‘- promesse + Nord per far ripartire l’Italia’: l’intervento di chiusura
Martedì sit in alla Rai per i malati che vogliono affermare da Saviano il diritto alla vita
Gianni Riotta intervista Pier Ferdinando Casini
Casini: Allora, fate un applauso anche ad Antonio De Poli, perché è lui l’anima di tutto, a Lorenzo Cesa, il nostro grande Segretario, a Rocco, a Pezzotta, ad Adornato, a tutti gli amici!
E adesso ragazzi dalle parole ai fatti, crescete e moltiplicatevi!
Vista la crisi della natalità! Poi c’è anche il messaggio del Papa!
Riotta: Buongiorno! Non vedo spazio per sedie mi sembra che oggi siate proprio al gran completo!
Presidente Casini a Milano, e vorremmo cominciare questa chiacchierata, abbiamo anche le interviste e le domande che sono arrivate da Twitter, e vorrei cominciare Presidente, con la domanda che tutti hanno in testa e che magari di solito nell’intervista viene più avanti, ma cambiamo le modalità.
Come va a finire? Quello che tutti questi amici che sono venuti oggi vogliono sapere: il 14 dicembre, come va a finire?
Casini: Io ho visto un intelligente direttore di un quotidiano che ha scritto oggi – direttore di cui non mi ricordo il nome – che il problema non è cosa succede il 14, ma quello che succede il 15, quello che succede all’Italia e al nostro futuro e che mi sembra la cosa più importante.
Il 14 capitano due cose -come dice Catalano- non ci sono terze ipotesi: Berlusconi viene sfiduciato e allora si deve dimettere e si apre la crisi oppure Berlusconi prende la maggioranza e allora deve governare il Paese.
Messa così è semplicissima, pensandoci, ragionando è molto più complicata.
Riotta: Non è un problema numerico è un problema politico.
Casini: Voglio dire, Gianni, che sono passati due anni e mezzo, dopo due anni Prodi è andato a casa, dopo due anni e mezzo Berlusconi che ha iniziato la legislatura con 100 parlamentari di maggioranza, rischia di seguire la strada di Prodi.
Ora io non credo che Prodi e Berlusconi fossero due personaggi incapaci d’Italia.
La crisi non è solo e tanto determinata da chi ha guidato il governo, ieri Prodi e oggi Berlusconi.
Come noi – inascoltati, abbiamo detto in campagna elettorale, in tutti questi anni, spesse volte- il problema vero è un altro: è che questo meccanismo politico istituzionale che abbiamo messo in piedi non ci sta in piedi!
Questo meccanismo è un meccanismo che costruisce delle armate destinate a battersi e a vincere durante il processo elettorale e il giorno dopo non riescono a governare.
I nostri grandi cultori del bipolarismo, a partire dal nostro amico Panebianco, hanno spiegato che era la terra promessa e magari non contenti del bipolarismo hanno spiegato che il bipartitismo era la soluzione italiana.
Sono stati, diciamo così, smentiti dai fatti, prima ancora che da noi, che non li abbiamo mai creduti.
E i fatti quali sono? Che si è organizzato un sistema elettorale basato su due principi: il primo è l’esproprio di cittadini rispetto alla scelta di vedere quale Parlamentare mandare in Parlamento. E questo è un problema da risolvere perché se noi non lo risolviamo non possiamo lamentarci se aumenta l’astensionismo; perché, se oltre a tutti i problemi che esistono nel rapporto tra la gente e la politica, esiste un macigno che gli uomini politici vengano scelti da cinque persone, 1000 parlamentari, voi capite che il problema si acuisce.
Ma l’altra questione è che il premio di maggioranza che doveva servire per stabilizzare, serve solo per costruire delle armate che il giorno dopo inevitabilmente non riescono a governare.
Il premio di maggioranza assembla, il giorno dopo la politica divide.
Questo bipolarismo ha messo in mano la politica italiana da un lato a Di Pietro sul versante della sinistra e dall’altro alla Lega e tutto questo avviene, se mi consentite un paradosso, speriamo che se ne rendano conto, a scapito addirittura dei soggetti che dovevano essere fondatori del bipolarismo.
Ma perché la Lega vuole andare alle elezioni?
Perché c’è un malumore fortissimo che sta crescendo nel Nord perché ci sono state tante promesse, pochi fatti.
E allora questa Lega vuole andare oggi al voto perché è riuscita a spostare il bersaglio del malumore da se stessa al Pdl e oggi andando al voto la Lega va all’incasso e il Pdl verrà umiliato dagli elettori.
Io dico: cosa aspettiamo a vedere che questa è la situazione? Questa è la situazione italiana.
Continuiamo a spiegare che, per carità, non si deve mettere in discussione il bipolarismo ma il bipolarismo non si mette in discussione se è utile per governare l’Italia!
Ma se da due legislature questo Parlamento dimostra che l’attuale sistema elettorale non riesce a governare, difendiamo che cosa? Per quale cosa?
Per un accanimento intellettualistico? Perché siamo stati reduci da un seminario all’università che c’ha spiegato a fare questo?
Ma il seminario all’università lo lasciamo a Panebianco perché intanto l’Italia e gli italiani constatano che il frutto di questo sistema è l’ingovernabilità. Penso che ne abbiamo abbastanza per dire che non c’eravamo sbagliati.
Riotta: Il vostro incontro si chiama “Più Nord”, e non c’è dubbio che le forze del centrodestra, la Lega, il Pdl, Berlusconi, sono state molto forti e convincenti nella proposta politica fatta al Nord, più delle forze politiche di centro e di sinistra in questi anni, che cosa avete in mente di nuovo? Cosa avete in mente di nuovo per recuperare consensi al Nord?
Casini: La mia tesi, Gianni, è un’altra. La mia tesi è che questa politica non abbia dato risposte né al Nord né al Sud.
Sono reduce del Sud. Il Sud si sente dimenticato.
Ci sono tanti amici oggi qui che vengono anche dal Mezzogiorno. Il Mezzogiorno si sente dimenticato e aggiungo qualcosa di più: il Mezzogiorno avverte che oggi paradossalmente è diventato il problema dell’Italia.
