Tutti i post con tag: Berlusconi

«Ora Berlusconi è finito, ho rispetto per il segretario ma chiuda con il bipolarismo»

postato il 3 Luglio 2011

Pubblichiamo da “La Repubblica” l’intervista a Pier Ferdinando Casini

di Goffredo de Marchis

«Berlusconi un tempo agitava il popolo contro il palazzo, ora sta asserragliato nel palazzo preoccupato dal popolo. L’elezione di Alfano alla segreteria del Pdl non va sottovalutata ed è un segno, più eloquente di altri, che la parabola di Silvio si sta esaurendo». Pier Ferdinando Casini osserva da fuori ciò che succede nel centrodestra. Ma lo fa con occhi esperti perché quella è stata casa sua per molti anni. «Aspetto il neosegretario alla prova dei fatti», dice il leader centrista. «E’ un ragazzo intelligente che ha un compito difficile».

Alfano punta a costruire la costituente popolare anche con voi. Senza chiedervi i voti per puntellare il governo. È la strada giusta per un dialogo con l’Udc?
«Non mi meravigliano le parole di Alfano. Il Terzo Polo è strattonato a destra come a sinistra. L’autosufficienza proclamata all’atto fondativo di Partito democratico e Popolo delle libertà infatti è rimasta sulla carta. Tutti sanno che la nostra forza è semplicemente decisiva. Nella politica italiana sta avvenendo qualcosa di molto importante. E l’elezione di Alfano, per alcuni versi, ne è la certificazione. Chi vuole vedere il bicchiere mezzo vuoto può pensare sia solo la protesi di Berlusconi, o può sindacare sul modo singolare in cui è stato eletto». [Continua a leggere]

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Rassegna stampa, 29 giugno 2011

postato il 29 Giugno 2011

Tiene banco il tema della manovra economica targata Tremonti che dovrebbe essere presto approvata, dopo aver trovato l’ok interno alla maggioranza. Le opposizioni levano gli scudi, però: Bersani parla di farsa drammatica e di “regalino per chi verrà poi”, mentre Casini è ancora più duro: questo è una manovra irresponsabile, che scarica gli oneri e le difficoltà sul prossimo governo (e potrebbe anche essere, come ha spiegato dalla Gruber ieri, che questa sia la prova che l’anno prossimo si torna a votare). Il Corriere, con un articolo di Paola di Caro, ci racconta dell’inusuale pre-cdm di ieri, svoltosi in un clima tutto sommato “sereno” (a parte l’opposizione dura del “falco” Galan); mentre il Riformista titola – con grande efficacia – “manovra e manovratori”: da Tremonti alla Banca d’Italia. Il tutto, mentre l’inchiesta sulla cosiddetta P4 cresce e il deputato Pdl Alfonso Papa sembra essere destinato all’arresto (le opposizioni voteranno tutte sì alla richiesta, domani, e pare che altrettanto farà anche la Lega).

Bersani: una farsa drammatica. Casini: governo irresponsabile (Nino Bertoloni Meli,  Il Messaggero)

Cesa: dare speranza (e risorse) a giovani, famiglie e imprese (Avvenire)

Tremonti apre alla «collegialità» (Barbara Fiammeri, Sole24Ore)

Berlusconi rilassato: «Caro Giulio, ora serve pazienza» (Paola Di Caro, Corriere della Sera)

E il Cavaliere dichiara vittoria (Francesco Bei, La Repubblica)

Bersani: ci fanno un regalino da 40 miliardi (Carlo Bertini, La Stampa)

Manovre e manovratori (Tommaso Labate, Il Riformista)

Manovra con trucco (Paolo Ojetti, Il Fatto Quotidiano)

Soluzione senza strappi (Carlo Fusi, Il Messaggero)

Buttiglione: “Nel 2013 ci saranno solo due poli. E noi saremo in quello dei moderati” (Secolo d’Italia)

P4, alla Camera Papa rischia il sì all’arresto (Liana Milella, La Repubblica)

A Milano Ratzinger nomina Scola (Gian Guido Vecchi, Corriere della Sera)

Ma non decidiamo senza conoscere (Juan Carlos De Martin, La Stampa)

Il nuovo motore accelera il Paese (Stefano Parisi, Sole24Ore)

A destra come a sinistra triumviri in agitazione (Federico Orlando, Europa)

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Manovra: governo in panne, serve altra coalizione

postato il 28 Giugno 2011

Sulla manovra la maggioranza è in panne, litiga, attacca Tremonti non sa che pesci prendere e cerca di scaricare il problema sull’opposizione. Ci saranno 40 miliardi da gestire, che sono sacrifici per gli italiani, e bisogna farlo con una coalizione alternativa, omogenea nelle scelte fondamentali per il Paese.

