Tutti i post con tag: Moro

C’era una volta la DC…

postato il 10 Maggio 2024

«Ci siamo sparsi come lievito. Il centro oggi è vivo»

In Parlamento ininterrottamente dal 1983, l’ex democristiano Casini (ora indipendente del pd) è fiero del dna del grande partito cattolico: «C’è un virus democratico. gli effetti speciali hanno stancato, portiamo normalità»

L’intervista pubblicata su Sette, il settimanale del Corriere della Sera

Eletto otto volte deputato, una presidente della Camera, due volte eurodeputato e tre senatore, le ultime due da indipendente nelle liste del centrosinistra.  Pier Ferdinando Casini è in Parlamento, ininterrottamente, dal 12 luglio 1983: 41 anni, nessuno come lui. Casini conosce ogni cavillo istituzionale, ogni meandro delle stanze del potere, sempre mezzo passo indietro, però. Ago della bilancia di molti esecutivi, mai un incarico di governo. Casini, di fatto, è il centro. Non solo il grande erede della Dc. Chiacchierando con lui mentre attraversa Bologna («Cammino molto sa! Sto un po’ invecchiando…», sorride), ogni poco ci s’interrompe perché c’è qualcuno che ferma «Pier» per salutarlo.

Casini, qui si fa un gran parlare di quanto sia tornato decisivo il «centro». Alle Europee capiremo se è vero. Può spiegare a un 15enne cos’è, il «centro»?

«Una categoria dello spirito, un modo di essere. La convinzione che ognuno deve avere dentro di sé. Una convinzione che rifiuta l’integralismo e la certezza di possedere la verità assoluta. La consapevolezza che possiedi un frammento di verità, ma forse qualcosa di simile è anche nelle tesi del tuo avversario. È l’idea che la democrazia si nutre anche delle opinioni più lontane dalle tue, che vanno rispettate».

Cos’è stato, oltre alla Dc, il centro nella storia della Repubblica italiana?

«Finché c’è stato un mondo diviso dal Muro di Berlino, la Dc ha rappresentato una grande forza inclusiva che ha difeso la democrazia e l’ha sviluppata. Ma il suo vero successo è stato di avere progressivamente condiviso un minimo comun denominatore anche con i propri nemici. La Dc è riuscita a contagiare con il suo virus democratico anche chi ne era distante».

E quando inizia questa missione?

«C’è un momento preciso. De Gasperi nel 1948 vince e ha la maggioranza assoluta. Non ha bisogno di alleati, invece coinvolge i partiti laici e avvia la ricostruzione del Paese. Moro e Fanfani, negli Anni 60, nonostante le resistenze del Vaticano allargano il centriso al Psi, staccando i socialisti dai comunisti e ampliando la coalizione. E poi Moro e Andreotti, con i governi di solidarietà nazionale, coinvolgono il Pci e favoriscono il distacco definitivo di Berlinguer da Mosca: è l’eurocomunismo. Poi non dimentichiamo la costituzione delle Regioni, che consente alla sinistra di governare territori importanti dove il Pci era più forte. O il coinvolgimento istituzionale con la presidenza della Camera all’opposizione. Nel 1983, parte di noi fibrilla perché non vuole votare Nilde lotti, mentre i capi dc ci spiegano che la tenuta istituzionale passa da una compartecipazione del più forte partito di opposizione. E da lotti ricevemmo una lezione di terzietà quando difese le prerogative della Camera rispetto alle volontà dei partiti, incluso il suo».

Poi questo monolite centrista implode?

«La Dc non muore per Tangentopoli, ma per la Caduta del Muro. Il vaso era già pieno, Mani pulite è solo la goccia che lo fa traboccare».

E nascono una lunga serie di centri e «centrini»: Rinnovamento Italiano, i casiniani Ccd e Udc, il Ppi, l’Udeur, La Margherita, il Centro democratico.

«Muore la Dc, non i democristiani, che si spargono come lievito nei poli per portare il Dna della loro esperienza politica».

