Archivio per Luglio 2025

Dazi: «Bruxelles ne esce male. Ora serve una vera unità»

postato il 29 Luglio 2025

L’approccio remissivo con Trump non funziona. Superare l’unanimità e non si rinunci alla possibilità di tassare i giganti del web

L’intervista di Antonella Coppari pubblicata sul Resto del Carlino

«Dalla trattativa sui dazi l’Europa è uscita abbastanza male». Ne è convinto Pier Ferdinando Casini, ex presidente della Camera e attualmente senatore eletto nelle liste del Pd. Il suo giudizio è netto: «Oggi abbiamo i dazi al 15% voluti da Donald Trump. Non mi sembra che la vittoria del tycoon alle presidenziali sia stato un grande affare per il vecchio Continente, come invece sosteneva la destra».

Trump ha bullizzato l’Europa perché più abile della presidente Ursula von der Leyen?

«Trump sicuramente ha giocato meglio di von der Leyen, e questo è l’unico punto su cui mi trovo d’accordo con Orban. Non ci è riuscito, però, perché è un negoziatore più bravo ma perché l’Europa non è una vera comunità politica. Trump ha alle sue spalle un solo Paese, mentre von der Leyen rappresenta una congrega di Stati diversi. È vero che la presidente della Commissione Ue aveva una delega a negoziare, però ogni Stato membro ha poi cercato di ottenere piccole agevolazioni, tirando la coperta dalla propria parte».

Come si può attutire il colpo?

«Il danno oramai è fatto. Possiamo solo sperare di attenuarne gli effetti negativi nei capitoli ancora da negoziare. Gli Stati europei devono smetterla di seguire le sirene sovraniste e convincersi che ci salviamo solo stando insieme, con una politica estera e di difesa comune. Soltanto così potremo avere una forza deterrente. Altrimenti, rassegniamoci a essere bullizzati da Putin sul piano militare e da Trump su quello economico».

C’è chi dice che poteva andare peggio.

«È una magra consolazione. Questa vicenda è l’ennesima sveglia che suona; spero che l’ascolteremo e inizieremo a darci da fare, superando regole obsolete come il principio del voto all’unanimità, per arrivare al più presto a un’Europa federale».

Ritiene che tutti gli Stati europei accetteranno l’accordo? Diverse voci critiche si sono levate da vari governi.

«L’unico aspetto per me positivo è che la telenovela sui dazi dovrebbe finalmente placarsi, permettendo all’economia di ritrovare un po’ di serenità. Spero che quando l’accordo sarà portato in Consiglio europeo verrà approvato da tutti. L’alternativa sarebbe il caos totale».

Ma l’Europa è in grado di reggere il peso di oltre 800 miliardi di euro per il piano di riarmo Ue, di 750 miliardi di dollari per acquisti energetici dagli Usa e degli investimenti in ambito Nato?

«Chi ha sottoscritto queste intese probabilmente spera che tra tre anni non ci sia più l’amministrazione Trump e si possa rinegoziare tutto. E questo la dice lunga sul fatto che è un finto accordo».

Quale politica economica dovrebbe attuare Bruxelles ora?

«Non rinunciare alla possibilità di tassare i giganti del web, tanto per cominciare. Ormai è chiaro che l’approccio remissivo con Trump non funziona, così come non funziona l’aspetto politico. Pensare che l’Italia possa mediare con Trump in virtù di una presunta affinità politica tra le due amministrazioni significa sbagliare completamente la valutazione sul presidente americano. È un’illusione che questa trattativa ha infranto: a lui non frega niente di destra o sinistra, gli interessano i soldi».

Il governo italiano, come quello tedesco, ha premuto per un’intesa. La premier Meloni ha preso una cantonata?

«Non esprimo giudizi sul governo, ma se questo è il risultato mi sembra che l’Italia non abbia dimostrato una grande capacità negoziale al pari dell’Europa».

Quali ricadute ci saranno per l’Italia?

«Ci saranno ricadute negative, ovviamente. Per questo, l’economia italiana deve aprirsi a nuovi mercati. Per dire: ha fatto benissimo Giorgia Meloni a vedere il presidente indonesiano, l’Indonesia è un grande mercato».

Secondo alcuni commentatori, già con l’amministrazione Biden gli Stati Uniti avevano deciso di “sottomettere“ l’Europa.

«È una falsità. Biden parlava di Occidente come un’entità coesa, Trump non ne parla più».

