Tutti i post della categoria: I 9 punti

Imu, cedolare secca, case fantasma

postato il 25 Luglio 2010

I tre punti cardine su cui si gioca il futuro immobiliare italiano

Il mondo immobiliare italiano in questi giorni è stato al centro della politica finanziaria nazionale, anzi si può dire che è uno dei campi principali su cui si gioca buona parte della sopravvivenza del governo interessando anche le tasche dei cittadini.
E non vi sembri esagerato quanto affermo, perché sull’immobiliare si gioca il futuro e la tenuta finanziaria dei comuni, e il federalismo fiscale tanto caro alla Lega: stando ai diktat della Lega, i Comuni dovrebbero essere la prima linea del federalismo, ma per fare ciò, hanno bisogno di fondi e di autonomia impositiva, ovvero di potere liberamente decidere se e quanto tassare i cittadini. [Continua a leggere]

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Morti bianche: Si può morire di lavoro?

postato il 23 Luglio 2010

di Gaspare Compagno

Questo è un argomento vitale, anche se tratta di morte: si parla di morti bianche, che sono quelle che accadono nei posti di lavoro.

Il rapporto INAIL pubblicato oggi attesta che sono in diminuzione, addirittura ai minimi dal 1993. Ma questa riduzione, purtroppo non è legata a maggiore sicurezza sul lavoro, bensì alla diminuzione dei lavoratori.

Nonostante ciò, i numeri restano da infarto: gli infortuni sono stati 790mila, 85mila in meno rispetto al 2008. Per una riduzione del 9,7 per cento, mentre i casi mortali sono calati del 6,3 per cento. I lavoratori che hanno perso la vita sul posto sono stati 1050, 70 in meno rispetto all`anno precedente; gli infortuni dei lavoratori stranieri passano da 143mila del 2008 a 119mila, con una flessione del 17%.

Dobbiamo rallegrarci per questa flessione?

Assolutamente no, è legata solo al minore numero di lavoratori.

E non possiamo rallegrarci di questa notizia, perché ogni morte, ogni vita spezzata, è motivo di dolore, e proprio per questo dobbiamo batterci per aumentare la sicurezza sul posto di lavoro.

Ma non basta questo.

Spesso sui giornali leggiamo di proteste eclatanti, come quella dei lavoratori alla Scala di Milano, o come quella dei lavoratori della Playtex a Roma, ma troppo spesso ci dimentichiamo di chi ci lascia prematuramente, come del tecnico a Milano, o come l’operaio a Taggia, o dell’operaio a Siracusa, e potrei continuare perché l’elenco è tristemente lungo.

Ma oltre a questi dobbiamo pensare anche a chi muore perchè non ha il lavoro o lo ha perduto e sfugge alle statistiche dell’Inail: ad esempio a Brembate muore un operaio che aveva perso il lavoro; in Campania due operai si sono suicidati perché senza lavoro e potrei continuare.

L’ultimo suicidio, frutto dell’abbandono della speranza, è avvenuto sabato scorso dalle parti di Salemi in Sicilia, dove un ex dipendente, Francesco Gucciardi, della Telecom Sicilia srl, società dichiarata fallita nel 2000, dopo che per 10 anni è stato prima ignorato, poi illuso, poi di nuovo ignorato, ha deciso di suicidarsi.

E queste morti, magari ci colpiscono, ma poi finiscono nel dimenticatoio per tutti, tranne che per le famiglie che anche a distanza di anni piangono i loro cari, come nel caso dello scoppio del Molino Cordero, dove dopo soli tre anni, alla cerimonia di commemorazione c’erano solo i parenti.

Non è giusto che in un paese che si definisce civile e all’avanguardia, ancora oggi, il lavoro o l’assenza dello stesso, sia una delle prime cause di morte violenta. Occorrono risposte e soluzioni.

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Dal governo poche cose buone e troppi spot

postato il 22 Luglio 2010

Il governo procede per strappi. Berlusconi ogni tanto minaccia elezioni anticipate, ma è un messaggio rivolto ai suoi, un richiamo alla disciplina. Oggi il premier non ha la forza per andare a elezioni anticipate.
Berlusconi ha invitato i militanti del Pdl a ricordare le tante cose buone fatte dal governo. Certo questo esecutivo avrà pure fatto qualcosa di buono: gli aquilani non sono sotto le tende, a Napoli ha rimosso la spazzatura dalle strade, anche se non c’è la certezza che il problema non si riproporrà. Ma non basta. A L’Aquila il difficile viene ora: il centro storico è distrutto e i lavori non cominciano.
Le cose buone fatte dal governo sono poche, gli spot molti di più. Come quello del piano casa, con il premier che dopo un anno si è lamentato perché non è riuscito a costruirne nemmeno una, come era prevedibile.
E poi, ancora, è stata abolita l’Ici. In tutte le città del mondo, 8 su dieci la proporzione, le tasse locali cadono sugli immobili. Noi abbiamo abolito l’unica tassa federalista…Ora la Lega vuole introdurre la “service tax”, che e’ l’Ici con un altro nome.

