postato il 2 Agosto 2018
Questa mattina eletto, con voto bipartisan, presidente dell’Interparlamentare italiana, organismo bicamerale che aderisce all’organizzazione mondiale dei Parlamenti (UIP) con sede a Ginevra

Ringrazio i colleghi che mi hanno affidato la responsabilità di presiedere l’Interparlamentare italiana. Lavorerò con spirito bipartisan come richiedono i principi di questa organizzazione e come è necessario per rappresentare l’Italia nella sede dei Parlamenti mondiali
postato il 26 Luglio 2018
I dem invece di sfogliare la margherita devono mettersi a fare campagna elettorale. Non cerco posti e non ne ho bisogno ma se fossi in loro non vedrei Galletti come una minaccia
L’intervista di Eleonora Capelli, pubblicata su Repubblica Bologna
«Per le prossime regionali io dico al Pd: calma, calma, calma. Su Stefano Bonaccini non deve trasmettere incertezza, il presidente della Regione ha governato bene e si deve ripresentare. È inutile che il Pd pensi di fare una “plastica facciale” con la candidatura di un civico perché perderebbe anche i voti di coloro che oggi lo appoggerebbero. La società civile può dare ricette in libertà ma vorrei ricordare che sono gli stessi che avevano previsto la vittoria di Vasco Errani nel collegio di Bologna».
Pier Ferdinando Casini entra così nel dibattito innescato in questi giorni dalle riflessioni della politologa Nadia Urbinati.
In un’intervista a Repubblica Bologna Urbinati ha indicato nella candidatura di Federico Pizzarotti alla guida della Regione una valida alternativa al secondo mandato di Bonaccini.
Onorevole Casini, i giochi per le regionali si sono aperti di fatto dopo le ultime politiche, che hanno consegnato l’inedita fotografia di un’Emilia in cui il centro destra è la prima coalizione e M5S il primo partito. Non crede che si debba in qualche modo cercare di cambiare rotta?
«Credo non ci sia niente di peggio da fare. Dopo 35 anni di politica penso di poterlo dire. Siamo in piena luna di miele per un governo che, come è capitato a tanti nei primi mesi di esercizio, gode dei favori popolari. In questo momento se anche l’opposizione avesse la ricetta magica, si scontrerebbe col fatto che la gente non è predisposta ad ascoltarla. C’è una fisiologia democratica in questo, in qualche modo oggi i partiti al governo sono soli con loro stessi e così se si faranno del male, lo faranno da soli».
In che modo?
«La ribellione della base degli industriali veneti contro il “decreto dignità” di Luigi Di Maio è un esempio del fatto che alla fine è sui fatti che saranno giudicati».
Il Pd secondo lei appare poco solido nell’affrontare un momento di dubbio di Bonaccini, che potrebbe optare per il ruolo di candidato renziano per la segreteria del partito?
«Io dico che se dal Pd arrivano i dubbi si trasmette un’incertezza generalizzata che non fa bene, anzi, è puro autolesionismo. Il fatto che sia proprio io dirlo è solo l’ennesimo paradosso di questa vicenda».
Lei parla come potenziale alleato? Alle politiche è stato eletto con i voti del Pd nella lista Civica Popolare, alle regionali cosa accadrà?
«Io parlo da battitore libero, sicuramente Bonaccini ha fatto bene e mi fa arrabbiare il fatto che in questo stato di incertezza generalizzata si faccia prevalere il “sì, ma…” La mia è una posizione seria e coerente e discende dal fatto che penso che abbia governato bene. Ma il Pd invece che sfogliare la margherita in un assurdo “m’ama, non m’ama” deve mettersi in campagna elettorale».
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postato il 25 Luglio 2018
La politica si fa col cuore e con la mente
Cari colleghi, non è semplicissimo intervenire in questo dibattito perché naturalmente, come sempre capita quando si parla di temi così delicati e quando si parla di Libia, un conto è il voto che noi siamo chiamati a dare, un conto è l’analisi che siamo chiamati a fare, un conto sono le sensibilità diverse che attraversano il nostro Parlamento.
