L’On. Roberto Rao è intervenuto, qualche settimana fa, al convengo organizzato da AgendaDigitale, spiegando la posizione che il nostro partito ha assunto sul delicato tema della libertà della Rete. In questi lunghi mesi, grazie a una proficua collaborazione tra la base e diversi parlamentari, l’Udc ha voluto entrare a pieno titolo nel dibattito sulla modernizzazione del nostro Paese: obiettivo, questo, da raggiungere attraverso la promozione di un Internet libero, finalmente, di svilupparsi come meglio crede.
La sfida di AgendaDigitale – da noi già accettata e rilanciata – sta proprio in questo, nel dare a questa nostra benedetta Italia una “strategia digitale”, che possa farci uscire dal gap tecnologico e informatico (in cui ci hanno cacciato anni e anni di politiche miopi) e restituirci a degli standard europei e moderni. Rao ha esemplificato questa brutta situazione, in modo chiaro, raccontando agli intervenuti del convegno il rapporto che hanno i suoi due figli con il mondo digitale: il figlio più piccolo, di un anno e 8 mesi, è nato con l’iPad e – come racconta Rao – sa già come utilizzarlo, mentre la figlia più grande, di 7 anni, si ritrova a non fare informatica a scuola perché mancano i computer o è assente la maestra. Ci sono solo 6 anni di differenza tra i due, eppure è evidente come la seconda – che pure vive in un contesto sociale perfettamente integrato qual è quello scolastico – si trova in difetto rispetto al primo. In sostanza, finché si è in famiglia la tecnologia è qualcosa di fondamentale e accessibile, ma non appena si esce dai confini della propria dimora, ecco che ci ritroviamo immersi in un mondo vecchio che non riesce a cambiare.
E la politica? A parole – sottolinea Rao – si dice subito pronta: è nei fatti che è assente, incapace di interpretare i reali bisogni della società e dei suoi cittadini. Quale differenza c’è tra le aule che frequento oggi io e quelle che frequentava un mio bisnonno decenni e decenni fa? Praticamente nessuna: a parte i calamai, le lavagne, i banchi e le cattedre sono sempre lì. E attenzione, non è generalizzare o banalizzare! Il fatto che la Scuola abbia rifiutato l’integrazione tecnologica, l’ha resa più povera e debole. Sarà un caso poi, che il nostro Senato promulghi una legge illiberale e retrograda che proibirà di fare sui libri sconti superiori al 15 per cento? E sapete perché? Per paura di Amazon e dell’e-commerce dei libri! Ha ragione Francesco Costa, che su questo punto ha scritto: “da sempre i cambiamenti aprono nuovi mercati e altri ne chiudono, creano nuove professioni e altre le cancellano: non c’è stato modo di salvare i maniscalchi quando sono state inventate le automobili”. Abbiamo voglia di Futuro.
Ricorderete sicuramente che qualche giorno fa ho già parlato della necessità di “liberare” il WiFi e di abolire l’inutile e anacronistico Decreto Pisanu. Oggi giunge una bella notizia: il Ministro Brunetta, intervenendo al Future Center Telecom ha fatto sapere che durante il prossimo Consiglio dei ministri si dovrebbe esaminare l’abrogazione dell’art. 7 della legge Pisanu sull’obbligatorietà del deposito dei dati anagrafici sulle reti WiFi. «Il ministro Maroni – ha sottolineato Brunetta – si è detto disponibile e penso che dal prossimo Cdm si potrà liberare la rete».
Ora non ci resta che vedere cosa accadrà al prossimo Consiglio dei Ministri in merito alle modifiche dell’art. 7 del decreto Pisanu sul WiFi: siamo curiosi di sapere se le parole di Brunetta rappresentano la linea guida del Governo o se si tratta di opinioni isolate. Internet – e quindi il libero accesso al suo utilizzo – rappresentano non solo una delle più alte espressioni della nostra libertà, ma soprattutto una nuova frontiera per lo sviluppo dell’economia e della società. Dare la possibilità di consultare Internet in ogni momento e con ogni comodità, significa garantire ai propri cittadini l’apertura al mondo più moderno e tecnologicamente avanzato. Vi faccio un esempio: un istituto scolastico dotato di connessione Wi-Fi è considerato all’avanguardia, quasi offrisse un servizio fuori dal comune. E invece no. Perché ogni scuola, di qualsiasi ordine e grado, dovrebbe essere dotata di questo tipo di connessione. In fondo, quale mezzo migliore esiste per evitare che Internet diventi una perdita di tempo se non quello di insegnare, sin da piccoli, a integrarlo – in modo sapiente e costruttivo – nella propria vita? Dai libri alle ricerche, dallo svago allo studio.