Qualcuno semplificando dice: “l’Italia andrebbe bene se non ci fosse Mezzogiorno”. E qualcun altro sussurra piano piano: “in fondo perché non ci liberiamo del Mezzogiorno?”
E in questo momento in Europa il separatismo sta allignando in tanti Paesi: pensate che il popolo belga sta pensando di dividersi e di trasformare il Belgio in una confederazione tra Valloni e Fiamminghi!
Bene, tra un poco ci sarà qualcuno che dirà: “Ma in fondo noi al Nord siamo integrati in Europa, non abbiamo problemi, i problemi d’Europa sono figli del Sud!”
Allora questo è un doppio errore.
Il primo: il Nord non avrebbe il potere contrattuale che ha. La Lombardia, il Veneto, il Piemonte non sarebbero quello che sono, se non fossero espressione di un Paese che va dal Trentino alla Sicilia! Se si mette in discussione questo, il Nord perde gran parte del suo potere contrattuale.
Secondo: il Sud piange ma il Nord non ride, perché nel Nord siamo pieni di promesse dimenticate!
A parte, amici, alcune cose che fanno sorridere se non facessero piangere. Il giorno dopo l’alluvione ho visto una sera Zaia, il governatore del Veneto, dire alla televisione: “abbiamo bisogno dello Stato.”
Si accorge allora che lo Stato serve, che lo Stato non è un impiccio, che non si può fare la politica del “fai da te, faccio tutto io. “
Lo Stato è il nostro padre e la nostra madre. Certo non uno Stato invadente, non uno Stato impiccione, non uno Stato burocratico, non uno Stato che contrasti con l’autogoverno moderno della comunità locale. Stiamo attenti: che cosa si aspettava il Nord?
Esempio: il tema del federalismo.
Il tuo giornale, il Sole24ore, diciamo così, è un giornale che tutto sommato ha accettato la sfida federalista.
Noi passiamo tante volte per il partito antifederalista, anti-Lega. Noi siamo l’unico partito in Parlamento che non ha votato il federalismo.
E allora guardiamo la storia: noi siamo figli dell’esperienza sturziana, degasperiana. Sturzo è stato l’inventore delle autonomie locali, Sturzo è stato il centro motore di un Paese costruito sulle autonomie locali.
Ma, amici, perché noi abbiamo detto no al federalismo?
Perché quando il Ministro dell’Economia, viene in Parlamento e, a una precisa domanda, spiega che non è in grado di quantificare i costi del federalismo, bene amici, vuol dire che non stiamo parlando di nulla. E vuol dire che il nostro Paese per approvare uno spot rischia di mettere a repentaglio ancora di più, sotto il profilo economico e finanziario, la sua stabilità in un periodo di crisi economica.
Qualcun altro mi sussurra all’orecchio, caro Gianni: “Ma Casini perché ti preoccupi tanto? Tanto con gli ultimi provvedimenti sul trasferimento alle Regioni del governo, il federalismo non esiste più! Ma perché tu devi contrastare il federalismo quando di fatto è il governo che dopo aver approvato dei decreti in realtà ha cancellato il federalismo, penalizzando le Regioni e i comuni con mancati trasferimenti?”
No amici, non siamo contro il federalismo, noi siamo contro questa idea e questo spot trasformato in disegno istituzionale ma in realtà pieno di contraddizioni.
Noi vogliamo un governo moderno delle comunità locali ma non vediamo come si concilia tutto questo con una questione di fondo: che il federalismo fiscale deve venire dopo il federalismo ordinamentale ed istituzionale.
Il federalismo deve essere costruito non moltiplicando i livelli di governo.
Il Nord non si aspettava che il giorno dopo le elezioni Berlusconi si dimenticasse la promessa di abolire le province!
E guardate amici, ci sono centinaia di comuni al Nord inferiori a 50-100 abitanti. Cosa aspettiamo a fare un consorzio di comuni? Ad abolire queste province?
Come possiamo pensare che il federalismo serva a governare meglio se non riusciamo a dare il segnale di uno Stato che si assottiglia.
Il federalismo, lo dico agli amici della Lega, ci sono anche tante cose che condividiamo con la Lega, ce ne sono tante altre che non condividiamo ma su questo punto voglio essere chiaro.
Se non asciughiamo i livelli di governo, noi non costruiamo un federalismo: costruiamo una bufala, amici. Ma non la mozzarella di bufala che è una cosa seria, una bufala proprio!
Il federalismo richiede almeno due cose: abolizione dei livelli intermedi di governo, perché il federalismo non può essere centralismo regionale ma deve essere imperniato sulla vitalità dei Comuni che, anche sotto il profilo storico, in Italia rappresentano la vera patria dell’autonomia.
E l’ultima cosa, il federalismo non è conciliabile con un mancato adeguamento della liberalizzazione dei servizi pubblici locali.
Noi dobbiamo farci carico del fatto che siamo il Paese più caro per le famiglie, per le imprese, e per i singoli.
Tariffe pubbliche di gas, acqua e luce, mancata liberalizzazione dei servizi pubblici locali, poca concorrenza o nessuna concorrenza significa che chi ha il monopolio in questo settore aumenta le tariffe: noi vogliamo un processo di liberalizzazione.
E io devo constatare che l’unica che ha cercato di fare una liberalizzazione dei servizi pubblici locali è stata la Lanzillotta. Purtroppo non è stata seguita dal suo governo perché Rifondazione Comunista mise il veto a quelle liberalizzazioni e il governo attuale è andato sulle liberalizzazioni ancora più indietro di quanto sia andato il governo di centrosinistra.
Allora quando si parla di federalismo, i concetti giusti sono quelli di responsabilizzare gli amministratori, i costi standard. Ma bisogna capire che queste cose vanno declinate non con le chiacchiere ma con i fatti.
E poi termino dicendo una cosa: se però si pensa che sul Mezzogiorno non si debba fare una grande autocritica, si pensa una cosa sbagliata.