Pier Ferdinando

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Il mercato immobiliare: sale o scende?

postato il 21 Luglio 2010

di Gaspare Compagno

Nomisma e Tecnocasa, sostengono che il mercato immobiliare stia anticipando la ripresa economica. Anche se il mercato immobiliare risulta ingessato, con i prezzi di vendita in calo di circa un punto percentuale nel primo semestre 2010 rispetto all’analogo periodo del 2009 (mentre l’affitto risulta in discesa di circa l’1,5-2%), l’offerta nel mercato residenziale è in forte crescita. Ma è davvero così?

Ci permettiamo di nutrire qualche dubbio: per gli operatori, dall’inizio della crisi, i prezzi di vendita hanno perso il 5% del valore nominale, mentre i canoni di locazione accusano una flessione di circa il 7%; in realtà, queste sono le variazioni nominali, mentre se andiamo a guardare ai valori reali, osserviamo che i livelli sono tornati quelli di circa 5 anni fa, una perdita secca (considerando la sola inflazione) per i costruttori e le società di real estate, nonostante l’ottimismo di Nomisma che rileva come la flessione dei prezzi si stia riducendo.

Ma questo ottimismo è giustificato? Citiamo “Il Sole 24 ore” che dice: “Le flessioni dei prezzi della prima metà del 2010 sono le più contenute dell’ultimo biennio, il che prefigura un percorso di ripresa lento e graduale che non porterà aumenti nei valori prima del 2011. Questo dice Nomisma, come peraltro aveva detto l’ufficio studi Tecnocasa due giorni fa. Quindi è probabile che ciò avvenga”.

Sarebbe stupendo se, nello stesso articolo, il quotidiano non dicesse testualmente “ questo il dato che tutti i proprietari e i potenziali acquirenti di abitazioni si attendevano dall’odierna presentazione del rapporto semestrale”.

Notata la dicitura? “Il dato che tutti si attendevano”. Questa attesa, potrebbe avere involontariamente condizionato le rilevazioni, nonostante la comprovata serietà e professionalità di Nomisma e Tecnocasa?

Per avere una visione oggettiva e completa dobbiamo analizzare meglio i dati forniti e andare a vedere non in base ai valori nominali, ma ai valori reali.

Allora osserviamo che, se è vero che il calo dei prezzi è stato dell’1% a livello semestrale, a livello annuale la diminuzione diventa pari al -2,6%; le transazioni invece sono molto basse rispetto ai livelli precrisi: si parla di circa il 30% in meno rispetto al 2007.

Ma la cosa che maggiormente ci spinge a riflettere è che Nomisma, nel suo rapporto, parla esplicitamente di “sconti”. Dice infatti che “Una nota parzialmente positiva viene dal fatto che gli sconti sui prezzi hanno segnato la prima lieve riduzione, attestandosi mediamente al 13% per le case”. Flessione che viene dopo vari semestri di cali continui.

Cosa significa? Significa che in realtà, il venditore, non accusa una flessione dell’1%, ma di almeno il 13% se è disposto a concedere questa percentuale come sconto medio, perchè per concedere questa diminuzione del prezzo, la motivazione è una fondata paura di non riuscire a vendere.
E questo pone degli interrogativi inquietanti sulla tenuta finanziaria di assicurazioni, fondi di real estate e banche che finanziano i costruttori.

Similarmente, anche il mercato della locazione ha dei problemi: la flessione degli affitti vede una riduzione del 10% del canone di locazione su base reale, ma siccome la flessione è stata leggermente inferiore alla flessione dei prezzi di vendita, il rendimento della locazione per il proprietario si è riuscito a mantenere intorno al 4,8%.

Anche Tecnocasa finge ottimismo, ma in realtà dipinge un mercato non proprio idilliaco per i costruttori, infatti apertamente parla del rischio del credit crunch, ovvero la restrizione del credito operata dalle banche, che potrebbe condizionare pesantemente le vendite delle case. L’ottimismo di Tecnocasa si fonda tutto sui bassi tassi di interesse dei mutui che, secondo loro, dovrebbero incoraggiare gli acquirenti. Personalmente credo che sia una visione troppo positiva se, come invece afferma Nomisma, aumenta l’acquisto di immobili con capitale proprio (totale del 30% delle compravendite) perchè per le famiglie è difficile ricorrere al mutuo bancario.