Allora partiamo dal primo punto: il Gruppo per le Autonomie voterà a favore di questo decreto-legge perché è in continuità con il lavoro dei governi precedenti e perché è giusto dotare di un equipaggiamento navale le forze di controllo costiero libico, perché è giusto, perché è giusto.
Poi, colleghi, facciamo un passo in avanti: la senatrice Bonino ci ha ricordato che non esiste la statualità libica. Purtroppo lo sapevamo tutti in quest’Aula che non esiste la statualità libica. Sappiamo addirittura che c’è un Governo, quello di Haftar, che con la collaborazione di statualità estere e anche europee ha lavorato in questi anni per arrivare ad una tripartizione della Libia nonostante la comunità internazionale abbia insediato un Governo che noi sempre abbiamo appoggiato, con Letta, con Renzi, con Gentiloni e oggi con il Governo Conte in uno spirito di continuità, perché era il Governo legittimato dall’ONU. Ma questo Governo controlla la Libia? Scusate, non siamo su “scherzi a parte”, lo sappiamo benissimo che questo Governo non controlla la Libia. Sappiamo benissimo che non la controllano neanche gli altri due governi. Sappiamo benissimo che ci sono dei soggetti tribali municipali che non a caso sono stati al centro del lavoro che nei mesi scorsi ha fatto il Governo Gentiloni con il ministro Minniti.
Abbiamo in Aula la senatrice Pinotti che è stata parte di quel lavoro che oggi, in continuità, viene ripreso dal Governo Conte.
Allora, scusate, un conto è il mondo che vorremmo vivere, un conto è il mondo che viviamo perché la politica estera non è un pranzo di gala e noi, purtroppo, dobbiamo fare i conti con quello che c’è non con quello che vorremmo che ci fosse. Ho sentito prima alcuni colleghi che hanno detto che chi arriva non ha i documenti. Scusate, ma volete che vadano a chiedere il certificato penale a Mogadiscio quando partono da realtà che sono devastate, prive di qualsiasi statualità?
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postato il 22 Luglio 2018
L’intervista al Corriere della Sera di Olivio Romanini
Sono nati tutti e due nella Bologna del 1955, a pochi chilometri di distanza, ed entrambi hanno avuto fin da ragazzi la passione per la politica. Ma per il resto, Franco Grillini e Pier Ferdinando Casini, sono stati come il diavolo e l’acqua santa: il primo ad aprire il primo circolo omosessuale d’Italia e l’altro nella Dc. Hanno avuto scontri epici, ma ora che Grillini si trova a combattere contro il cancro e protesta per il taglio al vitalizio che mette a rischio la sua assistenza, è proprio l’ex rivale a tendergli la mano.
Lei ha deciso di investire i questori della Camera del caso Grillini. Perché?
«Perché — spiega Casini — in un momento in cui si è perso il senso della verità sui politici e la politica, ho voluto rendere l’onore delle armi a chi, come Franco, si è battuto per i suoi ideali: lo merita».
Negli ultimi quarant’anni non ve le siete mandata a dire.
«Sì, ma non c’è mai stata disumanità: le nostre erano battaglie politiche, ma restava il rispetto personale. È una distinzione che la politica vera ha sempre mantenuto, solo oggi sono saltate queste regole».
Vi siete sentiti?
«Mi ha chiamato per ringraziarmi ma non ce n’era bisogno. Quando molti hanno fatto polemica per la mia candidatura alle Politiche da alleato del Pd, lui ha spiegato che non avrebbe avuto alcun imbarazzo a votarmi perché mi conosceva».
Eppure il vento tira da un altra parte, sui vitalizi ma anche sul fair play tra avversari politici.