Noi andremo a Napoli, amici, l’11 e il 12 dicembre: faremo un’assemblea come questa e più grande di questa.
Però io voglio dire una cosa agli amici del Mezzogiorno e lo dico con grande chiarezza: se volete essere credibili per governare le realtà meridionali dovete fare autocritica su quegli episodi che hanno corrotto la classe politica meridionale e umiliato i cittadini.
E, amici, lo Stato come ha detto il Ministro Fitto, le Regioni come è stato sollecitato da più parti, possono anche dare la solidarietà alla Campania per i rifiuti ma non può essere accettabile che una classe dirigente che non è in grado di imporre né la differenziata, né la raccolta, né lo smaltimento dei rifiuti, né gli impianti, si proponga di governare una Regione e dei Comuni.
Quella classe dirigente va mandata a casa! Destra, sinistra o centro che sia!
Sia ben chiaro, amici.
Scusami Gianni, voglio dire una cosa sulla giustizia: è la differenza che c’è tra il garantismo e l’impunità.
Un partito come il nostro è garantista e, su questo -perché non dirlo- ha registrato storicamente delle grandi sintonie anche con il centrodestra. Noi sul tema della giustizia abbiamo condiviso il garantismo del centrodestra.
Devo dire che c’è anche qualche piccola macchia di garantismo, che per me è qualche oasi di garantismo, anche nel centrosinistra.
Qui ad esempio, in questa città, hanno candidato una persona con cui io non sono d’accordo su tante cose, ma a cui riconosco che forse è una delle piccole oasi di garantismo sotto il profilo della politica della giustizia e sto parlando di Pisapia. L’ho visto in Parlamento, è stato in Parlamento con Rifondazione Comunista, e sul tema della giustizia è stata una persona veramente da togliersi tanto di cappello da questo punto di vista.
Bene, sapete perché non è credibile in l’Italia il garantismo? Sapete perché la gente non capisce il garantismo?
Perché qualcuno ha deliberatamente trasformato il garantismo nell’idea di un’impunità sempre e comunque per i colletti bianchi e per la politica.
Non è credibile questo garantismo: se non sai rinunciare al malaffare e alla criminalità non parlare di garantismo per favore. Se non sai mettere delle barriere a quella che è la corruzione pubblica e privata, non parlare di garantismo.
Il garantismo viene rovinato dall’idea che il magistrato sbagli sempre e comunque.
E devo dire una cosa sommessamente al ministro Maroni – noi siamo amici – come sanno Mario Tassone e sa Dorina Bianchi, siamo andati ad incontrarlo 20 giorni fa per chiedere un piano straordinario di contrasto alla criminalità in Calabria e devo dire che è stato un gran signore, siamo stati a fare una riunione molto produttiva su questo.
Con Serra siamo stati poi in Calabria, ma –vedete- il punto è che anche su questo versante la delegittimazione della magistratura è stata gravissima perché quando si delegittima sempre e comunque il magistrato, indirettamente, parallelamente si dà la licenza d’uccidere al corrotto.
Perché se è vero che Berlusconi può avere registrato un certo accanimento giudiziario contro di lui, è anche vero che, se tutti –‘Berluschini’ e Berlusconi- tutti minacciano o si dichiarano vittime e prigionieri politici il giorno che vengono presi con la mazzetta in mano, beh amici miei, non è più credibile niente.
E vorrei ricordare, proprio partendo dall’esperienza della Calabria, che se c’è stata una politica degli arresti, se la criminalità in Campania, in Sicilia e in Calabria viene combattuta con efficacia -non dimentichiamolo mai amici – bisogna inchinarsi alla Polizia, ai Carabinieri e alla Guardia di Finanza e anche ai magistrati perché le indagini le fanno loro, non è che le indagini le fanno i ministri.
Dopo di che, per carità, noi siamo contenti di lavorare con Maroni su questo tema, gli diciamo buon lavoro e sarà anche compiaciuto di questo successo.
Riotta: Dunque, siamo pieni di giornalisti. Ci sono molti colleghi e telecamere e dobbiamo dare anche da lavorare a loro, giusto? Torniamo un attimo al 14 Dicembre. Voi siete stati come Udc molto tirati in questi giorni, ci sono state molte pressioni perché prendiate un atteggiamento più coinvolto nella gestione del Governo. Allora, Presidente, che farete e come vi muoverete?
Casini: Vorrei rispondere a questo con grande sincerità.
È vero che gran parte dell’industria, del sindacato, del mondo cattolico ci chiede di andare al governo con senso di responsabilità per aiutare il Paese.
Io dico ai militanti dell’Udc che noi non possiamo consentirci di sedere sulla riva del fiume perché il cadavere che passa non sarebbe quello di Berlusconi ma quello dell’Italia. E noi siamo italiani. Ma, amici, noi possiamo aiutare gli altri solo a condizione che le cose cambino davvero. Perché questo governo non ci piace e non ci convince. Non ci piace l’egemonia della Lega e non ci fidiamo delle promesse di Berlusconi. Vogliono cambiare? Se vogliono cambiare siederemo al tavolo ma ci aspettiamo fatti, non chiacchiere. Perché se noi per due anni e mezzo siamo stati all’opposizione non è per pregiudizio, per partito preso o solo per coerenza elettorale, è perché abbiamo dato un giudizio negativo su una politica degli spot che si è sostituita alla politica dei fatti.
Riotta: Nascerà un Terzo Polo? Casini, Fini, si parla di Montezemolo…
Casini: Deve nascere qualcosa di nuovo perché già quando si parla del Terzo Polo ci si immette in una logica bipolare che è già di per sé contraddetta da quello che è successo.
Guai, amici, non cadete nelle trappole dei nostri nemici, nemici politici per carità, non parlate di Terzo Polo. Mai!
Prima di tutto perché questo dimostra già che qualcuno parte subalterno, fa una corsa già pensando di avere perso.
Nuovo Polo, nuova idea della Nazione, nuova necessità di ricucire l’Italia, il Nord col Sud, il lavoratore autonomo con il lavoratore dipendente, la destra con la sinistra, il magistrato con il politico.
