IPU 141: IL MULTILATERALISMO LA GRANDE CONQUISTA DEL XX SECOLO, UNICA OPPORTUNITÀ DI PACE

postato il 15 Ottobre 2019

Il mio intervento nell’ambito dei lavori della 141esima Assemblea dell’Unione Interparlamentare organizzata a Belgrado

La nostra Organizzazione nasce sul concetto di multilateralismo e proprio per questo chi, come me, ha avuto l’onore di presiederla, non può che essere molto preoccupato per ciò che sta accadendo nel mondo.
Oggi davanti a noi non abbiamo una crisi passeggera dei meccanismi di cooperazione internazionale. Siamo in presenza della più grande evoluzione politica dagli anni del dopoguerra.
I maggiori Stati, a partire dagli Stati Uniti d’America, che hanno promosso, sostenuto e difeso il multilateralismo, oggi sembrano rifuggirne. La convenienza diventa più forte delle regole. La sopraffazione è tollerata, le Organizzazioni multilaterali svuotate di potere: il mondo senza più regole e punti di riferimento.

L’ UIP ha svolto un ruolo essenziale come sede di diplomazia parlamentare informale negli anni, che non possiamo rimpiangere, della guerra fredda. Qui lo Stato palestinese ha visto attivi i suoi Rappresentanti e Paesi divisi dalla cortina della guerra fredda si sono parlati attraverso i propri Rappresentanti parlamentari. Il ruolo storico dell’UIP è certificato da tanti passaggi fondamentali. I Parlamenti sono stati al centro della politica mondiale ed hanno rotto l’incomunicabilità che a volte c’era anche tra i Governi. Paesi con sistemi politici diversi hanno trovato, tramite i Parlamenti, la forza di parlare anche con avversari tradizionali.

Il valore del multilateralismo è proprio questo trovare sedi neutrali per comporre i conflitti. Oggi tutto questo è alle nostre spalle.
I conflitti tornano ad essere regolati dalla forza e sembra addirittura che molti vedano con fastidio la funzione regolatoria di sedi e consessi internazionali. Io insegno ai miei studenti che cosa è stato per le Relazioni Internazionali la pace di Vestfalia. Oggi forse dovremmo studiarlo anche noi, non solo gli studenti.
Colleghi, se questa è la cornice dei tempi che viviamo, anche il modello di lavoro dell’Interparlamentare è insidiato molto da vicino. Magari adducendo che i costi del multilateralismo diventino difficili da sostenere per i Parlamenti nazionali.

Dobbiamo reagire a questa rappresentazione della realtà e difendere non tanto l’esistenza della nostra Organizzazione ma l’esistenza di un multilateralismo che è la grande conquista del XX secolo e che, con tutti i suoi problemi, è l’unica opportunità per assicurare pace e libertà nel camino dell’uomo.

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Riforme: Il taglio dei parlamentari è solo demagogia

postato il 8 Ottobre 2019

La democrazia ha dei costi in tutto il mondo: ritenere che questi siano un impiccio ci fa prendere una strada piena di incognite. Sento la stessa propaganda qualunquista che caratterizzò il periodo fascista

