Non possiamo che essere amici della Russia

postato il 18 Novembre 2015

Il mio intervento su Il Foglio

La Russia è un obiettivo dei terroristi esattamente come l’Europa e gli Stati Uniti. Per capirlo non serve nemmeno far riferimento all’ultimo attentato che ha abbattuto l’aereo russo in terra egiziana; basta vedere quello che capita a Kunduz, in Afghanistan, dove i talebani sono affiancati da molti foreign fighters ceceni e originari delle repubbliche caucasiche. Putin sa che il terrorismo jihadista si rivolge contro di lui non meno che contro di noi. Il presidente russo ha constatato inoltre un vuoto americano sull’asse Siria-Iraq. L’America manca di una strategia chiara, e con il suo intervento in Siria Putin ha ottenuto tre importati obiettivi. Ha messo in sicurezza l’unico accesso al mar Mediterraneo che i russi hanno a Tartous, ha rafforzato il suo alleato Bashar el Assad, e soprattutto ha obbligato l’occidente a fare i conti con la Russia per la soluzione siriana “nonostante l’Ucraina”. Oggi si conferma così la validità della linea italiana: noi non possiamo combattere lo jihadismo senza avere la Russia strettamente alleata e non possiamo credibilmente parlare di exit strategy per Assad senza la garanzia russa.

Non possiamo che essere amici della Russia. L’occidente e gli Stati Uniti devono recuperare lo spirito di Pratica di Mare e capire che Putin è parte della soluzione e non il problema. Per questo arrivare a una Yalta contro lo Stato islamico è l’unica soluzione. Se non si prende questa strada e se ognuno non contribuisce a questa coalizione amplissima sebbene disordinata il califfo non sarà mai sconfitto. La linea italiana si è dimostrata nei fatti la più coerente rispetto a certe opinioni un po’ dissennate che abbiamo sentito in Europa da parte di alcuni nostalgici della Guerra fredda che si preoccupano soprattutto di escogitare delle strategie antirusse.

Sul campo, contro lo Stato islamico, esiste già un coordinamento di fatto, ed è necessario che una coalizione contro il Califfato tagli immediatamente le unghie alla tacita accettazione dei traffici dello Stato islamico, che si finanzia grazie ai proventi del petrolio, ma anche del traffico di droga e dei reperti archeologici- e i compratori non sono solo i paesi sunniti. I “boots on the ground”, invece, sono un errore. Su questo ha ragione Obama: è esattamente quello che vogliono i terroristi dello Stato islamico. Un intervento di terra non serve, lo Stato islamico si vince con molto meno. Ma bisogna iniziare la battaglia, finora nessuno l’ha ancora fatto.

Pier Ferdinando Casini
docente di Geopolitica del Mediterraneo all’Università Lumsa e Presidente della Commissione Affari esteri del Senato

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Francia: La priorità è la lotta all’Isis

postato il 17 Novembre 2015

Il mio intervento nell’Aula del Senato dopo l’informativa del Governo sugli attentati di Parigi
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Credo che non bastino più le parole di rito e che questo dibattito – lo abbiamo sentito già dalle introduzioni dei nostri Ministri – debba assumere un contorno di verità.
Ma consentitemi, prima di dire ogni altra cosa, di esprimere anch’io, da italiano, da padre e da parlamentare, tutta la mia profonda ammirazione per i genitori di Valeria Solesin.

Perché hanno detto delle cose bellissime, che valgono più di tanti nostri dibattiti parlamentari, raffigurando l’impegno della loro figlia come l’impegno esemplare di un cittadino italiano. Credo che, se il nostro Stato è grande e se il nostro Paese sa recuperare le proprie energie migliori nei momenti più difficili, lo è per persone come Valeria.

Ho sempre nel cuore e nella mente, non mi abbandoneranno mai, le immagini della folla di italiani, in una serata di pioggia, quando rientrarono i corpi dei nostri caduti di Nassiriya, in corteo da Ciampino al centro di Roma, a dimostrazione che nei momenti veramente difficili i grandi popoli sanno emergere per la loro capacità di forza morale.
Questa è stata anche la lezione della Francia in queste ore. Io sinceramente ho trovato molto decorosa la reazione del Presidente della Repubblica e delle forze politiche; e debbo dire che anche in quel Paese, in una condizione così difficile, si è riusciti a far capire la superiorità della democrazia e della civiltà, che noi, con tutte le nostre imperfezioni, rappresentiamo.
Abbiamo sentito due relazioni per me impeccabili; lo dico a nome del Gruppo di Area Popolare. Si dice che è il momento di mostrare i muscoli, di alzare la voce e di fare propositi roboanti. Scusate se sono tradizionalista, forse un po’ passato di moda, ma io credo che sia il momento della serietà e della ragionevolezza, perché i propositi roboanti il più delle volte si scontrano con il buonsenso e con l’azione doverosa e magari silenziosa che un uomo di Stato deve portare avanti. Il Ministro degli esteri ci ha detto che facciamo tanto e che dobbiamo essere pronti a fare di più. Noi siamo con lui. [Continua a leggere]