Pier Ferdinando

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Un governo per l’emergenza oppure è meglio votare

postato il 27 Giugno 2011

Il Paese rischia di morire di troppa demagogia

Pubblichiamo da “Il Messaggero” l’intervista a Pier Ferdinando Casini

di Claudio Sardo

«Non mi sono mai illuso che la doppia sconfitta elettorale inducesse Berlusconi alle dimissioni. Finché il pallottoliere di Montecitorio gli darà la maggioranza, proverà a resistere. Ma ciò aggrava le condizioni dell’Italia: questo governo, paralizzato dai contrasti, naviga a vista e non è più in grado di produrre le decisioni che servono al Paese». Pier Ferdinando Casini, leader Udc, risponde così all’appello lanciato ieri dal premier alle opposizioni. «Con tutto il rispetto per Berlusconi, noi abbiamo sempre dimostrato senso di responsabilità. E quando si è trattato di questioni di interesse nazionale, invece che di leggi ad personam o di baggianate proposte dalla Lega come il trasferimento dei ministeri, non è mai mancato il nostro apporto. Ma ora il premier non può cavarsela con la propaganda: o si va alle elezioni anticipate o si forma un governo di responsabilità nazionale. Qualunque altra soluzione non è all’altezza dei problemi. Piuttosto che galleggiare, o continuare con le polemiche come quelle di oggi tra Crosetto e Tremonti, meglio votare subito. Se invece, dopo tre anni persi, si volesse davvero dare un significato positivo alla legislatura, allora non c’è altra strada che un governo di ampie convergenze per realizzare le riforme economiche e istituzionali più urgenti».

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Grazie al premier, ma non abbiamo bisogno di appelli

postato il 26 Giugno 2011

Opposizione responsabile c’è, maggioranza paralizzata da divisioni interne

Grazie al presidente del Consiglio, ma non abbiamo bisogno di appelli. C’è un’opposizione responsabile in Parlamento che dà una mano al Governo se realizza cose intelligenti e serie.
In questi mesi non hanno fatto nulla, sono stati paralizzati dalle loro divisioni. Oggi diciamo: scegliete voi la strada da intraprendere, presentate voi provvedimenti seri, non paralizzatevi per altro tempo come state facendo sulla questione dei rifiuti di Napoli.

Pier Ferdinando

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Intercettazioni, non è questo il momento per intervenire.

postato il 25 Giugno 2011

L’onda lunga dell’affaire-Bisignani non accenna ad arrestare la sua corsa e il primo ad essere travolto è lo strumento, l’arnese giudiziario che ha permesso di scoprire tutta la grandezza delle relazioni che il faccendiere intratteneva con la politica, le intercettazioni: mezzo di prova formidabile, hanno il pregio di essere spesso decisive nelle indagini. Quel che è emerso dall’inchiesta P4 è, a voler usare un eufemismo, inquietante. In primo luogo perché il protagonista della oscura vicenda, quel Luigi Bisignani da Milano, grandi entrature nei luoghi che contano del potere politico ed economico, teneva in pugno gran parte della classe dirigente del nostro Paese. Manager, funzionari pubblici, politici di lungo corso, tutti al telefono con il faccendiere, a farsi dare indicazioni e a chiedere intercessioni. Un grosso pezzo di italico potere tutto a pendere dalle labbra di Bisignani. Inquietante anche per il tenore del controllo che l’uomo deteneva nelle stanze dei bottoni. La Rai, per esempio: la sua influenza era fuori dall’immaginabile, l’ormai ex-direttore generale in sostanza alle sue dipendenze, anche nella gestione degli affari correnti oltre che a quelli più delicati, in cui l’intervento di Bisignani era d’obbligo, vedi il caso-Santoro, con la lettera di licenziamento scritta di suo pugno.

Bene, questo quadro di poteri e servizi pubblici nelle mani di un privato non poteva venire alla luce senza il determinante lavoro svolto dalle intercettazioni. Sul loro utilizzo si discute da sempre, da quando esistono. La loro funzione, i loro pregi, i loro difetti sono oggetto di un dibattito che in questi giorni acquista grande attualità. La tempesta perfetta si sta abbattendo su una larga parte del mondo politico della maggioranza. Personalità eminenti “pizzicate” al telefono con l’uomo del giorno, il faccendiere che tutti aiutava e che tutti annientava, all’occorrenza.

