Positivo anche se tardivo allineamento a valutazione europea
Mi sembra che la posizione italiana sia sostanzialmente cambiata ed io -poiché sono un patriota – dico per fortuna. Perché non condannare le violenze contro giovani che stanno in piazza a Tripoli e Bengasi sarebbe stata pura irresponsabilità. Non disturbare il colonnello Gheddafi oggi sarebbe stato un atto di viltà e di sostanziale complicità. Sono lieto che ci sia stato questo tardivo ma comunque positivo allineamento alle posizioni europee.
E vorrei ricordare che io sono stato l’unico, insieme al mio gruppo parlamentare, a votare contro il Trattato di amicizia con Gheddafi fatto qualche mese fa. [Continua a leggere]
postato il 20 Febbraio 2011
Eccolo qui il Berlusconi d’annata – tanto auspicato da Ferrara – pronto a rinverdire il nostro panorama politico con le solite riforme che non si sono mai fatte: oggi è la volta della Consulta. Che – quasi fosse il Tempio di Gerusalemme – entro tre giorni verrà trasformata radicalmente, (o distrutta e fatta risorgere?): piccata la reazione degli addetti ai lavori, con Armando Spataro che invoca l’aiuto del Quirinale e Capotosti che invece ci spiega come B. abbia deciso di presentare il conto ai giudici, rei di aver bocciato le leggi ad personam. In questo fosco panorama politico-giudiziario, si registrano poi: l’appello di Casini, che ricorda che non sarà l’immunità a salvare i rapporti tra politici e magistratura (chi amministra e governa deve rispettare una sola regola, “quella della trasparenza”); l’apertura di una parte del Pd anti-giustizialista; lo sdegno dell’editorialista Bianconi, che sul Corriere scrive di “provvedimenti-ritorsione” ai danni di chi ha il coraggio di dire no alle porcate di questo Governo. Ernesto Galli Della Loggia, sempre sul Corriere, fa una disamina della nuova antropologia (targata Isola dei Famosi), mentre Giuliano Ferrara, sul Giornale, fa un appello a Bersani, e Scalfari, su La Repubblica, attacca “il don Giovanni precipitato all’Inferno”. Infine, assolutamente da riprendere e applicare, è l’invito fatto da Beppe Severgnini: il 17 marzo, festa nazionale, tutti con una coccarda tricolore, perché “è un segno collettivo che denota una scelta personale: le bandiere si guardano, una coccarda s’indossa”.
La fine dei governi autoritari di Tunisia ed Egitto sembra aver innescato un movimento di protesta senza precedenti che in questi giorni riempie le piazze di molti paesi del Medio Oriente e del Nord Africa. Le notizie che giungono da questi paesi sono molto frammentarie e confuse perché le autorità controllano le comunicazioni e hanno messo in atto una strategia di oscuramento che colpisce specialmente la rete internet e i suoi social networks, tuttavia le notizie riescono comunque ad aggirare in qualche modo questo feroce embargo e in queste ore ci raccontano anche delle repressioni nel sangue in particolare in Bahrein e in Libia. Queste serie di sollevazioni dal golfo persico all’oceano Atlantico sono sicuramente il sintomo di un malessere generalizzato nei confronti di regimi autoritari e corrotti che governano grazie alla paura e a complicità svariate, spesso anche internazionali, e che hanno impedito la crescita di questi paesi e in molti casi hanno causato uno spaventoso divario tra poveri e ricchi. Altro particolare di queste rivolte è che le piazze sono piene di giovani e donne dai diritti conculcati e dal futuro incerto che traggono forza e speranza dai contatti che sviluppano attraverso internet con l’Occidente libero e democratico.
Nonostante queste caratteristiche comuni le proteste e le rivolte che sconvolgono il Maghreb e la penisola araba sono molto differenti tra di loro ed ogni paese presenta variabili ed imprevisti che difficilmente consento di identificare il fenomeno e di prevedere sviluppi e possibili scenari. Di certo in questo momento c’è l’insufficienza della politica estera dell’Europa e dell’Italia, al contrario degli Stati Uniti, che pure con evidenti defaiances diplomatiche sono riusciti in qualche modo a far sentire la loro voce, l’Europa è sembrata spiazzata ed afona di fronte al precipitare della situazione in Tunisia, in Egitto e poi negli altri paesi.
L’Unione Europea dei trattati e delle conferenze mediterranee, di Tony Blair e Lady Ashton non è riuscita a prendere una posizione, a intervenire e probabilmente ha deluso le aspettative di quegli uomini e di quelle donne che nelle piazze e nelle strade di questo oriente inquieto speravano almeno in un cenno di approvazione della patria del diritto e della civiltà. Purtroppo non ci si può neanche consolare con le diplomazie nazionali: come ha argutamente notato Ugo Tramballi su il Sole 24 ore se in un motore di ricerca proviamo a cercare qualcosa del tipo “Franco Frattini Medio Oriente” oppure “Alliot-Marie Proche Orient” troveremo poco o niente. E’ probabile che questo silenzio non sia solo il frutto amaro di ministri degli esteri incapaci ma anche di un imbarazzo politico dovuto all’appoggio, non troppo velato, ai tiranni di ieri che hanno governato spesso col consenso e la benevolenza di parecchi stati europei che spesso hanno anche notevoli interessi economici in ballo.
