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Norvegia, le rose della civiltà

postato il 27 Luglio 2011

Nel profondo inverno del 2009 il vento gelido del Mare del Nord accoglieva con sé il respiro di Arne Naess, il più importante pensatore della filosofia norvegese.   Ness, che già a 27 anni aveva una cattedra all’Università di Oslo, è il fondatore della ecosofia o come la chiamava lui della T sofia, dal nome del monte Tvergastein, rifugio solitario nel cuore della Scandinavia in cui rifletteva  sull’ecologia “profonda”. Ness sosteneva il valore intrinseco delle realtà naturali. Pensava infatti che se tutto ciò che esiste è correlato, se cioè “tutto dipende da tutto”, l’essere umano non è più separato dal mondo naturale ma ne è solo una parte.

La Norvegia è stato il terreno ideale di questo pensatore, terra di montagne e fiordi che oltre a elementi naturali sono simboli di un paese con 33 parchi naturali e decine di aree protette. I valori norvegesi si ancorano su una società contadina che viene celebrata nella festa nazionale facendo indossare ai bambini i costumi di un’idilliaca società bucolica. Ma la Norvegia non è solo natura: lo notiamo subito guardando l’indice ISU. L’ISU è un indicatore di sviluppo macroeconomico che al contrario del PIL non considera solo i beni materiali e i servizi prodotti ma tiene conto di numerosi fattori sociali come l’istruzione, lo sviluppo dei servizi sociali e della sanità, la promozione dei diritti umani. L’ISU vuole misurare non la ricchezza ma il benessere. Ebbene, al primo posto dell’indice ISU troviamo proprio la Norvegia. Eppure i norvegesi sono uno dei popoli con il numero più elevato di tasse. Ma le pagano sicuramente più volentieri di noi perché sanno che il loro Stato si prenderà cura di loro “dalla culla alla tomba”, come recita un vecchio andante del pensiero socialdemocratico, in un welfare state  che copre tutti i servizi dello stato sociale. Si può essere d’accordo o meno con questo sistema e preferire dei modelli più liberali e sussidiari, ma certo c’è da tenere della buona realizzazione del welfare scandinavo. Le pagano volentieri perché oltre a un grande comprensione e amore per la natura sono animati da una fede luterana che ha contribuito a sviluppare in loro una morale di responsabilità che si è manifestata anche nell’economia e negli aspetti della loro vita , come alcune scuole storiche di pensiero insegnano.  Un paese con una sincera cultura giuridica in cui il massimo della pena di detenzione è 21 anni perché hanno fiducia nella possibilità degli uomini di redimersi e di essere riaccolti nella società, vera missione che l’istituzione carceraria dovrebbe avere attraverso la pena che troppo volte è invece considerata un fine e non un mezzo .

Ma anche nella favole entra il male. Male che ha volte ha la faccia di un ragazzo come tanti, ma nel cuore il seme della morte e della dolore. Un uomo che ha messo un  paese in ginocchio, che ha avvelenato la gioventù di Oslo, estremista anti-islam, massone, ultra-conservatore,  amante dei giochi di ruolo di violenza, scrittore di un vero e proprio manuale di terrorismo di 1500 pagine, fondatore di un ordine neo-templare, un folle che sognava  nei suoi incubi di far saltare in aria le raffinerie siciliane e di attentare alla vita del Papa. Per la Norvegia un numero di vittime, 92, che equivale al numero di morti violente di tre anni e uno dei giorni più bui dopo la fine della II° guerra mondiale in cui si mantenne neutrale ma fu schiacciata dai panzer hitleriani che la ritenevano strategica.

Ma il Paese che assegna ogni anno il premio Nobel per la Pace ha risposto così al male: con una marcia di rose: 150.000 persone intorno al municipio di Oslo che con dignità e compostezza hanno levato in aria i loro cuori e i loro fiori delicati. Breivik ora rischia 21 anni, forse 30, massimo 35 se sarà riconosciuto colpevole di crimini contro l’umanità e di possibilità di reiterazione di strage. Tutto questo mi ha fatto molto riflettere e pensare anche al mio paese in cui la cronaca nera diviene facilmente protagonista di prime serate e passa di bocca in bocca, dove migliaia di persone fanno la coda per assistere ai processi di assassini come Rosa e Olindo e gridare e gracchiare contro il colpevole, in una giustizia forcaiola dove la pena non è un mezzo di punizione e redenzione ma molto più spesso vendetta. Può esistere una cultura e una diversa mentalità. Onore al popolo norvegese!

