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Un’agenda digitale tricolore per connetterci al mondo

postato il 4 Gennaio 2011

Addio al 2010. Si è chiuso alle nostre spalle un anno appassionante e intenso, pieno di lotte e polemiche, in ogni campo, specialmente in quello della Libertà d’informazione, di stampa e di diffusione di Internet e della Rete. Proprio su questo blog, in tanti ci siamo spesi con diversi articoli sui vari temi: esprimendo tutta la nostra riprovazione nei confronti del DDL Intercettazioni, unendoci alla protesta degli utenti contro l’Ammazzablog, perorando la causa di liberalizzazione del Wi-Fi (con conseguente abolizione del medievale Decreto Pisanu).

Abbiamo criticato con forza la posizione ondivaga e confusa del Governo, che molto spesso ha dato l’impressione di non sapere nemmeno di cosa si stesse parlando; allo stesso modo, ora, accogliamo con favore l’abrogazione, dopo tante peripezie, dell’art.7 (o meglio dei commi 4 e 5) del decreto Pisanu. Finalmente, dall’1 gennaio gli esercizi pubblici (bar, ristoranti, alberghi ecc.) possono offrire connettività wi-fi (e via cavo) senza quelle complicate e assurde procedure burocratiche per loro e per gli utenti (come ad esempio l’archiviazione della fotocopia del documento di identità di chiunque acceda): rimane solo l’obbligo di richiedere la licenza al Questore per quegli esercizi pubblici che forniscono connettività internet come attività principale (gli internet point).

Questo vuol dire che anche la nostra Italia da oggi è un po’ più moderna, o meno arcaica, più in linea con gli altri Paesi evoluti del mondo.

Ma da qui a deporre le “armi” che abbiamo imbracciato in difesa della libertà, di strada ce n’è ancora tanta, forse troppa. Per questo ci auguriamo che questo 2011 possa aprirsi all’insegna di un’agenda digitale, di una serie di punti tesi ad ammodernare il rapporto che gli Italiani hanno con la Rete. In un post di qualche tempo fa, scrivevo che Internet – e quindi il libero accesso al suo utilizzo – rappresentano non solo una delle più alte espressioni della nostra libertà, ma soprattutto una nuova frontiera per lo sviluppo dell’economia e della società. Dare ai cittadini la possibilità di consultarlo in ogni momento e con ogni comodità, significa garantire un’apertura al mondo più moderna e tecnologicamente avanzata. Prendiamo il caso delle scuole: un istituto scolastico dotato di connessione Wi-Fi è considerato all’avanguardia, quasi offrisse un servizio fuori dal comune. E invece no. Perché ogni scuola, di qualsiasi ordine e grado, dovrebbe essere dotata di questo tipo di connessione. In fondo, quale mezzo migliore esiste per evitare che Internet diventi una perdita di tempo se non quello di insegnare, sin da piccoli, a integrarlo – in modo sapiente e costruttivo – nella propria vita? Dai libri alle ricerche, dallo svago allo studio.

Juan Carlos De Martin, su La Stampa, ha fatto il punto della situazione, analizzando nel dettaglio il grande ostacolo al libero sviluppo di Internet nella nostra nazione: un divario che è infrastrutturale, economico e culturale. Infrastrutturale, perché chi vorrebbe accedere a Internet non può per l’assenza della banda larga. Economico, perché quasi il 20% delle famiglie che non ha accesso a Internet trova troppo costoso il computer o l’accesso a Internet, o entrambe le cose. Culturale, perché il 23% di chi non accede a Internet la considera inutile e non interessante, mentre il 41% vorrebbe accedere, ma non ritiene di averne le capacità. Sono dati preoccupanti, perché ci mostrano un’Italia per certi versi assai arretrata e in fondo alle classifiche europee (davanti solo a Cipro, Grecia e Portogallo).

È necessario e indispensabile quindi agire con rapidità e decisione. Serve, per il 2011, un’agenda digitale che includa: grandi piani di investimenti con deduzioni fiscali per chi vorrebbe accedere alla rete ma non può permetterselo e contributi sostanziosi per le infrastrutture e la banda larga; programmi formativi e culturali per quanti si sentono intimoriti o non all’altezza dell’approccio alla Rete; un ampio e completo utilizzo delle immense possibilità offerte da Internet, con aggiornamento della normativa riguardante la proprietà intellettuale, informatizzazione delle pratiche amministrative e burocratiche e l’eliminazione dell’obbligo di registrazione per le testate online.

È con questi auguri che diamo il benvenuto al 2011, affinché sia un anno tecnologicamente più avanzato. Per quanto ci riguarda, il 2010 ci ha lasciato una consapevolezza che non dimenticheremo mai: il fatto che la Rete sia diventata il veicolo d’eccellenza per la parte migliore di quest’Italia, per quei cittadini che hanno ancora la forza e il coraggio di indignarsi e che, a forza di protestare, riescono ancora a ottenere qualcosa, a impedire che la nostra società diventi sempre peggio. È giunta l’ora di risalire la china.

Giuseppe Portonera

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Giovani, formazione e lavoro: ciò che non dovrebbe accadere (ed invece accade) in Lombardia

postato il 3 Gennaio 2011

Nella grande “trottola” del mondo della formazione, fatta di slogan evanescenti, santuari della precarietà, attese infinite ai call center, propongo il caso della mia amica “Francesca” che ho intervistato nel corso del mio lavoro presso la CISL. Sarò prolisso ma ci tenevo a non tralasciare nulla, di modo che potrete scoprire una selva di regole poco chiare, fondi inesistenti, ascoltare il calvario di una ex interinale poco più che ventenne e trarre spunti di vita reale, non poi cosi distanti dal recente messaggio di auguri del Presidente Napolitano.

