postato il 11 Febbraio 2018
Dobbiamo continuare a essere il lievito del rapporto tra moderati e progressisti che oggi non ha alternative. Noi siamo quei moderati che hanno consentito ai governi Letta, Renzi e Gentiloni di stare in piedi, che si sentono più rassicurati dal fatto che al ministero dell’Interno ci sia Minniti e non Salvini e che ritengono che il vero nemico sia il populismo demagogico e irresponsabile di M5s e Lega.
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postato il 11 Febbraio 2018
«Galletti sindaco? Sì , ma serve un’alleanza tra moderati e Pd»
L’intervista di Olivio Romanini pubblicata sul Corriere di Bologna
«Non avrei accettato di essere paracadutato fuori da Bologna, volevo correre nella mia città, volevo essere dove sono sempre stato». Parola di Pier Ferdinando Casini, centrista, ex presidente della Camera e candidato al Senato a Bologna sostenuto dal Partito democratico. Per Casini il pericolo di rigurgiti fascisti e razzisti è un rischio concreto e sul futuro della città dice: «Galletti può fare il sindaco ma lo possono fare anche alcuni assessori attuali della giunta Merola, l’importante è che ci sia un progetto che regge: se l’impalcatura dell’alleanza tra moderati e progressisti starà in piedi allora si aprirà una bella stagione e Bologna saprà guardare avanti».
Come procede la sua campagna elettorale per le politiche? Dove è già stato e in quali posti ha scelto di andare a chiedere i voti?
«Sto andando ovunque — spiega l’ex presidente della Camera, Pier Ferdinando Casini, candidato nel collegio uninominale di Bologna del Senato e appoggiato dal Pd — dai mercati alle case, dalle associazioni di categoria ai circoli. Vado dove sono sempre andato nelle campagne elettorali, torno all’antica, alle prime battaglie che ho fatto: ho scelto di non fare nessuna campagna a livello nazionale e di farla solo qui a Bologna, casa per casa e, come sempre, andare in giro tra la gente significa fare un bei bagno di umiltà». [Continua a leggere]
postato il 7 Febbraio 2018
I 5 stelle evocano sempre soluzioni miracolose, poi li mandiamo al governo della città e mostrano un’incompetenza straordinaria. Lo vediamo a Roma. Il tema essenziale di questa campagna elettorale è fermare il misto di incompetenza e arroganza: l’arroganza di chi dice che risolverà i problemi e l’incompetenza che assurge a valore.
postato il 6 Febbraio 2018
In campo per dare contributo a mia coalizione

L’intervista di Giulia Merlo pubblicata sul Dubbio
Che ci fa Casini, candidato della coalizione di centrosinistra del Pd nella rossa Bologna?
Su questo si è consumato l’ultimo strappo tra Partito Democratico e Liberi e Uguali, che nello stesso collegio uninominale hanno indicato Vasco Errani, ex presidente della Regione Emilia-Romagna. Una polemica che non tocca più del necessario il diretto interessato, l’ex presidente della Camera Pier Ferdinando Casini, che tecnicamente a Bologna gioca in casa: nel capoluogo emiliano è nato, ha studiato e si è formato politicamente tra le fila della Democrazia Cristiana.
Presidente, dopo la prima settimana di campagna elettorale e conseguenti schermaglie, com’è il clima nel suo collegio?
Il clima è freddo, umido e con temperature piuttosto rigide. Politicamente, invece, il clima è perfetto e anzi, c’è gran calore da parte della gente.
Lei ha l’arduo compito di convincere gli scettici del centrosinistra, che vedono in lei un candidato anomalo per un collegio baluardo del Pci.
Guardi, io qui sono nella mia città e sono perfettamente a mio agio. Mi conoscono tutti e le assicuro che sono pronto allo scherzo: loro prendono in giro me e io prendo in giro loro, nessun problema davvero. Questo famigerato “problema-Casini” è una costruzione mediatica che non esiste tra la gente ma solo sui media.
E la stupisce?
Ma si figuri. Anzi la capisco, capisco che la polemica è ghiotta e anche il fascino del gossip descrittivo. Il problema, al netto di ciò che si dice sui giornali, è che la realtà è molto diversa e non ha nulla a che vedere con me. Per dirla in breve, mi trovo nel crocicchio di un rapporto tesissimo tra il Pd e i fuoriusciti dal Pd e intorno a me si è sviluppato un dibattito del tutto paradossale. [Continua a leggere]
postato il 2 Febbraio 2018
Per ascoltare la puntata clicca qui

Questa campagna elettorale caratterizzata dalle promesse, noi la imperniamo sui dati: i governi Letta, Renzi e Gentiloni hanno rimesso in moto il Paese, dando risultati concreti sul lavoro e nel fronteggiare, grazie a Minniti, i flussi dell’immigrazione.