La mia intervista a Repubblica a cura di Emanuele Lauria

Buonasera Casini, lei è fra i più anziani parlamentari in carica…
«Beh, anziano… Diciamo il decano».
Trentasei anni in parlamento. Come vive, il decano, il voto definitivo sul taglio del numero di deputati e senatori che qualcuno ha già definito storico?
«Di storico vedo poco. Comunque, vivo questo passaggio con la consapevolezza che è un tributo ai tempi che viviamo».
Traduciamo.
«Siamo davanti a un impasto di demagogia privo di buon senso, per giunta presentato come un contributo determinante per i risparmi della comunità nazionale».
E invece?
«E invece si dovrebbe ricordare che la democrazia ha dei costi in tutto il mondo: ritenere che questi siano un impiccio ci fa prendere una strada piena di incognite. Gli eventi storici più drammatici hanno preso le mosse dalla demagogia».
Forse esagera, senatore.
«Macché. Basta pensare alla tipica propaganda qualunquista che caratterizzò il periodo fascista. Propaganda simile all’attuale, dal taglio dei parlamentari a quello dei vitalizi. Sa come finirà?»
Lo dica lei.
«Mentre nel Dopoguerra le eccellenze delle professioni accedevano alle cariche pubbliche e ne erano ripagate da una reputazione crescente, di qui a poco solo i disoccupati e i titolari di assegni sociali riterranno conveniente fare il parlamentare. Chi ha una professione importante, già da tempo, evita il pubblico ludibrio connesso al titolo di onorevole».
Converrà che la classe politica ci ha messo del suo per generare questo discredito.
«Ci sono stati parlamentari che rubano: anzi, ci sono e ci saranno. Però la maggior parte di noi è gente che ha passione autentica».
Se fosse ancora deputato, insomma, voterebbe no, malgrado il suo sostegno all’alleanza giallo-rossa.
«Guardi, davanti ai principi me ne frego delle alleanze. Voterei come ho votato già per due volte in Senato. E come ha votato il Pd, per capirci, che ora ha cambiato idea. Evidentemente Parigi, cioè il governo, val bene una messa. Credo che gli stessi 5Stelle non siano in malafede. Sono davvero convinti di fare una battaglia per il rafforzamento della democrazia. E questo mi preoccupa ancora di più».
Anche Berlusconi ha dato indicazioni per il sì.
«Evidentemente anche lui ritiene più conveniente piegarsi alle mode del momento».
Si sta ponendo come difensore della casta, lo sa?
«Sono al di sopra di ogni sospetto. Pensi che sono l’unico per cui hanno fatto una legge al contrario: quella che tagliava i vitalizi a me li aumentava. Così hanno bloccato l’aumento».
Ne ha visti tanti, di privilegi, dal 1983 a oggi.
«Oggi ce ne sono di meno, di certo. Ma non mi interessa questa contabilità. Dico solo che qualche anno fa rinunciai all’ufficio e al personale riservati agli ex presidenti della Camera. Eppure è un beneficio di cui avevano goduto autentici monumenti della politica come Ingrao e la Iotti».
Siamo la seconda nazione d’Europa per numero di parlamentari: ridurli è un delitto?
«Non mi scandalizza il taglio dei parlamentari in sé. Ma se davvero vogliamo essere seri pensiamo a differenziare il ruolo delle due Camere o a garantire la rappresentanza dei territori. Questa invece è una mera riforma “potatoria”. Capisco che si è deteriorata l’immagine della politica e la colpa è soprattutto nostra: però non dimentichiamo che il ruolo del parlamento è determinante, come dimostrato anche dall’ultima crisi di governo. I 5S se ne sono accorti?».
Malignità: non è che si oppone alla riduzione dei parlamentari per paura di non essere rieletto?
«Se la legislatura finisce nel 2023, avrò 40 anni di permanenza. Ho già dato, vi ringrazio: il problema delle prossime candidature non mi riguarda. Ed è il motivo per cui oggi dico quello che mi pare».

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Olimpiadi Bologna-Firenze 2032: Pensiamo in grande

postato il 8 Ottobre 2019

L’intervento pubblicato sul Resto del Carlino

Si è parlato di sogno ad occhi aperti, di semplice suggestione, o di concreta opportunità. In qualunque modo la si guardi, l’ipotesi di un asse tra Firenze e Bologna per ospitare le Olimpiadi del 2032 ha raccolto da subito un entusiasmo che non si vedeva da tempo, inimmaginabile in un Paese in cui – purtroppo – le tentazioni del campanilismo e del provincialismo, sono sempre dietro l’angolo.
La prima sfida è proprio questa: Bologna e Firenze possono essere le capofila di una grande operazione sui Giochi destinata a rappresentare una chance straordinaria per un territorio molto più ampio e a unire due regioni in una visione di sviluppo complessiva, in grado di coinvolgere l’Italia intera.

D’altronde lo sport è uno dei maggiori patrimoni di valori e di emozioni popolari che l’umanità coltiva e sviluppa costantemente fin dall’antichità. Nella sua pratica c’è qualcosa di più di una semplice attività ricreativa, un qualcosa che lo rende un fattore decisivo di coesione sociale e di progresso culturale. Non a caso, durante le Olimpiadi, i conflitti in corso fra le città-stato della Grecia venivano sospesi per consentire ai soldati di partecipare alle gare.
È infatti nella competizione e nel confronto con gli altri, all’interno di un sistema di regole e di valori condivisi, che si rafforzano i legami reciproci e si alimenta uno straordinario meccanismo di crescita collettiva e individuale.

Tuttavia, realtà complesse e interessi articolati – talora in conflitto – hanno portato ad accostare le Olimpiadi a un coacervo di burocrazia e convenienze lobbistiche volte anche ad alimentare spesa pubblica e corruzione. Le conseguenze finanziarie dello sforzo olimpico portato avanti dalla Grecia nel 2004, ad esempio, furono alla base delle perplessità dell’ex premier Monti di fronte alla candidatura di Roma per le Olimpiadi 2020.
Certo le condizioni oggi sono diverse da quelle di allora e l’Italia fortunatamente non è più a rischio default. Queste ed altre considerazioni hanno portato in passato lo stesso Comitato Olimpico internazionale a valutare l’ipotesi di stabilire nella città di Atene, dove sono nati, la sede permanente dei Giochi o di fissarli, a rotazione, solo in alcune aree del mondo. Oggi Firenze e Bologna hanno una grande opportunità. Quella di sprigionare le energie positive di due città che, già legate in un’area urbana comune, devono continuare a integrarsi, a cominciare dalle infrastrutture logistiche, in una competitività virtuosa per dare slancio internazionale a due Regioni e a tutta l’Italia.

