Guazzaloca: Giorgio ti abbiamo voluto bene, sei stato un padre per Bologna
postato il 29 Aprile 2017L’orazione funebre ai funerali dell’ex sindaco di Bologna, Giorgio Guazzaloca, nella Cattedrale di San Pietro.
L’orazione funebre ai funerali dell’ex sindaco di Bologna, Giorgio Guazzaloca, nella Cattedrale di San Pietro.
L’intervista di Luciano Nigro pubblicata su Repubblica
«L’impresa di sconfiggere la sinistra nella “città rossa” poteva riuscire solo a Giorgio Guazzaloca. Perché era bolognese nell’anima perché aveva intuito vent’anni prima di Emmanuel Macron la crisi dei partiti e la necessità di un movimento civico». Pier Ferdinando Casini ricorda così l’amico che divenne sindaco di Bologna sconfiggendo per la prima volta la sinistra nella sua capitale storica. Lo dice in lacrime: «Ho perso un fratello maggiore col quale ho condiviso trent’anni di battaglie».
La più importante nel 1999, quando Guazzaloca divenne sindaco di Bologna.
«Fu lui a dirmi di volersi candidare, ero a casa di mia mamma. Gli dissi che era una follia, che non aveva speranze di successo».
Di certo non lo convinse.
«E come potevo? Giorgio aveva un carattere impossibile, anche per questo lo amavo». [Continua a leggere]
Il rapporto con Zuppi: «È andato a trovarlo fino alla fine e gli ha dato l’estrema unzione»
L’intervista di Marco Marezzi pubblicata sul Corriere di Bologna
Un applauso del Senato ha salutato Giorgio Guazzaloca. A chiedere a Roma di onorarlo è stato Pier Ferdinando Casini, ragazzino quando «il macellaio più famoso d’Italia» già macinava la sua ascesa al cielo degli autodidatti, poi per oltre trent’anni fra i suoi amici più cari, lui Dc, l’altro repubblicano, tutti e due molto, molto determinati. Il presidente della Commissione Esteri ha tramutato il ricordo di Guazzaloca in un inno a Bologna, a una «bolognesità» di incontri, chiacchiere, scontri, Madonna di San Luca e Curva di San Luca, San Petronio e fede rossoblu. «Da laico, sempre». «Ora tutta Bologna, al di là di ogni differenza lo onora», ha evocato Casini, che per chiudere ha citato «il professor Prodi, il Pd» e «la presidente del Consiglio dell’Emilia-Romagna». «Guazzaloca ha seguito con disciplina e onore la sua città». Poi, per il lutto e qualche sorriso fra amici. Casini si è ritirato nel suo ufficio con il ministro Gian Luca Galletti, un altro degli ex ragazzi de diventati grandi con Guazzaloca. A Palazzo Madama intanto parlava il senatore Giancarlo Sangalli, Pd, che alla fine degli anni Novanta venne eletto presidente della Camera di Commercio di Bologna al posto di Guazzaloca. Casini ride: «A Giorgio offrirono la Fiera. Io gli dissi di accettare. ‘La carità la prendi poi tu’ mi rispose. Nel suo ufficio facemmo un incontro, Galletti, io, il sindaco Walter Vitali e Sandro Ramazza, il segretario dell’ex Pci che voleva sostituire proprio Vitali. Giorgio gelò tutti: ‘Se non faccio il presidente della Camera, mi candido io a sindaco».
Come vive 18 anni dopo la sua vittoria?
«Abbatté un muro, unico. Adesso tutti scoprono Macron, potevano scoprire Guazzaloca tanti anni fa. Civico vero, sostenuto dal centrodestra, mise il bavaglio ai partiti del centrodestra, tenne i manifesti di Berlusconi in cantina. A chi sognava di andare in Comune a far vendetta, a sostituire tutti, lui rispose con Fulvio Medini come suo più stretto collaboratore. Lo stesso da Dozza a Fanti, Zangheri, Imbeni, Vitali. È stato il sindaco di una bolognesità, forse di una Bologna, che non esiste più. A voi del Corriere disse che si sentiva un uomo di un’altra epoca. Un uomo di grande coraggio, combattente su tutto». [Continua a leggere]
Il mio ricordo nell’Aula del Senato: Guazzaloca ha servito Bologna con disciplina e onore.
L’intervista di P. Di Caro a Pier Ferdinando Casini pubblicata sul Corriere della Sera
La «provinciale» gara all’autoproclamarsi «il Macron italiano» non lo appassiona. Ma non perché non gli piaccia il candidato alla presidenza francese. Tutt’altro: «Un leader come lui servirebbe enormemente anche all’Italia, ma per individuarlo non bisogna essere superficiali. Bisogna capire quali temi, parole d’ordine, contenuti di rottura nella forma e nella sostanza Macron ha portato con sé, altrimenti è un gioco del tutto autoreferenziale». Lo dice Pier Ferdinando Casini, presidente della commissione Esteri e fondatore dei centristi per l’Europa che, a scanso di equivoci, si chiama fuori subito dalla «competizione»: «Chi come me e altri della mia generazione ha esperienza politica e anche reputazione, in Italia come in Francia, deve avere la generosità di lasciare il campo a forze più fresche».