La lista guidata da Grasso? Il risultato sarà quello di far perdere il Pd e portare acqua al mulino di Lega e M5S.
I Cinque stelle sono un misto di incapacità e arroganza: e la sintesi si è avuta con la vicenda dei vaccini. Per scelta tattica, volendo prendere più voti, dicono di sì a tutti. A questo riguardo, ho sentito diversi interlocutori stranieri con cui hanno parlato: non si può dire ai palestinesi che hanno ragione, e poi andare dagli israeliani e dire che hanno ragione loro.
Quanto ai centristi di Noi con l’Italia che si sono schierati con il centrodestra, mi chiedo come un moderato vero possa stare con Salvini.
Di fronte a tutto ciò, la scelta più ragionevole è l’alleanza tra moderati e progressisti.
postato il 1 Febbraio 2018
Per noi non esistono nemici, solo avversari

C’è troppo veleno in giro in questa campagna elettorale, c’è troppo odio, c’è troppa incapacità di parlare di politica e una grande voglia di inquinare tutto con le intimidazioni, l’odio, l’esibizione delle cose più brutte. A noi piace la politica, la amiamo, ma per noi la politica è un confronto di idee, magari anche una sana discussione ma che non ha niente a che fare con le intimidazioni, con le bombe incendiarie, con le scritte, come quelle che abbiamo visto qui fuori. Purtroppo, abbiamo una segnalazione continua in tutta Italia di questo imbarbarimento. Siamo qua per dire no alla barbarie, per dire sì al confronto libero di una bella campagna elettorale: noi non abbiamo nemici in questa campagna elettorale, abbiamo solo avversari che hanno idee diverse dalle nostre e vorremmo che tutti avessero questo spirito.
postato il 1 Febbraio 2018
Sono candidato nella circoscrizione del Senato di Bologna, la città dove sono nato e cresciuto, dove in tanti mi conoscono e tutti sanno che la mia vita è stata ed è la passione politica.
In questi anni la più grande soddisfazione è che ho servito le Istituzioni dello Stato con onore e senza che mai nessuno potesse rivolgermi critiche che non fossero esclusivamente frutto del dibattito politico.
Sono sempre stato un uomo di centro, un moderato, che ha lavorato perché in questa città opinioni e valori diversi potessero coesistere. Non ne sono pentito.
Il senso del nostro stare insieme, il sentimento collettivo che tiene uniti i bolognesi lo ha colto bene Virginio Merola quando, nei mesi scorsi, ha voluto che l’Amministrazione istituisse un premio civile alla memoria del sindaco Giorgio Guazzaloca.
Un fatto che vale piu di tante parole.
I tempi sono cambiati: le contrapposizioni ideologiche del passato che ci hanno diviso anche qui lasciano il campo alla necessità di fermare l’incompetenza; l’odio instillato sotto forma di intolleranza per gli altri; la demagogia con cui si promettono ricette impossibili da realizzare.
In Parlamento ho sostenuto il lavoro dei governi Letta, Renzi e, oggi, Gentiloni: abbiamo lavorato per affermare la visione europea dell’Italia, per bloccare l’irresponsabilitá di chi, a giorni alterni, propone la nostra uscita dall’euro, il salario garantito, o il blocco dei vaccini per i nostri figli.
Solo l’incontro tra le forze centriste e il Partito democratico potrà difendere le Istituzioni da questo impasto di populismo e di demagogia, che rischia di consegnare alla Lega e ai 5 Stelle il futuro governo del Paese. È un lusso che non possiamo permetterci.
postato il 31 Gennaio 2018
I giudizi sono stati netti, le proposte chiare. Il caso Boschi ha avuto un impatto zero

L’intervista di Francesco Bei pubblicata su La Stampa
Presidente Casini, non più tardi di dieci giorni fa lei si diceva sicuro di arrivare a una relazione unitaria della commissione d’inchiesta sulle banche. Invece siete ricorsi a un voto di maggioranza. Cos’è successo?
«Nessuna dietrologia, è il frutto della campagna elettorale. I colleghi del M5s hanno capito che su questo tema delle banche non potevano permettersi di andare avanti con la maggioranza».
E Forza Italia temeva di restare da sola con il Pd?