In questo senso, le Olimpiadi congiunte del 2032 non sarebbero qualcosa che esclude, ma che unisce. Ecco perché si è iniziato a ragionare su una proposta che abbia al centro una rete di territori, di competenze, di paesaggi, che indichi una nuova strada per i grandi eventi sportivi nel nome dell’accoglienza e della sostenibilità. A cominciare dall’idea di coinvolgere per gli eventi inaugurali e conclusivi la città di Roma. Sarebbe l’occasione per realizzare un’impiantistica adeguata che poi resterebbe a beneficio del territorio. A questo riguardo, ci sono già i nuovi stadi della Fiorentina e del Bologna FC, ma di certo i capoluoghi da soli non bastano. Vanno coinvolte anche le città toscane ed emiliane con i maggiori impianti sportivi e la fila dei sindaci che si son detti pronti è già lunga. Siamo ancora ai primi passi, ma, per ora, sono passi incoraggianti.

Intanto bisogna raccogliere energie e idee per lanciare ufficialmente la candidatura. È ovvio che questo “sogno” deve poter contare non solo sulla partecipazione di due città e di due regioni, ma anche sul sostegno costante di tutti i settori coinvolti, sulla collaborazione di eccellenze della società civile, su una chiara visione allineata agli obiettivi di sviluppo a lungo termine e su un solido piano di azione. Ma soprattutto non deve costituire in alcun modo un elemento divisivo per la politica, che è chiamata a dare prova di grande maturità. Questa è una partita che può concludersi solo positivamente perché, comunque vada, maturerà una presa di coscienza importante per le due città che hanno l’occasione per rinsaldare un asse strategico a cavallo dell’Appennino e portare a termine opere che i territori meritano anche in prospettiva futura. Senza contare l’indotto psicologico che potrebbe fare da molla per ulteriori investimenti e aumentare la percezione di benessere dei cittadini (una sorta di riproposizione dell’effetto Expo di Milano).

È il momento di pensare in grande e di serrare le fila per una volata finale che potrebbe vederci vincitori, tutti. Non facciamo le Olimpiadi viola o rossoblù, facciamo le Olimpiadi italiane, le Olimpiadi tricolore!

Pier Ferdinando Casini
Senatore di Bologna

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Conte impari dal passato e ceda la delega agli 007