Noi non possiamo più andare avanti così, sembriamo dei cani rabbiosi che tutto il giorno si beccano solo tra di loro mentre il Paese sta andando a fondo.
Ieri Lorenzo Cesa ha detto una cosa bellissima, che mi è piaciuta. La persona che si butta dal 50° piano, passa al 49° sta benissimo, passa al 48° al 40° al 30° al 20°, sta bene e dice: “tutto va bene, tutto sommato non mi è capitato niente!”
Poi c’è l’impatto col terreno e l’impatto, francamente, non è di quelli da raccontare perché non si può.
L’Italia oggi è così, l’Italia è come qualcuno che sta precipitando e non ha ancora toccato il terreno e che s’illude, tutto sommato, che non se la passa poi così male.
Una politica che minimizza i problemi del Paese è una politica sbagliata.
Io capisco che il Presidente del Consiglio giustamente dica “Bisogna iniettare fiducia”, ma poiché la gente vede le questioni, perché non è che non viva tutti i giorni costantemente i problemi degli italiani!
Amici miei, la gente vuole verità e responsabilità perché l’illusionismo non serve più.
Allora la famiglia.
Ci sono tante famiglie che vivono ormai in una fascia di povertà.
Guardate, se voi girate per le città, anche per le città più ricche vedete persone che vi chiedono la carità molto diverse da quelle che vedevate tradizionalmente, dai poveri tradizionali.
Se poi andate alla mensa della Caritas, in giro per l’Italia, voi vi accorgerete che queste persone della Caritas, volontari, vi dicono che stanno andando padri separati, impiegati, persone sole con figli e cercano di sbarcare il lunario mangiando alla mensa della Caritas.
Social Card, Bonus famiglia, fondi per l’autosufficienza, fondi sociali: abbiamo interi capitoli di spesa indirizzati ai poveri che vengono in qualche modo rimossi.
E’ vero che c’è la crisi economica -ha ragione il ministro Tremonti – noi siamo i primi a constatare che c’è la necessità di fare sacrifici.
Ma a Tremonti diciamo una cosa semplice: la politica dei tagli lineari non è equa perché è l’abnegazione della politica, perché quando tu tagli ai poveri, a cui invece dovresti dare, allo stesso modo a cui tagli a un ricco, vi è una grande questione di equità, di giustizia e di moralità in questo Paese. Allora, amici, politica per la famiglia, casa…avete sentito gli spot sul piano casa? Quanti spot abbiamo sentito? Tantissimi.
E il piano casa era la soluzione: non si è fatta una sola casa. Ed era il grande piano per rilanciare l’edilizia.
Ancora nei giorni scorsi ho visto che il Cipe ha riprogrammato gli investimenti. Il Sole24Ore ha riservato una grande pagina a tutte le strade nuove che farà il Cipe.
Ma lo sappiamo che il Cipe è la quarta, quinta riunione che riprogramma gli interventi e puntualmente non si spende una lira sulle opere pubbliche salvo alla riunione successiva annunciare, con lo stesso strombazzare di trombe, interventi che poi rimangono sempre sulla carta.
L’innovazione.
La Marcegaglia ieri ha detto una parola reale sull’innovazione, sulla ricerca, sulla necessità che le imprese vengano incentivate, dimezzate.
Amici, la banda larga!
Qua siamo a Milano, una delle vere poche grandi città italiane, ma la banda larga dov’è? La banda larga è essenziale se vogliamo essere nella New Economy.
E poi abbiamo una questione enorme: quando tu fai un taglio lineare, colpisci l’università, la ricerca, la scuola esattamente come gli sprechi degli enti inutili, su cui non dovresti tagliare come da altre parti ma dovresti proprio sradicare, ma si fa fatica.
E allora Tremonti con la politica minimalista cosa fa?
Cerca, dal suo punto di vista – forse ha anche un po’ la mia comprensione, lo capisco – di fare un taglio comunque che assicuri un qualche controllo dei conti pubblici.
Amici, noi quando governeremo questo Paese – e non abbiamo fretta di andare a governarlo perché possiamo stare tranquillamente in campo, perché comunque concorriamo alla responsabilità, anche da posizioni di opposizione- vogliamo fare delle scelte.
Non possiamo pensare di vivacchiare solo tamponando i problemi. Dobbiamo stabilire delle priorità che significa, ad esempio, tassare le speculazioni finanziarie e dare più soldi alle famiglie italiane.
Non colpire i Bot o i CCT dei risparmiatori, non colpire il ceto medio che cerca di difendersi investendo in Bot, ma colpire gli speculatori finanziari, quelli del ‘mordi e fuggi’, quelli che vanno in Borsa ed escono, e ci rientrano e ci riescono, per fare del profitto o delle plusvalenze.
Tassiamoli!
Cerchiamo in qualche modo, anche simbolicamente, di far valere un principio: questo non può essere uno Stato forte con i deboli e debole coi forti perché questo è profondamente ingiusto e sbagliato!
Riotta: Facciamo un’ultima domanda e poi passiamo al nostro amico Rao che ha raccolto, questa nuova diavoleria, in Twitter, le domande che vengono dal tuo popolo, dalla tua base.
Fatti fare un’ultima domanda: se fosse con noi il Ministro Tremonti ti direbbe: “Sì, hai ragione Casini, concordo con tante cose che dici, però come facciamo a tenere i conti in modo da non fare la fine dell’Irlanda e della Grecia?”
Casini: Bisogna fare esattamente quel che ho detto.
Fare delle scelte, tagliare di più dove si può tagliare di più, magari abolire le province, accorpare i Comuni, abolire le comunità montane, cercare in qualche modo di tagliare quella miriade di spese di enti inutili che anche nazionalmente esistono e che vengono preservati, tassare le speculazioni finanziarie, cercare di evitare di dissipare i soldi.
Amici miei, ci siamo dimenticati come è iniziata questa legislatura?
