postato il 9 Maggio 2025 | in "Rassegna stampa"

«Anch’io ero in piazza, commosso tra i giovani. La Chiesa ha mostrato la sua forza spiazzante»

L’emozione più grande all’Ave Maria. In San Pietro tutti pensavano a Parolin, io tifavo per Zuppi, vescovo della mia Bologna

L’intervista di Alessandra Arachi pubblicata sul Corriere della Sera

Pier Ferdinando Casini, lei era in  piazza  San Pietro quando  hanno  eletto  Papa Leone XIV

«Sì, ho assistito all’Habemus Papam e ho sentito tutto il suo discorso».

Si aspettava la fumata bianca così presto?

«Me l’aspettavo, ma in serata. Lo avevo detto a Bologna a mia madre, che compiva novantasei anni. Le ho detto: vedrai che avrai un bel regalo di compleanno».

Contenta la mamma?

«Si è già innamorata del Papa».

Un Papa eletto in quattro scrutini appena quando serviva un quorum così alto.  E poi un nome che non era tra i primi a essere citati nelle previsioni tra i papabili.

«La forza spiazzante della Chiesa. Ci ha dimostrato che tutte le nostre alchimie non servono a niente».

Si è pensato a lungo che sarebbe stato eletto un Papa italiano.

«Ci abbiamo creduto in tanti».

Giravano tre nomi, le risulta?

«Certo, tutta Bologna tifava per il vescovo della nostra città».

Matteo Zuppi. E poi erano in pista Pietro Parolin e Pierbattista Pizzaballa.

«Tutti e tre cardinali di altissimo valore».

Parolin è stato Segretario di Stato.

«E ha servito la Chiesa nelle parti più difficili del mondo, come il Venezuela».

Pizzaballa, patriarca di Gerusalemme.

«È il cardinale che dopo il 7 ottobre si è offerto in cambio della liberazione degli ostaggi di Hamas. Che dire di più? In piazza San Pietro, comunque, pensavano tutti sarebbe stato italiano».

Che sensazione ha provato in quella piazza?

«Mi sono commosso, era piena di giovani, ragazzi. Famiglie e bambini. Ma la commozione più forte l’ho provata per un altro motivo».

Quale?

«Quando Papa Prevost ha recitato l’Ave Maria».

Era la prima volta che dalla Loggia delle benedizioni un Papa recitava l’Ave Maria?

«Degli ultimi Papi sicuramente.  Un simbolo importante di devozione popolare. La Madonna è l’avvocata d’ufficio per noi peccatori davanti al Signore».

Il nuovo Papa è stato missionario per vent’anni in Perù. 

«È stato significativo che dalla loggia si sia rivolto ai fedeli peruviani, abbia parlato spagnolo. Una carezza a papa Francesco».

È il primo Papa americano, anche questo ha spiazzato.

«Ci eravamo convinti che la Chiesa non era ancora matura per questa scelta».

Trump sarà contento di questa elezione?

«Non credo che a Mar-a- Lago oggi facciano una festa. Ma è doveroso che Trump gli abbia già fatto complimenti».

Anche il presidente israeliano Herzog gli ha fatto i complimenti.

«Leone XIV ha parlato di pace e lo ha fatto a 360 gradi. Questo è stato colto».

La scelta del nome Leone è una scelta che viene da molto lontano.

«Ed è una scelta particolarmente significativa, ricordiamo la Rerum Novarum. Per noi cattolici impegnati in politica rappresenta un punto di riferimento in un mondo in cui le disparità si moltiplicano e questo è intollerabile».

Cosa si aspetta da Leone XIV?

«Credo che potrà fare ordine nei processi di riforma per i quali Francesco ha avuto intuizione. Il rapporto tra Francesco e Leone XIV potrebbe assomigliare a quello che c’è stato tra Giovanni XXIII e Paolo VI».

Ovvero?

«Giovanni XXIII ha gettato il cuore oltre l’ostacolo e ha convocato il Concilio Vaticano, ma poi è arrivato Paolo VI a mettere ordine a una Chiesa in cammino. Questo Papa ha una gran forza».