Perché Macron si è imposto, e perché il suo esempio dovrebbe servire all’Italia?
«Perché ha avuto il coraggio di rompere con le vecchie consorterie e di farsi un partito. Perché per la prima volta dopo anni, in Francia dove il tema non è mai stato popolare, ha rivendicato e messo al centro del suo programma il bisogno di essere europeisti. Perché non ha cercato di compiacere il fronte populista con proposte demagogiche come quelle dei vitalizi né andando dietro alle ricette più becere sul tema immigrazione. Insomma, ha dato risposte concrete per battere la barbarie del populismo».
In Italia a destra e sinistra vede spinte di questo genere?
«A sinistra se si percorrono vecchie strade si fa la fine di Hamon, e devo dire che Renzi ha avuto ragione ad imporsi con la parola d’ordine della discontinuità, anche se ha troppo spesso nascosto la bandiera europea. Ma è a destra il problema maggiore, perché è tempo di decidere se si vuole accodarsi a Salvini e Meloni, come molti nel centrodestra sembrano voler fare, o se emanciparsi. Fillon ci ha messo un minuto a dire che non voterà la Le Pen».
Cosa farà Berlusconi?
«Penso che il suo silenzio sia segno di intelligenza, e mi auguro anche di meditazione. Berlusconi sarebbe l’uomo più autorevole per sciogliere il nodo che strangola il centrodestra e dare il via libera ad un esperimento nuovo ed utile per la politica italiana. Perché, come ha perfettamente capito Macron, oggi il punto non è più la competizione tra destra e sinistra, ma come si arresta il fronte populista europeo. E chi, anche in Italia, fosse capace di farlo, prenderebbe una marea di voti».
Potrebbe farlo Renzi?
«Io l’ho sostenuto perché l’ho considerato l’unica alternativa allo sfascio, ma lui più di ogni altro oggi sarà artefice del suo destino. Per ottenere gli stessi risultati che lo portarono al 40%, rappresentando una novità generazionale e politica, forse dovrebbe ascoltare un po’ di più».
Insomma chi può essere il Macron italiano?
«Non faccio nomi, posso dire però che servirebbe una persona giovane, che abbia esperienza internazionale ma anche di governo, che non si sia spesa in infinite lotte di parte, e che provenga dal mondo dell’economia».
Pare il ritratto del ministro Calenda
«Questo lo dice lei, non io…».
Alle ore 15 presso il Complesso delle Torri della Città universitaria
Dal 06 aprile 2017 sono 7 i manifestanti assassinati durante le proteste antigovernative in tutto il Paese contro il regime di Maduro
06 aprile: Jairo Ortiz, 19 anni (Miranda)
10 aprile: Ricarda de Lourdes González, 87 anni (Caracas)
10 aprile: Daniel Queliz, 20 anni (Carabobo)
11 aprile: Miguel Angel Colmenarez, 37 anni (Lara)
12 aprile: Brayan Principal, 14 anni (Lara)
12 aprile: Jey Amaro, 37 anni (Lara)
13 aprile: Gruseny Antonio Calderòn, 32 anni (Lara)
Preoccupazione per Venezuela, espressa solidarietà all’opposizione
Si è conclusa nella giornata di oggi la missione parlamentare in Ecuador. All’indomani dei risultati delle elezioni presidenziali, dopo la vittoria attribuita a Lenín Moreno sul candidato Guillermo Lasso, ho incontrato a Quito esponenti di maggioranza e di opposizione.
Al centro dei colloqui anche la difficile situazione del Venezuela, ancora oggi teatro di scontri, alle cui forze di opposizione esprimo la mia piena solidarietà.
Nel corso della missione anche la visita alla Dante Alighieri per la premiazione del concorso di pittura rivolto ad artisti italiani, agli uffici della Cooperazione Italiana, oltre a numerosi incontri con esponenti della collettività italiana presenti nella capitale ecuadoriana.
E delle relazioni speciali che l’Italia e l’Unione europea intrattengono da tempo con l’America latina, ho parlato nel corso di una conferenza organizzata dall’Università Cattolica di Quito sul “Sessantesimo anniversario dei Trattati di Roma e le relazioni Europa America – Latina”. Dopo aver ricordato i forti legami culturali, storici ed economici” tra Europa e Sud America, ho sottolineato come l’Unione rappresenti il maggior contributore mondiale di aiuti pubblici allo sviluppo e figuri come principale investitore straniero in America latina: “pur con i suoi limiti e con le sue asimmetrie, l’Ue è tuttora uno strumento essenziale di stabilità e di salvaguardia della pace, di crescita economica e di progresso” contribuendo a “democratizzare le relazioni internazionali, improntando rapporti e partenariati al rispetto dei diritti umani ed alla salvaguardia dell’ambiente”.
Democratici di tutto il mondo si unicano contro ennesima prevaricazione Maduro
Il mio intervento ad Agorà sul bombardamento della base di Al Shayrat