postato il 14 Dicembre 2013
La lettera pubblicata sul Corriere della Sera
Caro direttore,
Sylvie Goulard (Corriere di ieri) mi dedica un’attenzione di cui le sono grato. L’eurodeputata francese, già autrice di un recente libro scritto insieme al Senatore Mario Monti, delinea il rischio di un’Europa spaccata in due, tra i Paesi ricchi e quelli più in difficoltà. Condivido la preoccupazione, ma vorrei chiarire la posizione che mi viene attribuita. Non sostengo infatti certo un’alleanza dei Paesi del Sud contro la Germania. È ridicolo solo pensarlo. Al contrario, ritengo che la costruzione europea possa uscire dallo stallo attuale solo se riusciremo a cambiare registro, mettendo insieme solidarietà e responsabilità, come si fa in tutte le comunità politiche.
Goulard dice che i Paesi del Sud hanno perso la memoria, ma mi pare che le amnesie siano diffuse. È vero che la Germania ha accettato di sostituire il marco con l’euro in cambio di precise garanzie, tra cui le norme sull’inflazione e sugli aiuti di Stato. Ma la principale contropartita è stata un’altra: la solidarietà degli altri Paesi europei, che hanno accettato di condividere i costi, non solo economici, della riunificazione tedesca. Dispiace che lo debba ricordare un tedesco, un grande vecchio della politica europea come Helmut Schmidt, mentre noi lo dimentichiamo.
La stessa solidarietà adesso, credo si possa chiedere alla Germania, niente di meno e niente di più. Anche perché, dagli anni della crisi, c’è stata una solidarietà, involontaria, che è andata nella direzione opposta, dai Paesi in difficoltà a quelli più forti, in primis la Germania, che anche grazie all’euro hanno aumentato la loro competitività.
Non si tratta dunque di lanciare crociate antitedesche ma di chiedere che le regole valgano per tutti. Come avevo scritto nell’intervento su queste pagine (Corriere, 13 novembre), i Trattati europei si possono violare in tanti modi, non solo superando i limiti del deficit pubblico. Ora la Commissione europea ha dovuto aprire una procedura di infrazione contro la Germania per surplus eccessivo. Speriamo che il metro di giudizio sia uguale per tutti e che non si ripetano gli errori del passato, con deroghe e trattamenti di favore (come, ad esempio, per Francia e Germania nel 2003).
Ovviamente la solidarietà europea deve accompagnarsi a un principio di responsabilità, in primo luogo da parte dei governi nazionali. Che devono smettere di usare l’Europa come un capro espiatorio per giustificare le loro scelte sbagliate. L’ha fatto in passato anche il governo italiano, sotto la guida di Berlusconi, ed è stato uno dei motivi che hanno reso impossibile continuare la nostra collaborazione. E poi devono tenere i conti in ordine (evitando i trucchetti e le furbizie del passato) e procedere con decisione sulla strada delle riforme strutturali. Il tutto anche a costo di molti sacrifici. Quei sacrifici che gli italiani conoscono bene, da qualche anno a questa parte, ma che erano e restano necessari. Però, proprio perché i compiti a casa li stiamo facendo, vorremmo anche avere il diritto di parola, per dire che la sola austerità non porta da nessuna parte, che l’Europa rischia non solo di affossare se stessa, ma di essere un freno alla ripresa economica mondiale. Vorremmo poter dire, con la testa, con il cuore e, se necessario anche con i pugni sul tavolo, che senza una politica economica espansiva l’Europa è destinata al declino. Ne va del destino dei nostri figli. Su questi temi c’è un dibattito aperto da tempo, che coinvolge personalità di specchiata fede europeista, a cominciare da Romano Prodi.
I problemi non si risolvono nascondendo la testa sotto la sabbia. Probabilmente è vero, come scrive Goulard, che la scena politica europea (ma non solo quella), è abitata da molti «cavalieri inesistenti», che dietro un’armatura luccicante nascondono, politicamente, il nulla. Di certo non mancano, continuando con la citazione di Italo Calvino, i « baroni rampanti», che alla prima difficoltà salgono su un albero e si dimenticano di scendere. Pensando che, dall’alto, tutto sia più chiaro e tutto si capisca meglio. Senza accorgersi che stanno solo perdendo il contatto con la realtà.
Pier Ferdinando Casini, Presidente della Commissione Affari esteri del Senato