E questa visione, non proprio ottimistica, la si percepisce se si si va a leggere quanto dichiarato da Assoedilizia, ovvero che per una ripresa del mercato immobiliare nazionale bisognerà attendere almeno 2-3 anni e che bisogna assolutamente introdurre la cedolare secca per gli affitti (come tra l’altro proposto dall’UDC). Questa affermazione di Assoedilizia è confermata da Antonio Pastore, Presidente di Borsa Immobiliare e da Lionella Maggi, presidentessa della Fimaa (Federazione Italiana Mediatori Agenti d’Affari).

Proprio per questo motivo, è lecito nutrire qualche dubbio verso il facile ottimismo presentato da Nomisma e Tecnocasa. Questi sembrano dipingere un settore pronto a decollare e popolato da famiglie che sembrano non avere problemi a comprare casa, una realtà molto diversa da quella disegnata oggi dalla Svimez, che parla chiaramente di impoverimento delle famiglie italiane, e dall’ISTAT.

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La salute? Al Sud è un lusso per una famiglia su cinque

postato il 20 Luglio 2010

In Italia la salute non è più un diritto, ma un lusso. Un’affermazione che può suonare eccessiva, ma che purtroppo è cruda realtà. E’ uno scenario a tinte fosche e di un’Italia spaccata in due quello dipinto dall’ultimo rapporto Svimez sull’economia del Mezzogiorno: una famiglia su cinque non ha i soldi per andare dal medico e non si puo’ permettere di pagare il riscaldamento. Nel 2008 nel 30% delle famiglie al Sud sono mancati i soldi per i vestiti e nel 16,7% dei casi si sono pagate in ritardo le bollette. Otto famiglie su 100 hanno rinunciato ad alimentari necessari. [Continua a leggere]

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La scuola vista da una “maturata”

postato il 18 Luglio 2010

di Chiara Cudini

Ebbene, è “ormai” passata più di una settimana dalla conclusione del mio percorso scolastico. Posso iniziare a vedere con lucidità e senza rancori (qualche nervoso per un determinato professore, per un voto ecc. penso lo si ricordi comunque per lungo tempo) la scuola, la sua organizzazione e la preparazione che essa offre.

Innanzitutto, mi sono diplomata in un liceo scientifico con risultati soddisfacenti, per sottolineare il fatto che alcune critiche che solleverò non sono dettate dall’insoddisfazione personale, anche perché non mi limiterò ad analizzare solo il mio percorso ma anche di miei conoscenti, di quello che so riguardo ad altre scuole, ad alcuni casi di professori, perciò la mia è una visione generale.

Guardandomi indietro, non posso che sentirmi un po’ preoccupata. Mi spiego. Non posso dire di essere contenta riguardo a quello che la scuola offre oggi (ripeto, non necessariamente a livello personale), per due motivi in particolare: l’impreparazione di alcuni insegnanti, non a livello di conoscenze (questo è un altro punto) ma soprattutto a livello pedagogico, in quanto trovo abbiano alcune difficoltà a trasmettere il loro sapere;  le difficoltà crescenti delle scuole per la mancanza di fondi.

Ammetto che fare l’insegnante dev’essere difficile quasi quanto fare il genitore, se pensiamo al ruolo di educatore che dovrebbe avere, e per questo motivo penso che per fare un mestiere del genere si debba possedere una certa passione, una certa dose di pazienza e una preparazione su come affrontare i bambini, gli adolescenti, i “nascenti” adulti. Ho notato, invece, che fare questo mestiere è diventato oggi un ripiego per chi, laureato, non trova lavoro. E non ho nulla da rimproverare a queste persone, se non trovano lavoro un motivo c’è, ma pretenderei comunque da loro un impegno adeguato, che permettesse agli studenti di apprendere ciò che loro sanno, senza imporre loro la loro frustrazione, la loro ideologia. Quest’ultima, in particolare, mi preoccupa. Infatti, esistono ancora casi un cui lo studente, che la pensa diversamente dal professore, deve pagarne le conseguenze e subire una sua valutazione ingiustamente negativa (si sa, gli insegnanti hanno il coltello dalla parte del manico). E non lo trovo affatto giusto per un semplice motivo: la scuola, appunto, ha un ruolo educativo, per il fatto che lo studente, studiando il passato, le ideologie di grandi pensatori, le proposte per il progresso futuro, deve, negli anni in cui inizia a pensare con la sua testa, essere in grado di formare un SUO pensiero, un SUO credo, una SUA ideologia. Se essa si rivelerà sbagliata nel tempo non è un problema, ogni convinzione può cambiare nel corso degli anni. Ma cosa succede se lo studente, evidentemente più maturo, ha già una propria personalità e ideologia? Che non segue semplicemente la massa o non è influenzato da chi lo circonda? Ad alcuni insegnanti non sta bene, perché la pensano diversamente, perché sentono una competizione, perché preferisono avere a che fare con una moltitudine uguale, piatta, più facilmente gestibile, piuttosto che con persone, individui diversi che si stanno formando e che rappresentano il loro futuro.