«A questo punto per Forza Italia, come ha ammesso l’amico Brunetta, votare la relazione insieme alla maggioranza avrebbe significato avallare la tesi dell’appeasement con Renzi. Come dicevo prima: è l’effetto della campagna elettorale».
La vostra relazione è passata anche grazie a certe assenze, soprattutto di Forza Italia e Gal. C’è chi parla apertamente di un nuovo patto del Nazareno in vista del futuro governo di larghe intese…
«La verità è molto più semplice. Sia nella maggioranza che nell’opposizione c’erano malumori diffusi per le candidature. Andate a vedere gli assenti al momento del voto e capirete che non c’è bisogno di scomodare alcun “patto” occulto».
Si riferisce ai forzisti Ceroni e D’Ali, entrambi fatti fuori dalle liste. O alla Pd Camilla Fabbri, a cui hanno soffiato il collegio di Pesaro?
«No comment».
Vi accusano di aver fatto una relazione all’acqua di rose. Come replica?
«Al contrario! I giudizi sono stati netti e chiari su quello che è successo. Certo, la relazione non si presta a essere uno strumento contundente in campagna elettorale. È un documento di gente seria, responsabile, che fa un’analisi severa sul passato e dà indicazioni sulle cose da cambiare. Ma fin dal primo momento ho lavorato perché la commissione non diventasse una succursale della piazza». [Continua a leggere]
postato il 12 Gennaio 2018

L’intervista di Carmelo Lopapa, pubblicata su La Repubblica
Attività, indagini e documenti della commissione d’inchiesta banca sono già finite nel pieno vortice della campagna elettorale, era prevedibile. Ha una exit strategy, presidente Pier Ferdinando Casini?
«Nulla di nuovo sotto il sole, purtroppo. Mi auguro solo che le indagini della magistratura dimostrino che la fuga di notizie sull’ultimo caso esploso non proviene dalla nostra commissione. Io ho fornito al procuratore di Roma Giuseppe Pignatone gli elementi che mi sono stati richiesti per l’individuazione dei responsabili, in uno spirito di collaborazione istituzionale».
Ecco, a proposito dell’ultimo caso. Pensate di occuparvi nella relazione finale della vicenda della telefonata tra Renzi e De Benedetti?
«Sia chiaro che noi non siamo i magistrati. La nostra è un’inchiesta parlamentare. Io non mi sono arruolato in magistratura con concorso pubblico. E in questo paese la cosa peggiore è che in troppi si arrogano il diritto di fare il lavoro degli altri con poco rispetto delle procedure».
La vicenda è rilevante o no? La riaprirete in commissione?
«La Consob ha avuto gli incartamenti, ha esaminato e archiviato il caso. La Procura della Repubblica ha richiesto l’archiviazione. Vedremo cosa farà il gup. Ma la nostra commissione parlamentare di inchiesta non ha il compito di sanzionare eventuale reati. Non fa il lavoro dei magistrati».
E il caso Banca Etruria? Il ruolo del governo nella vicenda?
«Noi abbiamo ascoltato il dottor Federico Ghizzoni perché c’era l’esigenza politica sollevata da gruppi di opposizione di fare chiarezza. E la maggioranza della commissione ha ritenuto di accettare perché non avevamo santuari da proteggere. Ma l’impatto dell’audizione dell’ex amministratore delegato di Unicredit sul lavoro della commissione d’inchiesta è stato pari a zero».
Sarà stato pari a zero, ma il presunto interessamento della sottosegretaria Boschi su Etruria ha monopolizzato l’attenzione per giorni.
«Ma è stato condizionato tutto dalla campagna elettorale nel frattempo avviata dalle forze politiche. Il mio compito è stato quello di tenere la commissione al riparo dalla tempesta politica».
A onor del vero non è che ci sia riuscito del tutto.
«I miracoli non sono riuscito ancora a farli. So solo che a inizio lavori, a settembre, dissi ai miei collaboratori: qui non si riuscirà a fare più di tre riunioni. Quel che è avvenuto in seguito ha smentito le mie previsioni più funeste».
Resta il fatto che adesso dovrete produrre una relazione e invece ce ne saranno tre o quattro distinte. Nessun accordo. Ognuno proverà a stilare il suo manifesto elettorale attaccando gli avversari sulla gestione delle banche.
«Io non ho alcuna possibilità di imporre diktat o contenuti alle relazioni, esiste la piena autodisciplina delle forze politiche sulle conclusioni. Certo, c’è una procedura da rispettare».
E cosa prevede la procedura?