Riceviamo e pubblichiamo Jakob Panzeri

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Tirrenia Viaggi: la cessione è avvenuta, ma i punti da chiarire sono molti

postato il 26 Luglio 2011

La vicenda della Tirrenia e della sua privatizzazione sembra essere giunta al termine, ma siamo anche certi che è solo l’inizio di una nuova stagione di recriminazioni e polemiche. Avevamo parlato più volte di questa cessione, sia illustrando i disastrati conti della Tirrenia, sia dei problemi nati con una procedura di vendita che, francamente, lasciava stupefatti.

Spiace dire che le nostre “profezie” si sono tutte avverate: la cessione è avvenuta alla CIN, di cui avevamo già individuato i proprietari ovvero Aponte, Grimaldi e Onorato; la cessione è avvenuta con la garanzia di aiuti pubblici pari a 72 milioni l’anno per 8 anni (fatevi i conti, tra poco ci torneranno utili); il prezzo pagato dagli acquirenti è veramente basso: 200 milioni subito e 180 milioni in seguito. In cambio la CIN ottiene le rotte, 18 navi e il marchio, in cambio si impegna a mantenere gli attuali livelli occupazionali, o, per essere più precisi, a non licenziare (con il risultato che basterà aspettare i naturali pensionamenti). Sembra un contratto vantaggioso? Certo che lo è, ma per chi?

Facciamo i conti: la CIN paga 380 milioni (200+180) e mantiene rotte e livelli occupazionali, ma siccome della CIN fanno parte tre armatori che a loro volta possiedono la MSC Crociere, la Grimaldi e così via, è ovvio che si troveranno in condizioni di monopolio. Ma c’è un’altra cosa, riprendiamo la cifra di 380 milioni, in realtà la CIN a ben vedere in pochi anni riavrà i soldi spesi direttamente dallo Stato italiano, infatti vi ricordate cosa abbiamo detto all’inizio? Lo Stato si impegna a garantire un contributo di 72 milioni per 8 anni; e quanto fa in totale? 576 milioni di euro.

Ripetiamolo così è chiaro a tutti: la CIN paga 380 Milioni, e lo stato gliene restituisce 576 in 8 anni, credo sia uno dei pochi casi in cui il venditore ci perde clamorosamente. E io mi chiedo, perché lo Stato perde sempre in queste operazioni? Sarà sfortuna? Sarà incapacità nel negoziare? Non lo so, ma una cosa è certa, noi paghiamo perché qualcuno si pigli una società.

Ovviamente questa cessione non va giù ai vertici della regione Sardegna, i quali però hanno le mani legate proprio dalla UE che ha imposto la vendita della Tirrenia. L’unica chance adesso è quella di accordarsi per evitare che i sardi siano troppo penalizzati e si trovino di fronte a rialzi consistenti dei biglietti per traghetti e navi.

“Riceviamo e pubblichiamo” di Mario Pezzati

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Ricostruiamo l’Italia sul merito

postato il 26 Luglio 2011

Due milioni di giovani nullafacenti, cinquemila ogni anno lasciano lasciano l’Italia verso gli Stati Uniti o l’Europa centro-settentrionale. Con questi numeri appare evidente che ci stiamo dimenticando di gettare le fondamenta per il nostro futuro, il futuro dell’Italia. La reazione del mondo politico alla cosiddetta “fuga di cervelli” e al mondo della disoccupazione (soprattutto giovanile) è impalpabile.

Solo partendo dal merito e dalle energie più positive l’Italia sarà in grado di tornare a crescere valorizzando i suoi talenti, facendo sì che i giovani meritevoli possano rimanere nel loro Paese, per contribuire all’edificazione della nuova società.