 

Per combattere la crisi la Regione Lombardia ha approntato nel 2009 una misura finanziaria a favore del reinserimento lavorativo dei lavoratori disoccupati, stanziando un fondo che viene erogato per decreto “almeno” una volta all’anno: il “Sistema Doti”.

Sul sito della Regione si legge:

Contattando un centro accreditato da Regione Lombardia per i servizi al lavoro si trova un aiuto concreto per scegliere il percorso più adeguato alle proprie esigenze”.

Chi sono questi centri accreditati? Gli “Enti di formazione accreditati dalla Regione” , sono agenzie private e Centri per l’impiego pubblici che aderiscono al programma di riqualificazione organizzando corsi di formazione e “servizi al lavoro” per le categorie di disoccupati e inoccupati in possesso dei requisiti previsti dal bando.

Christian: Ma quanto è efficace questa misura?

Francesca: In possesso dei requisiti, ad aprile mi sono recata presso un Ente accreditato di Monza in cui l’operatrice, dopo avermi registrata, mi ha consigliato di registrarmi anche presso un Ente di Milano, in quanto i fondi si esauriscono molto rapidamente (in circa una settimana l’intero stanziamento erogato per tutto il territorio della Regione) e “prima vanno su Milano, mentre alle altre province arrivano le briciole”). Previsione sullo “sblocco” delle prossime doti:  “da metà a fine maggio”.

Nella stessa settimana ho preso quindi un appuntamento con un Ente di Milano che offriva un corso di formazione nell’area di mio interesse: operatore di asilo nido. L’operatore mi ha detto che nella settimana successiva sarei stata contattata da una collega che mi avrebbe fissato un appuntamento per la presentazione dei documenti necessari e l’invio telematico della Domanda di dote.

Al venerdì successivo ancora nessuno mi aveva contattata, e alla mia richiesta di informazioni lo stesso operatore mi ha ribadito di attendere la chiamata della collega. Nelle 2 settimane seguenti di attesa ho ottenuto sempre la medesima risposta. La tanto sospirata chiamata è arrivata circa 15 giorni più tardi e solo per aggiungere una beffa al disservizio: lo scopo era solo quello di stabilire in quale delle loro sedi avrei tenuto il colloquio! Mi hanno assicurato che quando pronti, mi avrebbero chiamata per concordare l’appuntamento.

Per fortuna il colloquio mi è stato dato “solo” una settimana più tardi. Credevo a quel punto di avere finito il mio calvario e speravo di raggiungere in breve un concreto risultato, e invece… Il colloquio atteso per circa un mese (ormai era giugno), è durato cinque minuti esatti.

La prima cosa che mi è stata precisata è: “Non siamo un’agenzia interinale, quindi non mettiamo in comunicazione domanda e offerta, ma eroghiamo servizi al lavoro quali consulenze, aiuto nella compilazione del cv, possibilità di mandare fax e fare telefonate dall’ufficio anziché a spese proprie”. (Tutto ciò mi sarà poi smentito nei fatti…)

La ragazza mi ha poi spiegato l’iter: le doti attese per maggio non erano state erogate e quindi si pensava già a settembre. Dopo l’eventuale  ottenimento della dote avrebbero aperto le iscrizioni ai corsi e al raggiungimento del minimo numero di iscritti avrebbero dato il via alle lezioni.

Relativamente al corso, mi ha consigliato di scegliere un corso di costo non superiore ai 1.500 euro perché su 3.000 euro di dote il costo dei servizi al lavoro da loro erogati era di 1.470 euro (in altri termini, la metà dei fondi destinati al lavoratore in realtà foraggiavano l’ente).

Mi promette poi che mi avrebbe richiamato per compilare la domanda di dote, documenti alla mano.  Delusissima e anche notevolmente irritata per avere sprecato un mese di tempo per niente, e senza la minima intenzione di dare ulteriormente retta alla stessa agenzia, decido di rivolgermi ad altri. Mi trovo quindi un altro corso, e mi rivolgo quindi per l’ennesima volta ad un nuovo ente, il terzo.

Christian: Una ricerca da fare da soli?

Francesca: Sul corso “destinato agli interinali” ho chiesto maggiori info, infatti sul sito della Regione non veniva fatta alcuna distinzione, né tantomeno esisteva un elenco con filtri.

Mi è stato risposto, con un tono grottescamente serio, che il “consiglio” che mi poteva dare era di selezionare tutti i corsi di mio interesse ed iniziare a chiamare uno per uno i vari enti. (e qui mi ricollego ai famosi servizi:”fare le telefonate dal nostro ufficio anziché a spese proprie”: un corno!).

Dopo avergli risposto che fino a quella soluzione ci arrivavo già benissimo da sola, la mia successiva domanda è stata: se loro per ipotesi il giorno seguente avessero ricevuto domanda per lo stesso corso da parte di un numero sufficiente di ex–interinali avrebbero fatto partire il corso? Risposta: SÌ.

La mia ultima osservazione è stata che come lo facevano loro, anche dagli altri enti sarebbe stata la stessa cosa.

Quello che ho ottenuto è stato un ultimatum, ossia che loro avrebbero tenuto in stand by la mia domanda per darmi la possibilità di trovare un nuovo ente, in caso contrario avrei potuto mantenerla da loro con l’unica speranza di poter fare il corso se si fossero iscritti altri ex interinali. Ultimatum ridicolmente stretto, infatti mi chiedeva di dargli la risposta il giorno dopo.