postato il 7 Ottobre 2019

La mia intervista pubblicata su La Stampa a firma Carlo Bertini 

«Io non la metterei in termini di dovere, perché ritenere che da parte del presidente del consiglio ci sia un obbligo costituzionale, o anche solo politico, di rinunciare alla delega ai servizi, equivale a depositare una mozione di sfiducia contro di lui».
Da ex presidente della Camera, con trent’anni di esperienza nelle aule parlamentari (ultimo incarico la guida della commissione Banche nella scorsa legislatura), Pierferdinando Casini, oggi eletto in alleanza col Pd, giudica pertanto «una richiesta forte» l’invito rivolto a Conte da Renzi.
«Se non si ha fiducia politica che il premier riesca a gestire questa delega, vuol dire che lo si ritiene istituzionalmente inaffidabile. Se invece Renzi intende solo consigliare al premier di rinunciare alla delega, allora condivido anche io».
Perché?
«La motivo con la mia esperienza. I premier più esperti e più capaci hanno sempre delegato questa responsabilità, perché c’è la necessità di competenze specifiche e di un impegno al cento per cento. E peraltro rischia di essere inavveduta l’idea che qualche consigliere del presidente possa supplire dando i consigli giusti. Perché ciascuno risponde a una cordata e quindi in quel ruolo serve un’autorità con delle competenze specifiche».
Come prassi però anche altri premier tra cui Gentiloni l’hanno mantenuta questa delega…
«Ci sarà però un motivo per cui la maggior parte dei presidenti del consiglio l’ha delegata. Anche a garanzia della posizione in sé del Presidente, che può essere ingiustamente trascinato a dover spiegare delle cose. Mentre se c’è un ‘autorità che fa da schermo tra lui e il Parlamento, questo lo garantisce maggiormente. Secondo me, meno si coinvolge un premier, meglio è. E sto dando al presidente un consiglio, basato sull’esperienza. Ma se vuole tenere la delega, la tenga. A suo rischio e pericolo».
La vicenda Barr solleva interrogativi da chiarire. Come si è mosso il premier in questo frangente?
«Non voglio dare giudizi, ho opinioni maturate dalla lettura della stampa, non suffragate da elementi su cui formulare un giudizio. Ma è chiaro che questa è una vicenda che rischia di finire in Parlamento. Proprio per l’esposizione in prima persona del premier, il rischio che qualcuno chieda un dibattito in aula, anche dopo la sua audizione al Copasir, c’è. E sotto il profilo politico, Conte farebbe fatica a sottrarsi a questa richiesta».
Questa della delega ai servizi è solo una delle ultime richieste di Renzi. Le pare che stia facendo ballare troppo il governo?
«Renzi è un cavallo di razza e i cavalli di razza sono scalpitanti per natura. Non mi meraviglio di ciò che capita. La mia preoccupazione da esperto della politica è che questa cosa finisca per indebolire il governo, creando un clima di fibrillazione permanente. Perché se anche Renzi non lo vuole, sarà troppo forte la tentazione di dare visibilità al suo nuovo partito. Cosa che il Pd non può tollerare perché rischia di indebolirsi. Insomma, se il buon giorno si vede dal mattino, allacciamo le cinture…».
Ma perché tutti temono le mosse di Renzi se la carta di far cadere il governo non sembra averla, visto che ha appunto bisogno di tempo per far crescere Italia Viva?
«In teoria è così, ma in realtà tutti hanno molta più paura di Renzi di quanto dicono. Anche a causa della sua grande determinazione. Tutti hanno capito che sta coprendo uno spazio politico straordinario, che nessuno finora ha coperto. E proprio questo grande spazio politico è la ragione per cui fibrillano tutti. In presenza di Forza Italia che si sta disgregando, è chiaro che lui può fare la differenza».
Il premier può essere un concorrente temibile per Renzi, tanto da indurlo ad attaccarlo? Visto che si muove da ex democristiano, che ha buoni uffici con la Chiesa e parla al centro…
«Onestamente non lo credo. La sua forza è essere un premier terzo, se scendesse in campo politicamente verrebbe triturato. E poiché è una persona avveduta, non credo che lo farà».

 

 

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“E’ vero Renzi è temerario, ma potrebbe avere successo”

postato il 18 Settembre 2019

Il nuovo Pd ha rimosso il renzismo e guarda a Leu. Non ho più l’età per essere consigliere né occulto né palese e mi par chiaro poi che Matteo ha tanti pregi, ma non certo quello di farsi consigliare

Pier Ferdinando Casini

L’intervista di Francesco Ghidetti pubblicata su QN

Dica la verità. Lei è dietro l’operazione di Renzi…
Pier Ferdinando Casini ride per un po’. Poi, torna serio: “Non ho più l’età per essere consigliere né occulto né palese e mi par chiaro poi che Matteo ha tanti pregi, ma non certo quello di farsi consigliare”.

Lei da anni parla di spazio enorme al centro.
“Vero. Con LeU al governo e con l’idea che le nozze Pd-M5s dovranno celebrarsi in modo duraturo lo spazio è immenso. Renzi lo ha capito. D’Alema e Bersani stanno per rientrare… Ma mi lasci dire una cosa: basta parlare di centro. Lo chiameremo Andrea. Inventatevi una nuova definizione”.

Ma l’uscita di Renzi rafforza il governo?
“Ecco, su questo avrei qualche dubbio. Una nuova forza politica che nasce ha bisogno di visibilità. E tanto più nelle richieste sul programma. Le priorità potrebbero non coincidere con quelle di Palazzo Chigi, anche se Renzi non pensa a minare la coalizione”.

Intanto Berlusconi…
“Silvio è stato bravo. Pacato in occasione delle consultazioni. Non si è lasciato coinvolgere dalla deriva populista. Certo, deve fronteggiare i suoi gruppi parlamentari spesso più salviniani di Salvini. E quindi è in attesa”. [Continua a leggere]

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Governo: Fiducia a tempo, occhio ad antipolitica e retorica porti aperti

postato il 10 Settembre 2019

Il mio intervento, nell’Aula del Senato, nella discussione sulle comunicazioni del Presidente del Consiglio


Se da convergenza delle forze che partecipano al Governo si creerà nuovo partito della sinistra, i centristi e i moderati avranno la responsabilità di far nascere un contenitore che oggi non esiste e che è necessario per l’Europa e per l’Italia