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Attentati di Parigi: ospite di Porta a Porta

postato il 17 Novembre 2015

Nello spazio di apprfondimento di Rai 1 condotto da Bruno Vespa per affrontare il tema dell’Isis e della minaccia jihadista

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Primo, battere il Califfato. Serve l’intesa con Putin

postato il 17 Novembre 2015

La Russia può garantire l`exit strategy di Assad. Gli Usa hanno ragione, l`intervento di terra sarebbe un regalo ai terroristi

11370467404_f60a564cea_oL’intervista di Umberto De Giovannangeli a Pier Ferdinando Casini pubblicata su L’Unità

«Occorre avere consapevolezza che la battaglia contro Daesh sarà lunga e difficile, ed essa si fonda su un presupposto essenziale: che tutti i Paesi che partecipano alla coalizione anti-Daesh remino davvero nella stessa direzione, ma finora non è stato così». A sostenerlo è Pier Ferdinando Casini, presidente della commissione Esteri del Senato, oltre che docente di Geopolitica del Mediterraneo alla Lumsa di Roma. Quanto al dibattito sulle strategie militari da adottare, Casini è perentorio: «Sono totalmente d`accordo con il presidente Obama – dice a “l`Unità” – l`intervento di terra in Siria oggi sarebbe un regalo ai terroristi». Quanto al coinvolgimento della Russia, Casini lo ritiene essenziale: «Noi dobbiamo trasformare l`intervento della Russia in Siria da problema a opportunità».

“La Francia è in guerra” ha annunciato solennemente Francois Hollande. Ma Daesh può essere sconfitto con i bombardamenti aerei e solo “manu militari”?
«Daesh è il tentativo di creare una piattaforma geopolitica nuova, su un territorio specifico, una sorta di Califfato che s`insedia su un territorio specifico, esercitando un controllo sulle risorse idriche e su quelle petrolifere, e che ha suoi messaggeri di morte nelle nostre città, determinati, addestrati per mesi in Siria e Iraq, contro cui non possiamo più permetterci, noi europei, di agire in ordine sparso. Sconfiggerlo sarà una battaglia lunga e difficile, ma c`è un presupposto che fin qui non si è concretizzato: che tutti i Paesi che partecipano alla coalizione anti-Daesh remino nella stessa direzione. Sono in troppi quelli che fino a oggi hanno addirittura finanziato il Daesh in funzione anti-sciita e anti-Assad – penso alle monarchie del Golfo e altri che fino a ieri hanno pensato più alle loro priorità che alla lotta all`Isis. Non c`è dubbio, ad esemplo, che la preoccupazione maggiore della Turchia sia stata la creazione di un possibile Stato curdo che unisse i curdi iracheni, siriani e turchi». [Continua a leggere]

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Parigi: coalizione esca con strategia comune dal G20

postato il 16 Novembre 2015

Commissioni Esteri riunite nella sala del Mappamondo alla Camera con l’Ambasciatrice di Francia in Italia, Catherine Colonna. Un minuto di silenzio in memoria delle vittime di Parigi in contemporanea con l’iniziativa francese.
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La coalizione che fronteggia la minaccia del califfato deve avere una strategia e dal male parigi ci auguriamo nasca il bene della definizione di una strategia, di una rinnovata collaborazione perché se ciascuno combatterà l’Isis combattendo proprie private battaglie che hanno altre priorità noi vivremo altre stagioni come questa.
Mi auguro esca dal G20 una rinnovata volontà di andare avanti assieme perché non è sfidata la Francia né l’Europa ma la nostra civiltà.
Mi auguro vi sia una maturità delle forze politiche italiane e francesi cioè che ci sia fino in fondo quel comune sentire, quel mettere davanti interessi nazionali che la drammaticità del momento richiede. Mi auguro che le polemiche politiche e le strumentalizzazioni lascino spazio al senso della sfida che abbiamo di fronte, una sfida che colpisce il nostro modo di essere.
Papa Giovanni Paolo II in visita alla Camera disse: “Nessuna guerra si può fare in nome di Dio”. Quindi non accettiamo di trasformare questo conflitto in guerra di religione, non vogliamo compromettere il nostro modo di vivere basato sulla libertà e la democrazia che sono valori indiscutibili.