Il mio problema adesso era che entro il giorno dopo non avrei di sicuro avuto la risposta, perché mi dovevo cercare il corso, e l’indomani sarei partita per una settimana in Africa, non avrei certo fatto telefonate intercontinentali, specialmente avendo già saggiato la competenza degli interlocutori.

Adotto quindi l’unico sistema che mi consentiva di contattare a tappeto: le email. Dei vari enti contattati uno solo mi risponde positivamente, ossia che aveva corsi in partenza a cui potevano partecipare anche gli ex-interinali.  Tornata a casa, quindi, li contatto telefonicamente e spiego loro la mia situazione. A sentire che avevo in mano il foglio con il PIP, la ragazza si allarma e mi dice che se ho un foglio in mano significa che la domanda è stata inoltrata e che quindi non mi posso più iscrivere da loro.

Ormai decisamente irritata, ed a luglio, ho iniziato una serie di telefonate tra l’uno e l’altro ente (in quanto alle mie mail non ricevevo altra risposta se non la conferma di lettura), esattamente come il gioco dello “scemo in mezzo”.  Alla fine ho deciso di mettere un termine a questo rimbalzo di responsabilità dando credito all’ipotesi che meglio si adattava con la mia necessità. Prendo quindi per attendibile la campana dell’ente n. 3 – ossia domanda non inoltrata – e mi faccio dare un appuntamento definitivo dall’ente n. 4.

La signorina mi convoca per la settimana seguente, ripeto tutto l’iter che ormai conoscevo a memoria e finalmente vedo il momento cruciale dell’invio telematico della domanda.  Mi aspettavo che in quell’istante apparisse anche la Madonna, o perlomeno qualche Arcangelo, ma siccome tale miracolo non è successo evidentemente avrei dovuto intuire che non ero ancora alla fine del tunnel.

Mentre compila la pratica, l’operatrice mi rassicura dicendo che, anche se le richieste per il corso di mio interesse non raggiungevano ancora la soglia minima di certo sarebbero stati in grado di raccogliere il numero minimo di allievi per fare partire il corso a settembre, in quanto le doti per gli interinali erano aperte da novembre e “chissà per quanto tempo ancora andranno avanti”.

Mi comunica che ho diritto anche ad un’indennità di circa 600 euro, come calcolato dal terminale, poi improvvisamente ha un’espressione corrucciata. Dapprima mi chiede di aspettare un momento e chiede la consulenza di una collega per svelarmi quindi il motivo di tanta perplessità: il terminale ha comunicato che le doti sono esaurite!!!!!!!

La perplessità sta nel fatto che il calcolo dell’indennità viene fatto necessariamente dopo l’assegnazione della dote, stornando i costi del corso e dei servizi al lavoro.

Parte la telefonata alla Regione, con la solita attesa allietata dalla musica, e l’operatrice all’altro capo del cavo risponde che anche il giorno prima era capitata lo stesso problema ad un’altra persona e che poi era stato risolto. Avrebbero loro (Regione) informato l’ente circa la risoluzione.

L’operatrice quindi mi comunica che avrei dovuto tornare un altro giorno per la firma di un documento definitivo di cui tutt’ora ignoro la natura, e che mi avrebbe tempestivamente contattato non appena avesse avuto notizie dalla regione.

Mentre mi dirigo alla stazione sotto il solleone del luglio milanese mi suona il cellulare: è la stessa ragazza che mi comunica: “Le doti sono terminate questa mattina. Mi dispiace molto.”

Bisogna attendere il nuovo bando che dovrà uscire con le nuove doti, forse a settembre, e che fino a quel momento nessuno saprà nulla. Aggiunge anche che tutte le iscrizioni fatte presso tutti i vari enti non hanno alcun valore perché la mia domanda alla fine non è stata accolta e quindi è come se io non fossi mai passata né da loro né dagli altri.

RISULTATO:

Il sito della Regione sostiene che il sistema doti serve per favorire il reinserimento lavorativo dei disoccupati e inoccupati tramite la riqualificazione delle loro competenze.

Io ho iniziato ad iscrivermi presso gli enti accreditati ad aprile, ho trovato un’incompetenza totale che mi ha rimbalzato fino alla metà di luglio, quindi per tre mesi durante i quali non ho ricevuto il minimo servizio al lavoro, inteso perlomeno come le informazioni corrette e necessarie. Ho speso soldi miei in telefonate, biglietti del treno e del metrò. Solo per recarmi da ogni ente che ho visitato ho speso per ciascuno 8.20 euro in trasporti. Ho perso quattro pomeriggi presso le loro sedi, più un numero che non so quantificare a cercare informazioni e corsi sul sito della Regione.

A metà luglio mi vengono a dire che le doti sono terminate nella mattinata, quasi un rimprovero per essermi mossa tardi. Chi controlla l’operato di questi enti, visto che non ho un mezzo per dare un feedback negativo sull’attenzione che mi è stata rivolta? Probabilmente questi enti avranno un form di feedback sul corso erogato, ma sui loro servizi? O più specificamente si considerano solo i servizi che loro erogano a partire dal momento in cui il disoccupato ottiene la dote, alias loro vengono pagati?

