Quando Berlusconi uscirà di scena sarà necessario che quanto di ragionevole c’è intorno a lui non finisca nella deriva demagogica e populistica, allo stesso modo occorre che quanto di buono esiste nel Pd si emancipi da Di Pietro e Vendola.
L’unico modo per fare questo è una legge elettorale alla tedesca che avrebbe il grande effetto di rendere possibile in Parlamento una situazione in cui ogni partito risponde di se stesso e non degli alleati che si è portato dietro.
Noi siamo stati da soli alle elezioni, ci siamo assunti la responsabilità di spiegare che questa maggioranza è un imbroglio e i fatti ci stanno dando ragione. Tutti vedono che il governo è paralizzato. Al Presidente del Consiglio dico: il problema non è aggiungere un posto a tavola, tantomeno per gente che non ha fame. Perché direi che lui di posti a tavola ne ha aggiunti tanti per gente che aveva fame e che gli consente di avere una maggioranza in Parlamento. Il problema è risolvere i problemi del Paese: i precari, la scuola, le pensioni sociali. Queste sono le questioni dell’Italia che vanno affrontate pensando allo sviluppo senza proporre ipotesi strampalate.
Le tre aliquote sul fisco? È una cosa bellissima ma oggi con questa situazione economica noi rischiamo il crack. Per cui il primo compito è dire la verità agli italiani e usare senso di responsabilità. Tutto il resto sono escamotage per cercare di tirare a campare.
Bossi apre a una possibile riforma della legge elettorale? Credo non alla sua buona fede ma al suo interesse a farla. [Continua a leggere]
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La legge elettorale è matura e deve essere il primo punto all’ordine del giorno. Il sistema di voto deve uscire dall’agenda della maggioranza e del governo e diventare un tema centrale per tutti. Devono essere gli italiani a decidere i parlamentari e non devono essere i partiti a farlo per loro.
L’apertura di Umberto Bossi è positiva: ora bisognerà trovare una soluzione condivisa e sarebbe bene eliminare il premio di maggioranza.
postato il 8 Giugno 2011
Se l’asse Pdl-Lega, dopo l’incontro di ieri tra Berlusconi e Bossi, vi sembra ben saldo, date un’occhiata alla nostra rassegna stampa, a cominciare dalle analisi di Tommaso Labate sul Riformista e Massimo Franco sul Corriere: in un Carroccio sempre più inquieto, infatti, cresce la voglia di smarcarsi che potrebbe anche concretizzarsi in un tavolo con il Pd sulla riforma elettorale, che possa consentire a Bossi&Co. di andare soli alle prossime elezioni. Insomma, cresce la “febbre verde”, spinta sopratutto dalle insoddisfazioni della base leghista, che reclama “più fatti e meno parole”, mentre sullo sfondo si staglia – sempre più evidente – l’ombra di Tremonti, che ormai terrorizza un Berlusconi alle prese con le beghe del governo: la “promozione” di Alfano, infatti, sembra non aver modificato la guerra balcanica in atto all’interno del Pdl (Micchiché e la pattuglia sudista hanno annunciato oggi la loro fuoriuscita dal gruppo parlamentare, tra l’altro) e gli avversari – terzopolisti o democratici – si fanno sempre più pericolosi. Non ci restano, allora, che Ferrara e le sue (tanto simpatiche, quanto inutili) manifestazioni di sostegno al Cav. Quasi che il premier fosse un malato in agonia, assistito da un medico-clown.
Non credo che valga la pena per Berlusconi prendersela con i candidati
Non mi piace questo referendum pro o contro il governo, ma lo ha chiesto il presidente del Consiglio, trasformando una tornata amministrativa in una tornata politica nazionale in modo improprio.
Oggi gli italiani hanno bocciato il governo: non credo che valga la pena oggi per Berlusconi prendersela contro i candidati inadeguati. Non è certo colpa della Moratti se c’è una paralisi completa, se una tensione sociale sta montando nel Paese, se al governo si addebita di occuparsi di tutto salvo che dei problemi degli italiani e delle famiglie italiane.
Penso che bisogna riflettere molto sulla tendenza che si sta profilando, anche per questo clima di rissa e di odio. Non è con questa Italia divisa tra due blocchi che si odiano che si può pensare al futuro
La Lega propone un patto per la riforma della legge elettorale? Se questo patto si vorrà fare noi ci siederemo al tavolo, perché pensiamo che una legge elettorale che restituisca ai cittadini la possibilità di scegliere i propri parlamentari e soprattutto che superi un bipolarismo che è stato ancora una volta duramente sconfitto in queste elezioni amministrative.