In Italia l’assordante silenzio del ministro Frattini è purtroppo compensato dalle incredibili dichiarazioni del Premier che ha affermato davanti ai giornalisti di non avere sentito Gheddafi e di non permettersi di disturbalo. Peccato che il “non disturbare Gheddafi” del Presidente del Consiglio sia costato al popolo libico più di cento morti negli scontri di Bengasi. Fiumi di sangue e la fine dello status quo in Nord Africa e Medio Oriente dovrebbero spingere Berlusconi a riferire alla Camere, e più in generale dovrebbero costringere l’intera Europa a riflettere sulle conseguenze di questa situazione e ad intervenire per una soluzione non violenta delle crisi che però preservi e sostenga l’anelito di libertà e democrazia che proviene dalle piazze Tahrir di tutto l’Oriente. Un anelito che deve “disturbare” i satrapi orientali ma anche i sonni tranquilli dei cosiddetti paesi liberi.
postato il 19 Febbraio 2011
E alla fine pare che – salvo ulteriori complicazioni – il17 marzo sarà Festa Nazionale. Ieri, il Consiglio dei Ministri ha infatti approvato il decreto di istituzione della festa, con una sorpresa (mica tanto, poi): i ministri della Lega (Calderoli e Bossi, assente Maroni) hanno scelto di votare no, definendo la festa una “follia incostituzionale”. Curioso, no?, che proprio loro vengano a farci la morale su cosa è costituzionale o su cosa no. Nel frattempo, Casini ribadisce il suo no a una Santa Alleanza a Berlusconi (e, su Liberal, Biagio De Giovanni, Gianfranco Pasquino e Massimo Cacciari gli danno ragione): sarebbe solo un grande, grandissimo favore al Cav; che senso avrebbe, infatti, fare un cartello elettorale per le riforme, escludendo il centrodestra? Potrebbe solo essere un incentivo per i delusi del Pdl a tornare a votare B., altroché. Il Corriere ci racconta poi la tregua tra Fini e Urso; Jacopo Jacoboni stende su La Stampa un impietoso (e ottimo) ritratto dei sempre “Disponibili”, quelli che – per intenderci – non solo si vendono al miglior offerente, ma in più vorrebbero farci credere di farlo per il bene delle Istituzioni; Europa ci spiega che esiste una “terra di mezzo” a cui il Pd non riesce a parlare e che pertanto è preda delle mire dei moderati del Nuovo Polo; Peppino Caldarola, sul Riformista, traccia infine una disamina dei nuovi file di Wikileaks (ma ci pensate all’imbarazzo dell’americano che scriveva quelle cose di Berlusconi?).
In Libia è in corso un silenzioso massacro di giovani intellettuali e lavoratori che protestano contro un regime liberticida. Le autorità italiane assistono in modo silenzioso e forse imbarazzato nel ricordare le indegne sceneggiate a cui ci ha costretto ad assistere il colonnello Gheddafi sul territorio italiano con la sola voce indignata di una parte dell’opposizione.
Chiediamo che il Governo riferisca in Parlamento al più presto su quanto sta avvenendo e che le Camere esprimano una condanna netta e ferma per atti di violenza perpetrati nei confronti di spontanee manifestazioni di protesta popolare contro un regime tirannico.
Quarantotto è la posizione dell’Italia nella classifica dei paesi capaci di innovazione stilata dal Global Competitiveness Index del World Economic Forum;
Tre sono i megabit della velocità reale media delle nostre connessioni;
Ventotto milioni sono, secondo le statistiche InternetWorldStats, gli italiani che ancora non hanno accesso ad internet (il 49% della popolazione);
L’1,21% sarebbe la crescita del Pil pro capite stimata dalla Banca Mondiale se ci fosse un aumento del 10% della banda larga.
Sono dati quelli appena snocciolati che fanno saltare agli occhi la necessità di imprimere all’Italia una grande svolta digitale per rendere la nostra economia realmente competitiva. Nonostante l’abbondanza di dati che indicano la necessità e l’urgenza di una strategia digitale un recente rapporto dell’Unione Internazionale delle Telecomunicazioni (ITU) ci informa che tra i 161 paesi che attualmente stanno lavorando ad una strategia digitale non c’è ancora l’Italia. In questo quadro appare assolutamente condivisibile l’appello dei sottoscrittori del manifesto di Agenda digitale che chiedono alla politica italiana di portare questo tema al centro del dibattito politico nella consapevolezza che si tratta di una straordinaria opportunità di sviluppo per il Paese. L’Udc è convinta che questo appello ad una rivoluzione digitale italiana non vada lasciato cadere nel vuoto e che sull’esempio dell’Europa bisogna delineare una agenda digitale italiana per indicare le strategie per i prossimi cruciali anni: per questo insieme a professionisti, blogger, volontari web e tutti che coloro che vorranno contribuire, l’UDC sta redigendo una propria proposta di agenda digitale.
L’agenda digitale non è solo una necessità di sviluppo ma è anche l’occasione per far uscire l’Italia dall’immobilismo politico, sociale ed economico; ecco perché questo progetto necessità dell’impegno di tutte le forze politiche, ma anche di tutti coloro che hanno a cuore il futuro di questo Paese. Facciamo allora appello all’ingegno, alla fantasia e alla creatività di tutti i nostri amici per contribuire attraverso le pagine del nostro sito a questo grande battaglia per l’innovazione. Aspettiamo i vostri contributi per far divenire l’agenda digitale italiana una realtà.
Pubblicato da Pier Ferdinando Casini | su: Facebook
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