Archivio per Ottobre 2011

Rassegna stampa, 16 ottobre 2011

postato il 16 Ottobre 2011
Ricca rassegna domenicale per voi, oggi. Ieri è stata una giornata molto difficile, per via dei terribili scontri romani, ma anche molto interessante e proficua dal punto di vista politico. Andando per ordine, sui giornali di oggi troverete molto spazio riservato all’intervento che ieri Pier Ferdinando Casini ha tenuto a Sestra, in un incontro a cui ha partecipato anche il vicesegretario Pd Enrico Letta: Casini è intervenuto con molta energia sulla situazione di stallo che si è venuta a creare dopo l’ennesimo (il 53esimo a dirla tutta) voto di fiducia per il Governo dell’altro giorno, chiedendo nuovamente il voto anticipato, quale unica alternativa al Premier; inoltre, il nostro Pier Ferdinando ha anche chiuso alla possibilità di alleanze con il centrodestra (ad Alfano ha detto: “finché non rimuovete l’ostacolo Berlusconi, io con voi non faccio campagna elettorale”) e ha rilanciato un appello al Pd, affinché decida da che parte stare (interessante, a tal proposito, l’intervista che oggi ha rilasciato al Corriere, Massimo D’Alema), con i moderati e i riformisti o con gli estremisti e i populisti.
Una divisione di campo, netta e profonda, che ieri è andata di scena anche nelle strade di Roma, a seguito della manifestazione organizzata dai cosiddetti “indignati” italiani: il loro corteo – di cui magari non si possono condividere le ragioni e le proposte – è stato infatti oscurato dalle violenze e dalla furia dei black bloc che hanno trasformato la città in un campo da guerra (Fiorenza Sarzanini ci fa un resoconto accurato di quelle drammatiche ore sul Corriere). Proviamo allora ad analizzare la giornata di ieri servendoci dei commenti e delle opinioni che si ritrovano sui quotidiani di oggi: particolarmente interessante è quello che scrivono Stefano Folli sul Sole e Mario Calabresi su La Stampa. E’ impensabile che se davvero i black bloc sono solo poche centinaia come dicono, questi possano avere il potere di bloccare ogni serena discussione sul futuro o addirittura sabotare cantieri e opere importanti come quella della Tav in Val di Susa (e questo si ripercuote sul quadro generale, consegnandoci l’immagine di un Paese debole e confinato in un vicolo cieco): il problema, infatti, sta a monte e va ricercato nell’assenza della capacità di impostare un dialogo costruttivo (con quello che ne consegue, il plateale scippo del futuro delle nuove generazioni).
Attenzione anche alla “piattaforma programmatica”, però, di questi indignati: le loro richieste, pur se ancora molto vaghe e abbozzate, ci lasciano molto in dubbio, visto che si chiede l’uscita dall’Europa e dall’euro e che non si paghi il debito pubblico, si blatera di “democrazia diretta” e si disegna una società collettivistica che ci sa molto di marxismo in salsa viola. Christian Rocca, sempre sul Sole, infatti, invita a non infatuarsi di questo genere di protesta senza proposta (come sta invece accadendo in America); Alberto Mingardi, intervistato dal Giornale, chiede agli indignati di protestare contro la vecchia e mala politica e non contro il sistema capitalistico, che pur con tutti i suoi difetti è il miglior sistema che si possa avere (per questo, leggete La Malfa sul Corriere); sullo stesso piano, infine, anche la ricetta che offre Franco Debenedetti, che ricorda che solo chi vive sul mercato è in grado di creare ricchezza (e su questo si misura anche lo sguardo lontano della politica: che non fa economia, ma che dovrebbe fare meta-economia). Spazio infine all’appuntamento di Todi che si aprirà stasera: leggete l’intervento di Savino Pezzotta sull’Unità e  l’intervista a Guerrini su La Stampa. Noi ci saremo.

