postato il 19 Aprile 2015
Il rapporto Jihad-barconi è acclarato, equiparare gli scafisti ai terroristi
L’intervista di Claudio Marincola a Pier Ferdinando Casini, pubblicata su “Il Messaggero”
Non c’è più un minuto da perdere. Le aggressioni in mare, l’esodo ininterrotto verso le nostre coste, destinato ad crescere con l’avvicinarsi della stagione estiva, impongono all’Italia interventi immediati. La contaminazione tra immigrazione e terrorismo è ormai un dato di fatto. Dinanzi al nuovo scenario e alle infiltrazioni jihadiste, i richiami all’Europa e al principio delle responsabilità condivise servono ma non bastano più. Il confronto con l’inviato dell’Onu Bernardino Leon e il tentativo di formare un governo libico deve proseguire. Ma se non si realizza va attuato un piano B, autorizzato dall’Onu, per predisporre un blocco navale in grado di arrestare il traffico criminale di esseri umani. Per Pier Ferdinando Casini, presidente della commissione Affari esteri del Senato, il tempo del “buonismo” é finito.
L’Italia non può contare sull’Europa. Ma da sola ce la può fare?
«I viaggi si moltiplicheranno e noi rischiamo di rimanere impotenti davanti a un esodo di migliaia e migliaia di immigrati. Dobbiamo continuare a richiamare l’Europa alle sue responsabilità ma senza farci soverchie illusioni. Il rapporto tra il terrorismo jihadista e i barconi è acclarato. La Jihad riceve soldi, c’è un flusso finanziario, un business in cui probabilmente saranno coinvolti molti europei e qualcuno magari con la carta d’identità italiana. È un problema che si riversa su di noi ma riguarda l’Europa che è la destinazione finale. Gli scafisti lavorano perché i gruppi estremisti gli consentono di lavorare».
La saldatura tra terrorismo e “scafismo” è un dato di fatto. Come si contrasta?
«Dobbiamo usare verso i trafficanti di morte lo stesso pugno di ferro che la coalizione anti-Isis usa nei confronti dei terroristi e dello jihadismo. Non dobbiamo lasciarci intimorire dal loro gioco. Un gioco cinico, una speculazione orribile sulla disperazione di migliaia di persone che vengono imbarcate spesso in condizione avverse, su barche che possono fare solo qualche miglio. Cercano le disgrazie in mare. Vogliono giocare sullo spirito di compassione che il mondo civile ha per spingerci a provvedimenti che alla fine a loro possono far comodo. Mi spiego: sono fiero di Mare nostrum, sono convinto che è stata una operazione di cui essere orgogliosi ma anche che questi criminali l’hanno usata a loro fini per moltiplicare gli utili e gli sbarchi».
Se l’immigrazione si farà sempre più “aggressiva”, se si ripeteranno gli atti di pirateria le regole d’ingaggio risulteranno sempre più inadeguate.
«Dobbiamo fare due cose. Primo lavorare accanto a Bernardino Leon per arrivare ad un governo che ci dia la possibilità di interlocuire con uno Stato. Perché questo stato libico ora non c’è. Secondo, se questo non fosse possibile, avere un piano B pronto. Farsi autorizzare una blocco navale nelle acque territoriali libiche con una delibera dell’Onu che ci consenta di stroncare questo traffico sul nascere. E dirò di più: dobbiamo distruggere le barche anche in territorio libico. La vicende del peschereccio di Mazara del Vallo assaltato proprio l’altro giorno da una “strana” motovedetta dimostra che sono a corto di barche, che si fingono poliziotti libici e cercano di confiscarle per continuare le spedizioni».
Come valuta presidente l’incontro tra Renzi e Obama e la scelta di non parlare dell’utilizzo dei droni?
«Il feeling tra Renzi e Obama è molto importante per il nostro presidente del Consiglio e anche per il nostro Paese. Rafforza un legame tradizionale determinante per l’Italia. Il fatto che non si sia parlato dei droni e non si siano dati dettagli sull’intervento in Libia lo trovo più che naturale. I droni si mandano, non si annunciano! È chiaro che gli americani per questioni geopolitiche hanno un interesse molto minore rispetto a qualche decennio fa. E questo aumenta le nostre responsabilità».
Tanto più che l’Europa ci sta lasciando soli. E forse è arrivato il momento di prenderne atto piuttosto che ripeterlo all’infinito.
«Non c’è dubbio che l’Europa ci stia lasciando da soli. E sono curioso di vedere cosa succederà lunedì prossimo nel consiglio dei ministri degli esteri europei presieduto da Federica Mogherini. Temo però che non si vada oltre. Siamo soli, e proprio per questo dobbiamo avere le idee chiare e procedere con azioni mirate».
Sembra che lei non si aspetti molto dal vertice.
«Non mi aspetto molto perché ho partecipato a decine di incontri parlamentari in cui si parla molto dell’Ucraina e poco della Libia. Sembra quasi che se ne parli per fare una cortesia a noi. Dal Mediterraneo nei prossimi anni potranno venire grandi potenzialità di sviluppo economico per l’Europa o problemi irrisolvibili, esportazione dello jihadismo, se non addirittura insediamenti di stati terroristici. Sta a noi scegliere cosa vogliamo e intervenire in tempo».