La lunga presenza nelle aule parlamentari mi consente il privilegio di parlare senza usare perifrasi, dicendo a tutti i colleghi esattamente quello che penso.
La prima verità è che la maggioranza giallorossa non sarebbe stata possibile senza il miracolo di Salvini che, chiedendo pieni poteri agli italiani e pretendendo subito dopo il 20 agosto la calendarizzazione della mozione di sfiducia, ha accelerato l’avvicinamento di 2 forze politiche fino a ieri antagoniste e forse anche qualcosa di più.
Successivamente, reiterando all’onorevole Di Maio l’offerta della Presidenza del Consiglio, ha tolto qualsiasi credibilità alle rivendicazioni ribadite ieri in piazza, dimostrando semplicemente un tardivo ripensamento su quella che appare essere stata un’autentica mossa di autolesionismo politico.
Colleghi, le elezioni sono ogni 5 anni e il Presidente della Repubblica – non solo secondo la Costituzione, ma anche secondo il buon senso – è tenuto non a leggere i sondaggi o ad assecondare i variabili umori dell’opinione pubblica, ma a preservare la continuità della legislatura se esistono possibili maggioranze.
M5S e Lega avevano fatto la campagna elettorale gli uni contro gli altri. Né più né meno come M5S, Pd e Leu. Ogni evocazione di complotto o di lesioni della volontà popolare è solo propaganda politica: comprensibile, ma istituzionalmente irrilevante. E poi, in questo caso, Il demiurgo ha un nome e un cognome ed è quello dell’ex ministro dell’Interno.
Questa premessa è per rispetto della verità.

Il discorso del Presidente del Consiglio è pieno di spunti interessanti. Penso al tema demografico ed al provvedimento sulle gratuità degli asili nidi.
Condivido in particolare il riferimento all’atlantismo e all’europeismo che ritrovano dignità nelle aule del parlamento italiano. Questa è la nostra tradizione, queste sono le nostre radici, questo è il nostro ineludibile futuro se noi non vogliamo consegnarci a un sovranismo irresponsabile che porterebbe solo guai all’Italia, rendendoci – come lo siamo stati in quest’ultimo anno – completamente ininfluenti.
Il resto del programma è un impasto, come sempre capita, di buone intenzioni e di propositi che andranno tutti verificati alla luce del cammino parlamentare.
La mia preghiera è di evitare la retorica dell’antipolitica che purtroppo ha avuto diritto di cittadinanza fino ad oggi, a partire dalla riduzione del numero dei parlamentari. Un provvedimento demagogico a cui rimango fermamente contrario, pur sapendo che è nell’accordo di programma. L’esperienza mi dice, cari colleghi, che tante volte le condizioni più stupide sono anche quelle più irrinunciabili.
D’altronde mi auguro che i 5 Stelle stiano cominciando a comprendere che un conto sono le mirabolanti promesse politiche, un altro è la dura pratica del governo quotidiano.
Condivido i cenni critici sui social network, straordinario strumento del nostro progresso: ma la democrazia della rete non esiste, perché l’unica vera democrazia è quella del popolo.
È il governo più giovane della Repubblica. Viva il governo! Ma se non ci sarà la professionalità, l’esperienza e le capacità giuste per affrontare tematiche molto delicate, questo dato diventerà importante solo per la statistica.
Signor Presidente, ho espresso pubblicamente – e lo ripeto nell’Aula del Senato – le mie preoccupazioni per il futuro, che in questi giorni non sono diminuite.
Spero di sbagliarmi e in quel caso sarò il primo a rallegrarmi per il complessivo vantaggio che il Paese ne ricaverà.
Richiamo la vostra attenzione, ad esempio, sul tema dell’immigrazione. Mi è piaciuto il riferimento a Saragat e al volto umano della democrazia: è questo che vogliamo, una gestione umana nel rispetto della legalità. Ma se alla politica dei porti chiusi corrisponderà la politica opposta – che all’estrema sinistra si invoca – dei porti aperti, faremmo tutti il più grande regalo che l’ex ministro Salvini possa auspicare.
L’orientamento del governo è quello di condividere con l’Europa le responsabilità e certamente Paolo Gentiloni, ottimamente designato a Commissario europeo darà una mano.
Ma non facciamoci grandi illusioni, se è vero che anche i governi precedenti – da Letta, a Renzi – pur essendo in sintonia con le autorità europee hanno più volte lamentato di essere stati lasciati soli dai nostri partner.
Infine, signor Presidente, una questione essenzialmente politica: molti ritengono che la mission di questo esecutivo debba essere la creazione di un nuovo partito della sinistra, determinato dalla convergenza delle forze che partecipano al Governo.
Non auspico questo esito ed è sin troppo ovvio che in questo caso i centristi e i moderati non potranno far parte di questa entità e avranno la responsabilità di far nascere un contenitore che oggi non esiste e che è necessario per l’Europa e per l’Italia.
Il mio voto di Fiducia, che le chiedo di considerare a tempo, è coerente con quanto enunciato dal mio Gruppo in primo luogo al presidente della Repubblica e anche a lei nel corso delle consultazioni.

