Archivio per Febbraio 2011

Governo: se le cose non cambiano meglio votare

postato il 13 Febbraio 2011

Se le cose continuano così allora meglio andare a votare perché questa paralisi non serve a nessuno.
Sono mesi che sollecitiamo il governo a fare qualcosa di concreto per gli italiani, che sono assolutamente dimenticati, e invece si discute solo di Berlusconi, dei suoi casi o magari di revisioni improbabili di articoli della Costituzione.

Pier Ferdinando

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Immigrazione: il governo pensi agli sbarchi, non ai ricorsi del premier

postato il 13 Febbraio 2011

Il governo pensa di fare ricorsi alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo in difesa del presidente del Consiglio, mentre sarebbe meglio che si occupasse dei clandestini che stanno sbarcando a migliaia e di quello che accade nel Maghreb.
In che in questo momento il ministro degli Esteri dovrebbe essere a Bruxelles a battere i pugni sul tavolo per porre all’Unione Europea il problema degli sbarchi. E invece si ipotizza il ricorso alla Corte di Strasburgo in difesa di Berlusconi. Quanto basta a dimostrare che c’è una irresponsabilità totale del governo.

Pier Ferdinando

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Donne: la loro dignità deve riguardare tutti noi

postato il 13 Febbraio 2011

La dignità delle donne deve riguardare tutti, destra, sinistra e anche noi uomini.
Ci sono donne che oggi scenderanno in piazza, altre che resteranno a casa, ma hanno tutte il nostro rispetto.

Pier Ferdinando

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14 febbraio, L’Aquila

postato il 13 Febbraio 2011

Ore 11.00 –   partenza dalla Basilica di San Bernardino (via San Bernardino)

Nuovo sopralluogo del centro storico, accompagnato dal vice sindaco de l’Aquila Giampaolo Arduini e dai dirigenti abruzzesi dell’UDC. In seguito incontro con rappresentanti delle istituzioni e delle attivita’ produttive e imprenditoriali nella sede della Ance in via De Gasperi

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Dalle manifestazioni per la vita a quelle con le mutande

postato il 12 Febbraio 2011

Ci si arrampica sugli specchi per difendere qualcuno mentre il Paese va a fondo

Bisogna cominciare a parlare di cose serie che riguardano gli italiani. La gente vuole lavoro, provvedimenti seri che rilancino l’occupazione, investimenti per le piccole e medie imprese e aiuti per le famiglie, molte delle quali stanno scivolando nella povertà.
Il segno del fallimento di questi anni di governo è che siamo arrivati da manifestazioni in difesa del diritto alla vita a manifestazioni che hanno come simbolo le mutande.
Ormai per difendere qualcuno ci si arrampica sugli specchi: questo Paese sta andando veramente a fondo.

Pier Ferdinando

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Tremonti tiene conti in ordine, ma bisogna stimolare la crescita

postato il 12 Febbraio 2011

In un momento in cui nessuno governa il Paese, il ministro Tremonti si è accorto che non c’è un disegno riformatore e si preoccupa della crescita. Così cerca di tenere i conti in ordine e non è un merito da poco, altrimenti si scatenerebbe il caos e la speculazione.
In Italia pero’ cè bisogno di stimolare la ricerca, tagliare i rami secchi, promuovere un federalismo virtuoso tagliando le province e accorpando i comuni.
Togliere l’Ici è stato un grandissimo errore, perché era l’unica imposta federalista. Certo è stata una mossa popolare, si dice alla gente quello che vuole sentirsi dire, ma di questo passo i problemi non risolveremo i problemi.
Al Paese servono provvedimenti concreti anche se impopolari, non modifiche astratte di norme della costituzione che saranno in vigore se va bene fra tre anni e non serviranno a nulla.

Pier Ferdinando

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Mi piacerebbe un Paese normale

postato il 11 Febbraio 2011


Mi piacerebbe un Paese normale in cui ci sia il rispetto tra i poteri dello Stato, un premier che non chiedesse i danni allo Stato e non dicesse che l’Italia è come la Germania dell’est, un paragone umiliante per l’Italia e per le decine di morti di quel regime.
Mi piacerebbe recuperare il senso delle proporzioni. Un Paese normale in cui il premier, almeno un giorno su due, pensa a risolvere anche i problemi degli italiani non solo i suoi, soprattutto degli elettori di centrodestra che oggi vedono che Berlusconi non ha risolto uno solo dei problemi che aveva promesso di risolvere 20 anni fa con la rivoluzione liberale.
Il resto è fuga dalla realtà, parliamo del nulla.

Pier Ferdinando

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La vera alternativa è una grande coalizione

postato il 11 Febbraio 2011

L’alternativa vera a Berlusconi nasce ristrutturando l’area moderata, ci vuole un’altra offerta politica. Io non credo più ai governi uno contro l’altro, né all’ammucchiata di tutti contro Berlusconi, né di Berlusconi contro la sinistra.
Si mettano assieme le persone migliori, compatibili, di Pdl, Pd e Centro e si faccia una grande coalizione per compiere le scelte impopolari che servono al Paese. Viceversa non si farà mai nulla, si cercherà di sfangarsela rinviando le questioni.
Il nuovo polo che si e’ creato deve lavorare per proporre questa soluzione di buon senso.