Ecco quindi le proposte:
− premiare gli studenti meritevoli restituendo loro una piccola parte delle tasse versate; tale importo potrà essere utilizzato per aumentare ulteriormente il livello di conoscenza attraverso l’acquisto di libri e o abbonamenti a giornali o attraverso l’iscrizione a corsi di specializzazione post universitari;
− responsabilizzare i singoli Istituti scolastici che dovranno decidere di destinare le risorse disponibili agli studenti davvero meritevoli;
− concretamente, facilitare l’incontro tra domanda e offerta di lavoro premiando i giovani di talento con una visibilità maggiore ;
− diminuire il fenomeno del “brain drain”;
− simbolicamente, rendere evidente che le Istituzioni tutte credono nella necessità di sostenere il merito.

Clicca qui se credi anche tu che per l’Italia sia fondamentale investire sui giovani e sul futuro. Firmare la petizione.

“Riceviamo e pubblichiamo” di Andrea Magnano

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Cento metri quadri per tenere insieme la Lega

postato il 25 Luglio 2011

Il Carnevale fuori tempo della Lega ha fatto tappa a Monza, profondo Nord. Nella data storica del 23 luglio 2011 le camicie verdi sono riuscite a portare a casa l’ennesimo successo: il decentramento amministrativo. Si tratta davvero di un successo? A giudicare dagli spazi di cui potranno godere gli ineffabili ministri di economia, riforme, semplificazione e turismo non si direbbe. Cento metri quadri per tre stanzette, una delle quali riservata alla segretaria, l’altra a Bossi, vero dominus e regista dell’operazione, e la terza in condivisione tra Calderoli, Tremonti e la rossa ministra Brambilla. Gli spazi insomma sono strettini, un po’ come è stretta la via in cui la Lega sta esercitando la sua azione politica. I risultati raggiunti dal “partito del Nord” sono stati molto deludenti, il federalismo ha subito una battuta d’arresto con la politica di austerity inaugurata con la manovra, il governo traballa, il Nord produttivo è in affanno e trova nella Lega una voce sempre più debole. Le difficoltà di Bossi e compari sono evidenti, così l’operazione “sposta l’ufficio in provincia” si è resa necessaria. Una Carnevalata estiva che non ha attratto granché i cittadini di una Brianza che bada più alla sostanza che alla forma. Il ministero può stare a Roma, questo pensa la gente, ma non ditelo alla Lega che si illude di “rappresentare gli interessi del Nord”.

Parlavamo di forma e sostanza: entri in questa “grande” sede ministeriale -scrostata, piccola: questione di forma- e ti accorgi che manca qualcosa di indispensabile in un ufficio: il bagno, ma in fondo lì i ministri staranno davvero poco… ci andranno mai?

E tra protagonisti in ritardo, ministri defilati e banconote sventolate a favor di telecamere è stato trasmesso l’ennesimo spot dei leghisti. Uno spot un po’ casereccio, maldestro, ai limiti del grottesco, dove i ministri sono comparse sbiadite e i leader si trasformano in macchiette di provincia. Immagini che celano -neanche troppo bene- il significato profondo di questa operazione commerciale: scongiurare la fine della Lega, un partito screpolato, diviso e ormai incapace di rendere conto ai suoi. Il decentramento amministrativo (se così si può definire l’inaugurazione di queste anguste filiali ministeriali in comunione, che peraltro non apriranno prima di settembre) è vitale per l’Italia? No. È vitale per la Lega? Ovvio che sì. Senza un risultato da esibire come trofeo agli affamati e irrequieti soldati leghisti -altro che pazienza di Giobbe, questi è dal ’90 che si fanno prendere in giro- il generale Bossi e i suoi colonnelli non potranno far altro che recitare il de profundis alla loro Lega e guardare impotenti il Maroni istituzionale, e in buoni rapporti con le altre forze politiche, prendere il sopravvento.

Infine il dubbio: dureranno le “stanzette del potere” di Villa Reale? Un luogo che ricordi ogni giorno alla gente le contraddizioni leghiste forse non fa il gioco di chi lo ha voluto per gli interessi della sua bottega. Ma qui la logica trova ben poca applicazione.

