Archivio per Novembre 2019

EMILIA-ROMAGNA: BONACCINI SIA CANDIDATO CIVICO COME FU GUAZZALOCA

postato il 24 Novembre 2019
Sardine? Fiero che l’Italia abbia prodotto un movimento non violento, creativo e propositivo

L’intervista di Silvia Bignami su Repubblica, edizione di Bologna

«Bonaccini deve essere un candidato civico per vincere in Emilia Romagna. Come fu a suo tempo Giorgio Guazzaloca».
Il senatore di Pier Ferdinando Casini consiglia a Stefano Bonaccini di chiudere i partiti in cantina, proprio come fece Guazzaloca con i manifesti elettorali di Silvio Berlusconi nel ‘99. E di usare, per restare in sella, «l’arma più forte che ha, cioè la buona amministrazione».
«Non fare l’alleanza con il M5S potrebbe essere quasi meglio, perché tante volte i voti non si sommano» spiega. Quanto poi alle sardine, «dò loro un consiglio»: «Non esagerino, siano gelosi di quel che hanno fatto sin qui».
Casini, il Pd però è preoccupato. Si può vincere senza i 5 Stelle?
«La storia è piena di contabilità elettorali che dimostrano che tante volte i voti non si sommano. O c’è una convergeza reale, oppure se è un “vorrei ma non posso”, forse è meglio lasciar perdere. Tanto più che non sappiamo quanti voti i grillini riescano a sottrarre al populismo leghista. E senza contare che oggi l’elettorato è estremamente mobile ed emancipato. Non basta fare una alleanza per “trasferire” i voti».
Quindi Bonaccini sta meglio senza pentastellati secondo lei?
«Bonaccini vince se fa il candidato “civico”. Lasci perdere le questioni nazionali e le foto di Narni. La sua unica arma è il fatto che ha governato bene, e che tante categorie, di commercianti, di artigiani, di persone che alle politiche non scelgono la sinistra, sono pronte a votare per lui. Nel ‘99 la sinistra ha pagato il civismo, questa volta invece proprio col civismo si può vincere. Ricordo quando Guazzaloca chiuse in cantina i manifesti di Berlusconi…».
Bonaccini deve chiuderci quelli di Zingaretti?
«Non è un problema di Zingaretti, è che il Pd ha già preso due punti meno della Lega alle Europee. Il Pd in Emilia Romagna è sotto in questo momento, e non si può ragionare come se non ci fosse un pregresso».
Bonaccini sta già facendo una campagna molto in solitaria. Molti lo reputano troppo “renziano”…
«Non è renziano, è civico. E fa benissimo a esserlo. Come ha fatto bene a contestare la plastic tax del governo, che poteva danneggare le imprese, e i tempi in cui è stato proposto lo Ius Soli. Fa bene a ricordare che lui resterà in Emilia, mentre Salvini deve invece dividersi tra 21 regioni. Nel confronto con la Borgonzoni ho apprezzato che abbia tenuto un tono pacato, da “forza tranquilla”, come era la Dc. Del resto, l’Emilia Romagna è una regione conservatrice. Ha conservato il Pci per 50 anni. Ha conservato persino me, che non sono mai stato comunista, ma che sono stato eletto perché rappresento Bologna».
Eppure questa idea di Bonaccini di fare una campagna elettorale solo sui temi amministrativi desta qualche perplessità. La piazza delle sardine è una piazza politica, di valori. Non sarebbe meglio puntare su quelli? [Continua a leggere]
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Emilia Romagna: Bonaccini eviti le foto di Narni

postato il 8 Novembre 2019

Per vincere non gli serve il Movimento

La mia intervista su Il Corriere della Sera

Senatore Casini, si dice che nella sua regione a fine gennaio si giochi la «madre di tutte le battaglie».
«No. La “madre di tutte le battaglie” sono le elezioni politiche. Non c’è niente di più improprio di trasferire sulle elezioni locali significati nazionali. È una malattia italiana».

Ma il voto in Emilia-Romagna, questa volta, sembra un redde rationem.
«Non si vuole capire che questo atteggiamento crea un’instabilità permanente. A questo punto faremmo meglio ad accorpare tutte le elezioni, locali e nazionali, in un solo giorno: chi vince vince. Ed eviteremmo questo stillicidio di un voto ogni sei mesi che sembra sempre decisivo. E non lo è».