Posto che nella dote non ci spero più, voglio deliziarvi con l’ultima perla: Per la cronaca, a me il corso serve per davvero e sebbene ne abbia cercato uno a pagamento di tasca mia i costi sono troppo elevati per le mie tasche (ma suppongo non solo per le mie, in pratica 120 ore mi costerebbero come un anno e mezzo di università pubblica). Visto che ormai l’unica cosa è aspettare il bando nuovo di settembre, in cui POTREBBE DARSI che venga abolita l’assurda discriminazione degli ex-interinali, ho contattato un quinto ente, tanto ormai avendo già perso tutto non ho più niente da perdere.

E qui la chicca: anziché essere loro a darmi info sui corsi, i bandi, le doti etc., ho dovuto dargliele io e… spiegargli pure cosa è un lavoratore interinale.

“Riceviamo e pubblichiamo” di Christian Condemi

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Le persecuzioni dei cristiani

postato il 2 Gennaio 2011

Perciò, per far cessare tale diceria, Nerone si inventò dei colpevoli e sottomise a pene raffinatissime coloro che la plebaglia, detestandoli a causa delle loro nefandezze, denominava cristiani. In un momento in cui milioni di nigeriani stanno celebrando le feste religiose, la Nigeria nei giorni di Natale è stata teatro di violenze che hanno colpito la popolazione di religione cristiana, funestando la festività con 41 morti, secondo ultime notizie ufficiali. Origine di questo nome era Cristo, il quale sotto l’impero di Tiberio era stato condannato al supplizio dal procuratore Ponzio Pilato; e, momentaneamente sopita, questa esiziale superstizione di nuovo si diffondeva, non solo per la Giudea, focolare di quel morbo, ma anche a Roma. Perciò, da principio vennero arrestati coloro che confessavano, quindi, dietro denuncia di questi, fu condannata una ingente moltitudine, non tanto per l’accusa dell’incendio, quanto per odio del genere umano. Esplosioni a catena nella regione dello Jos hanno provocato la morte di altri 34 cristiani e il ferimento di 74. Nel nord est del paese, a Maiduguri, una chiesa è stata data alle fiamme. Proseguono ancora scontri e feriti e decine di edifici sono stati consegnati alle fiamme. Il gruppo islamico Abu Sayaf ha fatto invece esplodere nelle Filippine il tetto di una chiesa cattolica nell’isola di Jolo. Inoltre, a quelli che andavano a morire si aggiungevano beffe: coperti di pelli ferine, perivano dilaniati dai cani, o venivano crocifissi oppure arsi vivi in guisa di torce, per servire da illuminazione notturna al calare della notte. Nerone aveva offerto i suoi giardini e celebrava giochi circensi, mescolato alla plebe in veste d’auriga o ritto sul cocchio” .


Duemila anni di storia, di vite vissute, di uomini passati sulla terra con i loro odi e i loro amori, con i loro credi e le loro passioni, dividono questi due brani. Il primo, in azzurro, è un passo fondamentale della storiografia di Publio Cornelio Tacito (Annales XV,44), il secondo in rosso è il resoconto di un articolo dell’Avvenire edito il 28 dicembre 2010. Duemila anni di storia e di nuovo incendi, dolore e morte. Aveva visto giusto colui che ci aveva avvisato: ” Non sono venuto a portare la pace, ma una spada in mezzo a voi, nel mio nome subirete dilazioni e persecuzioni, la spada, la separazione, la croce, il perdere la vita”. Mi soffermo a volte a pensare cosa faccia tanta paura del messaggio cristiano. Forse quello sguardo rivolto all’Umanità come quello espresso da Madre Teresa di Calcutta capace per la sua Fede motrice di umanità di sovvertire le regole sociali delle caste indiane, forse la fiducia in una Presenza che da infinita si è resa finita, che da divina si è incarnata nella nostra fragile e meravigliosa umanità. Ma non preoccupatevi, non voglio tediarvi, almeno non in quest’occasione, con qualche resoconto storico-filosofico, apologetico o fenomenologico. L’intento di questo articolo è informare dei fatti dell’attualità che spesso passano in sordina perché ci attraggono molto di più gli ultimi gossip di qualche starletta o di un Sanremo piuttosto che i nostri fatti di attualità e umanità.

La storia dovrebbe insegnarci che in tutto il corso dell’esistenza dell’essere umano c’è stato nel nome della religione, da ogni parte, spargimento di sangue, lotte intestine, persecuzioni e condanne. Io non credo assolutamente come afferma John Lennon nella sua celebre Imagine che la pace possa essere garantita da un mondo senza nazioni, senza religioni. L’appartenenza a un sostrato culturale e quindi nell’ordine, a uno Stato , a una nazione, a una civiltà, e viceversa il senso del sacro e della fede sono elementi essenziali dell’espressione di ogni essere umano, imprescindibili e immodificabili, elementi vitali che guidano la libertà e la dignità dell’uomo.

Una sola parola, anzi due: rispetto e dialogo. E’ ciò che il pontefice Benedetto XVI ha espresso nel suo messaggio per Giornata Mondiale della Pace , è quanto il segretario delle Nazioni Unite Ban Ki Moon ha richiesto esprimendo il proprio cordoglio per le persecuzioni anticristiane.

Nessun trattato storico filosofico, non sono qui a fare apologetica. Semplicemente una cosa (interpello quanti si ritengono credenti) : pensiamo a noi che spesso rifiutiamo di andare in Chiesa perché piove, perché riteniamo di aver altro da fare, perché c’è la partita in televisione, perché vogliamo dormire e pensiamo a quanti non possono esprimere il loro credo e le loro funzioni o, peggio, non sanno se potranno tornare più a casa: Pensiamoci.