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Il bello della politica: “Il potere? È il telefono che squilla”

postato il 18 Ottobre 2019

Dieci legislature, trentasei anni passati in parlamento. Ha visto nascere e morire governi, creato e sciolto partiti. Pier Ferdinando Casini si racconta. Democristianamente

L’intervista di Concetto Vecchio pubblicata sul Venerdì di Repubblica

È sabato mattina e il senatore Pier Ferdinando Casini è appena tornato da una corsa nel parco. Ha 63 anni ed è in politica praticamente da sempre. Dieci legislature, trentasei anni senza interruzioni. Ultima collocazione: indipendente nel Gruppo delle Autonomie eletto con il centrosinistra. Come ha fatto a resistere a tutte le rivoluzioni? Quando entrò per la prima volta alla Camera, giugno 1983, c’era ancora Sandro Pertini al Quirinale, i Righeira cantavano Vamos a la Playa e Luigi Di Maio non era nato. È il decano dei parlamentari eletti.

Che ricordo ha del suo arrivo in Parlamento?
“C’erano ancora dei monumenti. Avevo una grande ammirazione per Saragat. Lo vidi il giorno che si votava per il presidente della Repubblica, nel 1985. Fui tentato di avvicinarlo, di stringergli la mano. Mi mancò però il coraggio, c’era una riverenza verso i grandi che ti faceva velo”.

Quanti anni aveva quando fu eletto per la prima volta?
“Ventisette. Tre anni prima ero diventato consigliere comunale a Bologna, c’era Zangheri sindaco. La mia vocazione politica nasce da ragazzino. Alle politiche del 1983 presi 34 mila preferenze e mi ritrovai a Montecitorio. Strinsi un legame personale, fuori dalla cerchia Dc, con il missino Giorgio Almirante e il comunista Alessandro Natta. Erano figli di un passato colmo di storia. Ascoltarli era per me come stare a scuola”.

Che famiglia era la sua?
“Mio padre, Tommaso, professore di latino e greco, era un notabile del partito che aveva conosciuto De Gasperi”. (Casini si alza e indica con il dito una foto che mostra il padre con il leader Dc in piazza Maggiore a Bologna, nel 1953).

È vero che lei prese uno schiaffo da quelli di sinistra davanti al liceo Galvani?
“Non io, mia sorella Maria Teresa. L’avevo incaricata di distribuire un volantino del movimento giovanile della Dc”.

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I partiti si facciano indietro, basta con queste risse che minacciano il governo

postato il 13 Maggio 2013

8181931983_b50588157a_oSe vincono i falchi l’Italia rischia

L’intervista di Carmelo Lopapa su ‘La Repubblica’ di oggi

«Io mi auguro che tutti si rendano conto di quel che sta succedendo in questo Paese. Quella di sabato è stata una giornata terribile. Tra assalti ai comitati elettorali dei candidati sindaci a Roma, disordini intollerabili a una pacifica manifestazione politica a Brescia, odiose speculazioni contro il ministro dell’Integrazione Kyenge. Sullo sfondo, una drammatica situazione sociale, contrassegnata dalla mancanza di fondi per la cassa integrazione in deroga e per provvedere agli esodati».
Tutto questo per dire cosa, presidente Pier Ferdinando Casini?
«Per dire che se non vogliamo abbandonare il Paese nel precipizio, non c’è altra scelta che la collaborazione. Inutile evocare il compromesso storico tra Moro e Berlinguer, né c’entra qualcosa l’unione tra progressisti e moderati, qui siamo di fronte a uno stato di necessità. Ma più si carica di aspettative messianiche il governo Letta, più gli si accorcia la vita».

Come lo vede questo esecutivo, ritiratosi in convento? Duraturo o balneare?
«Ci sono bambini gracilini che poi quando si formano diventano forti come dei tori. Questo governo parte gracilino gracilino, marni auguro che cresca in fretta e diventi forte».

Perché adesso non lo è? Quali i punti deboli?
«I punti deboli sono le sue contraddizioni di fondo. Se i falchi da una parte o dall’altra ogni giorno marcano le distanze dagli alleati, allora non si va lontano. A tutti mi permetto di suggerire: mettiamo da parte le distanze ideologiche. I partiti congelino la loro propaganda. Prendiamo atto della sospensione dell’alternanza, dettata dall’emergenza, facciamocene una ragione».