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GOVERNO: VOTO LA FIDUCIA. MA IL GOVERNO VA TROPPO A SINISTRA

postato il 7 Settembre 2019

La mia intervista pubblicata su Affaritaliani.it

“Voto la fiducia a un governo che verificherò nel corso del suo cammino. Ma se il buongiorno si vede dal mattino certamente non c’è da essere soddisfatti, perché è chiaro che è un esecutivo che guarda prevalentemente a sinistra”.
Lo afferma ad Affaritaliani.it il senatore Pier Ferdinando Casini alla vigilia del voto sulla fiducia in Parlamento.

“Il rischio che io intravedo – dal tema delle acque a quello delle concessioni fino a quello della politica economica – è che questo governo nel corso della sua navigazione accentui un’attenzione unilaterale verso i temi che pone la sinistra politica nel nostro Paese”.

“D’altronde – afferma Casini – tutto è confermato dal fatto che per molti nel Pd questa alleanza non è un’alleanza nata dallo stato di necessità, ma è strategica per ricreare una nuova sinistra in Italia. E se questa è la direzione di marcia è chiaro che io non ci sto. E’ giusto votare la fiducia, è giusto aprire una linea di credito a questo governo, ma tenendo molto alta l’asticella e la guardia. La presenza di LeU nel governo è un indizio di cui preoccuparsi. Peraltro – continua l’ex presidente della Camera – io ritenevo che fosse indispensabile bloccare la pretesa di Salvini di definire i tempi e le modalità della fine di questa legislatura. Per cui è stata positiva la formazione di questo governo, però il difficile inizia adesso perché bisogna vedere come viene interpretato questo indirizzo politico”.

Quanto alla durata del governo Conte bis, Casini afferma: “Se le mie preoccupazioni, come io mi auguro, risulteranno infondate durerà tutta la legislatura. Se le mie preoccupazioni fossero fondate, andrà poco avanti. Mai come in questo caso mi auguro di sbagliarmi”.
Di Maio agli Esteri? “No comment”. Gentiloni commissario europeo? “Benissimo, è una scelta molto rassicurante e positiva del governo”.
In generale, come valuta la compagine del Pd al governo?
“Direi che l’elemento di spicco è Franceschini, lo ritengo l’elemento più rassicurante”.
E i ministri M5S, a parte Di Maio? “Sono una grandissimo estimatore di Patuanelli, che ritengo sia la persona migliore dei 5 Stelle. Sono contento che l’abbiano messo al governo”, conclude Casini.

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Governo: ecco perché darò “una fiducia a tempo”