“Riceviamo e pubblichiamo” di Jakob Panzeri

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Il processo all’oligarca Khodorkovskij riapre la questione dei diritti umani in Russia

postato il 29 Dicembre 2010

Agli inizi degli anni ’90 la Russia di Eltsin attraversò un convulso periodo di apertura al mercato.

Non tutte le aziende ereditate dalla defunta Unione Sovietica erano in condizioni tecnologiche ed economiche disastrose: a partire dalla metà degli anni ’70 infatti l’U.R.S.S., complice anche la Crisi Petrolifera, conobbe un notevole incremento nel campo dell’estrazione del carburante fossile.

Benché tecnologicamente arretrate, le industrie estrattive russe, divennero la preda più ambita dalla schiera di funzionari appartenenti all’ex Partito Comunista.

Si fecero così largo, sotto l’ala protettrice della presidenza Eltsin, diverse figure che approfittando della svendita per pochi spiccioli dovuta alle privatizzazioni delle aziende di Stato, riuscirono ad accaparrarsi delle industrie che in un sistema economico chiuso alla concorrenza estera come quello comunista, riservavano un potenziale di sviluppo enorme.

In questo quadro si inserisce la storia del magnate Mikhail Khodorkovskij.

Facendo leva sugli stretti legami intessuti col Cremlino, Khodorkovskij riuscì ad acquistare nel 1995 una delle principali aziende petrolifere statali, creata due anni prima da Eltisn mediante la fusione tra YUganskneftegaz e KuibyshevneftOrgSintez: nacque così la Yukos.

L’ascesa al potere di Vladimir Putin aprì un’aspra lotta di potere in capo alle aziende controllate dagli oligarchi, legati a doppio filo con la burocrazia ed il potere politico che il neo-presidente aveva intenzione di scardinare.

Proprio in questo constesto, nel 2005 Khodorkovskij a seguito di un’indagine iniziata due anni prima, venne condannato ad otto anni di reclusione per frode ed evasione fiscale, e rinchiuso in un carcere siberiano; coimputato è Platon Lebedev, presidente della banca maggiore azionista di Yukos.

Nel frattempo Yukos fu smembrata e costretta alla bancarotta a favore dello Stato, per far fronte alla richiesta del fisco di 30 miliardi di dollari.

Oggi, scontata metà della condanna, Khodorkovskij e Lebedev sono stati riconosciuti colpevoli di appropriazione indebita di 218 tonnellate di petrolio (per un valore stimato di 97,5 milioni di dollari): l’intera produzione del defunto colosso petrolifero tra il 1995 ed il 1998 e condannati a scontare altri sette anni di carcere.

Dure reazioni a quello che è visto da molti come un processo politico giungono dalle principali cancellerie occidentali.

Il Governo italiano in tal senso non ha dato seguito alle proteste internazionali, benché, come ricorda l’On. Rao (U.d.C.): – “Lo scorso anno tutte le forze politiche presenti in Parlamento, ad eccezione della Lega, approvarono una mozione a firma Casini con la quale si chiedeva di attivare tutti i canali diplomatici disponibili per garantire il rispetto dei diritti umani e il diritto alla difesa di Khodorkovsky, come anche di Lebedev e dei cittadini russi in generale”. Anche “Avvenire” si è espressa nella stessa direzione, ammonendo “che la magistratura non può colpire un avversario politico”.

“Riceviamo e pubblichiamo” di Federico Poggianti

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Lavoro? in Liguria è il momento di agire

postato il 28 Dicembre 2010

Un mercoledì come un altro. 37 anni. 3 figli e 1 moglie. Un lavoro. Prima. Crisi, lavorativa e depressiva. Ora. Basta. Fine. Non ce la faccio più. Giù. Mi butto. Mi butto giù!

Ho provato a narrativizzare un tragico evento, accaduto mercoledì scorso nel Levante di Genova. E mi ha fatto pensare: “Che dramma, che disgrazia”. Vien spontaneo dire così, e ci mancherebbe!
Poi, però, ti fermi. Ti fermi a contare e a pensare: lui mercoledì, poi un altro venedì. Ma ce ne era già stato uno la settimana scorsa. E non era il primo! E poi, uno anche Sabato. Basta lo dico io e vorrei lo dicessero tutti. Ma voglio staccarmi dalla cronaca. Mera triste somma di singole tragiche vicende.

Via la cronaca. Si passi alla politica, ai fatti. O meglio, alle soluzioni che la politica deve dare ai problemi della società. Senno’, che ci sta a fare?!

Premessa: non si può prendere il tema sottogamba, non si scherza col Lavoro. E’ incastonato, scritto (con idealità, certo, ma ci sta scritto) nell’ Art.1 della Costituzione e in modo più specifico (seppur sempre generale, come si confa ad una Legge Fondamentale) agli Artt. 35 e 36.

“Siamo in un periodo di forte crisi economica”, “la crisi sta colpendo”, “tutto l’Occidente sta attraversando un’impressionante momento di crisi”, e tante altre espressioni di questo tipo. “Non ci sono più soldi”, “L’Italia ha il debito pubblico più grande dell’Europa, e non solo”, “Negli Anni ’80 ci si è indebitati oltre misura”, “il Welfare non potrà garantire nemmeno più chi già oggi lavora”, e tante altre espressioni di questo tipo. Io mi sono stufato e credo con me si sia stufato ancor di più chi se le sente “raccontare” da più tempo di me. Sono tutte parole che sappiamo a memoria dai Tg.