Pier Ferdinando

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Il 17 marzo: abbiamo fatto l’Italia, ora dobbiamo fare gli italiani

postato il 11 Febbraio 2011

Thiago Motta è nato in Brasile e parla portoghese e spagnolo ma ha sangue italiano. “La maglia dell’Italia è sempre stato il mio sogno, ancor prima di rappresentare una grande squadra, sono fiero di rappresentare un grande paese”, queste le sue parole alla prima convocazione in nazionale del ct Cesare Prandelli contro la Germania. Un ragazzo ventottenne emozionato e commosso che prometteva: ” Per il momento non canterò l’inno, lo conosco ma non mi sono ancora abituato alla melodia, ma prometto di rifarmi presto. Orgoglioso di aver scelto di essere italiano e giocare con l’Italia ”. Muto dunque come tutti quei politici e amministratori locali o impegnati di vari livelli che rifiutano di cantare l’Inno di Mameli ma che non possono trovare la scusa di non conoscere la melodia e che forse non lo canteranno nemmeno il prossimo 17 marzo.

Il 17 marzo 2011 sarà una data molto importante, ricorrono infatti i 150° anni del nostro paese. In quello stesso giorno, nel 1861, veniva proclamata la prima legge del Regno d’Italia, l’articolo unico secondo cui l’allora sovrano del Regno di Piemonte e Sardegna Vittorio Emanuele II veniva proclamato dal parlamento primo re d’Italia. Di quel periodo è anche la celebre fatta del lungimirante marchese d’Azeglio Massimo Tapparelli, autore del romanzo dimenticato e noto ormai a pochi cultori di lettere “Ettore Fieramosca o la disfida di Barletta”, senatore del regno e presidente della Provincia di Milano:” Abbiamo fatto l’Italia, ora dobbiamo fare gli italiani”: Il marchese non aveva torto, ora bisognava occuparsi di cementificare e riunire non solo geograficamente ma anche in spirito e civiltà la neonata nazione Italiana. Ma questo non è mai successo e sin dai primi giorni di questi 150 anni si crearono sacche di profondo disagio e incomprensione. Da un lato il sud, ben raffigurato dai quindici tomi dell’Inchiesta Jacini del 1877: un mezzogiorno che aveva bisogno di un modello di sviluppo formato sull’integrazione di industria e agricoltura, sulla razionalità liberista e lo sviluppo di idee e meritocrazia che invece riceveva, se e quando riceveva qualcosa, soldi a pioggia erogati in piani straordinari destinati a esaurirsi nelle mani di pochi potenti o innovazioni destinate ad essere cattedrali nel deserto. Un sud che non aiutato a costruire razionalmente e umilmente un nuovo modello di sviluppo cadeva sotto i colpi della delusione e del brigantaggio, iniziando a rimpiangere quel regno Borbonico del Re Franceschiello e Napoli capitale d’Europa e potenza del mondo svenduta a monarchi montanari . Dall’altro lato il nord, il nord liberale e parlamentare che guardava con senso di emulazione e anche un po’ di indivia la borghesia inglese e francese e sognava di esportare anche in Italia la rivoluzione industriale che in Europa si stava sviluppando, quel nord che temeva di portarsi il sud come un peso sulle spalle che avrebbe inceppato la sua corsa al successo. Paure, speranze, desideri pur giusti che sia da un lato che dall’altro andavano incoraggiati o ricuciti quando invece si sono acuiti con reciproca diffidenza. Sacche di pensiero che ancora oggi restano, intrappolate ed esasperate negli schemi di meridionalisti e padanisti. Ogni tanto emerge anche qualche novità, giusto per dire “ci siamo anche noi” : i bolzanini , dopo la proposta referendaria per rendere i cartelli e i nomi delle strade solo in lingua tedesca, adesso tramite il presidente della loro provincia autonoma annunciano il proprio distacco dal 17 marzo protestando a favore della dimenticata e sfruttata minoranza austriaca. Viceversa spunta un principe sabaudo con una grande voglia di festeggiare e quasi offeso di non essere stato invitato alle celebrazioni. Mancano all’appello solo gli indipendentisti sardi ma al momento sono quieti o per lo meno hanno altre gatte da pelare, come l’elezione del nuovo segretario dopo le dimissioni dello storico leader.

E che facciamo il 17 marzo allora? Chi festeggia e che cosa festeggia? Andiamo a lavorare o no? Personalmente posso comprendere le preoccupazioni di chi come la presidente di Confindustria vorrebbe che la produzione italiana non perdesse ulteriori colpi e continuasse a lavorare, ma un giorno in più, un giorno meno non credo possa affossare o resuscitare la nostra economia e credo che ogni tanto fermarsi e guardarsi negli occhi per capire chi siamo sia necessario e doveroso. Anche riguardo alle scuole c’è molta polemica, personalmente io opterei per questa iniziativa: tenere aperte le scuole ma interrompere la didattica ordinaria per celebrare una giornata all’insegna dell’Unità d’Italia, con conferenze, filmati, dibattiti e interventi. Personalmente io il 18 febbraio, anniversario della prima riunione del Parlamento Italiano, tornerò nel mio ex liceo a guidare con il mio prof il progetto e laboratorio multimediale di storia ed ed.civica Demopolis dedicato proprio ai 150 anni dell’Unità d’Italia.

Il 17 marzo sarebbe meglio fermarsi per evitare che una festa appena istituita non nasca già mutilata; guardiamoci negli occhi, guardiamoci dietro le spalle ma soprattutto avanti e oltre. Italia, abbi coscienza di te!

“Riceviamo e pubblichiamo” di Jakob Panzeri

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