Abbiamo levato l’ICI che già era stata levata per i redditi bassi. Abbiamo levato l’ICI che era l’unica tassa federalista d’Italia. Questo ha comportato un mancato trasferimento ai Comuni che poi in qualche modo hanno o tagliato i servizi ai cittadini o sono andati a battere cassa in altro modo.
Faccio un esempio: le grandi infrastrutture. Assisteremo tra 4-5 mesi, se non ci sono le elezioni, all’ennesima riunione del Cipe che riposizionerà i soldi che deve mettere e che ha già messo 6-7 volte, ma io dico una cosa: in attesa di opere faraoniche che non arriveranno mai, perché non cominciamo ad acconsentire ai Comuni, che un’interpretazione rigorosa del tasso di stabilità blocca in tutti i modi, Comuni che sono virtuosi e Comuni che hanno soldi in cassa, che devono fare manutenzioni ordinarie di scuole, strade, che possono in qualche modo far lievitare la piccola e media impresa e l’economia reale? Ma cosa aspettiamo a fare questo?
Tra l’altro io sono rimasto colpito da un intervento di ieri di Libè che si occupa di queste cose.
Amici, questo è un Paese che sta disgregandosi perché non facciamo più manutenzione ordinaria di nulla, non facciamo più la manutenzione ordinaria delle ferrovie, eccetera.
Noi lo sappiamo che i due terzi delle scuole italiane non hanno l’abitabilità?
Noi ci ricordiamo di questo solo il giorno dopo il crollo della scuola di Torino in cui un ragazzo muore e un altro rimane paralizzato. Ma ci rendiamo conto che la difesa del suolo è la causa delle alluvioni e di quello che è capitato?
Scusatemi, non solo il Veneto -e lo dico abbracciando idealmente tutti gli amici veneti in particolare il governatore Zaia, perché quando si è solidali bisogna farlo con il primo e anche con l’ultimo dei cittadini- ma c’è stato Giampilieri, c’è stata Messina, c’è stata una storia straordinaria purtroppo di disgrazie annunciate che sono figlie dell’incuria dell’uomo.
Perché noi non abbiamo fatto manutenzione ordinaria, abbiamo lasciato il territorio.
Non voglio continuare oltre ma avete capito quello che penso: c’è bisogno di fare questa politica di ritornare a investire. Come? Con scelte impopolari.
Pigliando i soldi dove ci sono i soldi, che siano le frequenze televisive o quelle telefoniche.
Amici miei, certi carrozzoni! Io l’ho detto qualche anno fa.
La Rai andava privatizzata. La Rai non può essere privatizzata oggi.
Ma chi è che, con questo periodo di crisi economica e finanziaria, mette dei soldi per comprare un carrozzone come magari l’1% delle azioni della Rai?
Solo l’imperizia può pensare di portare qualcuno a ritenere che la Rai oggi sia privatizzabile.
Ma c’era un tempo in cui la Rai sarebbe stata privatizzabile e probabilmente gli amici di Mediaset erano i primi a non volere la privatizzazione della Rai perché questo duopolio si regge assieme e si regge così. E, tutto sommato, che la Rai sia in questa situazione non dispiace. E non sto parlando delle scelte politiche della Rai.
Una cosa è chiara: questo partito farà un sit in già martedì mattina, sotto la Rai, in nome dei malati che vogliono affermare da Saviano il diritto alla vita se non avremo le risposte da questi geni della televisione pubblica. Noi non chiediamo lo spazio per Casini o per Buttiglione, noi non vogliamo nessuno spazio.
Noi vogliamo lo spazio per i malati che affermano la possibilità di dire agli italiani che non ci sono solo coloro che vogliono la dolce morte ma anche coloro che lottano per affermare il diritto di vivere ma che sono abbandonati da uno Stato che non riconosce i livelli essenziali di assistenza, che dimentica la necessità di solidarietà.
E non mi venga nessuno a parlare di clericalismo, perché solo chi non capisce niente può pensare che questo discorso sia clericale, questo discorso è espressione di una laicità che riconosce Dio e la religione, che è una cosa ben diversa.
Questo è un partito che lascia spazio a chi questa mattina si è raccolto alla Santa Messa qui, e a chi non crede ed è laico e non intende credere, non professa la religione cristiana e, in nome della sua libertà, va rispettato.
Ma quando questo partito difende l’identità cristiana dell’Italia, difende una civiltà, difende le nostre radici che sono comuni a laici e cattolici, difende il nostro modo di essere e dice – come la signora Merkel – che il multiculturalismo è sbagliato, perché se una società può essere multirazziale – tanti bambini nostri vanno a scuola con dei ragazzini di altre razze – multietnica, multireligiosa perché c’è la libertà religiosa che è anch’essa figlia della nostra cultura, della nostra civiltà, il multiculturalismo (cioè l’idea di assemblare culture diverse, una accanto all’altra come se queste consentissero di per sé a creare una sintesi civile) è un’illusione mortale.
Guardate, un conto è una società come quella americana, un conto sono le società europee. Noi europei siamo figli della tradizione cristiana che è quella che ci porta anche ad affermare il diritto delle donne.
Il diritto delle donne che porta a godere delle prevenzioni o magari a non subire le scelte dei genitori, o le imposizioni dei genitori perché una ragazza di diciott’anni deve essere libera di poter scegliere il suo compagno di vita o di non scegliere. E non è accettabile che in Italia si impongano usanze di questo tipo.
E questo vale per la poligamia, per la domenica che è giorno di fermo, e per tutto il resto.
Una cosa la voglio dire perché è una conclusione importante.
Io penso che l’Italia sia un Paese in cui c’è una profonda crisi economica e sociale.
Il mondo globalizzato mette l’Europa in un angolo, l’Europa non riesce a difendere il livello di benessere che ha acquisito. E l’Italia, in Europa è oggettivamente in coda perché abbiamo il debito pubblico che abbiamo, etc. Per cui siamo immersi in una crisi economica e sociale fortissima: basta pensare all’immobilità sociale tra padre e figlio oppure alle emigrazioni intellettuali dei figli della borghesia italiana che vanno in Inghilterra o in America. Tutto questo fa parte delle cose che sappiamo: immobilità sociale e crisi economica e sociale.
