«Anch’io ero in piazza, commosso tra i giovani. La Chiesa ha mostrato la sua forza spiazzante»
L’emozione più grande all’Ave Maria. In San Pietro tutti pensavano a Parolin, io tifavo per Zuppi, vescovo della mia Bologna

L’intervista di Alessandra Arachi pubblicata sul Corriere della Sera
Pier Ferdinando Casini, lei era in piazza San Pietro quando hanno eletto Papa Leone XIV
«Sì, ho assistito all’Habemus Papam e ho sentito tutto il suo discorso».
Si aspettava la fumata bianca così presto?
«Me l’aspettavo, ma in serata. Lo avevo detto a Bologna a mia madre, che compiva novantasei anni. Le ho detto: vedrai che avrai un bel regalo di compleanno».
Contenta la mamma?
«Si è già innamorata del Papa».
Un Papa eletto in quattro scrutini appena quando serviva un quorum così alto. E poi un nome che non era tra i primi a essere citati nelle previsioni tra i papabili.
«La forza spiazzante della Chiesa. Ci ha dimostrato che tutte le nostre alchimie non servono a niente».
Si è pensato a lungo che sarebbe stato eletto un Papa italiano.
«Ci abbiamo creduto in tanti».
Giravano tre nomi, le risulta?
«Certo, tutta Bologna tifava per il vescovo della nostra città».
Matteo Zuppi. E poi erano in pista Pietro Parolin e Pierbattista Pizzaballa.
«Tutti e tre cardinali di altissimo valore».
Parolin è stato Segretario di Stato.
«E ha servito la Chiesa nelle parti più difficili del mondo, come il Venezuela».
Pizzaballa, patriarca di Gerusalemme.
«È il cardinale che dopo il 7 ottobre si è offerto in cambio della liberazione degli ostaggi di Hamas. Che dire di più? In piazza San Pietro, comunque, pensavano tutti sarebbe stato italiano».
Che sensazione ha provato in quella piazza?
«Mi sono commosso, era piena di giovani, ragazzi. Famiglie e bambini. Ma la commozione più forte l’ho provata per un altro motivo».
Quale?
«Quando Papa Prevost ha recitato l’Ave Maria».
Era la prima volta che dalla Loggia delle benedizioni un Papa recitava l’Ave Maria?
«Degli ultimi Papi sicuramente. Un simbolo importante di devozione popolare. La Madonna è l’avvocata d’ufficio per noi peccatori davanti al Signore».
Il nuovo Papa è stato missionario per vent’anni in Perù.
«È stato significativo che dalla loggia si sia rivolto ai fedeli peruviani, abbia parlato spagnolo. Una carezza a papa Francesco».
È il primo Papa americano, anche questo ha spiazzato.
«Ci eravamo convinti che la Chiesa non era ancora matura per questa scelta».
Trump sarà contento di questa elezione?
«Non credo che a Mar-a- Lago oggi facciano una festa. Ma è doveroso che Trump gli abbia già fatto complimenti».
Anche il presidente israeliano Herzog gli ha fatto i complimenti.
«Leone XIV ha parlato di pace e lo ha fatto a 360 gradi. Questo è stato colto».
La scelta del nome Leone è una scelta che viene da molto lontano.
«Ed è una scelta particolarmente significativa, ricordiamo la Rerum Novarum. Per noi cattolici impegnati in politica rappresenta un punto di riferimento in un mondo in cui le disparità si moltiplicano e questo è intollerabile».
Cosa si aspetta da Leone XIV?
«Credo che potrà fare ordine nei processi di riforma per i quali Francesco ha avuto intuizione. Il rapporto tra Francesco e Leone XIV potrebbe assomigliare a quello che c’è stato tra Giovanni XXIII e Paolo VI».
Ovvero?
«Giovanni XXIII ha gettato il cuore oltre l’ostacolo e ha convocato il Concilio Vaticano, ma poi è arrivato Paolo VI a mettere ordine a una Chiesa in cammino. Questo Papa ha una gran forza».
Da dove la deduce?
«In meno di due giorni è riuscito a mettere d’accordo tutti i cardinali. Ha creato un’unità che nella Chiesa vuol dire vitalità».