«La relazione va votata nella sua interezza. Non è un testo normativo da emendare. Gli uffici del Senato hanno fornito indicazioni chiare: si possono proporre modifiche o aggiunte ma il testo va salvaguardato nella sua interezza. Contiamo di chiudere al più entro i primi di febbraio».
Pensa davvero di riuscirci? Una sola?
«La proposta che io formalizzerò sarà quella di approvare una relazione unica, consentendo di allegare poi i documenti dei gruppi politici con le rispettive proposte e conclusioni, purché sottoscritti da un numero minimo di parlamentari. Ma ripeto: una relazione approvata ci vuole».
E se non ci fosse maggioranza per approvarne una?
«Allora da presidente proporrei una sorta di riassunto delle attività compiute e lo invierei ai presidenti di Camera e Senato. Ipotesi minimale, senza proposta di modifica normativa. Sarebbe la peggiore delle ipotesi».
Finirà così?
«Le due grandi forze di opposizione, Fi e M5S, vanno solo ringraziate per il lavoro compiuto. Il vicepresidente Renato Brunetta per la correttezza, così i colleghi dei Cinque stelle».
Cosa conterrà la relazione?
«Intanto una premessa ricognitiva. Quindi, l’analisi di ciò che si è verificato in questi anni nel sistema bancario e le diverse tipologie di interventi fatti su istituti in difficolta: Mps, le due venete e le banche andate in crisi come Etruria. Poi ci sarà tutto un capitolo sulla valutazione del sistema di vigilanza».
Una delle noti più dolenti.
«È chiaro che faremo delle proposte in ordine all’obbligo di informazione tra le autorità di vigilanza, Banca d’Italia e Consob, finora lacunoso. E al potenziamento del ruolo di controllo di Bankitalia. Sull’altro handicap, quello delle cosiddette porte girevoli, proporremo l’estensione del divieto di passaggio da una posizione di controllore a quella di controllato».
Sulla mancanza di un sistema sanzionatorio adeguato, come lamentato da tanti, cosa proporrete?
«La terza parte della relazione conterrà le proposte sulle fattispecie penali rivelatesi lacunose. Sarà sottolineata la necessità di specializzare nuclei di magistrati da impiegare sui reati finanziari. Attraverso procure distrettuali o addirittura con la creazione di una super procura. E non mi dilungo oltre sulle fattispecie che suggeriremo al legislatore di perfezionare, come l’aggiotaggio informativo e manipolativo o la procedibilità d’ufficio in caso di infedeltà patrimoniale, oggi perseguibile solo a querela di parte».
Chiusa l’inchiesta banche, farà anche lei campagna elettorale e per chi?
«Darò una mano, anche due, a Beatrice Lorenzin, che con Civica popolare sarà la testimonial del buon governo di cui l’Italia ha beneficiato in questi anni con Letta, Renzi e Gentiloni».
Non teme la destra in vantaggio nei sondaggi?
«Mi fa paura la strumentalizzazione e la demagogia. Sono stato tra i pochi senatori che hanno votato per lo Ius soli e dico che quando ci si divide anche sui diritti umani, la barbarie è destinata a prevalere».
Dunque, Pier Ferdinando Casini sarà ancora una volta candidato?
«Sono disponibile a fare la mia parte come ho sempre fatto. Oggi la cosa più semplice sarebbe la diserzione, quella più impegnativa è dare il proprio contributo. Io lo darò, perché non vinca l’incompetenza e la demagogia».
postato il 7 Gennaio 2018
L’intervista di Marco Conti pubblicata sul Messaggero
Presidente Casini, i moderati hanno retto tré governi a guida Pd in questa legislatura. Siete sicuri di votarne un altro?
«Noi lavoriamo per vincere. E comunque c’è bisogno di una componente moderata raccordata con il centrosinistra. La stessa che in questi anni ha rappresentato la governabilità seria contro lo sfascio».
Non proprio tutti, qualcuno è tornato destra.
«Trovo molto strano se non assurdo che tutti quelli che in questi anni hanno detto “mai un caffè con Salvini”, ora siano in fila per avere un’alleanza. La nostra collocazione è consona agli sforzi che in questi anni ha fatto l’Italia, con Renzi e Gentiloni, per rilanciarsi».
Lei ne ha guidati di partiti, perché stavolta ha ceduto il passo?
«Abbiamo scelto per Civica Popolare una donna giovane e brava come Beatrice Lorenzin, che alla guida del ministero della Salute ha dato ottima prova. D’altronde nella vita politica è giusto saper mutare ruolo». [Continua a leggere]