Non negherà che se Salvini prevale perfino in Emilia- Romagna il significato è nazionale.
«Alt. Io non dico che sia irrilevante se vince Salvini. Ma è molto più rilevante come agisce il governo. Sono più preoccupato dei litigi, della capacità o meno di affrontare questioni grandi come l’Ilva. Insomma, questo governo sta in piedi se fa bene e non se Salvini vince o perde un’elezione locale».

Il governo vive già adesso forti tensioni
«Non credo che Zingaretti, Di Maio o Renzi, quando hanno deciso di governare, pensassero che sarebbe stato un pranzo di gala. Credo che fosse chiaro a tutti che o finisce la legislatura oppure questo governo non ha ragione di esistere. Insomma, invece di isterismi e fibrillazioni, ci vorrebbero nervi saldi. Se fai politica e non hai i nervi saldi, tanto vale che lasci il campo ai tuoi avversari…».

Ma l’alleanza politica tra il Pd e il M5S, dopo l’Umbria, è già bocciata.
«Io contesto che questo governo debba trasformarsi in un laboratorio del nuovo centrosinistra. Hanno reso l’Umbria un test nazionale e si è visto come è andata. Non si faccia lo stesso con l’Emilia dove i 5 Stelle sono sempre stati antagonisti del Pd. Con che logica, adesso, dovrebbero correre alleati?».

Perché se non si alleano Bonaccini perde.
«Bonaccini può farcela a prescindere. Anzi, le dico di più, ce la fa se non si fa alcuna foto con i leader nazionali, se respinge ogni abbraccio romano, se dice a tutti: grazie, ma state a casa, non venite qui a fare campagna elettorale».

E perché?
«Perché non serve alcuna nuova foto di Narni, anzi. Ci sono settori delle società emiliana che a livello nazionale sono più vicini al centrodestra e che invece voteranno per lui perché ha governato bene, conosce il territorio, le esigenze degli imprenditori, non è vissuto come una sinistra tradizionale. L’elettorato ormai è fluido».

E se invece lo scontro in Emilia diventa la replica di quello che c’è a Roma?
«Se si accetta questo schema, le elezioni sono già perse. Ma io credo invece che Bonaccini, proprio se si tiene lontano da questo schema, ce la farà».

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Muro di Berlino: quando prevalse la forza della libertà e della democrazia

postato il 7 Novembre 2019

Il mio intervento nell’Aula del Senato sulla commemorazione dell’anniversario della caduta del Muro di Berlino

Signor Presidente,
vorrei ringraziare il vice presidente La Russa per la sua idea di ricordare in quest’Aula una data molto importante per la nostra storia: trent’anni fa cadeva il muro di Berlino, la cui costruzione ha rappresentato una delle pagine più drammatiche della storia contemporanea del Novecento, con la divisione tra i Paesi europei caduti sotto il giogo del Comunismo e dell’Unione Sovietica. La democrazia veniva abbattuta, con la forza delle idee.
Non servirono i carri armati, non servirono manifestazioni di forza: l’unico grande elemento insopprimibile, che riuscì a scalfire quel grandissimo ignobile muro, fu la forza della democrazia. Nel confronto tra il blocco dei Paesi dell’Unione Sovietica e il blocco dei Paesi europei democratici, in quel giorno drammatico, dopo mesi e mesi di logoramento, dopo una vicenda storica che ha segnato il mondo contemporaneo, prevalse la forza della libertà e della democrazia.
Ho visitato Berlino Est negli anni passati, negli anni in cui il muro c’era. Ricordo la mia prima visita nel 1973: avevo 18 anni e partecipavo ad un corso di formazione della Fondazione Adenauer a Berlino Ovest. Con un gruppo di giovani, molti dei quali ho ritrovato poi sui banchi del Parlamento nella Democrazia Cristiana e in altri partiti, entrai in quella sorta di città spettrale che era Berlino Est. Provenendo da Berlino Ovest noi giovani eravamo stupefatti di come il mondo non potesse aver chiara la percezione della differenza che c’era. [Continua a leggere]

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