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Dazi: “Inutile adulare Trump, non lo disinnesca. La Ue deve adottare vere contromisure”

postato il 17 Luglio 2025

Pavide le categorie produttive: per non urtare la destra non criticano il leader Usa. Il ruolo di pontiere lo svolge chi ha la forza per farlo: l’Italia non ce l’ha né con Meloni né con Draghi.

L’intervista di Francesca Schianchi pubblicata su La Stampa

«Se la vicenda dei dazi non fosse terribilmente seria, susciterebbe ilarità», esordisce Pier Ferdinando Casini, senatore indipendente eletto nelle liste del Pd.

Perché, senatore?

«Perché i giornali sono pieni di interviste a esponenti di categoria che si producono in giochi acrobatici pur di non attaccare Trump.  Chi li leggesse senza conoscere la situazione, penserebbe che la guerra commerciale la vuole fare Von der Leyen mentre il presidente americano passa di lì per caso».

Anche tra i politici c’è chi attacca più l’Europa di Trump.

«Ma nella politica non c’è nulla di nuovo sotto al sole: i tifosi di Trump sono in imbarazzo e per questo non lo criticano, mentre gli avversari lo criticano anche per ragioni politiche. Incredibile è la pavidità delle categorie produttive, le stesse che qualche anno fa erano contrarie ad ampliare i no­stri mercati estendendo gli ac­cordi commerciali a Canada e Mercosur».

Perché secondo lei questa pavidità?

«Presumibilmente per non urtare il governo. Dove c’è persino chi sostiene si dovrebbe procedere a trattative separate dall’Europa».

Lo hanno detto dalla Lega.

«Chi lo dice evidentemente non conosce i trattati e non sa che la politica commerciale è competenza esclusiva della Commissione europea. Serve serietà».

E come la sta portando avanti questa trattativa la Commissione? È d’accordo con chi teme sia troppo morbida?

«Le trattative non si giudicano sulla base del morbido o duro, ma sull’efficacia o meno. E il risultato si vede il giorno dopo la sua conclusione.  Che l’Europa non faccia sfoggio di muscoli è giusto, ma il punto di caduta deve essere chiaro».

Qual è secondo lei?

«O i dazi di Trump non superano il 10 per cento, che è già un’enormità, oppure bisogna mettere contromisure sul tappeto. Se si pensa di disinnescare il presidente americano adulandolo, non si è capito nulla di un uomo che propone una visione completamente alterata della realtà, e comunque basata solo sui soldi».

Che cosa intende per visione alterata della realtà?

«Pensa che noi europei siamo degli scrocconi, per via della difesa ma anche del disavanzo commerciale. E non valuta che sì, esportiamo molte merci, ma importiamo una quantità gigantesca di servizi dall’America. Come Europa dobbiamo attrezzarci per ampliare inostri mercati di riferimento, per creare un mercato dei capitali capace di tenere qui le nostre risorse e, soprattutto, dobbiamo cominciare ad essere autonomi.  La politica di Trump aiuterà l’Europa a uscire da uno stato di infantilismo politico per cominciare a badare a se stessa».

Pensa che sia d’accordo il governo a contromisure in caso di dazi sopra al 10 per cento?

«Mi rifiuto di pensare che, in quel caso, si possa opporre a una reazione vigorosa. Anche perché abbiamo davanti l’esempio del Giappone e della Corea del Sud».

Dazi al 25 per cento a partire dal 1° agosto anche per loro.

«Eppure sono i tradizionali alleati dell’America in Oriente. Mentre la Cina, che ha un bagaglio ritorsivo importan­te per via delle terre rare, viene risparmiata.  L’errore sta nel pensare che la logica di Trump sia politica: è solo monetaria».

Se è così servirebbe una postura più muscolare?

«La postura è secondaria pro­prio perché lui ragiona solo in termini di convenienze.  Rischiamo di lasciare ai nostri figli un mondo in cui tutti i valori in cui abbiamo sempre creduto – dal multilateralismo al rispetto reciproco tra gli Stati- vengono sostituiti da una regola brutale: solo chi ha la forza esiste. A me non piace, ma in questo contesto l’unica cosa che può fargli cambiare idea è la forca del Paese».

Ma l’Europa commercialmente è forte.

«Infatti se stiamo tutti insie­me non siamo per niente deboli. Lo siamo se ci presentiamo solo come Italia».

È smentito il ruolo di pontiera della premier?

«Non credo che il ruolo di pontiere si possa svolgere sulla base delle simpatie. Qui non siamo in un salotto, ma nel duro agone politico. Media chi ha la forca per farlo: e purtroppo l’Italia, sia con Draghi che con Meloni, non è in queste condizioni».

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