Ma io penso che prima di questo in Italia ci sia una grandissima crisi di motivazioni etiche e di valori.
Perché quando vedo due fatti che mi colpiscono – non c’entra niente l’essere cattolico o non essere cattolico, voglio parlare dell’umanità di ciascuno di noi – due fatti che non dovrebbero c’entrare con la politica, ma che mi colpiscono più delle analisi politiche. Sapete quali sono questi due fatti che dimostrano il degrado in cui siamo scivolati?
Questa sorta di pellegrinaggio della morte, per protagonismo mediatico, davanti al piccolo garage dove Sarah è stata uccisa dai suoi familiari. E addirittura il sindaco ha dovuto impedire ai pullman di partire dalla Puglia e dalle zone limitrofe. Ma c’è qualcosa di pietas cristiana in questo gesto? E’ come andare in cimitero a dire una preghiera per i nostri morti? O non c’è una forma esasperata di protagonismo mediatico? Si vuole il riflesso delle televisioni! Si va lì!
E l’altro fatto: uno ammazza con un pugno una donna e quando i carabinieri lo vanno a prendere a casa, viene applaudito dai suoi amici.
Amici, guardate, che questo è un Paese che se non c’è qualcuno che ha anche la possibilità e l’autorevolezza di richiamare al rigore dei comportamenti, avrà la rovina. Ma non per motivazioni economiche, purtroppo per cose ancora più gravi.
Riotta: Casca alla perfezione la domanda che ti arriva su Twitter, proprio a proposito delle cose che dici: “ Caro Casini, questo Papa sembrava un conservatore e invece dalla pedofilia al libro di ieri, con le nuove motivazioni sul condom, sembra un rivoluzionario: che ne pensi?”
Casini: Beh, non dobbiamo farci superare a sinistra! Sto scherzando!
Il Papa ieri ha detto una cosa moto importante. Naturalmente ieri sera il professor Buttiglione ci ha spiegato che non ci dovevamo meravigliare, e in parte capisco e condivido il ragionamento, ma non c’è dubbio che è un grande momento in cui anche chi rappresentava la Chiesa in un certo modo caricaturale, deve prendere atto che abbiamo un Santo Padre che sa sbigottirci e sa meravigliarci. E sa meravigliarci anche nelle cose che forse noi non capiamo e che ci dice.
Perché la Chiesa non ha nella società attuale il compito di dirci sempre quello che dobbiamo e vogliamo sentirci dire.
Quante volte, ad esempio, noi, da credenti, andando in chiesa sentiamo una certa sgradevolezza nelle parole del sacerdote? O Dio, non è che ha il dono dell’infallibilità il sacerdote! Ma questa sgradevolezza è figlia anche di un esame di coscienza profondo che noi stiamo facendo e di una concezione che abbiamo: in fondo una certa idea di religione fai-da-te la coltiviamo tutti!
Tutto sommato, sì. Anche tra di noi, chi va in chiesa, ci va. Ma poi, magari, è sempre disponibile ad autoassolversi e vorrebbe sentire più una Chiesa che, come il papà del figliol prodigo abbraccia il figliol prodigo e non gli chiede di pentimento né dove ha messo i soldi, né con chi era andato e lo abbraccia perché è ritornato.
A noi piacerebbe questa dimensione, che certamente c’è, ma forse ce ne è anche un’altra che a volte è anche quella del padre di famiglia che dice le cose sgradite che il figlio non vorrebbe sentire.
Allora ieri il Santo Padre ha detto cose importanti e – devo dire – noi stiamo riflettendo proprio con Paola Binetti, con Luisa Santolini, con Dorina Bianchi, con Luca Volontè. Abbiano incominciato un percorso che è anche di riflessione profonda su questi valori. Perché noi siamo convinti che ci sia necessità, anche della nostra testimonianza politica, di non essere escludenti di nessuno.
Quando noi difendiamo la famiglia formata da un uomo e da una donna noi difendiamo non una concezione religiosa, ma un’idea naturale che ci deriva dal diritto naturale. Noi difendiamo con convinzione il fatto che nella società va promossa l’idea di questa famiglia, della famiglia naturale, della famiglia secondo le leggi della Costituzione e approvata dal Parlamento.
Però, certamente, non vogliamo che una condizione sessuale diversa, un’opzione sessuale diversa finisca per rendere una persona reproba, o esclusa, o priva di diritti perché questo sarebbe profondamente iniquo e ingiusto.
E allora c’è la necessità -io me ne rendo conto – di grandi riflessioni su questi temi, una riflessione profonda che viene dal mondo laico e dei non credenti.
Si è perso di vista il fatto che sul referendum sulla famosa legge sulla fecondazione assistita, la legge 40, ci sono state testimonianze di chi non è religioso, o di che non crede, o è laico, che però si interroga sulle grandi questioni.
Allora, voglio dire una cosa: noi siamo figli dell’eredità democratico-cristiana, ma c’è Ferdinando Adornato, Liberal, la loro componente in questa Unione di Centro (Savino Pezzotta, è stato promotore del Family Day, per cui evidentemente ha un’idea molto chiara) c’è una componente molto forte anche di persone che sono figlie della tradizione del cattolicesimo liberale in questo Paese. Bene, noi siamo impegnati a riflettere su questi temi.
Le parole del Papa di ieri ci rafforzano nella riflessione però credo che questo per noi non sia un problema, sia un valore aggiunto perché questa capacità di riflettere su questi temi io la vivo come una ricchezza e una forza del nostro partito.
Riotta: Un’altra domanda che è arrivata per te, ci avviamo verso le conclusioni: “Caro Casini, quali saranno i nostri rapporti futuri con gli amici del Partito Democratico?”
Casini: Agli amici del Partito Democratico io dico una cosa sola: questo partito da qualche parte ha fatto alleanza con il Partito Democratico. Nelle Marche ad esempio, siamo contenti di questa alleanza che è andata bene, che è nata in modo chiaro. Non ovunque è successa la stessa cosa.
