postato il 15 Ottobre 2010
Le nostre società occidentali, sempre più individualiste, sembrano manifestare crescenti forme di egoismo nell’espressione di quella che, ad ampio raggio, può essere definita genitorialità.
Per una volta vorrei provare ad osservare, dal punto di vista del bambino-figlio, alcune di queste espressioni.
Dalla parte del bambino, laddove sempre più donne sembrano realizzarsi forzando la mano alla sapienza della natura per riuscire ad avere figli senza la noia-necessità di avere un uomo a fianco. O provare la gioia di diventare neo-mamme in età da nonna, diminuendo così il diritto del figlio a crescere nel migliore dei contesti familiari possibili, almeno secondo le condizioni di partenza.
Dalla parte del figlio, in una società super consumista che rischia di non tollerare più famiglie o madri che, per problemi economici e socio-culturali, fanno fatica a tirare su un figlio. E’ il caso di Trento, che ha fatto molto discutere qualche settimana fa, e che ci deve ricordare che uno stato di povertà e indigenza non può mai essere un motivo per togliere la potestà genitoriale ad una mamma o ad una coppia; la società, attraverso i servizi sociali, dovrà semmai essere di supporto e di sostegno, per contribuire allo sviluppo sereno dei figli, senza mai fare prevalere logiche contro il loro mantenimento nel nucleo familiare di origine.
Dalla parte del figlio, in una società evoluta dove i tanti progressi della scienza conducono le coppie, con crescenti problemi di fertilità, ad andare incontro alle umane richieste di genitorialità attraverso la fecondazione assistita; con alcune di queste che ricorrono a centri esteri, per aggirare le “severe” norme italiane in materia, frutto della famosa Legge 40, fortemente criticata e contrastata. E’ però doveroso ricordare che questa ha il merito di tutelare tutti i soggetti coinvolti, con un occhio di riguardo al figlio: non consentendo la fecondazione eterologa gli dà infatti la certezza della paternità, così come positivamente limita il possibile “mercato”delle nascite.
Dalla parte del figlio, di fronte ai continui diritti rivendicati da single e coppie dello stesso sesso, che vorrebbero vedere riconosciuto il loro naturale desiderio di genitorialità, attraverso l’adozione; per dare a coloro che hanno ricevuto un primo rifiuto, una famiglia fondata sul matrimonio tra uomo e donna, per assicurargli il contesto più stabile e adatto alla loro educazione e crescita.
A maggior ragione perché, complice la difficoltà ad avere figli naturali, come abbiamo ricordato poco sopra, sempre più coppie (eterosessuali) danno la disponibilità all’adozione, nazionale e/o internazionale, intraprendendo percorsi lunghi e non facili.
Percorso di cui è giusto, sempre dal punto di vista del bambino, sottolineare anche le cose positive del nostro sistema: ad esempio, per quanto riguarda l’adozione internazionale, intrapresa dalla maggioranza delle coppie visto il numero limitato di minori italiani in stato di adottabilità, l’Italia mette in atto un controllo abbastanza rigoroso sull’operato delle associazioni accreditate per dare concretamente compimento all’adozione nei vari paesi d’origine del bambino, a costo di produrre tempi più lunghi e fare adottare bambini un po’ più grandi. Questo avviene per verificare che i bambini dati in adozione si trovino veramente in uno stato di abbandono e siano gli ultimi degli ultimi, cercando di evitare ogni possibile dubbio di mercato di bambini. Questo purtroppo non è sempre avvenuto nel passato, e non pare avvenire in altri paesi: negli Stati Uniti si “scelgono” i bambini tramite l’utilizzo di Internet e anche in paesi europei a noi vicini non ci sono gli stessi controlli. Magari non abbiamo il peso internazionale di altri paesi più importanti, e in qualche caso incide negativamente sul cammino che le coppie italiane si trovano ad affrontare, ma riconosciamo i meriti ad un approccio italiano all’adozione che è sicuramente motivo di orgoglio, perché proiettato con lo sguardo sul bene del minore.
C’è sicuramente molto da fare per migliorare il percorso che le coppie affrontano: questo potrebbe, pur nella doverosa rigorosità, essere accorciato un po’ nella sua fase iniziale per non scoraggiare troppo coloro che vi si avvicinano. Le coppie dovrebbero essere sostenute anche dal punto di vista economico, specialmente per gli elevati costi necessari ad intraprendere l’adozione internazionale, che potrebbero essere abbattuti attraverso le relative detrazioni fiscali.
Esiste poi la necessità di non lasciare sole le coppie nella lunga fase dell’attesa per l’arrivo del nuovo figlio, ma ancora di più dopo l’avvenuto inserimento, ad oggi un po’ deficitario; attraverso un lavoro in sinergia, amministrazioni locali, servizi sociali e associazioni di volontariato potrebbero attivare gruppi di lavoro, condivisione e supporto per non fare sentire mai sole queste famiglie nei loro momenti “naturali” di difficoltà.
Ci sono poi tanti minori italiani che vivono negli istituti/case famiglia in attesa di essere dichiarati in stato di adottabilità e molti altri che non lo saranno mai, perché ci sono dei legami che persistono con la famiglia naturale. A questi bambini sarebbe comunque fondamentale, rispetto ad un istituto, assicurare il legame e l’affetto di un nucleo familiare che si renda disponibile, attraverso l’affido, ad affiancare (spesso sostituire) la famiglia naturale nella loro crescita. Spesso questi minori non sono piccoli di età e sicuramente è una scelta così grande che non può essere chiesta ad ogni coppia; questa però si troverebbe a vivere una forma ancora più alta e gratuita di genitorialità, dove la centralità della relazione riesce a supplire in qualche modo al legame di sangue o di legge. E dal punto di vista del bambino, vivere in una famiglia che lo accoglie, anche se soltanto per un limitato periodo della vita, può essere migliore che crescere in un istituto-casa famiglia.
Trovare soluzioni a questo come a molte altre difficoltà che i minori incontrano dovrebbe essere la priorità in una società evoluta, che invece sembra concentrata a rincorrere le continue e crescenti richieste di diritti (senza più doveri) da parte degli adulti.
“Riceviamo e pubblichiamo” di Carlo Lazzeroni