Pubblichiamo l’intervista a Pier Ferdinando Casini su ‘La Stampa’ di Antonella Rampino
Risponde rapido alle domande più semplici, «proporre ora la riforma fiscale è da irresponsabili», «l’idea di un Ppe italiano, detta da Berlusconi che ha rotto con me e cacciato Fini, è un misto di propaganda e di ipocrisia». E rilanciare la legge sulle intercettazioni, con la P4 che squaderna «tante sciocchezze, ma anche un sistema di potere che si nutre della debolezza della politica, è perlomeno sospetto».
Soprattutto, «la difesa della privacy va bene, ma di mettere il bavaglio alla libera stampa non se ne parla neanche». Poi inforca la porta di Angela Merkel. E quando il telefonino squilla ha appena fatto ciao, «ma da lontano», proprio a Silvio Berlusconi. «Esportare all’estero le beghe italiane mi fa accapponare la pelle. E poi che ci parlo a fare? Non è più tempo di convenevoli…». Però, degli incontri al margine del vertice del Ppe e del Consiglio Europeo a Bruxelles, qualcosa Pier Ferdinando Casini dice: «Si tenta di convincere l’opposizione greca di Nuova Democrazia ad appoggiare il piano di risanamento di Papandreou, senza l’unità nazionale nemmeno l’Europa può aiutare la Grecia. E’ un momento storico e drammatico, che ha qualcosa da insegnare all’Italia. Anche noi rischiamo. L’Italia sta andando a fondo perché la maggioranza c’è, ma il governo non fa nulla». E di fronte a questo, «l’importante non sono le promesse e la propaganda ma il fare, le cose concrete». Di fronte a questo «se Berlusconi resta o se ne va è poca cosa…»
Eppure lei ha posto quella precondizione per riavvicinarsi al centrodestra. E nel dibattito alla Camera è stato tra i più duri. Tanto che Berlusconi ha commentato che con lei è rottura, non c’è più niente da fare… Stavate trattando?
«No, infatti non c’era niente da rompere. Io non sono stato duro, sono stato come sempre leale. Ho detto in faccia a Berlusconi che se lui facesse un passo indietro non sarebbe un suicidio, sarebbe un atto d’intelligenza e di lungimiranza per il futuro suo e del centrodestra. E del Paese». [Continua a leggere]
Pier Ferdinando Casini, intervistato da La Stampa, auspica un governo di unità nazionale e invita Berlusconi a farsi da parte: per governare l’Italia serve un’assunzione di responsabilità o rischiamo seriamente di essere travolti. Il problema è che gli appelli alla ragionevolezza cadono nel vuoto di fronte a un governo che sembra essere inchiodato in un eterno ciclo irrisolto: solo un anno fa si parlava tanto di legge sulle intercettazioni, discussione poi caduta nel vuoto; e ora ci ritroviamo nella stessa situazione, tra decine di spot e zero proposte concrete. L’importante è dare conto a Gigi (Bisignani).
Oggi 500 mila studenti iniziano gli esami di maturità, ma il presidente del Consiglio si è presentato alla Camera con un discorso da primo giorno di scuola. Se Bossi dice che aspetta i fatti dopo le parole figuriamoci cosa potremmo dire noi.
Sono stati tre anni di promesse e chiacchiere. I tagli lineari del governo hanno consentito di mantenere i conti pubblici sotto un parziale controllo, ma sono il segno di una mancanza di regia politica. Il piano per il Sud è una chimera, le liberalizzazioni sono ferme, il Paese continua a non crescere e il debito ad aumentare. Si è affrontata la crisi con i tagli lineari, segno della mancanza di una regia politica rinunciando a colpire gli sprechi. Le piroette della maggioranza sulla Libia sono state emblema di mancanza di serietà.
Voi non avete ben governato, avete galleggiato, alimentando quei conflitti istituzionali che oggi il presidente del Consiglio, fiutando l’aria, ha prudentemente riposto nel cassetto.
Avete la maggioranza, ma non c’è il governo, ed è una sciagura affrontare le intemperie della crisi senza un governo.
La nostra richiesta di un passo indietro non è quella di un suicidio politico, ma è l’unica via di salvezza per il Paese.
Noi siamo stati da soli alle elezioni, ci siamo assunti la responsabilità di spiegare che questa maggioranza è un imbroglio e i fatti ci stanno dando ragione. Tutti vedono che il governo è paralizzato. Al Presidente del Consiglio dico: il problema non è aggiungere un posto a tavola, tantomeno per gente che non ha fame. Perché direi che lui di posti a tavola ne ha aggiunti tanti per gente che aveva fame e che gli consente di avere una maggioranza in Parlamento. Il problema è risolvere i problemi del Paese: i precari, la scuola, le pensioni sociali. Queste sono le questioni dell’Italia che vanno affrontate pensando allo sviluppo senza proporre ipotesi strampalate.
Le tre aliquote sul fisco? È una cosa bellissima ma oggi con questa situazione economica noi rischiamo il crack. Per cui il primo compito è dire la verità agli italiani e usare senso di responsabilità. Tutto il resto sono escamotage per cercare di tirare a campare.