Casini: il voto anticipato unica alternativa del premier (Ettore Colombo, Il Messaggero)

Casini: “Delinquenti in galera” (Avvenire)

Casini: col centrodestra le strade si separano. Alfano: “Ma non credo che possa andare a sinistra” (Angelo Picariello, Avvenire)

Alfano rilancia: voto nel 2013. Ma Casini: con te non mi alleo (Monica Guerzoni, Corriere)

Una foto futuribile: Casini leader? (Wanda Marra, Il Fatto Quotidiano)

D’Alema: puntare al 60% con un nuovo centrosinistra (Dario Di Vico, Corriere)

Così i violenti hanno conquistato il corteo (Fiorenza Sarzanini, Corriere)

Le ambiguità inacettabili e il vicolo cieco (Stefano Folli, Sole24Ore)

Perché succede solo qui (Mario Calabresi, La Stampa)

Movimento anomalo, senza leader e senza idee (Christian Rocca, Sole24Ore)

Mingardi: “Devono contestare la vecchia politica non il capitalismo” (Gabriele Villa, Il Giornale)

Le frontiere del liberalismo, tra mercato e intervento pubblico (Giorgio La Malfa, Corriere)

La risposta è una: più mercato (Franco Debenedetti, Sole24Ore)

A Todi per pensare la buona politica (Avvenire)

La Cosa bianca è fuori dalla storia, ma i cattolici abbiano più coraggio (Savino Pezzotta, l’Unità)

Guerrini: “Più liberalizzazioni e spazio alla società” (Andrea Tornielli, La Stampa)

Pisacane e i 315 giovani e forti (Cinzia Leone, Il Riformista)

Pdl, peones in rivolta per le nomine-premio (Carmelo Lopapa, La Repubblica)

False illusioni, sgradevoli realtà (Mario Monti, Corriere)

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Dove sta la differenza tra indignazione e delinquenza

postato il 16 Ottobre 2011

“Riceviamo e pubblichiamo” di Giuseppe Portonera.

Quello che è successo oggi a Roma è terribile, incredibile e inammissibile. Una città devastata dalla furia cieca e irrazionale di un gruppo di black bloc che hanno ancora una volta dato dimostrazione della loro meschinità, della loro violenza, della loro ignoranza: la giornata di oggi resterà come una ferita profonda nella nostra storia e nella nostra memoria collettiva. Come lo sono stati gli anni 70, come lo è stato il G8 di Genova. È andata male, ma poteva andare anche peggio.

Ora che la situazione sembra essere stata riportata sui binari della normalità, restano tante domande e tanti interrogativi a cui qualcuno dovrà dare risposta (uno su tutti: come è possibile che una città come Roma possa essere messa in ginocchio da dei simili criminali?). E resta un’amara consapevolezza: che la nostra società si sta disgregando rapidamente, stretta com’è tra populismi vari e demagogie di sorta. Personalmente, non ho mai condiviso la protesta dei cosiddetti indignados, mi hanno sempre convinto pochissimo, perché ho avuto modo di ascoltare attentamente le loro proposte economiche, che, onestamente, come cura mi sembrano ben peggiore del (presunto) male che vorrebbero curare: ma mi dispiace che la loro protesta sia stata inficiata dalle azioni violente dei BB. Perché il diritto ad esprimere in libertà la propria opinione va sempre salvaguardato, stando sempre attenti a distinguere tra cittadini e delinquenti, su come vadano difesi i primi e su dove vadano sistemati i secondi.

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Ascoltare gli indignati, in galera i violenti

postato il 15 Ottobre 2011

In una società libera e democratica gli indignati si ascoltano, i delinquenti si mettono in galera.

Pier Ferdinando

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Personalità forte o voto, non c’è una terza via

postato il 15 Ottobre 2011

Non abbiamo mai proposto un governo di ribaltone, abbiamo detto che il Paese sta andando a ramengo e abbiamo il dovere di salvarlo. Tutti devono fare un passo indietro, lo deve fare Berlusconi e lo dobbiamo fare noi.
Dobbiamo essere disponibili a prendere una personalità sperimentata, autorevole, che ci garantisca internazionalmente e che possa guidare il Paese fuori dalla crisi anche con ricette impopolari.
Oltre a questa strada, che Berlusconi rifiuta, c’è quella delle elezioni. E’ la via che hanno scelto gli spagnoli e che sta restituendo credibilità a Zapatero.
Noi, purtroppo, stiamo andando invece verso una terza soluzione: quella di una nave che va senza guida, per forza di inerzia, senza idee, senza progetti, senza prospettive per il futuro.