Questo serve all’Italia e al nostro futuro politico
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La notizia comincia a fare capolino sui giornali solo ora, ma il disegno di legge per modificare la legge elettorale del Senato è stato presentato il 5 ottobre 2010 e sta per essere esaminato dalla Commissione Affari istituzionali. Il disegno di legge 2356, di cui primi firmatari sono il vice capogruppo al Senato del Pdl Gaetano Quagliariello e il senatore Lucio Malan, consta di quattro articoli che sostanzialmente prevedono l’introduzione di un premio di maggioranza di 45 senatori per la coalizione vincente da ripartire su base regionale. Il “su base regionale” è estremamente importante perché metterebbe al sicuro il ddl da giudizi di incostituzionalità dato che l’articolo 57 della Costituzione dice esplicitamente che “il Senato è eletto a base regionale”. E’ evidente l’intento degli strateghi del Cavaliere che, dopo aver confezionato una “riforma” della giustizia su misura, pensano ora ad una riforma elettorale che metta fuori gioco definitivamente il Nuovo Polo di Casini, Fini e Rutelli.
I sondaggi di tutti gli istituti, infatti, dicono che in caso di elezioni al Senato non vincerebbe nessuno e dunque la coalizione formata da Udc, Fli, Api ed Mpa sarebbe determinante per formare qualsiasi maggioranza, così gli esperti del Cavaliere, considerato che le elezioni anticipate sono sempre dietro l’angolo, si sono dati la priorità di rendere inoffensivo il Nuovo Polo, e la maniera migliore sembra proprio quella di fare una legge elettorale che, con la scusa della governabilità, favorisca l’alleanza Pdl-Lega assicurando un cospicuo premio di maggioranza anche al Senato. Senza entrare nel merito della legge elettorale, ciò che è raccapricciante è la logica che c’è dietro a questa proposta ovvero l’idea che per trarre ovvi vantaggi si possa, a colpi di maggioranza, cambiare le regole, quelle regole che in un Paese normale andrebbero scritte insieme da tutte le forze politiche. Nemmeno un bambino che gioca a nascondino, e sta per essere scoperto, si sognerebbe di cambiare le regole del gioco. La scadente classe politica e il recente mercato delle vacche avrebbero dovuto spingere verso una riforma elettorale che restituisca ai cittadini la possibilità di scegliere i propri rappresentati, invece si pensa solamente al modo di vincere facilmente le elezioni e di continuare ad avere la possibilità di mandare in Parlamento fedeli servitori, nani e ballerine. Tutto perfettamente e tristemente in linea con la lunga lista di leggi ad personam: l’interesse non è più quello collettivo, ma quello del Capo. Ed ora il Capo vuole vincere le elezioni.
Non esiste alcun ‘memorandum’ sulla legge elettorale come certe indiscrezioni giornalistiche vorrebbero far credere. Non abbiamo nessuna fretta e certi temi si affrontano il giorno in cui si decide che e’ utile parlarne. Sarebbe da ingenui pensare che questo punto possa essere affrontato con un governo tecnico ad hoc. Quello di cui c’è bisogno è un esecutivo, politico, in grado di affrontare altre emergenze come quella della crisi economica.
Pier Ferdinando
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Bisogna riformare la legge elettorale e questo lo sanno tutti, ma evitiamo la contrapposizione tra Camera e Senato. Il fatto che il Senato abbia voluto a tutti i costi prendersi la paternità dell’iniziativa vuol dire che a Palazzo Madama pensano di farcela.
Bravi. Beati loro. Ma andiamo avanti perché la legge va cambiata.
Pier Ferdinando
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Bersani si pone il problema di un allargamento della sua alleanza a sinistra, fa bene a farlo ma io gioco un’altra partita: non ci interessa aggiungere un posto al tavolo della sinistra così come abbiamo rifiutato di aggiungere un posto al tavolo di Berlusconi. Questo bipolarismo ha fallito, quando questi signori se ne renderanno conto, e faranno qualche piccola autocritica, potranno incominciare a dialogare con l’Udc.
Rifare la legge elettorale? Qualcuno evoca questa cosa come se fosse un peccato, ma una legge elettorale in cui 5 persone nominano mille parlamentari e in cui questo premio di maggioranza, che doveva stabilizzare, ha finito per fare deflagrare dopo due anni Prodi e dopo due anni e mezzo Berlusconi con 100 parlamentari di maggioranza, che cosa aspettiamo a cambiarla? Prima si cambia e meglio è.
Pubblicato da Pier Ferdinando Casini | su: Facebook
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