Da dove la deduce?

«In meno di due giorni è riuscito a mettere d’accordo tutti i cardinali. Ha creato un’unità che nella Chiesa vuol dire vitalità».

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postato il 29 Aprile 2025 da redazione | in "Interventi, Riforme"

«Occupiamoci di carceri e detenuti. È questa l’ultima lezione del Papa»

Dal degrado delle strutture ai suicidi. Il mio appello a Meloni: agire subito

«Sia il cardinale decano Giovanni Battista Re al funerale sia il segretario di Stato Pietro Parolin durante il Giubileo degli adolescenti hanno detto la stessa cosa: è bello ricordare Francesco, è giusto piangere la sua morte ma è soprattutto importante attuare la sua lezione». 

Una lezione pastorale di grande umanità, senatore Pierferdinando Casini. 

«Un pontificato tutto rivolto agli ultimi. Non possiamo dimenticare che gli ultimi giorni della sua vita Francesco ha voluto visitare il carcere di Regina Coeli, a Roma». 

Mancavano due giorni alla Pasqua 

«Già. E mancavano appena tre giorni alla sua morte. Da qui vorrei partire, dalle carceri. Vorrei fare un appello alla presidente del Consiglio Giorgia Meloni: occupiamoci dei detenuti. Concretamente. E’ la lezione di Francesco. La situazione delle carceri italiane non è più sostenibile». 

Sono sovraffollate. 

«Incredibilmente sovraffollate. Degradate. C’è carenza di strutture . Nelle carceri parole come “rieducazione” diventano semplici slogan». 

Cosa intende dire? 

«La settimana scorsa sono stato a fare visita al carcere di Rebibbia. Ho visto strutture belle: pizzerie, falegnamerie, call center, anche luoghi dove commercializzano il caffè». 

Quindi le strutture ci sono? 

«Ma chi riesce ad utilizzarle sono pochissimi. L’assenza di riabilitazione è un’assenza di speranza. Basta vedere i suicidi che ci sono in carcere». 

Un suicidio ogni tre giorni, dicono le statistiche. 

«Statistiche implacabili. Di questi molti sono suicidi di persone che hanno quasi finito di scontare la pena. Che potrebbero essere liberi dopo due, tre anni». 

Ci sono anche detenuti in attesa di giudizio che si tolgono la vita dietro le sbarre . 

«E’ vero, anche se i detenuti che aspettano il giudizio sono molto diminuiti rispetto ad alcuni anni fa. Il dramma più evidente sono i detenuti di cui ho parlato prima. Ed è questa la fascia sui cui bisogna agire deve agire». 

Agire in che modo?

«Mettere in atto le misure alternative se non prevedere un ritorno alla vita libera». 

Pensa che sia questo un modo per alleviare le carceri? 

«E’ un intervento significativo visto che oggi la popolazione carceraria è fatta per la maggior parte di condannati definitivi e molti hanno residui di pena molto bassi». 

A cos’altro pensa? 

«Nel breve tempo si può pensare ad un’amnistia, a un indulto, un segnale concreto. Nel 2002 ero presidente della Camera quando venne Giovanni Paolo II. Che disse che una riduzione pur modesta della pena avrebbe incoraggiato pentimento e il ravvedimento. Dopo qualche mese facemmo un indultino». 

E a lungo periodo che si potrebbe fare? 

«Ripensare al ruolo del diritto penale che in una liberaldemocrazia del XXI secolo non può avere lo schema in cui l’unica forma di espiazione della pena è il carcere». 

Questo governo però sta continuando ad introdurre nuovi reati. 

«E questo aggrava a situazione. Lo sostiene anche il vicepresidente del Csm Fabio Pinelli che non è uno di sinistra o dell’opposizione e che ha lanciato l’allarme sull’emergenza carceri. Ci sono tante persone di buona volontà che hanno a cuore questo problema, da tutte e due gli schieramenti. Ecco: a Giorgia Meloni chiedo di fare qualcosa subito, di concreto. Nel nome di Francesco».