postato il 6 Settembre 2019

L’intervista pubblicata su Il Foglio

Un sospiro, ad aprire la conversazione. “E’ un governo che nasce gracile e che dovrebbe rafforzarsi strada facendo”. E però? “E però, se il buongiorno si vede dal mattino, direi che c’è un problema”, dice Pier Ferdinando Casini. “E il problema sta nel fatto che questo esecutivo è troppo sbilanciato a sinistra”.
Ancora non parte, insomma, e già iniziamo a picconarlo?
E qui l’ex presidente della Camera, oggi senatore nel gruppo delle Autonomie, uno che pure ha dato un contributo non del tutto secondario nelle trattative che hanno portato alla formazione del BisConte in salsa rousseaugialla, mette le mani avanti.
“No, nessun tentativo di sabotaggio. Bisogna essere generosi, con questo governo che nasce in condizioni di indubbia difficoltà, sulla scia di una decisione folle di Matteo Salvini che, dopo avere fatto propaganda per un anno dal Viminale, ha preteso di dettare lui i tempi della crisi, scatenando la reazione di tutto il Parlamento, compreso un pezzo significativo di Forza Italia”.
Operazione riuscita, allora: il nuovo governo Conte ha appena giurato al Quirinale.
“Sì, ma al Colle ci è arrivato dopo avere imbarcato anche LeU. E sia chiaro: io non ho niente contro gli amici di LeU, né tanto meno contro quella bravissima persona che è Roberto Speranza. Ma un governo così connotato a sinistra risulta minoritario, così rischiamo di spaventare i moderati e il mondo delle imprese. Per questo mi sono sentito di esprimere le mie riserve rispetto al pieno coinvolgimento di LeU”.
Scatenando non poche critiche, negli eredi del Pci, che le rimproverano di non avere affatto disdegnato i voti della sinistra, quando si è candidato col Pd a Bologna.
“Ricordo che nell’uninominale della mia città, il 4 marzo 2018, vinsi il mio collegio col 35 per cento. L’amico Vasco Errani, di LeU, era contro di me in quel collegio e non arrivò al 10. Ieri anche Massimo D’Alema mi ha scritto per dirmi che lui non è affatto un pericoloso sovversivo. E ha ragione, io non lo credo affatto. Ma il problema è politico”.
Tuttavia il sostegno di LeU, in Parlamento, è decisivo per garantire la maggioranza. Specie al Senato.
“Infatti, a mio avviso, questo doveva essere un governo composto da Pd e M5s, appoggiato esternamente da altre compagini, con possibilità di espansione anche nell’area moderata. Ma così diventa tutto più difficile”.
Difficile è anche prevedere che possa essere stabile un esecutivo che deve sperare in appoggi esterni, però.
“Attenzione a non considerare un elemento di forza l’acquisto di quattro o cinque voti in Parlamento, se per ottenerli si perde la sintonia col paese. Penso ad esempio al Viminale. Vedo che Salvini ha già cominciato ad attaccare il nuovo ministro dell’Interno Lamorgese, eccellente servitrice dello Stato, in quanto ex capo di gabinetto di Alfano. Si tratta di demagogia spicciola, certo. Però, ecco, stiamo attenti: non vorrei che si passasse dalla becera politica dei ‘porti chiusi’ a quella dei ‘porti aperti per tutti’. Spero che la linea tracciata da Minniti, a suo tempo, non venga valicata in senso opposto”.
Ma insomma, Casini, le piace questo governo?
“Lo voterò, se è questo che volete sapere. Ma si tratterà di una fiducia a tempo, non illimitata, concessa sforzandoci di non vedere alcuni elementi non proprio entusiasmanti”.
Del tipo: Luigi Di Maio ministro degli Esteri?
“Una scelta poco felice. Ma anche San Paolo era un libertino che si convertì sulla via di Damasco. Di Maio non è sciocco, e credo che si farà guidare dalle ottime strutture della Farnesina, che è un po’ una grande, accogliente famiglia. Magari Elisabetta Belloni, segretario generale, potrà fargli un corso accelerato di diplomazia”.
Chi ne è uscito meglio, da questo crisi?
“Malissimo Salvini: si è suicidato. Renzi se l’è giocata bene, Franceschini strabene. E decentemente se l’è giocata Berlusconi, che col suo garbo istituzionale ha dimostrato che senza di lui il centrodestra è al primitivismo del populismo”.
E Zingaretti?
“Gli darei la sufficienza. Ha adottato una politica di contenimento, e da vecchio giovane del Pci è passato all’incasso sui posti di potere”.
Prodi pensa già a una nuova stagione di maggioritario.
“Io rispetto Romano, ma la penso all’opposto. Quello che serve, ora, è un proporzionale. Altro che bipolarismo: io mi auguro proprio che questo governo non sia l’embrione di un nuovo futuribile centrosinistra. E io in ogni caso, non ne farei parte”.

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Se l’esecutivo è solo frutto di poltrone, facciamo un regalo a Salvini

postato il 2 Settembre 2019

“Il rischio è che dopo la fiducia iniziale, la maggioranza si restringa. Se esecutivo più a sinistra della storia della Repubblica, no sponde da centristi e moderati”

L’intervista di Giuseppe Alberto Falci pubblicata sull’Huffington Post

Da decano del Parlamento e da uomo che di trattative politiche ne ha viste tante, in 36 anni di ininterrotta attività fra Montecitorio e Palazzo Madama, Pier Ferdinando Casini, già presidente del Camera, uno che rivendica da sempre il suo essere democristiano, dice la sua sulla trattativa estenuante fra grillini e democratici: Questa è la premessa: “Non mi scandalizzano le manfrine intorno ai vicepremier. Credo che alla fine la rinuncia di Franceschini aprirà ugualmente la strada a due vicepremier e non a nessuno”.

Da più parti è stata salutata come una intuizione dell’ex diccì Franceschini. Anche lei crede che sia la mossa determinante?

“Dario ha dimostrato di essere il più intelligente”.

Fatta questa premessa, a suo giudizio può resistere un esecutivo fra due compagini che fino a ieri si sono detestate?

“Sono preoccupato della premessa, perché se l’esecutivo è solo frutto di poltrone, di potere, noi faremo vincere a tavolino Matteo Salvini”.

E allora quale deve essere la ricetta per far sì che il governo duri e porti a casa i risultati?