Pier Ferdinando

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Niente dimissioni, non siamo inglesi.

postato il 15 Ottobre 2011

“Riceviamo e pubblichiamo” di Adriano Frinchi

«Ho colpevolmente permesso che venissero sorpassati i confini che separano gli interessi personali dalle attività del governo». Queste parole, purtroppo, non sono di Silvio Berlusconi madel ministro della difesadel Regno Unito Liam Fox che ha ritenuto opportuno lasciare la guida del dicastero dopo essere stato messo sotto accusa dalla stampa – soprattutto dal Guardian – per via del ruolo controverso ricoperto dal suo amico e testimone di nozze Adam Werritty negli affari del ministero. Il povero Fox ha avuto solo la sfortuna di nascere in Inghilterra, perché se fosse nato in Italia non solo avrebbe potuto portarsi in giro il suo amico come un qualsiasi Lavitola, ma in caso di necessità avrebbe potuto perorare presso i commissariati di polizia la causa di presunte nipoti dell’ex rais egiziano Mubarak e sarebbe stato salvato dal Parlamento dalle grinfie di magistrati e giornalisti brutti, sporchi e cattivi. Ma a Londra l’aria è diversa e così Fox è stato costretto alle dimissioni. Se a Londra la volpe viene impagliata a Roma il lupo perde il pelo ma non il vizio e così dopo l’ennesimo rocambolesco voto di fiducia, non si parla assolutamente di dimissioni, anzi Silvio Berlusconi, l’uomo che fa sembrare Liam Fox soltanto un bambino birichino, ha pensato bene di premiare ancora una volta quanti si sono prontamente impegnati, non sempre limpidamente, per garantire la sopravvivenza dell’esecutivo. I beneficiati con posti di viceministro sono l’ex finiana Catia Polidori, che il 14 dicembre fu determinante con il suo cambio di casacca per salvare il governo, e Aurelio Misiti ex Idv ed ex Mpa che aveva votato contro la perquisizione negli uffici del ragioniere di fiducia del Cavaliere. A questi si aggiunge Pino Galati che diventa sottosegretario grazie ai “mal di pancia” di Mario Baccini. Niente dimissioni, non siamo inglesi verrebbe da dire e ci sarebbe anche da ridere confrontando le nostre infornate ministeriali con le dimissioni di Fox se nello stesso Consiglio dei ministri che ha lanciato nell’empireo del potere altri peones non si fosse approvato il ddl stabilità con una incredibile  pioggia di tagli: alla polizia (60 milioni in meno tra il 2012 e il 2013), alle spese di vitto per guardia di finanza e carabinieri (tre milioni in meno), ai monopoli di Stato (50 milioni in meno a partire dal prossimo anno), agli istituti di previdenza come Inps, Inpdap e Inail, e ancora nel settore della scuola, dove i distacchi, i permessi e le aspettative saranno ridotti del 15%, e si taglia la figura del dirigente scolastico per quegli istituti autonomi al di sotto dei 300 studenti. Ciliegina sulla torta: un miliardo di euro in meno anche alla voce destinata all’edilizia sanitaria, cioè agli ospedali. E mentre si tagliava di qua e di là il ministro Romani è riuscito anche a perdere i fondi per la banda larga. L’ultima versione della legge di stabilità uscita dal consiglio dei ministri conferma che le telecomunicazioni perdono la quota dell’extragettito dell’asta per le frequenze che invece era inizialmente destinata al settore.Non vi allarmate però se questi tagli vi mettono in difficoltà, in fondo qualche altro posto da sottosegretario ci potrebbe scappare e potete anche portare tranquillamente un vostro amico. Mica siamo inglesi.