Stefano Barbero


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Io cambio l’Italia con il Terzo Polo. Anche controvento.

postato il 24 Luglio 2011

“Cambierà, schiena dritta contro il vento”. Mentre aspetto di prendere l’aereo che mi riporterà a casa, dopo la conclusione della convention terzo/nuovopolista a Roma, nelle cuffie nel mp3 passa il ritornello di “Controvento”, canzone di Malika Ayane. E sarà che nella nostra vita non tutto succede mai per caso, ma questa bellissima canzone sembra essere l’inno perfetto per quello che noi del Terzo/Nuovo Polo ci siamo ripromessi di fare: il titolo dell’incontro all’Auditorium della Conciliazione era, infatti, “Io Cambio l’Italia” e come hanno ripetuto ampiamente sia Casini che Fini (e come io avevo già sostenuto qualche giorno fa) questo non è uno slogan come tutti gli altri, ma è una vera e propria ragion d’essere, è il motore della nostra missione, dei nostri progetti e dei nostri programmi.

Quell’IO che campeggiava a caratteri cubitali sui fondali della scenografia sul palco e in tutto l’auditorium non è la semplice prima persona singolare dei pronomi personali, ma – non prendetemi per pazzo – il più collettivo e ampio dei nomi: dentro quell’IO ci stanno i leader del Nuovo Polo che ci guidano, ci stanno i militanti e gli elettori che sono l’anima e la forza del progetto, ci sto io che scrivo e voi che mi leggete; ma allora andava meglio un grande NOI, vi direte: sì, forse. Ma ragionateci un attimo: se leggete NOI al contrario, cos’è che trovate? Un IO alla N, elevato all’ennesima potenza. Uno per tutti, tutti per uno: nel miglior stile del formica-pensiero che abbiamo elogiato più e più volte.

E quell’IO – che siamo tutti noi – ha l’insolubile e irrinunciabile dovere di cambiare le cose. Di dare una scossa, uno super-shock a uno Stato che invecchia ogni giorno sempre più e che avendo un terrore congenito del cambiamento, finisce per atrofizzarsi e spegnersi: lasciar tutto com’è, aspettare tranquilli presidiando le proprie sicure (sic) posizioni è molto, molto più semplice. Ma io non posso permettere che tutto questo succeda, non posso stare con le mani in mano mentre tutto va allo sfascio: ma siccome non posso nemmeno permettermi di cedere al richiamo (anch’esso assai attraente) dell’antipolitica, per cui tutto è brutto e schifoso e tutto è da buttare, che posso fare? Altro che impegnarmi, seriamente e onestamente, non posso fare. Ed è per questo che lo faccio. È per questo che sono convinto che, sì, Io cambio l’Italia con il Terzo Polo – e come canta Malika Ayane – lo faccio con la schiena dritta, anche e soprattutto controvento. Lo faccio con il nostro Polo. Lo faccio con voi.

Ps: nella foto non si vede bene, ma in basso, tra parentesi, io ho aggiunto una scritta fondamentale. Letto tutto, infatti, il cartello viene: Io Cambio l’Italia con il Terzo Polo (ma tanto siamo i primi!). Perché noi saremo il Primo Polo, non il Terzo. Statene certi.

Giuseppe Portonera

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Terzo Polo, ora servono i fatti

postato il 23 Luglio 2011

Finalmente dopo la nascita, prima, di Futuro e Libertà, e poi della coalizione denominata fin da subito “Terzo polo”, ieri, 22 luglio 2010, c’è stata la prima Assemblea Nazionale del polo centrista formato da UDC, FLI, API, MPA.

Inizio subito dicendo che il nome “Terzo Polo” sinceramente non mi piace, come non mi piace Polo della Nazione, in quanto non trasmettono niente di politico (e dopo PD, PDL, sarebbe infelice avere il PDN..). Personalmente punterei su un qualcosa che dia immediatamente l’idea che in Italia c’è una terza possibilità di voto, e che questa possibilità non è né di estrema destra né di estrema sinistra.

Infatti secondo il sottoscritto in Italia ormai abbiamo a che fare con l’estremismo politico, sia di destra che di sinistra. Se con le elezioni del 2008 si era riusciti nell’intendo di eliminare i mini-partiti, e soprattutto la parte più estrema di una politica vecchia ed antiquata, dopo nemmeno 5 anni ci ritroviamo da una parte la Lega Nord di estrema destra e dall’altra l’Italia Dei Valori e il Sinistra Ecologia e Libertà, di estrema sinistra.