E’ ora di cambiare musica, di affrontare la crisi e le difficoltà. E’ ora di rimboccarsi le maniche, di prendere il coraggio a 2 mani e decidere “che fare”: Se c’è la crisi, va bene tirare le corde della borsa, va bene decidere di non spendere più, ma non può bastare. Ci vuole coraggio, il coraggio di fare Riforme -con la “R” maiuscola- e, magari, anche Riforme impopolari. Parlo di liberalizzazioni, pensioni, università e accesso al lavoro.

Tutti, rossi, neri, azzurri, verdi, bianchi e a pois, negli anni, si sono riempiti la bocca si slogan e buone intenzioni. Non basta più.
La crisi sta soffocando chi fino a ieri riusciva, magari barcamenandosi tra una rinuncia e 100 saldi di fine stagione, a tirare avanti, e invece oggi proprio non ce la fa, non solo economicamente, ma anche proprio moralmente. Sente che intorno a lui, fuori dalle mure di casa, non c’è una società, non c’è uno Stato, non un tessuto sociale, non c’è un Welfare State capace di accoglierlo e sostenerlo. E questo, comprensibilmente, “ti butta giù”…

E’ necessario, ora più che mai, che lo Stato si riappropri di quel ruolo che gli spetta di diritto. Non con politiche assistenzialiste incapaci di creare un vero cambiamento, ma investendo in modo mirato e ponderato dove riesce. Detto così sembra facile, ma non lo è, chiaramente. Però, non è certo con i tagli lineari e “il braccino corto” che si può cambiare veramente.

Un esempio? Le prospettive nell’ambito Portuale Lgure. A chi piace leggere e seguire un poco le vicende, appare uno scenario molto interessante per il futuro: un futuristico“piano MiNova” (ossia un’alleanza strategica tra Genova e Milano, stile Parigi, caldeggiata dal Presidente dell’Autorità Portuale di Genova); 1500 nuovi posti di lavoro, in un futuro prossimo, tra il Porto di Genova e quello di Savona; “Terzo Valico” (si parla di dimezzare il tempo di percorrenza del tratto MI-GE!); il Boom dei Container a La Spezia, e tante altre. Ma anche una rinascita prospettata a Cornigliano (nel Ponente di Genova), e non solo. Solo veramente tante, tantissime le prospettive di una nuova ripresa, in tutta la Liguria.

Ma possiamo crederci?! Sono ottimista sul fatto che tutto ciò si verifichi, ma possiamo pensare che tutto accada lasciando al caso o (dando meriti a chi se li merita, appunto) per il merito e l’impegno di tanti singoli?! Perché non fare squadra?! Perché non coordinare il tutto, semplificando e velocizzando processi che potrebbero richiedere un periodo di realizzazione ancora troppo ampio?! Perché non assumersi la responsabilità di farsi primo motore della ripresa? Serve coraggio, tenacia, e un pizzico di audacia. Quella che ti permette di andare anche contro alcuni veti e perplessità (vedi Terzo Valico e Gronda, sia di Levante sia di Ponente), quella che ti permette di dire alla gente che scelte impopolari devono essere fatte, per stare meglio, veramente meglio, domani.

Ma poi, ovviamente, si è liberi di pensare che sia meglio andare avanti così, “tirare a campare”, pur di non rischiare di fare qualche piccolo sacrificio oggi, anche se porterebbe un benessere domani… Ma chi ci pensa al Domani? ciò che conta è solo l’Oggi!

I primi a pensare al Domani devono e sono i Veri Giovani! Non chi ad essere giovane si atteggia o, al limite, lo è anagraficamente.  Ma Giovane nello spirito e nel modo di pensare. Per cambiare veramente, bisogna cambiare molto, lasciarsi alle spalle alcune abitudini e anche, oso dire, alcune comodità e privilegi a cui si è abituati.

“Riceviamo e pubblichiamo” di Edoardo Marangoni

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Auguri, desideri e speranze per la Lucania che verrà

postato il 27 Dicembre 2010

Ancora pochi giorni e poi sarà 2011. Questi ultimi sono giorni di bilanci, desideri e propositi.

Tra i desideri espressi in questi giorni, ce n’era uno di particolare importanza per me, un desiderio di pace e serenità per questo Paese, dilaniato da un anno di scontri, conflitti e discussioni, che hanno indebolito la nostra amata Italia e l’hanno resa più vulnerabile. Partendo da quest’amara considerazione, mi sono soffermata a riflettere su quelli che, secondo me, sarebbero i migliori regali per la mia regione, la Basilicata, e per il nostro Paese.

Innanzitutto, spero che questo nuovo anno, porti un rinnovamento vero, che possa risollevare le sorti di una regione che da troppi anni arranca e soffre il peso di un sempre più forte spopolamento, che ha bisogno di invertire rotta e di imboccare, finalmente, la strada dello sviluppo.

Uno sviluppo che sia il più ecosostenibile possibile, che non renda ancora più tristi le già difficili condizioni ambientali lucane.

Spero fortemente che davvero, in questo 2011, possa cambiare qualcosa nella nostra regione, auspico che si possa parlare presto di una regione rinata, forte delle proprie peculiarità, resa grande dalla sua unicità.

Spero, ancora, che questo sviluppo possa interessare tutti quei giovani che, vedendosi sbarrare le porte del lavoro, sono costretti a lasciare la Lucania, costretti a rivedere la propria terra solo durante le vacanze natalizie, costretti a lasciarsi alle spalle tanti ricordi, ad allontanarsi dalla propria famiglia per necessità, per rincorrere il tanto desiderato posto di lavoro.  Spero che la nostra regione non debba essere più costretta a veder fuggire via i ragazzi migliori, i più capaci, che vorrebbero investire la propria intelligenza sul territorio, ma si vedono preclusa questa possibilità a causa della scarsa lungimiranza di una classe politica troppe volte inadatta a rispondere alle nostre esigenze.

