Archivio per Marzo 2012

Azzardopoli, dietro l’angolo c’è la ludopatia (che non è un gioco)

postato il 10 Marzo 2012

“Riceviamo e pubblichiamo” di Maria Pina Cuccaru

C’era una volta la schedina. Un tempo il calcio era l’occasione per tentare la fortuna, con poche lire si poteva sperare di vincere milioni. Chi di noi non ha mai tentato la sorte, con il lotto, il totip o il totocalcio? Tutti noi, credo. E quanti di noi possono dire di aver vinto abbastanza da poter dire di aver recuperato il denaro giocato? Credo pochi.

Poi ci siamo, come dire, evoluti. Sono arrivati il Superenalotto, con i suoi premi stratosferici; il gratta e vinci, che con pochi euro (insomma, a volte anche dieci euro, che di questi tempi non sono pochi) permette di vincere somme di denaro anche considerevoli; il Win for Life, che garantisce nientemeno che una rendita! Infine arrivarono i videopoker, ormai presenti in ogni bar e sala giochi: si inseriscono le monetine, si preme un tasto e, se sei fortunato, si vince una bella sommetta. Il tutto ovviamente vede un solo,unico vincitore: lo Stato. Come dire, il banco vince sempre.

Tutto ciò sembra abbastanza innocente: ognuno in fondo è libero di decidere se e quanti soldi giocare. Ci sono però persone che non possono decidere liberamente, perchè schiavi di una forma di disturbo ossessivo-compulsivo detta “gioco d’azzardo patologico”. La persona affetta arriva agiocare somme spropositate, anche l’intero stipendio (parliamo spesso di padri di famiglia), non riesce a dedicarsi ad altro, tutta la sua vita ruota attorno ad esso, arrivando a commettere reati pur di finanziare il gioco; parliamo di persone che hanno perso qualsiasi contatto con la realtà, che negano a se stessi le conseguenze disastrose del loro comportamento ma che inseguono ciecamente la dea bendata, certi che la prossima puntata sarà quella che gli permetterà di recuperare tutto il denaro speso. Io penso che molti di noi abbiano esperienza, nel loro piccolo, di famiglie rovinate da tali condotte. E’ una patologia a tutti gli effetti, probabilmente causata da un’anomalia cerebrale organica (come avviene per la depressione e per tutte le altre patologie psichiatriche), la quale va curata con terapie specifiche come per tutte le altre dipendenze. Perchè di questo si tratta: una dipendenza.

Lo Stato non può ignorare questo aspetto non irrilevante: non può lucrare sulle disgrazie di tante persone e famiglie. Già si sta facendo un passo avanti, con il riconoscimento da parte del Governo della Ludopatia come patologia degna di attenzione e cure; ovviamente non basta. Occorre regolamentare bene il fenomeno del gioco d’azzardo, in modo da tutelare tutti i cittadini, ma soprattutto coloro che purtroppo non possono farlo da soli.

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Grave indebolire il governo per evitare materie scottanti

postato il 8 Marzo 2012

Chi ritiene che il governo non debba occuparsi di materie importanti, lo indebolisce e  questo non e’ il momento di fare i giochini. Quanto è accaduto ieri non va sottovalutato e deve essere materia di riflessione per tutti. Quando Monti ci chiama noi abbiamo il dovere di rispondere come segno di solidarietà e coesione. Ciò di cui si discute lo decide il Presidente del Consiglio ed è giusto che si discuta anche di corruzione perché è un tema all’ordine del giorno.

Pier Ferdinando

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8 marzo, dedichiamolo alle donne calabresi

postato il 8 Marzo 2012

La campagna promossa dal Quotidiano della Calabria per dedicare l’8 marzo di quest’anno a tre donne coraggiose che hanno deciso di ribellarsi alla criminalità deve ricevere l’appoggio di quanti vogliono dare un senso particolare a questa ricorrenza. Giuseppina Pesce, testimone in importanti processi contro cosche della ‘ndrangheta, sta affrontando grandi sofferenze. Maria Concetta Cacciola e Lea Garofalo hanno pagato con la vita la decisione di rendersi libere, di uscire dal mondo della criminalità in cui erano nate. Donne diverse, che hanno affrontato la ‘ndrangheta dall’interno e dall’esterno, dando un segnale forte che non può essere dimenticato. La Calabria e tutte le altre regioni in cui la criminalità organizzata si è diffusa ce la possono fare a liberarsi da questo giogo, ma hanno bisogno del sostegno di tutto il Paese per avere la forza di dire no, come le tre donne che vogliamo ricordare questo 8 marzo. Un ricordo che deve essere portato anche nelle scuole, per diffondere pure tra i giovanissimi la cultura della legalità e dell’antimafia.

Pier Ferdinando

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Una rivoluzione culturale contro il “femminicidio”

postato il 8 Marzo 2012

“Riceviamo e pubblichiamo” di Maria Pina Cuccaru

Ogni due giorni in Italia avviene un delitto in famiglia e quasi sempre le vittime sono donne. Classificarli come “delitti passionali” è spesso  riduttivo. Quasi sempre infatti la dinamica degli omicidi verso le donne va al di là della gelosia e si spiega solamente dietro una logica di possesso in un perverso quanto usuale gioco di ruoli. Per questi assassini, infatti, la donna altro non è che una proprietà maschile, la quale deve attenersi a un ruolo ben preciso. E quando lei si ribella a questo ruolo, le conseguenze sono fatali.  Si parla, a tal proposito, di “femminicidio”: donne uccise in quanto donne, in quanto non fedeli ai canoni che i loro aguzzini hanno cucito loro addosso. Figlie, madri, ex fidanzate o fidanzate, mogli o ex mogli, picchiate, violentate o uccise in quanto non obbedienti, non caste, non modeste.