In questo contesto strano e non concepibile tre anni fa, finalmente si è creata una forza che dovrebbe essere di Centro ma soprattutto che si è dichiarata fin da subito moderata. Casini, nel corso degli anni, ha dimostrato di essere forse uno dei pochi politici italiani coerenti con le proprie scelte. Tre anni fa, infatti,  rinunciò a fondersi in quel pericoloso calderone chiamato PDL per continuare nella sua strada. E’ stato aggredito verbalmente dalla parte più dura del popolo berlusconiano, è stato dato più volte per spacciato ma nonostante tutto è riuscito a mantenere una buona percentuale di preferenze. Accanto a lui, da qualche mese ormai ma da oggi ufficialmente, ritroviamo Fini, che nonostante le numerose uscite, molte delle quali “sospette”, dal neonato partito di Futuro e libertà, è riuscito a reggere il colpo e a rimanere in corsa per dire ancora la sua. Infine completano il quadro Rutelli, che dopo l’esperienza di sinistra è tornato alla “casa madre” e Lombardo per il movimento del sud.

Il manifesto che è stato stilato contiene molti buoni concetti, molte belle parole e tanta voglia di fare, ma a questo punto, in cui la crisi è pronta a colpire pesantemente in italia, in cui il nostro paese è preso in giro in ogni luogo a causa della nostra politica e del nostro premier, SERVONO I FATTI.

Se faranno realmente ciò che hanno scritto allora la percentuale di partenza, data al 12%, salirà, in caso contrario il tanto voluto bipolarismo prenderà il sopravvento su questo povero paese lasciato, da troppi anni, allo sbando.

dal blog di Lorenzo Mazzei

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Gianfranco Fini: grazie a Pier Ferdinando che ha capito prima di noi la verità sul bipolarismo

postato il 22 Luglio 2011

Gianfranco Fini, leader di Futuro e Libertà, nel suo intervento conclusivo della convention terzopolista “Io cambio l’Italia” ha avuto il coraggio e la lucidità di riconoscere gli errori compiuti in un fase della sua attività politica: da quando, cioè, sciolse An nel Pdl – cedendo all’illusione di un partito di destra di masso moderno e liberale – a quando si rese conto che il Pdl non era che una versione allargata di Forza Italia e che lì era impossibile continuare a fare politica. Cose che noi dell’Udc abbiamo sempre sostenuto e per le quali abbiamo seriamente rischiato di fare una brutta fine: nel 2008, nel 2009 e nel 2010 abbiamo affrontato diverse prove elettorali da soli, nella maggior parte dei casi proprio contro quel Pdl che tanto ci odiava. Fini, oggi pomeriggio, ha tributato dal palco un applauso proprio all’Udc e alla lungimiranza di Pier Ferdinando Casini, riconoscendo che proprio il nostro leader aveva capito, come molto anticipo, come stavano veramente le cose.

Le parole del Presidente Fini non possono che incontrare tutta la nostra approvazione: ma non per un gusto di compiacimento personale (perché proprio come ha detto Casini oggi, dire “io avevo ragione”, oltre ad essere inutile è anche antipatico) ma perché sono la prova che all’interno del nostro Polo (che sia Nuovo, Terzo o Primo decidetelo voi, a me i nomi non interessano!) la coesione e la condivisione degli obiettivi sono evidenti e si sviluppano in un clima di rispetto e stima reciproca. Avete voglia, amici del centrodestra, di pensare di spaccarci lusingando ora uno e ora l’altro, ora promettendo all’Udc o ora a Fli: con noi questo giochetto non fa presa. Il Polo è unito, è coeso. Ed ha ragione. Perché le nostre ragioni sono quelle del Paese.