«C’è un processo di imbarbarimento in atto. Ma mi lasci dire che quando un politico non riesce a riconoscere anche nell’avversario delle ragioni, allora è molto debole».
postato il 27 Giugno 2018
Se c’è una visione intergovernativa dell’Europa, è chiaro che ciascuno si fa gli affari suoi e ciascun Governo tutela gli interessi dei propri cittadini
La mia dichiarazione di voto sulle comunicazioni del Presidente del Consiglio dei ministri in vista del Consiglio europeo del 28 e 29 giugno 2018
Signor Presidente, colleghi, devo confessare al Presidente e al ministro Savona che, avendo una certa pratica delle comunicazioni del Governo prima del Consiglio europeo, sono rimasto un po’ colpito dall’irritualità. In effetti, nonostante il ministro Savona abbia fatto senz’altro delle considerazioni interessanti – che, anzi, credo giusto che siano al centro del nostro dibattito – in termini logici forse la sua doveva essere un’introduzione e quella del presidente Conte probabilmente una replica.
Non so che cosa dire perché lei, ministro Savona, ha fatto un discorso generale su problemi che riguardano l’Europa che a noi interessano moltissimo, e la ringraziamo, ma probabilmente all’interno di un altro contesto. Quello di oggi è un contesto molto più limitato.
Capisco che il Governo ha una missione storica e capisco anche un po’ – mi consenta di dirlo, Ministro – la retorica dell’evocazione storica di un comportamento spartiacque, ma io rimango ai dieci punti del presidente Conte, che sinceramente è difficile non condividere. Quando infatti tra i dieci punti c’è un impegno come quello di superare e non già di riformare il Trattato di Dublino – che, come a tutti è chiaro, fu sottoscritto dal centrodestra nel 2003 – oppure quando si dice che si deve fissare il principio per il quale chi sbarca in Italia in realtà sbarca in Europa, penso che in quest’Aula e nel Paese non ci sia nessuno italiano che possa dire di essere contrario a questi principi di riforma.
Io ho una grande paura, lo dico con sincerità: temo l’approccio che noi abbiamo seguito per arrivare a questo Consiglio europeo, a partire dal doppio binario in base al quale il Ministro dell’interno fa una parte, anche nei confronti di alleati come i francesi, e il Presidente del Consiglio ne fa un’altra. Salvini oggi ha detto che ognuno va a pranzo con chi vuole, ma non mi sembra che quello tra Macron e Conte possa essere derubricato ad un incontro privato, perché parliamo di due Presidenti che si incontrano alla vigilia del vertice europeo. Io temo che questa strategia del doppio binario e tutto quello che è successo in queste settimane ci indeboliscano.
Detto questo, se la finalità è quella che voi ponete al centro della vostra risoluzione, è difficile non essere d’accordo.
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postato il 27 Giugno 2018
Caro Direttore,
non sono certo il più accreditato a dare consigli su “come ritrovare la sinistra”, ma concordo con l’editoriale di ieri di Mauro a cui vorrei fare solo un appunto sul tema dei diritti e della sicurezza.
Egli scrive: “La politica del ministro degli Interni Minniti è in gran parte responsabile di questo calo degli sbarchi, ma gelosie ridicole e vendette miserabili hanno impedito che diventasse la voce alta e forte del Pd in ogni campagna elettorale”.
Non è del tutto vero: altro che presunte gelosie o piccole ripicche! Qui la questione è molto più seria e investe direttamente la ritrosia che il centrosinistra ha avuto in questi anni di confrontarsi col tema della sicurezza: il sentimento di vera e propria paura che spesso si registra tra chi abita nei quartieri popolari delle grandi città italiane prescinde pure dai dati effettivi, ma investe la percezione del problema che negli anni si è ingigantita. È così e a nulla serve la retorica dell’accoglienza se non a far sentire queste fasce deboli della popolazione ancora più sole. E il disagio cresce in modo proporzionale alla crisi economica e sociale.
Ho constatato facendo la campagna elettorale a Bologna, città storica della sinistra, che quando ripetutamente affrontavo questa questione, ricordando gli ottimi risultati di Minniti e il calo degli sbarchi nel nostro Paese, ottenevo sempre lo stesso risultato: il consenso convinto dei militanti e le perplessità dei dirigenti. Come se fossi andato a colpire un santuario di certezze che era meglio non scalfire.
Questa è anche la ragione per cui il Pd non si è in alcun modo potuto giovare dell’ottimo operato del Ministro dell’Interno: perché non ha sentito come “sua” questa politica. Perché per anni ha lasciato alla destra il monopolio di un’idea di legalità che è ragione costituente e decisiva della liberal democrazia.