Recentemente il ministro del welfare Fornero ha individuato nella cultura della “donna-oggetto” di cui i mass media sono impregnati la causa profonda di questo fenomeno. Pensiamoci bene. Quante donne hanno finora ricoperto ruoli fondamentali nella politica e nella società? Finora, troppo poche. Quale ruolo ricopre la donna all’interno dei mass media? Davanti a pochi ma ammirevoli esempi di donne protagoniste del giornalismo e dello spettacolo (pensiamo a Lili Gruber, ad Anna Magnani) ce ne sono fin troppe che pur di apparire, pur di raggiungere al successo accettano di ricoprire ruoli subordinati a quello maschile, che accettano di usare il proprio corpo per raggiungere i propri scopi. Abbiamo avuto recenti esempi perfino nella politica: devono essere belle, silenziose e disponibili, la loro competenza non interessa a nessuno. Oggetto del piacere e del compiacimento maschile. Nulla più. Incarcerata in un ruolo francamente subordinato di cui spesso neppure siamo consapevoli.

E la cosa terribile è che questo ci viene insegnato da altre donne, dalle nostre madri. La donna infedele è una poco di buono, l’uomo infedele è semplicemente preda della sua mascolinità; la donna deve tenere la casa pulita e in ordine, all’uomo non è richiesto; la donna deve essere una madre attenta e premurosa, l’uomo può giocare con i figli un’oretta al giorno e ha assolto ai suoi doveri di padre presente; la donna deve lavorare il doppio dell’uomo per essere considerata almeno alla pari; ma soprattutto, abbiamo profondamente acquisito un modello di bellezza funzionale al piacere maschile, al quale nessuna di noi può sottrarsi, e che rende l’utilizzo del corpo la carta vincente per ottenere posizioni che con il sesso nulla hanno a che vedere.  Nel 2012, in Italia, viviamo questa cultura. Non possiamo stupirci allora che questa cultura possa dare, in soggetti dalla mente magari già compromessa da vissuti difficili o patologie  l’autorizzazione a pensare che una donna possa essere la sua donna, decidendo anche della sua vita.

La soluzione? La nostra cultura deve cambiare. Iniziando da noi donne, che spesso educhiamo le figlie ad essere donne di casa ma non facciamo altrettanto con i figli maschietti. Che spesso giustificano, anche solo tacitamente, chi usa violenza su donne di facili costumi. Che non educano i ragazzi all’affettività responsabile e, quando questi ultimi si ritrovano in attesa di un figlio in seguito a un rapporto occasionale non protetto, difendono il figlio contro una donna “poco di buono e approfittatrice”. Insegniamo alle bambine che il loro corpo è prezioso, e va usato con responsabilità. Facciamo loro capire che valgono per ciò che sono e non per quanto potranno compiacere un uomo, e quindi costruiamo per loro e con loro una società davvero a misura di uomo e di donna, senza competizioni fra i generi, ma consapevoli che il contributo di entrambi in uguale misura è indispensabile per il benessere della società. Solo in una cultura basata sul reale rispetto della donna, potremo combattere la vergognosa piaga del femminicidio.

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Abbattere Azzardopoli per ritrovare noi stessi

postato il 7 Marzo 2012

“Riceviamo e pubblichiamo” di Umberto Velletri

Come si possono difendere i diritti dei cittadini e contemporaneamente pubblicizzare il gioco d’azzardo?
In Italia è accaduto, ma con il nuovo governo Monti sono tornati quei valori che hanno contraddistinto la nostra “Storia”, una storia piena di valori e di rispetto per il prossimo, una storia che ci ha resi grandi e che ci ha visto rinascere dalle ceneri, e che ci farà tornare un paese credibile agli occhi dell’opinione pubblica e dell’Europa intera.
Negli ultimi tempi tutti abbiamo visto come nelle nostre reti televisive le percentuali degli spot inerenti i giochi d’azzardo sono triplicati causando una corsa verso le ricevitorie ed i punti scommessa.
Pubblicità seducenti che trasmettono qualcosa che in realtà non esiste, qualcosa che in un momento particolare come questo che stiamo trascorrendo può mandare le persone psicologicamente deboli in rovina.
Questa tendenza ha creato una vera e propria “dipendenza psicologica”, ed è proprio per questo che il Ministro Riccardi vuole vietare la pubblicità: dichiarando che “in alcuni casi è diventata una piaga sociale che deve essere gestita per tutelare il cittadino”.
Dello stesso avviso è l’onorevole Rocco Buttiglione: “Il gioco d’azzardo è ormai una piaga nel nostro Paese che ne è diventato uno dei principali protagonisti, incidendo pesantemente sui redditi delle famiglie e portando alla dipendenza e poi alla disperazione un numero elevato di italiani”.
Ciò che preoccupa di più è il segnale inviato alle giovani generazioni che guardano nel gioco la migliore promessa rapida e “miracolosa” di uscire da un quadro di vita che appare frustrante, ma che invece è solo illusoria.
A fronte di questa situazione è arrivato il momento di chiedere maggiori attenzioni da parte dello Stato, che nonostante la severità delle norme, ha il dovere di sradicare un possibile vizio che negli ultimi anni ha toccato tutti i ceti sociali e tutte le generazioni italiane.
Non sarà semplice e non mancheranno le critiche, ma il governo Monti ha quelle capacità adatte per difendere quanti in questi periodi di crisi vedono nel gioco l’unica possibilità di salvezza.

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