Bossi apre a una possibile riforma della legge elettorale? Credo non alla sua buona fede ma al suo interesse a farla. [Continua a leggere]
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Tornare nel centrodestra senza Berlusconi? Non è previsto
Dal risultato dei referendum è arrivata una grande voglia di cambiamento. L’opposizione ha ora il compito di costruire un’alternativa per il Paese. Occorre fare un passo in avanti per un’alternativa valida, che governi, non basta mettere insieme chi dice no a Berlusconi.
Noi lavoriamo a programmi per cambiare l’Italia. Tornare nel centrodestra senza Silvio Berlusconi non è nel novero delle possibilità.
“Va tutto ben madama la marchesa” era un simpatico motivetto di Nunzio Filogamo che andava per la maggiore negli anni quaranta. Nonostante l’allegria del motivo, la canzonetta raccontava delle tragedie che colpivano le proprietà di una marchesa continuamente rassicurata dal suo maggiordomo con la frase che da il titolo al brano. “Va tutto bene” si ostina a ripetere a se stesso, ai suoi sodali e soprattutto alla Lega Silvio Berlusconi in una inedita strategia dello struzzo inaugurata all’indomani della disfatta di Milano e rinnovata in occasione dei travolgenti risultati referendari.
Far finta di niente è probabilmente la cosa peggiore che possa fare il Premier perché i risultati delle elezioni amministrative e quelli del referendum non sono solo delle sconfitte politiche ma sono un messaggio chiaro che sale dal profondo del Paese, un Paese stanco che però ha ritrovato la voglia di dire la sua, di impegnarsi per cambiare le cose. Il referendum in particolare è stato percepito dagli italiani non solo come l’occasione per esprime la propria opinione su temi importanti, ma anche come lo strumento per dare un giudizio fortemente negativo su questo governo. Forse non è esagerato, come fa un autorevole blogger di centrodestra, parlare di “fallimento culturale” del centrodestra, ma non siamo nemmeno davanti ad una vittoria culturale della sinistra. E’ invece assai più probabile che i promotori del referendum e una parte della sinistra abbiano saputo cavalcare un malessere diffuso che alle amministrative si è tradotto nelle vittorie “arancioni” di Pisapia e De Magistris, nella consultazione referendaria si è trasformato in una valanga di “sì”, e che si è espresso soprattutto attraverso internet, con una mobilitazione a catena. In tanti rivendicheranno la paternità della vittoria referendaria e la rappresentanza di questi italiani scontenti, altri invece tenteranno di far finta di niente e di giungere come si può alla fine della legislatura, pochi, infine, tenteranno di riflettere sul messaggio mandato dagli italiani e di elaborare una proposta politica che dia delle risposte concrete ai problemi e alle esigenze dei cittadini. C’è da augurarsi che questi pochi riescano nel proprio intento e guadagnino la fiducia degli italiani.
“Riceviamo e pubblichiamo” di Adriano Frinchi
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Il voto sui referendum? “Un segnale inequivocabile e forte, al di là del politichese e delle ipocrisie, un segnale indirizzato al governo”. Lo dice il leader dell’Udc Pier Ferdinando Casini parlando con La7. “E’ il colpo finale alle dichiarazioni di Berlusconi che diceva di non andare a votare”, aggiunge.
Casini ribadisce poi la necessità di un esecutivo di responsabilità: “Conoscendo Berlusconi credo che pensi a tutto salvo che ad un passo indietro – afferma – ma sarei lieto di sbagliarmi, perché c’è necessità di aprire una fase politica nuova. Il problema, ora, è che con questo quadro politico non si puo’ vivacchiare fino a fine legislatura. Non credo che sia questo che serve al Paese. Serve un atto di coraggio, anche, forse, un Governo di responsabilità più ampia”
Il leader dell’Udc definisce poi irresponsabili gli attacchi a Tremonti sul fisco: “La caccia al piccione costruita contro Tremonti in questi giorni da parte della maggioranza – dichiara – è un atto di irresponsabilità totale, fatta come se il ministro dell’Economia non volesse fare la riforma perché cattivo. E’ chiaro che in presenza della vicenda greca e delle agenzie di rating che monitorano l’Italia, è irresponsabile criticare Tremonti”.
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La grande partecipazione popolare ai Referendum dimostra la volontà degli italiani di tornare ad essere protagonisti: è ormai chiaro che la maggioranza e il governo sono totalmente sordi, incapaci di capire ció che vogliono gli italiani.
Nel raggiungimento del quorum è stato determinante il Terzo Polo, con la decisione di invitare tutti al voto al di là delle scelte di merito che consapevolmente rivendichiamo. Il Sì ai referendum è un NO grande come una casa a questo governo. E’ tempo che Berlusconi ne prenda atto.
Minimizzare, come ha fatto dopo le amministrative, sarebbe irresponsabile e dannoso per gli interessi nazionali.
Pubblicato da Pier Ferdinando Casini | su: Facebook
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