 

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Berlusconi abile solo col pallottoliere e insensibile ai problemi del Paese

postato il 14 Ottobre 2011


Berlusconi è l’ultimo dei mohicani, l’unico a credere che 316 voti gli risolvano i problemi. Oggi ha ottenuto la fiducia, ma è una vittoria di Pirro, perché nulla lascia presagire che da domani riuscirà a governare.
Questo governo si regge su una contabilità politica che non risponde ad una capacità di risolvere i problemi dell’Italia. E intanto la strategia del presidente del Consiglio è sempre più chiara: reggere ancora qualche settimana per arrivare allo scioglimento anticipato delle Camere e andare al voto nel 2012.

Pier Ferdinando

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Miopia strategica tagliare i fondi alla banda larga

postato il 14 Ottobre 2011

“Riceviamo e pubblichiamo” di Roberto Dal Pan

Ennesimo voltafaccia, ennesimo dietrofront o forse ennesima conferma che, in materia economica, il ministro Tremonti non ha alcuna intenzione di condividere fette del suo potere decisionale con chicchessia: dalla bozza del testo della legge di stabilità che dovrebbe venire approvata dal Consiglio dei Ministri nelle prossime ore sono spariti gli 800 milioni di euro derivanti dall’asta delle frequenze 4G ed originariamente destinati allo sviluppo della banda larga come da assicurazioni del ministro Romani, tale somma verrebbe invece destinata al Tesoro per il fondo ammortamento titoli.

Una prima considerazione da fare riguarda l’evidente miopia strategica di un taglio del genere: è noto infatti che gli investimenti fatti nei settori delle telecomunicazioni sono tra quelli che generano il maggior risultato in termini di ritorno di interessi sia sul fronte economico che occupazionale e di tale caratteristica è ben conscio anche lo stesso ministro Romani che anzi in più riprese ha citato fonti OSCE per fissare al valore di 1,45 il rapporto investimenti/ricavi nel settore delle TLC. Come noto, la situazione delle infrastrutture della rete Internet in Italia è tra le peggiori in Europa tanto che da più parti si definisce la situazione del nostro Paese come un “medioevo digitale”; ciò è in aperta contraddizione con la necessità – chiara a molti ma evidentemente non al Governo – di porre in essere in brevissimo tempo idonee strategie per rimettere in moto l’economia italiana. Il settore dell’ICT, a detta di molti esperti, può costituire il volano da cui attingere quell’energia necessaria a far ripartire anche altri settori economici e favorire profondi cambiamenti nello stesso tessuto produttivo.

Una seconda considerazione che sorge spontanea dalla vicenda dei fondi destinati alla banda larga è invece di tipo più squisitamente politico e la pone bene in evidenza l’on. Roberto RAO dell’UDC quando si chiede “Qual’è dunque il ruolo del Ministro dello Sviluppo Economico?”. La domanda, che è evidentemente provocatoria, ha però in sé una questione di grande importanza e serve a farci riflettere sui compiti del superministro dell’Economia e delle Finanze che dalla riforma del 2001 accorpa le funzioni che fin dalla nascita della Repubblica erano divise tra i Ministeri delle Finanze e del Tesoro (e del Bilancio e della Programmazione Economica).

Già nel 1947 l’allora Presidente del Consiglio Alcide De Gasperi, pur favorevole all’idea dell’accorpamento, dovette decidere di lasciare separate le attribuzioni del Ministero delle Finanze (con compiti di vigilanza sulle entrate dello Stato) e del Ministero del Tesoro (con compiti di gestione delle spese dello Stato e di programmazione economica) dopo l’esperienza del gabinetto De Gasperi III in quanto evidentemente ritenne non opportuna una tale somma di poteri nelle meni di un’unica persona. Oggi questa scalcagnata Seconda Repubblica si trova alle prese con un Ministero dell’Economia e delle Finanze sulla carta onnipotente ma che dal lato delle Entrate non trova di meglio che incidere con la leva fiscale sulle solite categorie (lavoratori dipendenti, partite IVA, pensionati) senza andare minimamente ad attaccare la grande evasione/elusione fiscale ed i grandi patrimoni mentre dal lato della programmazione economica si limita a navigare a vista e senza un chiaro programma sul lungo periodo, come dimostrano tutti i più recenti provvedimenti legislativi.

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Governo assente e distante dal Paese

postato il 13 Ottobre 2011

Conferenza stampa alla Camera dei Deputati.


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