Spero che il nuovo anno, dunque, non si risolva soltanto in un mare di propositi, ma che possa portare davvero quelle novità che attendiamo da mesi, anni o, piuttosto, da decenni.

Ed infine, un’ultima speranza, questa volta rivolta al nostro bel Paese: spero che il 2011 sia un anno di soddisfazioni dopo le difficoltà di questi ultimi tempi, confido nell’anno che verrà, perché questo possa segnare una svolta vera per la nostra Italia.

E quindi, concludo questa mio elenco di desideri e speranze con un augurio. Un augurio di Pace e Serenità, affinchè Gesù possa rinascere nei nostri cuori, portando gioia, felicità e cambiamento.

Buon Natale e felice 2011!

“Riceviamo e pubblichiamo” di Marta Romano

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Post-it natalizio, tanti auguri alla mia Milano

postato il 26 Dicembre 2010

Una realtà vasta e complessa come Milano e la sua Area Metropolitana ha tanto da dire e da chiedere in questo periodo di attesa, di bilanci, di aspettative. Ognuno con le sue molteplici sfumature e peculiarità potrebbe vorrebbe donare quel qualcosa che manca e che sente di poter dare al tessuto umano e sociale nel quale si trova inserito.

Il Natale delle maschere forse nasconde tante verità,oltre il velo della miseria umana, il non senso che ha caratterizzato l’attualità di questi mesi, quando la vera finanziaria da varare la fa ogni famiglia a fine mese, quando l’augurio secondo me più vero è quello di lasciarsi provocare da questa festa nelle nostre coscienze per non lasciare nuovamente nella mangiatoia colui che è venuto per noi.

Sicuramente il mio grazie va in primis agli operatori che si spendono in solidarietà, che innanzitutto vuol dire aiutare gli emarginati (famiglie separate, minori, senzatetto, tossicodipendenti, extracomunitari in difficoltà) a ritrovare fiducia in loro stessi ed inserirsi o reinserirsi nella società, in secondo luogo anche cibo, vestiti e coperte. Un’opera infaticabile va di sicuro riconosciuta ai City Angels ed a tutto il capillare mondo dell’associazionismo e volontariato attivo che gravitano come satelliti luminosi nei meandri più bui di una metropoli,che troppo spesso ultimamente ha smesso di brillare in operosità e convergenze di intenti, dimenticandosi che la Pace non è solo una Marcia occasionale che si svolge in Umbria, ma è quanto dovremmo far accadere ogni giorno nei nostri territori.

Mi sento anche di ringraziare questi operatori che cercano di supplire alle carenze educative di tutte le periferie che spesso si sentono collegate al grande centro luminoso di cemento e negozi solo per mezzo di un tram che compie un viaggio lunghissimo, a tutti coloro che sentono di creare relazioni nei quartieri come antidodo alla droga e ai legami familiari carenti, sono loro la vera diga sociale che tiene a fatica insieme i pezzi quando le amministrazioni pubbliche sono distratte a mettere in atto dei provvedimenti, sono loro le ultime coscienze morali rimaste con le rotelle attive in questa città e nella sua provincia, che sembra aver perso la borghesia illuminata che l’ha contraddistinta per anni.

La città non è fatta di soli piani regolatori, o piani di governi del territorio, e di innumerevoli cantieri sparsi a destra e a manca, dove spesso la parte debole e marcia della politica arriva a compromessi con le cosche inquinando la filiera e l’economia. Se guardiamo Milano da un punto di vista nuovo dobbiamo ricordarci che la città ha bisogno di immensi “cantieri sociali”, che vanno realizzati con una mappatura ben definita in cui lavorare e in cui gli spiriti creativi e propositivi debbano innestare la loro opera di cambiamento per smantellare la frammentazione sociale spesso diffusa mista a depressione che si respira in città.

Senza far torto e dimenticare nessuno, faccio anche i miei auguri a chi è fuggito senza casa né parenti, a chi non ha identità, a chi non conosce onorevoli, deputati, magistrati, e nemmeno un appuntato a cui votarsi, a chi non siede in nessuno Cda, a chi non ha il macellaio che gli conserva la miglior fetta, a chi non ha più una fabbrica aperta in cui tornare, a chi ha la nostalgia di stadi o teatri pieni di sogni ed emozioni da inseguire, agli anziani, a tutto il personale ospedaliero, ai migranti, a chi vive in questo territorio, ai business man, ai separati, a chi è appena entrato in politica, a chi cerca futuro di esame in esame, di colloquio in colloquio, a chi si siede ai tavoli delle trattative rappresentando i lavoratori, e chi oggi si sente piu solo degli altri giorni, -Auguri-

“Riceviamo e pubblichiamo” di Christian Condemi

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Un Buon Natale con la libera connessione WiFi, inizia l’era dell’innovazione tecnologica?

postato il 24 Dicembre 2010

“A Natale puoi fare quello che non hai fatto mai”. Così recita un celebre motivetto reso noto da una pubblicità e così pare si possa dire del Governo che nel “decreto Milleproroghe” rispetterebbe l’impegno preso dal ministro Maroni di mettere fine all’autenticazione obbligatoria per navigare su una WiFi pubblica.