Ho già avuto modo di sottolineare come la proposta di legge portata avanti dall’Udc (con il concorso di Api, Pd e FLI) rappresenta un ottimo passo verso il futuro, verso una nuova alfabetizzazione. I vantaggi che si potrebbero ricavare sono immensi: la possibilità di un maggior coinvolgimento della gente comune, un avvicinamento sempre maggiore tra i quadri dirigenti della società e la base, una maggiore circolazione di informazione libera e veramente indipendente.
Se il dibattito che si svolgerà in Consiglio dei Ministri (così come ha promesso il Ministro Brunetta) andrà in questa direzione, vorrà dire che il lavoro che è stato svolto finora è stato ben fatto, perché determinerà novità positive ed utili per lo sviluppo tecnologico del settore e favorirà quella parte di cittadini colti, ben informati e attivi che devono essere un modello per tutti noi. Se invece, il CdM preferirà chiudersi a riccio in una posizione stantia e vecchia, continuando a sostenere che il Decreto Pisanu rappresenta una buona cosa, vorrà dire che occorrerà andare avanti con le iniziative bipartisan già intraprese, sperando di finirla di rincorrere ciò che altrove è già passato.
Il Decreto Pisanu è superato per una serie di diversi motivi. Primo, perché fu pensato come argine per il rischio di terrorismo informatico, forma di terrorismo mai avvenuta sul nostro territorio. Secondo, perché l’Italia è un Paese fortemente tecnologizzato, ma con un handicap fortissimo, quello di non avere lo Stato dalla propria parte. Da noi ci sono infatti 4.806 punti di accesso Wi-Fi (in maggioranza privati), mentre in Francia ce ne sono 5 (cinque) volte di più. Prova ne è il fatto che se negli altri Paesi mezzi come I-Pod, I-Pad o Smartphone sono esclusivamente Wi-Fi, da noi sono in maggioranza Edge (dato che non ci sono punti di accesso). Terzo, perché frenare l’espansione del Wi-Fi libero è controproducente per l’economia e la nascita di nuove forme di investimento.
Senza dubbio il grande male del decreto Pisanu è contenuto nel suo primo comma (che impone la richiesta di un’autorizzazione al questore per condividere un po’ di connettività tra gli avventori del proprio esercizio commerciale) e nel quarto (il quale sancisce il famigerato obbligo di identificazione a mezzo carta d’identità nonché di logging della clientela). In parole semplici, il gestore che offre il servizio deve registrare l’utenza che ne usufruisce: se quindi mi connetto ad Internet tramite un punto di accesso Wifi, vengo automaticamente schedato. Un vero e proprio abominio dal punto di vista intellettuale e sociale. Un inutile e dannoso adempimento burocratico dal punto di vista giuridico. Scorrendo le varie statistiche, ci si può bene rendere conto di come l’Italia sia sistematicamente tra gli ultimi Paesi in Europa, a fianco di Romania e Bulgaria, per tutto quanto riguarda Internet e informatica. Ciò che più colpisce è la fotografia sociale che ne risulta: metà dei nostri cittadini non ha mai usato un computer (a fronte di un’altra metà, quella più giovane, che però è più che al passo con i tempi); sono indietro anche le imprese, che investono decisamente meno di quelle tedesche o inglesi in tecnologie dell’informazione (e qui ne paga chiaramente il nostro livello di concorrenza); è complessivamente indietro la pubblica amministrazione, nonostante i periodici annunci di rivoluzioni digitali (vero Ministro Brunetta?). Il tutto, perché, non ci sono leggi che valorizzino e supportino un uso sapiente e costruttivo di Internet nella vita di ciascuno di noi. E qual è, secondo voi, la madre di questa mancanza? Proprio il Decreto Pisanu, che – nel 2005 – rappresentò un tipo di risposta sbagliata (perché generalizzata e superficiale) a un serio problema come quello del terrorismo. Perché non è certo chiudendo le porte ad Internet che si impediscono gli attentati.