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postato il 2 Aprile 2025 da redazione | in "Rassegna stampa"

Era Karol Wojtyla. Sapeva parlare a tutti e abbatté ogni confine

A vent’anni dalla morte del Papa polacco

Il 2 aprile di vent’anni fa si spegneva Karol Wojtyla, il Papa che ha segnato per decenni la storia dell’umanità e rappresentato per più generazioni, la mia in particolare, un riferimento assoluto nel cammino della vita.

Si è detto molto del coraggio di questo Papa venuto da lontano, della sua capacità di leggere e interpretare i tempi nuovi e della sua convinzione che la missione propria della Chiesa, per quanto ancorata alla trascendenza, è pur sempre una missione storica. Se infatti con il Concilio Vaticano II la Chiesa è entrata nella modernità, è solo con Giovanni Paolo II che ne è diventata autentica interprete.

La sua parola e la sua azione sono state una presenza viva e determinante nei grandi fenomeni dell’ultimo quarto del XX secolo: dal processo di democratizzazione dell’Europa orientale culminata nella caduta del muro di Berlino, ai suoi appelli per la soluzione pacifica di conflitti – in occasione della guerra del Golfo e del conflitto balcanico -, dalle rivendicazioni a difesa dei diritti umani, al nuovo slancio verso il dialogo interreligioso.

È stato un uomo capace di parlare al mondo abbattendo tutti i confini politici, ideologici e religiosi. La sua umanità senza frontiere lo ha portato a viaggiare in ogni continente, in Paesi mai toccati prima da un Pontefice e a chiedere perdono per gli errori commessi dalla Chiesa nel corso della storia che hanno segnato un passaggio storico di umiltà e di verità.

Un gigante, la cui grandezza si coglieva nella semplicità dei gesti quotidiani, in grado, come nessun altro, di comunicare con i giovani, le sue “sentinelle del mattino”. Da quel “se mi sbaglio mi corrigerete” nel giorno della sua nomina ha conquistato tutti, compresi quanti avevano manifestato dubbi sul fatto che il nuovo Papa fosse straniero, il primo dopo 455 anni.  Alla fine sarebbe stato lui a “correggere” l’intera umanità infondendo nuova vitalità al messaggio cristiano: un messaggio di tolleranza e di fiducia profonda e sincera nelle ragioni della pace e dell’uomo.

Un Papa tanto amato proprio perché la sua santità si è sempre manifestata in un’umanità piena, riuscendo a entrare direttamente in contatto con le sofferenze e le speranze di tante persone. La ricerca continua di vicinanza ad ogni essere umano lo hanno reso un Pastore in grado di attrarre e sedurre con la simpatia, l’entusiasmo e la spontaneità delle sue parole e delle sue preghiere anche chi non aveva il dono della fede.

L’invocazione “Santo Subito” salita prepotentemente dalla folla in Piazza San Pietro dal giorno stesso in cui Papa Wojtyla ha concluso il suo cammino terreno, ha simboleggiato chiaramente l’atto d’amore del popolo di Dio verso questo straordinario interprete della complessità della Chiesa e della nostra epoca.

Anche chi lo aveva più volte apostrofato come reazionario e conservatore ne riconoscerà, successivamente, l’incomparabile grandezza.

Nel segno di una profonda consonanza spirituale, i suoi successori, pur con differenze di stile, personalità e formazione, hanno proseguito il cammino tracciato da Giovanni Paolo II, in straordinaria continuità col suo magistero.

Benedetto XVI ne ha approfondito l’insegnamento teologico sul piano dottrinale, Francesco – con un approccio pastorale più diretto e meno accademico – ne ha incarnato l’ideale di una Chiesa missionaria.

La loro è stata ed è la voce di una Chiesa capace di rispondere ai bisogni dell’uomo e di orientarne le aspirazioni, offrendo una guida non solo ai fedeli, ma a tutta l’umanità in ogni epoca di crisi e incertezza.

Sen. Pier Ferdinando Casini, ex Presidente della Camera dei Deputati

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