Giuseppe Portonera

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Voci dalla convention. Il Terzo Polo in ascolto.

postato il 22 Luglio 2011

Una delle grandi novità della convention del Terzo Polo è stata la possibilità di dare il proprio contributo di idee e progetti per cambiare l’Italia attraverso una postazione fornita di tre computer e una ben più tradizionale urna dove lasciare appositi moduli compilati. Comuni cittadini, dirigenti di partito ed eletti hanno così avuto l’occasione per far sentire la loro voce ai leaders del Terzo Polo presenti nel grande auditorium della Conciliazione. L’iniziativa, a giudicare dalla partecipazione e dai contributi, è stata particolarmente gradita. Tante le idee per il nuovo Polo che a detta di tanti deve essere uno spazio politico di libertà, dove merito ed esperienza sono gli unici criteri di affermazione e le donne hanno particolare spazio e considerazione. Forte, da parte della base, è la richiesta di un programma chiaro in pochi punti, la richiesta di un impegno concreto contro gli sprechi della politica, e di una presenza forte ed unita delle forze del Terzo Polo nelle realtà locali. Non manca la richiesta di un deciso ricambio generazionale che in alcuni interventi, con buon senso non comune, viene definito “non radicale, ma progressivo”. Tante altre proposte, mentre si succedono gli ultimi interventi, continuano ad essere salvate nei tre pc e altre ancora vanno a riempire l’urna trasparente, tutte completano in modo diverso l’incipit “io cambio l’Italia con…”. E c’è spazio anche per la saggezza, quella saggezza che viene dal vissuto quotidiano della gente e che dice: “ciascuno può cambiare il mondo, iniziando da se stesso”.

“Riceviamo e pubblichiamo”, di Adriano Frinchi

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Voci dalla convention. Dal mondo della ricerca per il Terzo Polo

postato il 22 Luglio 2011

Questo e’ un nuovo inizio, è l’atto fondativo di una nuova coalizione. Ma stavolta c’è qualcosa di diverso: non  si tratta di passerelle e o scelte calate dall’alto ma di una forte spinta dalla base, dal popolo dalle forze rappresentative e migliori della nostra società. Un esempio di questa forza pacifica di cambiamento è la microbiologa Giovanna Riccardi dell’Università di Pavia, a guida di un team di ricerca promotore di un nuovo farmaco contro la tubercolosi, frutto di quella ricerca troppe volte maltrattata e bistrattata,  frutto di giovani precari ricchi solo di inventiva e passione. Il terzo polo vuole guardare a questa realtà per una istruzione che non sia solo fatta di tagli nascosti sotto il bel nome di rimodulazione e razionalizzazione. Una sfida per il nuovo polo, per l’Italia, per tutti noi.

“Riceviamo e pubblichiamo” di Jakob Panzeri

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Voci dalla convention. L’italia migliore al centro.

postato il 22 Luglio 2011

Porsi come alternativa all’attuale bipolarismo significa essere diversi, essere in grado di invertire la rotta, mettersi in gioco. Essere alternativa significa anche far parlare chi, troppo spesso, é lasciato ai margini della società, far parlare chi in Italia lavora davvero, ogni giorno, chi nella società vive e, con difficoltà, sopravvive, é già un segnale forte e determinante. Brillante per questo motivo è stato l’intervento di Monica Lucarelli, presidente dei giovani di Confindustria Lazio che, dopo molti anni, porta sul palco di un incontro politico dei problemi reali, veri. Una donna, una madre, un’imprenditrice che parla delle difficoltà che ogni giorno si incontrano e che, nonostante tutto, ha ancora speranza e voglia di portare avanti proposte e soluzioni.

Il cambiamento passa anche di qui: nell’accettare e nell’attuare le riforme che servono e che hanno, come scopo, il bene comune. Proposte semplici per problemi articolati e con radici profonde, ma ancora risolvibili.

Investire su giovani e donne, permettere ai ragazzi di andare all’estero per formarsi e fare esperienza, ma portare avanti piani strategici che permettano loro di ritornare in Italia, creare una banca dati nazionale delle eccellenze, sia per il privato che per il pubblico, far sì che ci sia una maggiore coesione tra scuola e lavoro, in modo da favorire una formazione eterogenea ed utile, puntare sui settori strategici di sviluppo, dimostrare di meritare il titolo di settima potenza economica mondiale ma, soprattutto, riportare nel nostro Paese regole e coscienza civile. Soltanto con responsabilità e determinazione si può costruire una valida alternativa. Dobbiamo essere qualcosa di diverso e parlare diversamente dell’Italia e dare, finalmente, risposte concrete.

Riceviamo e pubblichiamo Marta Romano
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