Altro punto, molto interessante, che a nostro avviso merita di essere portato all’attenzione di tutti il prima possibile è il fatto che il Governo italiano non abbia ancora liberato le frequenze necessarie per ampliare le reti mobili, cosi che navigare in Internet con le chiavette internet è sempre più difficile. Eppure, come spiega un rapporto realizzato dalla School of Management del Politecnico di Milano, gli italiani che navigano attraverso la rete mobile sono saliti alla fine dell’estate a 12 milioni, il doppio dei sei milioni di inizio 2009. Questo significa che, per gli operatori, vendere l’accesso a Internet attraverso la rete mobile sta diventando un business, stimato a fine 2009 in circa 1,24 miliardi di euro (più 30 per cento rispetto al 2008). Una miniera d’oro, che però non viene adeguatamente sfruttata, per il discorso di cui sopra: a fronte di pochissime frequenze, il traffico sta diventando eccessivo. Il rischio di collasso è dietro la porta. Inoltre è chiaro a tutti che le tariffe italiane sono tra le più salate d’Europa, mentre la velocità effettiva di navigazione è circa un quinto di quella promessa. In Austria e Finlandia bastano 10 euro al mese e si naviga quanto si vuole, ovunque; in Germania e in Spagna bastano 17 euro. Un sogno per gli utenti del nostro Paese.
Ecco perché l’on. Roberto Rao non ha tutti i torti a dichiarare inutile e dannoso il Decreto Pisanu. Perché, finalmente, avremo la possibilità di liberarci di uno di quei fastidiosissimi e retrogradi laccioli burocratici che frenano il lavoro, lo svago e l’impegno di cittadini moderni, attivi e ben informati.
“Riceviamo e pubblichiamo” di Giuseppe Portonera
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A seguire la trascrizione stenografica del question time odierno
Interrogazione a risposta immediata sulla liberta della rete wi-fi
Illustrata dall’On Roberto Rao
PRESIDENTE. L’onorevole Rao ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-01274 concernente gli intendimenti del Governo in merito alla proroga dell’efficacia dei limiti previsti dall’articolo 7 del decreto-legge n. 144 del 2005 in materia di accesso senza fili alla rete Internet
ROBERTO RAO. Signor Presidente, signor Ministro – come lei ben ricorda – all’indomani degli attentati di Londra e Madrid, sanguinosi, nelle metropolitane, il nostro Paese – come tanti altri – assunse una serie di misure di contrasto al terrorismo, tra cui il cosiddetto decreto Pisanu. Un decreto che ha posto dei limiti severi – parliamo di adempimenti burocratici pesantissimi – per l’accesso alla rete Internet senza fili (la cosiddetta rete wi-fi). Si tratta di una norma che non ha eguali in altri Paesi occidentali e secondo la quale i gestori dei pubblici servizi per utilizzare questo sistema, ancora oggi, sono obbligati a chiedere una specifica licenza al questore, a identificare con documento coloro che vogliono accedere alla rete, e a conservare i dati cartacei in un apposito archivio. Gli stessi proponenti hanno ammesso che questa misura si è rivelata poco utile per il contrasto al terrorismo, ma molto gravosa per la diffusione del libero accesso ad Internet, e dunque estremamente dannosa per lo sviluppo del nostro Paese. Concludo, signor Presidente, facendo una richiesta al Ministro: visto che su iniziativa degli onorevoli Lanzillotta e Gentiloni, insieme al collega Barbareschi, abbiamo presentato una proposta di legge per abrogare o per modificare questa norma, vorrei sapere il parere del Governo su questa questione.
PRESIDENTE. Il Ministro per i rapporti con il Parlamento, Elio Vito, ha facoltà di rispondere.