Inoltre, se alcuni professori si trovano a fare questo mestiere non per passione ma per necessità, lo studente sente un certo rifiuto per questa materia. Si sa, se una cosa non la si fa con passione, si rischia di farla male. Il loro compito dovrebbe essere, invece, quello di coinvolgere direttamente gli studenti, trasmettere l’interesse, puntare sulla curiosità, e, soprattutto, farli entrare nell’ottica dell’epoca, nella testa di quel filosofo piuttosto che di quello scrittore, farli riflettere e pensare.

Ho esposto le critiche agli insegnanti, ma bisogna ovviamente tenere in considerazione la buona fetta di responsabilità degli studenti, i loro atteggiamenti, il loro comportamento, la loro crescente svogliatezza e il loro disimpegno, sarà che ormai gli stimoli sono pochi?

Un altro problema è, appunto, la mancanza di fondi. In tempo di crisi, si sa, bisogna fare delle rinunce, dei tagli ecc., ma non trovo che tagliare sull’istruzione sia di giovamento, proprio perché in futuro, sarà determinante la preparazione e la formazione di quelli che adesso sono “solo” giovani studenti. Insomma, si sta parlando di tagli sul progresso della nazione. A questo proposito mi ha colpito la decisione, in Germania, di fornire uno stipendio mensile di 300 euro agli studenti più meritevoli, sulla base dei voti e non del reddito dei genitori, andando a colpire l’8% della popolazione universitaria per una spesa di 300 milioni di euro all’anno. Infatti, Angelo Bolaffi (direttore dell’Istituto italiano di cultura a Berlino) dichiara che “il ministero dell’Istruzione è l’unico a non aver subito tagli, anzi ad aver beneficiato di aumenti […] tutta l’azione del governo si basa sul presupposto che scuola e ricerca non si toccano, sono settori strategici per chiunque voglia competere nella globalità”. Mi pare un discorso sensato, se si pensa che in Italia c’è la più bassa percentuale di borse di studio (0,12% del Pil contro lo 0,25% della media Ocse) e che quando da noi si assegnano 100.000 borse, in Francia se ne garantiscono 400.000 (dati forniti da Claudio Gentili ne Il corriere della sera). La decisione tedesca ha ovviamente suscitato un dibattito su cosa, fra egualitarismo e meritocrazia, debba prevalere. Ad esempio Roger Abravanel (autore di “Meritocrazia”) appoggia la ministra dell’Istruzione tedesca Annette Schavan, sostenendo che “al centro dell’interesse non c’è più un gruppo sociale (chi ha un basso reddito) ma il singolo individuo col suo valore, sganciato dal proprio contesto economico di origine”, mentre si oppone ad esempio Giovanni Floris (autore di “Mal di merito”) che pensa che “l’aiuto ai meno ricchi serve per sfondare le troppe porte chiuse”.

Al di là del dibattito, fa riflettere come in altri Paesi si punti (con vari mezzi) sull’Istruzione. Quando da noi, si fa sempre più fatica a trovare i fondi per i corsi di recupero, per attivare altre attività o semplicemente per il materiale necessario in una scuola. Queste difficoltà vengono espresse bene da una lettera aperta al ministro Gelmini da parte del dirigente scolastico Antonio Panazzione del liceo scientifico statale di Roma, che solleva il problema di un possibile 6 politico a tutti o di una bocciatura di massa, data l’impossibilità di attivare corsi integrativi. Ed è una difficoltà che riscontra la maggior parte della scuole italiane.

Insomma, non chiedo di avere come insegante un John Keating, protagonista de “L’attimo fuggente” interpretato da Robin Williams, sarebbe pretendere troppo, ma richiederei l’attenzione sull’importanza di avere un insegante valido e umano, soprattutto, con il quale si possa avere un rapporto di stima e rispetto (chi non ha nel cuore un insegante speciale che ricorderà con piacere tutta la vita?). E chiedo attenzione sul delicato problema che il mondo dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca sta affrontando, quello della mancanza di soldi, per giungere alla consapevolezza che il progresso e il risollevamento di una nazione parte prorio da qui.