Infine, per evitare di incorrere in facili scomuniche, vorrei ricordare che da Presidente della Camera dei Deputati eletto dal centrodestra, mi dichiarai in tempi non sospetti favorevole allo ius soli e recentemente, quando questa legge è stata portata all’attenzione dell’Aula nello scorso gennaio, sono stato fra i pochi ad averla sostenuta col voto.
Legalità, sicurezza e nuove cittadinanze sono concetti da declinare insieme.
Pier Ferdinando Casini
Senatore della Repubblica
postato il 13 Giugno 2018
Salvini offra una caffè a suo predecessore Minniti
Il mio intervento nell’Aula del Senato sull’informativa del Ministro dell’interno sulla vicenda della nave Aquarius
Signor Presidente, signor Ministro, questa mattina 932 persone sono state salvate e portate nel porto di Catania dalla nave Diciotti della Guardia costiera italiana. 932 persone che si aggiungo alle tante che abbiamo salvato in tutti questi anni. Apro una parentesi e la chiudo, solo per una piccola correzione al Ministro che ha dimenticato di dire che diverse delle persone che erano sulla nave Acquarius sono state ivi trasportate da imbarcazioni della Guardia costiera italiana.
Scusatemi, cerco solo di ragionare. In quel caso, quindi, la ONG ha svolto un’azione di supporto anche rispetto ad un servizio richiesto dalle autorità italiane. 932 persone che sono sbarcate sono l’ultimo tassello di una catena. Io vorrei dire alle autorità estere, agli Stati amici, all’Europa: i Governi passano, gli Stati rimangono. Noi non possiamo non privilegiare sempre, e lo dico anche a voi in quest’Aula, uno spirito di continuità istituzionale perché su questo principio è fondata la Repubblica. L’Italia non può accettare lezioni e gli insulti che i francesi ci hanno rivolto in queste ore, non sono respinti solo dal Ministro pro tempore Salvini, sono respinti da tutta l’Aula del Senato e da tutti gli italiani.
Questo lo voglio dire perché, signor Ministro, lei deve sapere che nessuna polemica politica, anche aspra, che ci potrà dividere nei prossimi anni, ci potrà portare ad assumere un connotato e una veste anti-istituzionali e anti-italiani. Mai, perché questo contrasterebbe con la nostra storia. Tra l’altro, è inutile che si ricordino i comportamenti inumani che i nostri colleghi hanno avuto a Bardonecchia o a Ventimiglia, ma io vorrei aggiungere un aspetto importante: in questi mesi, c’è stato un traffichìo che non mi è piaciuto, in Libia, da parte delle autorità francesi, che sono le stesse che negli anni scorsi hanno lavorato, probabilmente sottobanco, per una tripartizione della Libia, mentre i Governi Renzi e Gentiloni lavoravano per garantire l’unità della Libia e aiutare il Governo legittimamente insediato dalle Nazioni Unite.
Qui, allora, non si tratta solo dell’inumanità di certi respingimenti, ma anche di un lavoro sottobanco che noi dobbiamo portare all’attenzione della comunità internazionale e dell’Europa, perché non è possibile che i principali attori, o player europei giochino parti diverse nella stessa commedia su uno scenario come quello libico. Non è un caso che in queste ore dalla Libia ci segnalino 50.000 persone pronte a partire, mentre questo fenomeno si era attenuato o per lo meno era in qualche modo diminuito.
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postato il 3 Giugno 2018
Se la politica paralizza opere importanti si torna indietro nel tempo

L’intervista di Paolo Rosato pubblicata sul Resto del Carlino
Pier Ferdinando Casini, senatore ed ex presidente della Camera dei Deputati, secondo lei il Passante di Bologna deve andare avanti?
Mi auguro che il nuovo governo abbia una sufficiente dose di responsabilità politica e istituzionale per capire che non è il momento delle vendette. E che esistono i pareri degli enti locali, che esiste il parere delle forze che governano questa città è che esiste anche il parere di governi che oggi dirigono e per i quali deve valere un principio di continuità istituzionale.