Questa alleanza è nata sulla candidatura di un uomo che è stato ed è un democratico cristiano, su una scelta che il Pd marchigiano ha fatto di rompere con la sinistra, che aveva un candidato alla sua sinistra.
Dorina Bianchi, Achille Serra, Paola Binetti, Pierluigi Mantini, Enzo Carra che non vedo: mi fermo a loro perché è la prima fila. Perché ci sono persone che vengono dal nostro mondo (non necessariamente come Pierluigi Mantini dal mondo cattolico) ma dal mondo liberale, del centrismo, che in questi mesi si sono aggiunti a noi?
Non certo per potere, perché il partito di opposizione con il potere è il Pd, il partito di opposizione senza potere siamo noi. Per cui non è che volessero andare al potere.
Questi amici si sono aggiunti a noi perché hanno trovato un disagio fortissimo nel vedere che questo partito sostanzialmente ha lateralizzato una cultura politica.
Questo partito non può pensare sistematicamente di non fare una scelta chiara, perché quello che è capitato in Puglia con Vendola e quello che è capitato a Milano con Pisapia, è la conseguenza diretta della timidezza con cui il Partito Democratico non fa le scelte che dovrebbe fare.
Perché se solo il Partito Democratico avesse il coraggio di scindere, di rompere i rapporti con questa sinistra estrema, ricordandosi che Veltroni lo ha fatto due anni fa… (per cui, se qualcuno oggi pomeriggio mi dice, o mi dirà nelle agenzie: “Casini non parli e non dia lezioni a casa nostra”, io preventivamente dico già che mi riferisco a Veltroni, a quello che lui ha fatto rompendo con la sinistra estrema).
Poi, il Pd ha fatto il grande errore di beccarsi Di Pietro che è peggio della sinistra estrema e che è il grande alleato di Berlusconi. Ma, amici, se il Partito Democratico non fa questa scelta in tutte le prossime primarie che farà – faccio una previsione – avrà Vendola candidato a Palazzo Chigi.
Per carità, Vendola è una cara persona, ma se sarà candidato a Palazzo Chigi tutto potrà pensare tranne che ottenere i voti di coloro che sono moderati di centro e che rappresentano quello che noi rappresentiamo nella vita politica italiana.
Ma non si meraviglino poi gli amici del Pd perché questo diventa l’epilogo! Se non c’è chiarezza saranno sempre più permeati da una cultura relativista e di sinistra che forse è più radicaleggiante, che storicamente appartenente al solco della sinistra tradizionale.
Io Bersani lo considero una delle persone più perbene della politica italiana. Io nel Partito Democratico ho amici: da Franceschini, a Fioroni, a Enrico Letta e tantissimi altri, persone che stimo. D’Alema è un uomo di sinistra, un socialista, ma è una persona che ha lavorato bene in tanti incarichi che ha avuto. E non dimentichiamo che, ad esempio in Kossovo, ha fatto delle scelte coraggiose.
Ma questo punto per loro è ineludibile. Loro stanno rinviando l’appuntamento con questo chiarimento. E questo non rafforza le chance che hanno nella politica italiana, le indebolisce.
Io voglio chiarire questo punto, è molto importante: il rapporto tra noi e il Pd.
Ivo Tarolli mi ha fatto questa obiezione che non mi dimentico mai. Dice: “Ma tu parli di questo centro, ma a regime il nostro posto dov’è? “
Gli italiani sanno dov’è il nostro posto a regime. A regime il nostro posto è alternativo alla sinistra. Noi siamo figli di una cultura e di una politica che è – se volete – antagonista e alternativa alla sinistra e al Pd, esattamente come in Germania la Merkel è alternativa ai socialisti.
Ma la Merkel ha anche governato con i socialisti. La Merkel, in un momento di grande difficoltà, quando si trattava di fare scelte impopolari per il Paese ha scelto di governare con i socialisti.
Detto tra noi, abbiamo avuto ragione su tante cose, che ci viene anche un po’ da ridere, se qualcuno, due anni e mezzo fa, ci avesse detto che indovinavamo così. Certo nessuno di noi si sarebbe mai permesso di liquidare il Partito della Libertà con le espressioni che sempre vengono attribuite al Ministro Carfagna rispetto al Pdl della Campania. Nessuno di noi. E questo documenta quanto la crisi del Pdl sia stata più veloce di quanto noi stessi potevamo prevedere.
Però, amici, ve lo dico con la sicurezza di tante altre cose che insieme abbiamo costruito.
Quando noi parliamo di governo di responsabilità, parliamo della necessità che questo Paese ha di andare avanti con un armistizio tra le grandi forze politiche.
Il nucleare. Io sono un nuclearista. Questo partito, pur con travagli, ha votato per il nucleare al congresso di istituzione dell’Udc, poi lo abbiamo confermato nel programma. Ma il nucleare, se non c’è un’intesa profonda tra maggioranza e opposizione, dopo che abbiamo perso il treno della ricerca, e lo abbiamo bloccato vent’anni fa, ma di che cosa stiamo parlando?
Il nucleare non si può fare, se non c’è una corresponsabilità profonda tra chi oggi è al governo e chi è all’opposizione, perché richiede investimenti straordinari.
Se oggi questo governo – non lo farà perché sta chiacchierando e basta- mettesse decine di miliardi sul nucleare con il rischio che un domani, cambiando governo, chi viene dice: “No, ci siamo sbagliati, noi siamo per uscire dal nucleare.” Siamo in condizione di buttare via i soldi?
Allora questo Paese ha bisogno di un governo di armistizio.
Se noi avessimo la bacchetta magica della politica italiana faremmo un governo di responsabilità e di solidarietà nazionale. E poi sapete cosa vi dico?
Per tre o quattro anni bisogna dire: “Non preoccupiamoci di chi vince le prossime elezioni”, magari le amministrative del Comune di Canicattì, ma cerchiamo di governare con scelte impopolari perché questo Paese sta andando alla catastrofe. Questo è il punto, questa è la responsabilità.