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Ospedale Pediatrico Gaslini:”La Salute, prima di tutto!”

postato il 13 Luglio 2010

di Edoardo Marangoni

Lodo Alfano, d.d.l.  Intercettazioni o cosiddetta “Legge Bavaglio”, Porcellum e via dicendo… Ultimamente si è tanto parlato – a ragione, sia ben chiaro! – di provvedimenti incostituzionali, poiché in violazione dei diritti che la nostra Costituzione dichiara essere fondamentali e irrinunciabili. Tra i tanti valori costituenti la nostra Repubblica, il nostro vivere civile, vi è anche il diritto alla salute, sancito nell’ Art. 32  della Costituzione.
E se ci pensiamo, la salute è proprio una delle corde più sensibili dell’animo di ciascuno di noi. Spesso si dice, con un pizzico di saggezza popolare, “la salute prima di tutto” o “al primo posto c’è la salute”. Ed è vero, senza dubbio. Al primo posto la salute nostra e quella dei nostri cari.

Talvolta, però, ci si dimentica che la Salute, quella vera, quella di qualità, offerta da personale competente, attrezzato e aggiornato, è anche un grande, un notevole costo. E spesso, purtroppo, gli Enti Locali non riescono a sostenere tutti questi costi. O meglio, possono anche riuscire a sostenere i costi, senza però essere più in grado di ottimizzare il servizio e di essere, quantomeno, al passo coi tempi nei trattamenti terapeutici. E ciò, forse, è ancora più deprimente quando a rischiare di subire tagli lineari poco obiettivi sono i centri che rappresentano i fiori all’occhiello della Sanità, quella con la “S” maiuscola.

Uno di questi centri, di questi poli all’avanguardia, è senz’ombra di dubbio l’ Istituto Pediatrico Giannina Gaslini, situato a Genova.
Non vorrei tediare nessuno, me stesso per primo, snocciolando troppi numeri dell’attività clinica, peraltro ottimi, perché credo possano bastarne anche solo alcuni.

Scorrendo i dati, appunto, sono rimasto colpito dal notevole numero di pazienti provenienti da altre Regioni dell’Italia. Anch’io, più volte paziente dell’Ospedale Gaslini, ho fatto parte della sua “Babele di pazienti”: certo i “vicini” piemontesi e lombardi, ma, a sorpresa, anche i più “distanti” siciliani, pugliesi e campani.

Maturano quindi alcune considerazioni. Per prima cosa, perché i “vicini” scelgono il Gaslini, pur avendo ottime strutture più “sotto casa”? Banale poi il luogo comune della “Mala-Sanità” del Mezzogiorno, poiché, se la geografia non è un’opinione, tra Genova e Palermo ci sono poli pediatrici di alto livello, basti  pensare al “Bambin Gesù” di Roma e al “Meyer”di Firenze.
E pare sia il caso di dire che il Gaslini “non conosce confini”! Molti sono anche i pazienti stranieri, e non solo i “vicini” francesi.
Il fatto appunto che sia così frequentato da giovani pazienti provenienti da altre e lontane Regioni credo possa essere sintomatico, oltre che dell’efficienza e dell’efficacia, anche della qualità del servizio

Insomma, per esperienza personale e per breve ma intenso sguardo ai dati, credo di poter dire con certezza che l’Ospedale Pediatrico Giannina Gaslini di Genova sia uno dei Poli Pediatrici più importanti del nostro Paese, uno dei fiori all’occhiello del Sistema Sanitario Nazionale.

Sono quindi convinto che il Governo, ma anzi, la classe dirigente tutta nel suo complesso, fuori dai colori di parte, perché “incolore” deve essere la Sanità, debba farsi carico dei notevoli costi dell’Ospedale Gaslini, poiché i dati dimostrano che i soldi spesi sono, non solo un ottimo investimento per il singolo paziente e le sue cure, anche e soprattutto il segno tangibile e concreto della tutela di un “interesse della collettività”, proprio come dice l’Art. 32 della nostra Costituzione.

Buttiamoci, quindi, nel centro dell’attualità!

La manovra finanziaria “all’inglese”, ossia “lacrime e sangue”, di quest’anno si è completamente dimenticata dell’Istituto Gaslini. Invece di procedere a tagli lineari, che poi vuol dire indiscriminati, a prescindere, che non guardano i dati in profondità, ma si limitano ad una rapida e drastica diminuzione delle risorse, forse si sarebbe dovuto provare a trovare un criterio, qualche parametro per, ancora una volta, stabilire quali fossero i poli ospedalieri da continuare ad incentivare. Con una formula semplice e immediata: “premiare l’Eccellenza!”

Ma i nostri Parlamentari sono quasi 1000… fortunatamente! Sì, ho detto “fortunatamente”, e questa volta è proprio il caso di dirlo!! Avere molti (magari anche troppi) rappresentanti vuol però anche dire poter disporre di migliaia di occhi che leggono gli atti che passano loro sotto gli occhi durante l’iter legislativo. E questa volta è andata bene! 