ELIO VITO, Ministro per i rapporti con il Parlamento. Signor Presidente, rispondo all’onorevole Rao sulla base degli elementi che sono stati forniti dal Ministero dell’interno. Come lei ha ricordato, l’articolo 7 del decreto-legge n. 144 del 2005 fa parte di un gruppo di disposizioni volte a controllare attività sensibili, in particolare gli Internet point e gli altri esercizi nei quali sono offerti servizi di comunicazione anche telematica, in relazione a possibili minacce terroristiche. Questa disposizione risponde quindi a esigenze di sicurezza dello Stato. Va evidenziato che l’applicazione della normativa, di straordinaria importanza, ha consentito attività investigative di assoluto rilievo per il contrasto del terrorismo sia nazionale che internazionale, nonché per il contrasto del grave fenomeno della pedopornografia on line. Le richieste di semplificazione e di liberalizzazione poste alla base della sua interrogazione, onorevole Rao, unitamente all’esigenza di non pregiudicare la sicurezza dello Stato (e quindi la sicurezza dei cittadini), le posso assicurare, sono pertanto all’attenta valutazione del Governo e del Ministero dell’interno.
PRESIDENTE. L’onorevole Rao ha facoltà di replicare.
ROBERTO RAO. Signor Presidente, ringrazio il signor Ministro, e mi dispiace che abbiano scomodato lei, nel senso che la mia richiesta poteva anche essere rivolta al Ministro Romani, o al Ministro Calderoli (che è competente per la semplificazione). Con grande cortesia lei ha interpretato, invece, il pensiero del Ministro dell’interno che chiaramente ha come primo interesse quello della tutela dei nostri cittadini rispetto agli attacchi e in materia di sicurezza anche internazionale, ma è lo stesso pensiero che abbiamo noi. Ovviamente la sicurezza nazionale viene al primo posto, ma questa norma a nostro giudizio – lei ha citato alcuni fatti, ma la risposta era anche necessariamente sintetica e generica, sui grandi risultati cha ha dato questa norma in termini di contrasto al terrorismo e questa è la prima volta che ne sentiamo parlare, e sarà il caso di approfondire la questione in sede di dibattito parlamentare – senza dubbio complica la vita dei cittadini, quindi ci saremmo aspettati un intervento che lasciasse presupporre un’iniziativa un po’ più forte per abrogarla. È una questione che non riguarda soltanto la sicurezza dei cittadini. Internet rappresenta per noi l’ultima frontiera della libertà, ma anche un volano determinante per lo sviluppo dell’economia. L’abrogazione o la modifica del decreto Pisanu presenta un interesse trasversale. Lei lo sa, anche nei vertici della Commissione Trasporti abbiamo trovato una grande attenzione. Si possono trovare anche soluzioni intermedie (forse quelle che lei ha auspicato), ma si deve assolutamente cancellare l’obbligo per i gestori di conservare un archivio cartaceo di chi si connette, altrimenti siamo veramente agli antipodi. Del resto, se un terrorista ha in animo di commettere un attentato non gli sarà certo difficile falsificare un documento in modo da ingannare il gestore di un locale pubblico. Inoltre, corriamo l’ulteriore rischio che questa norma venga ancora una volta prorogata con il mille proroghe che sarà approvato da qui a breve. E così, di anno in anno, di proroga in proroga, il decreto Pisanu potrebbe diventare come le accise sulla benzina introdotte per la guerra d’Abissinia, rinnovate ciclicamente fino ad assumere un’impropria stabilità. In altre parole, si rischia di prorogare una norma sbagliata solo perché non si trova il tempo di occuparsi della questione.
L’Italia ha un quinto dei punti di accesso wi-fi della Francia, è agli ultimi posti in Europa – e che tristezza queste classifiche – a fianco di Romania e Bulgaria. In altri Paesi che si impegnano come noi e forse anche più di noi nella lotta al terrorismo non ci sono regole simili. Per quanto riguarda lo sviluppo di Internet noi saremo in prima linea, anche al fianco di iniziative come quella che abbiamo presentato noi o di analoghe del Governo. Se vogliamo crescere e svilupparci dobbiamo colmare questo grave ritardo.
Pubblicato da Pier Ferdinando Casini | su: Facebook
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