Molti non sembrano farsene una ragione.
«È un governo di scopo, figlio della situazione drammatica in cui ci troviamo. Ma a mio parere è anche una grande opportunità. Vede, la sinistra non ha vinto le elezioni e ha gestito ancora peggio il dopo. Adesso ha l’occasione di riscattarsi da un antiberlusconismo di maniera del quale è stata prigioniera per anni. Naturalmente questo discorso vale anche per gli altri, anche loro devono mettere tra parentesi l’anticomunismo e fare i conti con le condizioni del Paese. Gli alibi sono finiti per tutti».

Anche per lei. Molti le rimproverano la mancata alleanza col Pd, che avrebbe mutato forse lo scenario.
«Io posso aver commesso molti errori, ma i fatti di questi giorni e l’atteggiamento di una certa sinistra mi dimostrano che avevo ragione. Dopo la vittoria di Crocetta in Sicilia a ottobre anche grazie al nostro sostegno, invece di lavorare a un incontro tra progressisti e moderati, c’è chi da quella parte ha fatto di tutto per farsi quasi perdonare dalla sinistra estrema quell’alleanza. E la vicenda post elettorale e la ricerca di un incontro infruttuoso con il M5s sono le emblematiche conseguenze degli errori compiuti. Bersani è una persona per bene come pochi ne ho conosciuti in politica, ma qui le contraddizioni riguardano tutto il Pd».

Letta è stato il punto di mediazione?
«A Enrico mi permetto di dare un consiglio. Ho sentito il suo intervento all’assemblea, di grande ragionevolezza. Ma non chieda scusa per il fatto di ritrovarsi a Palazzo Chigi. Lo schema al quale il suo partito aveva lavorato, l’alleanza con Sel per intenderci, non porterà mai nessuno alla guida del governo. Anche Renzi a questo punto deve delle risposte chiare».

Non pensa che i guai di Berlusconi condizionino e parecchio il cammino del governo?
«Possono condizionarlo e moltissimo, in astratto. Ma io Berlusconi lo conosco bene. Il personaggio ha tanti difetti, ma ha anche il polso del Paese, non è così sprovveduto da far saltare il governo. Troppo intelligente o troppo furbo. E questo mette la sinistra ancor più davanti alle sue responsabilità».

Le riforme dovrà farle il Parlamento o una Convenzione?
«Il cammino è già abbastanza complicato. Le commissioni parlamentari sono lì per fare quel lavoro».

Che fine ha fatto l’Udc, Casini?
«Ha fatto il possibile, come del resto Scelta civica. Ma quanta ingenerosità nei confronti di Monti. L’Udc è stato silente in questi mesi, eppure i sondaggi anche i vostri ci danno a un ‘incollatura dalla Lega. Siamo in silenzio operoso. Non anticipiamo passaggi futuri, ma è ovvio che lo spazio politico c’è».

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Bisogna rinnovare l’impegno dei cattolici in politica

postato il 28 Settembre 2011

Questa triste stagione sta per finire, ora servono i valori

La partecipazione dei cattolici deve essere aggiornata, nuova. C’e’ bisogno dei democratici cristiani e di rinnovare l’impegno dei cattolici in politica per costruire una politica che sia fondata sulle grandi idealità, perché quello attuale è diventato un mercato indecente in cui tutto interessa, salvo il bene del Paese.
E’ chiaro però che le forme della presenza cattolica devono essere aggiornate: non può trattarsi della riproposizione di quelle pagine grandi che furono della Dc di Moro e De Gasperi. Le stagioni cambiamo e bisogna adeguarsi ai cambiamenti ma tornare alle sorgenti è importante: è una stagione triste quella che si avvia a finire e dobbiamo evitare di ricostruire sulle sabbie mobili il futuro dei democratico cristiani.
Non è un caso che la Chiesa ci richiami a ritrovare la politica alta, costruita sui valori, e abbattere le barriere di egoismo e individualismo che stanno distruggendo le società contemporanee. E’ molto importante la coincidenza tra la celebrazione della storia dell’unione internazionale dei democratico cristiani e il richiamo della Chiesa italiana, che si dimostra grande ricchezza e forza per tutti noi.
Dobbiamo dire ai giovani che la politica non e’ solo la cosa triste che sta emergendo sui giornali, ma e’ una cosa nobile, costruita su valori e grandi idealità, se risponde alle esigenze del Paese, sennò e’ una cosa degradata.

Pier Ferdinando

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