E’ arrivato finalmente il momento per  il nostro Paese di adeguarsi allo standard europeo per quando riguarda il WiFi? Molti commentatori ed esperti della materia sono molto prudenti perché non si conosce ancora il testo del “decreto Milleproroghe” e dunque non si può ancora dire esattamente se il celeberrimo decreto Pisanu sia stato realmente abolito. Da quello che trapela dal governo e dai commentatori più ottimisti pare che dovrebbe saltare l’identificazione del cliente e l’obbligo del gestore di tenere documentazione della navigazione dei clienti, ma rimarrebbe comunque l’obbligo per il gestore di chiedere la licenza al questore.

Bisogna dunque attendere un po’ e sperare che questa non sia solo una pia intenzione natalizia del governo. E’ importante però registrare nell’orientamento del governo  e in generale della classe politica un rinnovato interesse per l’innovazione tecnologica e un impegno serio per chiudere l’era della burocrazia wireless in Italia.

La liberalizzazione del WiFi, oltre che essere un provvedimento necessario per allinearci agli altri paesi Europei, potrebbe essere anche l’occasione per aprire una nuova fase politica di responsabilità come ha giustamente rilevato l’on. Roberto Rao. La liberalizzazione dei WiFi e una nuova stagione politica fatta di responsabilità e serietà potrebbero essere il regalo più grande che la classe politica di questo Paese possa fare agli italiani. Sarà il caso di scrivere una lettera a Babbo Natale? Intanto incrociamo le dita!

“Riceviamo e pubblichiamo” di Adriano Frinchi

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Tanti auguri Mezzogiorno d’Italia

postato il 24 Dicembre 2010

Auguri agli studenti che manifestano pacificamente in piazza per le loro idee.

Auguri agli agenti dei reparti operativi che sopportano turni massacranti e paga minima ed alle loro famiglie che ogni giorno li assistono e sorreggono.

Auguri agli anziani soli nelle case di riposo ed a quelli, più fortunati, che abbracciano la loro famiglia ogni giorno.

Auguri alle giovani coppie che mettono su casa con coraggio, col groppo in gola, pensando al futuro.

Auguri ai malati che passeranno il Natale nei nostri ospedali  grazie alle cure amorevoli dei medici e degli infermieri di turno.  Auguri anche a loro.

Auguri ai detenuti nelle carceri sovraffollate ed ai secondini che troppo spesso soffrono di stress da lavoro.

Auguri ai poveri che, ancora pochi per fortuna, dormono nelle nostre strade.

Auguri ai volontari che, come Atlante, sorreggono il peso di un mondo intero sulle loro spalle.

Auguri ai ricercatori, motore immobile della nostra Università, perché venga finalmente riconosciuto il loro merito.

Auguri a tutti i servitori dello Stato, magistrati, carabinieri, finanzieri, insegnanti, fino all’ultimo dei precari, perché ogni giorno combattono senza paura una guerra contro la corruzione ed il malaffare.

Auguri a tutti quelli che quest’anno hanno visto chiudersi le porte in faccia, con l’augurio che il prossimo anno spalanchi loro i portoni del successo.

Finito un 2010 difficile ci stringiamo alle famiglie, a quei padri ed a quelle madri che hanno perso il lavoro, che sono in cassa integrazione o hanno perso la loro attività strozzati dai debiti o dalla crisi, agli alluvionati siciliani e veneti, ai terremotati di oggi ed a quelli che da vent’anni aspettano ancora giustizia.

Auguri all’Italia ed alla Sicilia.

Auguri alla Sicilia, perché nel prossimo biennio deve dimostrare di essere diventata “grande”. Perchè gli arresti eccellenti di numerosissimi latitanti e delinquenti devono essere prodromo di crescita sana e sviluppo.

Auguri alla Sicilia che lavora perché attraverso l’uso corretto dei Fondi Europei potrà realizzare le infrastrutture che le mancano.  Perché finalmente si dovrà puntare su progetti di ampio respiro e non sulla cura del proprio orticello.

Auguri a chi denuncia il pizzo, a chi ogni giorno compie la normalità del suo dovere senza farlo pesare, a chi da eroe silenzioso aiuta gli altri senza chiedere in cambio nulla e nell’anonimato, a chi sostiene le arti e la ricerca, a chi devolve il proprio tempo ad opere pie, a chi si impegna, a chi rispetta le regole e non prevarica gli altri.

Prepariamoci, perché verranno tempi migliori,

Il tempo può avere un parto difficile, ma non abortisce mai.
Felicité-Robert de Lamennais

“Riceviamo e pubblichiamo” di Carmelo Cutrufello

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Un augurio a tutti i docenti

postato il 24 Dicembre 2010

Auguro a tutti gli insegnanti, di ogni ordine e grado, supplenti, neo-assunti e precari di giungere a una concreta stabilità lavorativa. Il contesto sociale odierno, in continua metamorfosi, ha tentato in più occasioni di screditare questa figura professionale che ha trovato, e trova tuttora, motivo di esistere nella sua mission educativa.

Creatività, passione e amore per il sapere sono le stelle polari che guidano il docente  in un ambiente scolastico e lavorativo insidioso e a volte ostile. Umanità, confronto e scambio sono sintomo di crescita che costantemente, con fatica – poiché osteggiati da troppa burocrazia – e dinamismo emergono negli ambienti scolastici, alimentati dal “popolo della conoscenza”. Auspicando un futuro migliore, dove le uniche intermittenze siano le luci che con il loro bagliore colorano le notti delle feste e non più i contratti lavorativi di questo corpo docente pieno di speranze.

“Riceviamo e pubblichiamo” di Enrico Bocciolesi

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