Un principio che forse non tutti hanno bene a fuoco.
Un conto sono le polemiche di campagna elettorale, fisiologiche. Un conto sono le responsabilità di essere ministri pro tempore del governo di questo Paese. Per cui io mi auguro che le legittime richieste di Cinque Stelle e Lega non si trasformino in veti, ma che vengano considerate come richieste di approfondimenti.
Eppure vogliono fermarlo.
Sarebbe gravissimo sotto il profilo istituzionale se un governo neo eletto azzerasse tutto, se si facesse promotore di una politica di veti e non sentisse il parere di regioni, province, comuni e dei tecnici che hanno lavorato fino a oggi, prestandosi a essere uno strumento per una vendetta politica di parte. [Continua a leggere]
postato il 3 Giugno 2018
L’intervista di O. Romanini pubblicata sul Corriere di Bologna
Era dai tempi del governo De Mita del 1988, 30 anni fa, che Bologna e l’Emilia non rimanevano fuori dal governo e l’esclusione preoccupa il governatore Stefano Bonaccini. Qual è la sua idea?
Fa parte della fisiologia democratica – replica Pier Ferdinando Casini, senatore centrista eletto col sostegno del PD – e in fondo tante cose sono cambiate. Per me il problema non è tanto se ci sono ministri o meno di Bologna o dell’Emilia, il problema è l’approccio che questo governo vuole tenere rispetto alle regioni.
Cosa la preoccupa?
Se applicano la teoria di non fare prigionieri e governano come se gli altri non ci fossero, allora si crea un bel problema. Se procedono in questo modo dovranno risponderne e ai cittadini che sono intelligenti e capiscono bene queste cose.
Il Passante di mezzo sembra ora essere a rischio.
Ecco, per dirne una. Se governano mettendo il bastone tra le ruote ai Comuni e alle Regioni guidate dal centrosinistra e applicano una politica dei veti e se cercano di arrestare l’Emilia, una delle regioni più forti d’Europa, ne pagheranno il prezzo. Quando si fa un governo si smette di fare campagna elettorale. [Continua a leggere]
postato il 1 Giugno 2018
La mia lettera inviata alla cronaca di Bologna di Repubblica
La notizia della scomparsa di Antonio Ramenghi mi ha colpito nel profondo del cuore, suscitandomi un rimpianto immenso per quest’uomo buono e giusto, profondamente coerente nella vita personale e professionale. Chiudendo gli occhi in un momento di commozione, ho ripensato al nostro primo incontro, tanti anni fa, quando fu nominato capo della redazione di Repubblica nella nostra città.
Eravamo ancora tutti sconvolti per la repentina scomparsa di un altro grande, Luca Savonuzzi, che dal Resto del Carlino alla nascente redazione di Repubblica, aveva avuto modo di maturare con tanti di noi una profonda amicizia.
Ricordo come fosse ora che abitavo in Via Indipendenza e invitai Antonio Ramenghi a cena. Quella sera ci studiammo a lungo, sentii che aveva nei miei confronti una certa diffidenza, forse derivata dagli stereotipi e dagli ambienti diversi che avevamo frequentato nella nostra giovinezza.
Ma poi ci siamo profondamente capiti. Da quel giorno non ci siamo lasciati più ed io ho potuto contare sempre su un interlocutore intransigente ma sincero, capace di critiche spietate ma anche di profondi gesti di amicizia.
Antonio era così con me e con gli altri. Un cristiano esigente, un giornalista rigoroso ma, alla fine, soprattutto un uomo profondamente buono, timido e a volte addirittura introverso nell’esprimere i suoi sentimenti.
Entrambi siamo poi diventati “bolognesi a Roma”. Ci siamo rivisti episodicamente, ci siamo sentiti di tanto in tanto, anche mentre dirigeva quotidiani locali. L’ultima volta che l’ho visto è stato all’inizio della scorsa campagna elettorale, per me molto impegnativa e densa di significati: “Sei tornato a casa?”, mi chiese.
Conserverò solo nei miei ricordi i pensieri che mi ha voluto lasciare in quell’occasione: amici tornati dopo un lungo cammino.