E’ capitato, infatti, che il Gruppo dell’UDC-Svp e Autonomie al Senato si sia accorto di questa “lacuna” o “dimenticanza”, e abbia quindi saggiamente deciso di presentare un emendamento!
Credo non si possa dire in questo caso che il colore politico conti qualcosa. Va quindi registrata l’ottima “vigilanza”, chiamiamola così, del Gruppo UDC-Svp e Autonomie a tutela del diritto alla Salute, di ogni cittadino e dell’intera comunità.
Sono quindi convinto che l’ emendamento presentato dal Presidente del Gruppo UDC-Svp e Autonomie al Senato, Sen. Gianpiero D’Alia, sia un ottimo segno della vigilanza dei nostri rappresentanti sulla tutela di un diritto così importanti e così sentito, quale è quello alla Salute.

Ciò che possiamo ora augurarci è che la Maggioranza (o “una” Maggioranza, non conta qui il colore!) corra ai ripari al più presto, si accorga della svista e ponga rimedio, approvando questo importante emendamento, che oso definire “di buon senso”.
Non si può procedere come un carro armato di fronte ai diritti fondamentali ed irrinunciabili dei cittadini.
Speriamo che la Maggioranza abbia sempre ben presente questo concetto.
Speriamo che la Maggioranza non continui a governare con quel metodo per il quale un grande pensatore ha coniato la limpida ed illuminata definizione di “tirannide della Maggioranza” (Alexis De Tocqueville).

Per chi poi volesse approfondire, ecco il link ad un interessante resoconto tecnico-giuridico-sanitario della “storia” dell’Art.32 della Costituzione: http://www.dirittosanitario.net/quadernidett.php?quadid=20

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Cedolare secca sugli affitti per sostenere le famiglie

postato il 8 Luglio 2010

di Gaspare Compagno

Tra i vari emendamenti presentati dall’UDC a questa finanziaria, trovo molto interessante quello dedicato agli affitti che prevede una imposta secca del 20% sui canoni d’affitto.
Tale emendamento va a riguardare una voce molto importante per le famiglie, senza favorire le speculazioni: vengono infatti esclusi i grossi patrimoni immobiliari, le società immobiliari e di costruzioni, favorendo invece le famiglie e i soggetti più deboli. Ovviamente questa norma dovrebbe essere valida per tutti gli affitti posti in essere dai piccoli proprietari di case e non solo per i canoni concordati, altrimenti sarebbe una operazione solo di facciata.
La volontà dell’UDC è quella di realizzare un intervento molto più ampio e organico applicabile a tutti i piccoli proprietari, perché se così non fosse, i risultati sarebbero molto blandi: non inciderebbe significativamente sulla nostra economia e sul PIL, come provvedimento anticiclico di una qualche rilevanza, non produrrebbe effetto di rilievo a livello di calmieramento degli affitti, non produrrebbe un sostanziale recupero di evasione nel settore delle locazioni, favorirebbe le sacche di privilegio che si annidano in quel comparto.
L’UDC, invece, volendo combattere gli affitti in nero e l’elusione fiscale legata ai contratti registrati regolarmente, ma che prevedono un canone di affitto più basso di quello reale e volendo stimolare l’economia, propone un emendamento applicabile anche ai canoni non agevolati.
Perché viene proposto ciò? Attualmente, se una persona ha una casa di proprietà e la concede in affitto, il canone viene iscritto nell’IRPEF, e spesso questo comporta il passaggio a scaglioni irpef più alti. Da qui discende quindi il comportamento illegale di cui sopra, e una spinta al rialzo degli affitti, che ormai incidono eccessivamente sul reddito familiare.
La soluzione quale sarebbe? Se fossimo in un paese con una capacità di spesa elevata, potremmo chiedere e pianificare degli interventi di edilizia pubblica, magari ristrutturando gli immobili di proprietà dello Stato e non utilizzati, per poi concederli a canone bloccato alle famiglie bisognose.
Siccome, l’Italia, anche per colpa di manovre economiche votate solo a tagliare le spese e non alla crescita, non può finanziare simili programmi, ecco che l’UDC propone di togliere dall’IRPEF il canone di affitto, e sostituirlo con una cedolare secca del 20%, si verrebbe così incontro alle esigenze dei piccoli proprietari (stiamo parlando di famiglie che magari hanno una seconda casa e l’affittano per avere una piccola entrata extra), sia da parte degli affittuari.
Spieghiamo più approfonditamente il meccanismo: la norma dovrebbe prevedere che il pagamento del corrispettivo derivante dal contratto di locazione o dal contratto di affitto, stipulati tra soggetti privati, sia eseguito per tramite di un Istituto di credito o di Poste Italiane spa che effettuano, sull’ ammontare complessivo del corrispettivo incassato, una ritenuta a titolo di imposta, pari ad una certa percentuale dello stesso.
Grande potrebbe rivelarsi la portata anticiclica della norma: perché anzitutto l’ intermediazione del soggetto sostituto d’ imposta comporterebbe l’ emersione del sommerso. Inoltre, l’ aliquota bassa e la tassazione separata del reddito immobiliare promuoverebbero il rilancio della locazione e degli investimenti nel settore. Va aggiunto che il sistema della ritenuta a titolo di imposta avrebbe come conseguenza una razionalizzazione ed un notevole risparmio per l’ erario in termini di gestione degli uffici, perché si stima che potrebbero eliminarsi centinaia di migliaia di denunce dei redditi. Sul piano sociale, poi, al superamento del regime del cumulo con i redditi da lavoro conseguirebbe una maggiore equità del sistema.
Il tema degli affitti è così rilevante? Sembra secondario rispetto ad altri problemi come il lavoro, ma non è così: la spesa per gli affitti è una voce importante per le famiglie, infatti all’abitazione viene ormai destinato oltre un terzo della spesa totale (il 33,5% del 2009 contro il 32,1% del 2008); vive in affitto il 17,1 per cento delle famiglie mentre il 15,9% paga un mutuo e spende in media 530 euro al mese. Diretta conseguenza di un mancato piano casa efficiente da parte del governo.
Con la cedolare secca, le famiglie avrebbero un notevole risparmio: un proprietario di una casa data in affitto, potrebbe risparmiare da 750 euro a 2000 euro di tasse, mentre il governo compenserebbe il mancato introito con l’emersione degli affitti in nero.

