamente i nostri impegni con senso di responsabilità e di servizio; iniziare ad avere in testa il “Noi” e non solo il “Me”. Tutto è possibile, ma serve l’aiuto e la collaborazione di tutti, nessuno escluso. “We Have a Dream: l’Italia”

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Referendum, giusto andare alle urne

postato il 4 Giugno 2011

Pubblichiamo dal Corriere della Sera l’intervista a Pier Ferdinando Casini

di Andrea Garibaldi

ROMA – Sui referendum del 12 giugno, l’indicazione numero uno del leader Udc Pier Ferdinando Casini è la seguente: «Bisogna andare a votare. C’è un enorme distacco fra classe dirigente e cittadini, tra anziani e giovani, non aumentiamolo con posizioni tattiche. Noi diciamo: gli italiani devono informarsi bene sui contenuti dei quesiti referendari e poi partecipare, depositare nell’urna cosa pensano. Questa è la posizione che ci distingue dal centrodestra».

Andare a votare, va bene. Come?

«Ai due quesiti sull’acqua io voterò “no”. Contro l`abrogazione degli articoli della cosiddetta “legge Ronchi”».

Gli avversari di quella legge dicono che ha lo scopo di «privatizzare l`acqua».

«Totale falsificazione: l’acqua è un bene pubblico e non può che rimanere tale. In tutto il mondo l`acqua è pubblica e la gestione viene affidata in regime di concorrenza. Il problema, dunque, è la gestione del servizio, a fronte del dissesto del comparto idrico, degli immensi sprechi. Se non si favorisce l’ingresso dei privati, chi potrà fare gli investimenti necessari per il risanamento? Più concorrenza porterà migliore gestione e tariffe più basse. Oggi le nostre tariffe sono fra le più alte in Europa e ciò non tutela né le famiglie né le imprese». [Continua a leggere]

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06 giugno, Roma

postato il 3 Giugno 2011

Ore 15.00 – Palazzo Wedekind (Roma – Piazza Colonna, 366 )

Partecipa alla tavola rotonda del convegno “L’integrazione italiana. Il fallimento del multiculturalismo: valori e regole per una nuova cittadinanza” organizzato dalla Fondazione Liberal

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2 Giugno: Ottimista sul futuro dell’Italia, lavorare assieme per il bene della Repubblica

postato il 2 Giugno 2011

Il nostro è un grande Paese che ha un popolo straordinario.
E noi, noi classe dirigente, dobbiamo mettere da parte le polemiche e lavorare assieme per l’unità della nazione e per il bene della Repubblica.

Pier Ferdinando

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Rassegna stampa, 2 giugno 2011

postato il 2 Giugno 2011
Angelino Alfano è stato eletto (o nominato?) segretario politico del Pdl: carica originariamente non prevista dallo statuto, che ora si aggiunge ai tre coordinatori nazionali e al grande capo; così – Mussolini dixit – “a litigare adesso saranno in quattro”. Pd e Udc ironizzano: non sarà un giro di valzer a cambiare le cose, i confini l’impero vacillante possono cedere da un momento all’altro e, di questo passo, la toppa sarà soltanto peggiore del buco. Nuovi scossoni si avvertono nel Pdl: a cominciare proprio da una possibile fuga di 6-7 deputati dalla maggioranza (Angelucci in testa). Destinazione? Ancora da chiarire, ma i rumors danno per probabile un loro arrivo nel Terzo Polo e nel gruppo dell’Unione di Centro. Vedremo.

Pd e Udc: i giri di valzer non risolvono le cose (Il Messaggero)

Angelino, il nemico delle correnti chiamato a difendere i confini di un impero vacillante (Francesco Verderami, Corriere della Sera)

«Alt alle ganasce fiscali sotto i 2 mila euro» (Roberto Bagnoli, Corriere della Sera)

Severgnini – II mal di pancia che unisce gli italiani (Beppe Severgnini, Corriere della Sera)

Feltri torna al Giornale? Angelucci lascia il Pdl (Francesca Schianchi, La Stampa)

Urbinati – La tv del potere sconfitta dal voto (Nadia Urbinati, La Repubblica)

Ma la vittoria non dipende dalle primarie (Francesco Cundari, Il Messaggero)

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