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All’Occidente manca strategia contro l’Isis

postato il 16 Novembre 2015

Non cadiamo nella trappola dello scontro di civiltà

Pier Ferdinando CasiniL’intervista di Claudio Marincola a Pier Ferdinando Casini pubblicata sul Messaggero

Non cadiamo nella trappola dello scontro di civiltà. Capisco che è difficile quando i nostri figli sentono alla tv che questi pazzi uccidono gridando il nome di Allah, spiegare che i terroristi sono una sparuta minoranza del mondo islamico. Che non c’è una guerra dell’Islam contro il mondo cristiano. Ma solo un gruppo di pazzi fanatici che colpisce l’intera civiltà. Dall’Egitto al Libano hanno colpito sia islamici che cristiani». Non fare il gioco dell’Isis. Non trasformare il nichilismo dei kamikaze, la negazione dei nostri valori in una guerrra di religione è la prima preoccupazione di Pier Ferdinando Casini, presidente della Commissione Esteri del Senato.

Dove l’Europa deve trovare gli anticorpi per opporsi a questa ondata di terrore?
«Credo che vada fatta una riflessione: qualcuno dice la Francia è stata colpita perché è andata in Iraq a bombardare. Oppure perché ha iniziato l’azione contro Gheddafi o perché è intervenuta in Ciad. Non credo che queste siano le ragioni vere. La ragione vera è che in Francia esiste un substrato sociale che sono le banlieu entro cui si reclutano a man bassa i foreign fighters che hanno scorazzato per l’Europa. La metodologia di quello che è successo a Parigi è impressionante per la quantità di persone coinvolte e per le modalità». [Continua a leggere]

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Parigi: ospite di Omnibus

postato il 16 Novembre 2015

Alla trasmissione di approfondimento politico di La7, condotta da Alessandra Sardoni, si parla di Isis e di strategia di contrasto al fondamentalismo jihadista

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Attentati a Parigi: l’intervista a Rainews24

postato il 14 Novembre 2015

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E’ la fine di venti anni di alleanze dei moderati. Ora con Renzi senza vergogna

postato il 9 Novembre 2015

Ma il Partito della Nazione dobbiamo farlo noi

Pier Ferdinando CasiniL’intervista di Marco Galluzzo a Pier Ferdinando Casini pubblicata sul Corriere della Sera

«La parabola ventennale del centrodestra si è chiusa ieri. Tutto è nato a Bologna, con appeasement verso Fini, per le elezioni comunali di Roma, e la discesa in campo di Berlusconi. E tutto simbolicamente finisce oggi a Bologna, con questo palco singolare con cui di fatto le carte le dà Salvini. È una sconfitta per tutti quegli
italiani, e sono stati tanti, che in questi venti anni hanno ritenuto che la bandiera dei moderati potesse essere sventolata dal centrodestra». Pier Ferdinando Casini giudica così la piazza di ieri: «L`involuzione di un percorso che è approdato a nient`altro che a una deriva lepenista del centrodestra, in cui Berlusconi manifesta un realismo se vogliamo anche coraggioso, che però è di fatto la subalternità a questo tipo di Lega».

Cosa non ha funzionato in questi anni?
«Abbiamo attraversato momenti positivi e negativi, ma milioni di italiani si sono identificati nel Polo della Libertà e nella centralità di Berlusconi, che aveva a fianco a sé la destra di Fini emancipata dalle parole d`ordine missine e quel pezzo di area cattolica e liberale che veniva dalla tradizione moderata della Dc. La speranza era che Forza Italia divenisse la sezione italiana del Ppe, mentre oggi è diventata la sezione di un`insofferenza antieuropea guidata da Salvini».

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«Br battute grazie a Berlinguer»

postato il 6 Novembre 2015

Il Pci di Berlinguer non fu mai una succursale del Pcus e sul divorzio non cercò mai la rottura col mondo cattolico

Pier Ferdinando CasiniL’intervista di Federica Fantozzi a Pier Ferdinando Casini pubblicata su “L’Unità”

Pier Ferdinando Casini, classe ’55, è di un’altra generazione rispetto a quella di Enrico Berlinguer. E comunque è entrato in Parlamento ne11983, un anno prima della morte del leader comunista. Ne ha un ricordo personale?
«L’ho incontrato rapidamente a Bologna quando ero un giovane studente, usciva con Renato Zangheri da una colazione al ristorante “Diana” e il sindaco mi presentò. Ne ricordo il tratto umano da grande signore, da uomo di quei tempi. L’unico rimasto in politica di quella generazione è oggi Giorgio Napolitano, con cui, pur essendo in confidenza, avverto sempre anche una sorta di soggezione. Come coi grandi della Dc, persone di grande autorevolezza morale e rigore, ad esempio Amintore Fanfani».

Guardandolo con le lenti di trent’anni dopo, Berlinguer fu conservatore o rivoluzionario?
«Con il passare del tempo che colloca le cose in una prospettiva storica ci si accorge, almeno dal mio punto di vista di giovane democristiano dell’epoca, che Berlinguer ha cercato di creare un’alternativa alla Dc rendendosi conto della complessità della situazione nazionale e internazionale. E per questo rassicurando una parte cospicua dell’Italia che la sua svolta non aveva carattere rivoluzionario nel senso tradizionale del termine». [Continua a leggere]

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