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Salviamo i posti letto in Terapia Intensiva Neonatale

postato il 7 Luglio 2010

di Alessio Fabio D’Avino

Non son degni di sopravvivere!

La manovra finanziaria attualmente in discussione prevederebbe forti tagli che riguardano anche i posti letto in Terapia Intensiva Neonatale.

Purtroppo devo ancora mettere alla vostra attenzione il cinismo con cui si approccia al tema della sussistenza a persone socialmente indifese e deboli.
Credevo di aver assistito al peggio della natura umana quando parlai della possibilità di escludere le persone affette dalla sindrome di Down dai benefici economici.
Purtroppo ogni giorno ne leggo qualcuna che mi fa accapponare la pelle più del giorno precedente.

E’ proprio di questi giorni una lettera aperta del CIMO-ASMD in cui si evidenzia, come ampiamente previsto, che la manovra economica, che vorrebbero far passare dal voto di fiducia, sopprimendo tutte le possibili migliorie, taglierà i trasferimenti economici dallo Stato alle Regioni e ai Comuni e di conseguenza ridurrà le prestazioni nei settori della disabilità, della salute mentale e degli anziani fragili; condizionerà negativamente anche i servizi sanitari ospedalieri e territoriali, di fatto, facendo sparire le politiche della prevenzione.

La manovra porterà al licenziamento di migliaia di medici precari impegnati nei settori dell’Emergenza e al pensionamento di 30.000 medici e dirigenti sanitari con l’impossibilità di assicurare la continuità assistenziale e l’erogazione dei livelli essenziali di assistenza a causa della riduzione dei posti letto e delle sedute operatorie e comporterà l’allungamento delle liste di attesa anche per le prestazioni radiologiche di alta tecnologia.

Per un settore delicato quale quello della Terapia Intensiva Neonatale, dove già oggi scarseggiano i posti letto, ulteriori tagli rappresenterebbero una sciagura di proporzioni inimmaginabili.

In un intervento pubblico, la deputata Binetti, componente della Commissione Affari Sociali della Camera, ribadisce e amplifica gli allarmi che da molte parti si levano.
Riprendendo l’appello lanciato dal direttore dell’unità di Terapia intensiva neonatale del Policlinico Umberto I di Roma si possono facilmente comprendere concetti semplici ed elementari.
Si comprende benissimo che i reparti di TIN vanno oltre una logica puramente economica in quanto non sono possibili falsificazioni, come nel caso delle persone affette dalla sindrome di Down, i bambini sono lì sotto gli occhi di tutti, non hanno nemmeno la possibilità di chiederti aiuto.
Se un neonato è a rischio, se non è ben trattato fin dal primo momento, corre seri rischi di morire o di diventare un invalido vero con costi molto più alti per la nostra sanità, senza dimenticare il costo umano e personale altissimo di chi sarà sempre un disabile.

In alcuni ospedali questi tagli sono già proposte operative che verranno messe in atto se non si riuscirà a far ragionare con cognizione di causa chi vede le persone indifese come numeri da mettere su un foglio Excel.

Concludo augurandomi che sia solo un colpo di sole estivo e se non lo fosse vi chiedo di vigilare e di amplificare la debole voce di chi ci chiede solo una mano per sopravvivere.