Riotta: Abbiamo fatto un orario che, qui al Nord, si va quasi a colazione. Quindi ti lascio la parola conclusiva per il messaggio che vuoi dare agli amici che tornano a casa…
Casini: A chi mi ascolta alla televisione e a voi che mi ascoltate qui voglio dire una cosa.
Qualcuno mi ha detto: “Ma noi abbiamo avuto ragione. Adesso, visto che abbiamo ragione, ce la riconosceranno!”
Ecco, io voglio concludere con due considerazioni.
La prima.
Che Rutelli, fondatore del Pd, esca da quel partito e si avvicini a noi e fondi un suo partito, che Fini co-fondatore del Pdl esca o venga cacciato dal Pdl e fondi Futuro e Libertà, non significa che noi dobbiamo avere paura della concorrenza. Se un uomo politico ha paura della concorrenza ha già perso.
Noi dobbiamo valorizzare il fatto che queste scelte travagliate di Rutelli e di Fini e di tanti amici, di tanti parlamentari, di tanti militanti, sono il riconoscimento storico e politico che avevamo ragione.
E che quando abbiamo detto che i nostri valori non sono in vendita, abbiamo interpretato una parte dell’Italia che aumenta e che aumenterà.
La seconda e ultima considerazione è questa.
La storia è piena di uomini politici, la storia è piena di partiti, la storia è piena di consorzi umani che storicamente hanno avuto ragione e a cui il popolo non ha dato ragione.
Allora non basta che noi siamo stati coerenti, non basta ricordare – ma ricordatelo, che noi siamo stati gli unici all’opposizione di Prodi e di Berlusconi alla faccia delle sedie e della politica delle sedie che ci veniva rimproverata -, non basta che storicamente chi milita nell’Unione di Centro e in questa Costituente, che con tanto travaglio abbiamo messo in piedi, ricordi queste cose.
E’ importante che noi facciamo meglio degli altri una mobilitazione periferica. E le adesioni devono essere parte di questo momento e queste manifestazioni devono essere lo specchio delle decine di manifestazioni che in tutta Italia dobbiamo mettere in piedi.
Se non facciamo questo, amici, non confidiamo che la gente ci dia ragione.
Dobbiamo sapercela prendere la ragione e dobbiamo spiegare alla gente queste cose perché la gente sta incominciando a riflettere.
Tutti i dati dei sondaggi che abbiamo ci dimostrano che c’è riconosciuta la lealtà, l’onestà e la pulizia.
Chi è andato via da noi, come al solito, raccoglierà un pugno di mosche. E forse che tanti mercanti se ne siano andati dal tempio è una cosa che ci rende più forti e più solidi.
Grazie amici, grazie e buon lavoro.
Viva l’Italia, Vive l’Unione di Centro, Viva i nostri giovani e le nostre donne!
E bravo Casini!Non sapete proprio stare lontani a lungo dalla stanza dei bottoni,vero?Ed io che auspico da tempo un governo presieduto proprio da Lei.
[…] via https://www.pierferdinandocasini.it/2010/11/21/promesse-nord-per-far-ripartire-litalia-l%E2%80%99inte… AKPC_IDS += "22379,";Popularity: unranked [?] Posted by admin on novembre 21st, 2010 Tags: News, Politica Share | […]
Vedo che l’armistizio da lei chiesto non riscuote molto successo tra la base del PDL, tra i dirigenti della Lega, tra la base del suo partito.
Comunque, considerate le sue attenzioni ai problemi della famiglia, ai tagli alle borse di studio, alle pensioni che sono sempre allo stesso punto, quando non sono tagliate, alle imprese che non hanno agevolazioni, ai posti di lavoro mancanti, ecc. le suggerirei di fare emergere lo “candalo” dei 98 miliardi (miliardi!!!) di euro abbuonati ai “tenutari” delle slot machines. Suppongo che lei ne sia a conoscenza e che sappia che cosa si potrebbe fare con tutti quei soldi “regalati” a chi ha il compito di svuotare le tasche dei poveri che si illudono di potersi “arricchire” attraverso il gioco! Ci faccia un pensierino, sempre che nell’affaire non abbia le mani in pasta anche qualcuno dei suoi!
Una citoyenne
Caro Onorevole Casini spero tanto che non andiate a fare da stampella a Berlusconi e al suo governo. E’ ora di mandarlo a casa per sempre lui e i suoi ministri. Stanno combinando solo disastri su disastri. Lo dice un tesserato dell’Udc. Spero tanto che non entriate in questo governo. Rimango comunque contrario ad elezioni anticipate perchè l’Italia ha bisogno di tutto tranne che di una campagna elettorale che si può già immaginare come sarà dato il clima politico attuale. Spero in un governo non presieduto da Berlusconi e con nuovi ministri o eventualmente si potrebbe salvare qualche ministro dell’attuale governo.
Quello che ha detto ieri il presidente Casini è funzionale al progetto di individuare per il bene dell’Italia, un’area di responsabilità nazionale tra soggetti politici diversi per cultura politica, rappresentanza sociale e collocazione europea. L’Udc deve farsi spazio e convincere (se può) i due partiti più grossi rilanciando continuamente la sua proposta politica. A maggior ragione quando può trovare ascolto e sponda. In vista dell’appuntamento del 14 dicembre l’Udc ha il compito di chiarire ed illustrare agli italiani la sua posizione , che è originale (non siamo attaccati al carro di nessuno). Siamo in una situazione allucinante. Nel momento in cui la nazione italiana corre grossi rischi per l’economia il premier Berlusconi sembra ripetere come un disco rotto:”ghe pensi mi” mentre il suo rivale/sodale Bersani ripropone in modo soft il fronte antiberlusconista rincorrendo Di Pietro (il manettaro), recuperando spazi (Vendola e Pisapia) alla sinistra radicale di estrazione comunista ed annullando con le primarie l’autorevolezza del suo partito. Agli amici di partito raccomando, come Attivista di Centro, meno mal di pancia e più presenza sui giornali e nella società!!