Inutile star lì, alla maggioranza le intercettazioni non stanno proprio simpatiche. A partire da colui che detta la linea: Berlusconi prova un’avversione sincera e conclamata per lo strumento principe delle indagini di questi tempi, non ha mai nascosto la sua posizione, si è sempre pronunciato per una loro razionalizzazione. Stretta, contenimento, giro di vite, il lessico è vario per descrivere l’intenzione di arginare il ricorso alle intercettazioni, o quantomeno la divulgazione di queste sulla stampa. I tentativi sono stati tanti nel corso degli anni, e a dire il vero anche bipartisan: ricordiamo tutti il ddl Mastella da cui, manco a dirlo, il premier vuole ripartire per una disciplina della materia.

Insomma, si addensano nubi di guerra che armeranno le opposte barricate: sostenitori tout court delle intercettazioni, tra i quali annoveriamo su tutti Di Pietro, leader IDV e i detrattori senza riserve, il partito di maggioranza in primis. Negli ultimi giorni, con i guai che la vicenda Bisignani sta portando, il premier e tanti nomi noti del PDL mettono le mani avanti, iniziando a prospettare la presunta necessità di una normazione chiara sulle intercettazioni. Alfano, ministro della Giustizia e uomo di partito (segretario in pectore del PDL), ricorda il costo della registrazione delle conversazioni telefoniche, un miliardo di euro per lo Stato italiano; Cicchitto grida allo scandalo e denuncia la pubblicazione a senso unico di queste fonti, a suo dire col solo intento di screditare la maggioranza; si è arrivati perfino alla presa di posizione del ministro Frattini, di solito morbido e conciliante, che invoca l’urgenza di una legge che impedisca ai giornali di pubblicare le intercettazioni.

In tutto questo vortice di dichiarazioni e di interessi in gioco è utile precisare che in effetti un qualche marchingegno per distinguere le intercettazioni penalmente rilevanti da quelle che non lo sono servirebbe. Al diritto collettivo ad essere informati si contrappone un altro diritto, meritevole di tutela tanto quanto il primo, quello individuale alla riservatezza. Perché sbattere in prima pagina persone coinvolte a latere dell’inchiesta, persone intercettate ma estranee a ipotesi di reato, la cui immagine viene compromessa quando l’opinione pubblica viene a conoscere certe conversazioni private, ancorché delicate o talvolta equivoche? Forse un abuso dello strumento in questo senso è commesso, e bisogna rimediare. Ma l’imperativo è studiare misure delicatissime per garantire l’equilibrio tra informazione e privacy: come potremmo non essere preoccupati della possibilità che, qualora entrasse in vigore una legge che vincola i giornali alla pubblicazione delle sole intercettazioni penalmente rilevanti, la stampa non osi far uscire più nulla, nel timore di conseguenze giudiziarie? Se una legge serve, e di questo siamo convinti perché non si può lasciare un tema così delicato alla “libera determinazione delle parti”, visto che gli interessi pubblici e privati in campo sono evidentissimi, nel testo bisognerà specificamente indicare cosa nella conversazione rappresenta reato e cosa no, descrivere quali comportamenti costituiscono prova penale e quali invece sono solo pensieri ad alta voce, pettegolezzi o critiche a terzi. Solo così potremo uscire da questo straordinario e dannoso cortocircuito, in cui i giornali urlano il malcostume telefonico e la politica si chiude a riccio nella difesa della propria posizione, rafforzando l’idea che la casta si autotutela e rende intoccabili i suoi membri.

No, siamo garantisti e nemici dei processi in piazza o sui giornali, ma non possiamo tollerare che una vicenda di tale portata sia sfruttata per limitare la forza di uno strumento necessario come le intercettazioni. Ricordiamo che spesso da posizioni laterali, a prima vista insignificanti, partono ceppi di inchiesta che sgominano illegalità diffuse. Regolamentare la materia è cosa buona e giusta, ma questo non è il momento adatto: i protagonisti di quest’iniziativa non sono certo garanzia perché questa riforma si faccia con le dovute cautele e il dovuto clima di condivisione, per la semplice ragione che ci sembrano troppo coinvolti nella vicenda.

Ciascuno si prenda le proprie responsabilità: i giornali smettano di brandire il pettegolezzo come mezzo per inseguire i gusti dei lettori, la magistratura continui ad agire con indipendenza e non incappi nell’errore di avere la bava alla bocca e la politica faccia la sua parte, ragioni in modo serio sulla funzione delle intercettazioni, non perda di vista lo Stato di diritto, garantisca a tutti le giuste tutele ma, sopra ogni cosa, la smetta con l’autoindulgenza.

“Riceviamo e pubblichiamo” di Stefano Barbero

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