Libia: “Siamo stati ridicolizzati da Haftar e da quattro mesi a Tripoli non abbiamo l’ambasciatore”
postato il 30 Novembre 2018Di Libia e soprattutto con i libici parlano troppi italiani…
L’intervista di Umberto De Giovannangeli pubblicata sull’Huffington Post
Il suo giudizio sulla Conferenza per la Libia di Palermo è tranchant: “L’abbiamo consegnata nelle mani di Haftar. Altro che un successo politico-diplomatico! Si è trattato di un passo indietro”. Reso ancor più evidente dal perdurare dell’assenza a Tripoli del nostro capo legazione, dopo che, il 10 agosto scorso, l’ambasciatore Giuseppe Perrone è stato richiamato a Roma per gravi motivi di sicurezza. “L’unico lato positivo è che dopo la mia sollecitazione e dopo diversi mesi, il ministro Moavero Milanesi convenga sull’urgenza della nomina di un nuovo ambasciatore”.
Ad affermarlo all’HuffPost è l’ex presidente della Camera, e senatore nell’attuale legislatura, Pier Ferdinando Casini. Di una cosa si dice certo. E questa certezza non è stata incrinata dalle considerazioni del ministro degli Esteri Enzo Moavero Milanesi né risolta da una vicenda, quella che riguarda il richiamo in patria dell’ambasciatore Perrone e l’assenza a Tripoli del massimo referente diplomatico, in una fase particolarmente calda, sul piano politico, nella quale l’Italia ha cercato, e continua a farlo, di affermare un suo ruolo primario sullo scenario libico. Il fatto è, rimarca Casini, ” che “di Libia e soprattutto con i libici, parlano troppi italiani…”. E di questo ne ha fatto le spese il nostro ambasciatore.
Per inquadrare un'”affaire” tutt’altro che risolto va ricordato che inizio agosto, l’ambasciatore aveva sottolineato, in un’intervista in arabo alla tv Libya’s Channel, l’importanza di “preparare bene le elezioni”, con una base “costituzionale chiara” e “condizioni di sicurezza adeguate”. Sostanzialmente, non entro la fine dell’anno, come prevedeva in un primo tempo il piano francese (successivamente l’inviato speciale Onu Ghassan Salamè ha definito una road map che sposta i termini al 2019). La soluzione di andare in tempi stretti alle urne era gradita anche dall’uomo forte della Cirenaica, il maresciallo Khalifa Haftar. Di qui le polemiche immediatamente successive alle dichiarazioni del diplomatico italiano, con bandiere tricolori date alle fiamme e altre dimostrazioni anti-italiane. A muoversi contro Perrone, almeno due istituzioni di Tobruk, nell’Est del Paese controllato da Haftar. La Commissione affari esteri della Camera libica aveva definito l’ambasciatore “persona non grata” e il ministero degli Esteri del “governo provvisorio” (non riconosciuto dall’Onu) lo aveva accusato di interferire negli affari libici. Uno strappo che la controversa presenza di Haftar alla Conferenza di Palermo del 12-13 novembre scorsi, non sembra, al di là di strette di mano e mezzi sorrisi, aver del tutto ricucito. [Continua a leggere]