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Le famiglie diminuiscono i consumi: ora si taglia anche sul cibo

postato il 7 Luglio 2010

La notizia è di quelle che dovrebbero fare riflettere, soprattutto se avviene in un paese che è considerato “ricco e opulento”: le famiglie italiane sono sempre più povere e ora si risparmia sul cibo, stando all’ISTAT.

Se andiamo più in profondità, osserviamo che nel 2009 2009 vi è stata una significativa contrazione dei consumi: la spesa media mensile per famiglia lo scorso anno è stata pari a 2.442 euro, cifra che segna una flessione dell’1,7% rispetto all’anno prima.
Ma in realtà, afferma l’ISTAT, la contrazione dei consumi reali è ben maggiore: la cifra riportata sopra, incorpora anche l’aumento dei prezzi che l’anno scorso è stato pari in media allo 0,8%, quindi la contrazione nella realtà supera abbondantemente il 2%. A questo punto aggiungiamo un altro dato: se consideriamo il valore mediano della spesa mensile (quello al di sotto del quale si colloca circa il 50% delle famiglie italiane), si osserva una diminuzione più marcata, pari al 2,9%, con una spesa che scende a 2.020 euro.

Contemporaneamente, assistiamo anche ad una riduzione del reddito disponibile familiare da parte della maggioranza degli italiani, che dopo le imposte e i contributi, vedono diminuire il loro reddito del 2,7%. Questo dato è molto interessante perché aiuta a spiegare come mai la contrazione della spesa per consumi è stata particolarmente evidente fra le famiglie con livelli di spesa medio-alti, segno che le incertezze e i timori per il futuro economico vanno a colpire tutti i ceti sociali.

Questa contrazione dei consumi, per la prima volta da anni, ha colpito la spesa per l’alimentazione: se consideriamo il 2008 osserviamo che la spesa media per generi alimentari e bevande è scesa del 3%, portandosi a 461 euro al mese (nel 2008 era invece salita fino a 475 euro per effetto dell’aumento dei prezzi degli alimentari). L’Istat spiega, inoltre, che la quota di famiglie che asserisce di aver ridotto quantità e/o qualità dei prodotti alimentari acquistati rispetto all’anno precedente è pari al 35,6%.

Geograficamente osserviamo che la diminuzione maggiore riguarda il Mezzogiorno dove dai 482 euro del 2008 si scende ai 463 del 2009 e la spesa mensile per generi alimentari e bevande rappresenta in media il 18,9% della spesa totale (il 16,4% tra le famiglie del Nord, il 24,4% nel Mezzogiorno). La Lombardia è la regione con la spesa media mensile più elevata (2.918 euro), seguita da Veneto (2.857) ed Emilia Romagna (2.799). Fanalino di coda, ancora una volta, la Sicilia, con una spesa media mensile (1.721) di oltre mille euro inferiore a quella delle regioni con la spesa più elevata.
Le altre voci di spesa risultano abbastanza stabili: diminuisce la spesa per servizi sanitari, tabacchi e comunicazioni, ma risulta in aumento la spesa per combustibili ed energia, probabilmente per via dell’inverno lungo e rigido; cala al 3,6%, la quota della spesa per sanità (in particolare medicinali, dentista e visite mediche). Si spende un po’ meno per fumare (0,8% contro il precedente 0,9%), ma anche per il tempo libero e per la cultura (al 4,2% dal 4,3%).

Come si vede, le famiglie, non potendo tagliare su altre spese, che già negli anni passati erano drasticamente calate, iniziano a tagliare su due voci di spesa fondamentali: l’alimentazione e la salute. Altro dato interessante è la spesa per gli affitti. All’abitazione viene ormai destinato oltre un terzo della spesa totale (il 33,5% del 2009 contro il 32,1% del 2008); vive in affitto il 17,1% delle famiglie mentre il 15,9% paga un mutuo e spende in media 530 euro al mese. Diretta conseguenza di un mancato piano casa efficiente da parte del governo.

Un approfondimento, il calo dei generi alimentari, riguarda, ed è questa la cosa grave, gli alimenti che i dietologi e i nutrizionisti reputano base: il pane ( secondo la Cia, confederazione Italiana Agricoltori, il 50% delle famiglie ha diminuito sensibilmente il consumo di pane), pasta, carne.

Il Codacons definisce grave questo calo dei consumi e vede come unica soluzione non una manovra improntata ai tagli, ma alla crescita. Dello stesso Tenore la Marcegaglia, presidente di Confindustria, che afferma: «La crisi colpisce sempre i più deboli. Ritornare a crescere, ricreare nuova occupazione, evitare che si perdano nuovi posti di lavoro è il tema fondamentale, sul quale imprese e lavoratori sono dalla stessa parte».

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