“Intanto, devono essere ben chiari i paletti su cui nasce questa maggioranza. Perché se si prefigura il governo più a sinistra della storia della Repubblica italiana non ci saranno sponde né dei centristi né dei moderati”.

Dice così perché già vede sommovimenti tra i gruppi parlamentari? Raccontano che alcuni grillini, i più sovranisti, sarebbero pronti a fare le valigie e a migrare nel gruppo della Lega.

“Guardi, il rischio è che dopo la fiducia iniziale la maggioranza si restringa invece di ampliarsi”.

Quali correttivi suggerisce per non essere eccessivamente di sinistra?

“Ci deve essere chiarezza sui contenuti. Capitolo tasse: bisogna andare verso un progressivo abbassamento della tassazione. Naturalmente, compatibilmente agli impegni presi con l’Europa”.

E sul fronte migranti che ha determinato l’ascesa di Matteo Salvini e della sua Bestia propagandistica?

“Sul fronte immigrazione dobbiamo iniettare nelle politiche governative valori ormai dimenticati come l’umanità e la solidarietà. Ma se si pensa di passare dalle politiche dei porti chiusi a quelle dei porti aperti andremo a sbattere subito fuori strada. Ecco, un conto è ritrovare un certo feeling con l’Europa. Poi, però, stop. Porti aperti significa che il governo non sopravvive nel Paese. E io non voglio certo fare regali a Salvini”.

 

 

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“Sguarnita l’area moderata. Bene la scelta di Urbano Cairo, la competenza vale ancora” 

postato il 27 Agosto 2019

Molte voci di Forza Italia sono salviniane. Fi è già fuori dal perimetro moderato. Nasce con il MSS un governo che guarda a sinistra, mi auguro che non sia squilibrato. 

L’intervista di F. Grignetti pubblicatia su la Stampa

Pier Ferdinando Casini, lei che di centrismo se ne intende, si sarà fatto un’idea sul manifesto politico di Urbano Cairo
«Premesso che conosco e stimo Cairo, è poi possibile che non si presenti alle elezioni. Dipende anche dai tempi, non ci si butta mica dal quinto piano senza paracadute, ma manifesto politico l’ha lanciato, eccome. E siccome Cairo è uomo di comunicazione, sa che, al di là dei contenuti, il fatto stesso di avere concesso una intervista del genere è una notizia. Sì, possiamo dire che da oggih a fatto la sua discesa in campo. Emi si lasci dire che è anche una cosa bella, vedere un uomo che s’è fatto da solo e sente una vocazione per il suo Paese. Qui da noi, magari genera scandalo la discesa in campo di un imprenditore. Ma io ricordo bene altri tempi quando cominciai a fare politica, e che cosa erano i poteri forti. Penso alla Montedison, di Schimberni, ai Gardini, ad Agnelli. I poteri forti all’epoca davvero usavano la politica come un taxi. Oggi i poteri forti non esistono più e semmai gli imprenditori si espongono in prima persona”

Il manifesto politico di Cairo, come lo definisce lei, è innanzitutto un orgo orgoglioso rilancio dei capisa di liberal-democratici in tempi di populismo. Non la meraviglia vedere quanto sia sguarnita quell’area e quanti invece si candidano a rappresentarla, Renzi e Calenda compresi?
«Verissimo che l’area un tempo detta di Centro, o liberal-democratica, o moderata (ma moderato non significa pusillanime o ambiguo, quanto tenace ricercatore di soluzioni), è totalmente sguarnita. Effetto di anni di demolizione della competenza e della politica professionale. Che poi, fatemelo dire, sonoi politici di professione quelli che salvano il Paese da decisioni sgradite nei consessi internazionali. E i politici incompetenti sono quelli che si fanno ridere dietro ad ogni livello».

Tornando al paradosso di un’area cosi sguarnita eppure tanto ambita?
«Innanzitutto mi viene di pensare che la discesa in campo di Cairo sollecita valori di cui troppo poco si parla ormai: sacrificio, professionalità, competenza. Parole d’ordine che sembravano scomparse dall’agenda. E’ importante tornare alla competenza. D’altra parte, guardate i giovanotti che sono al governo: ci sono arrivati facendo la lotta ai vaccini, ma poi si sono resi conto che i vaccini sono indispensa bili e hanno fatto vaccinare i loro figli. Per fortuna, aggiungo io. In fondo, Cairo non inventa nulla. Anche quella sottolineatura che lui non si considera erede di Berlusconi… Ovvia. Cairo non è un suo replicante. E poi quell’eredità già non esiste più».

Previsioni?
«L’area di Centro è li, ma nessuno oggi la presidia. Le voci di Forza Italia, tolto Brunetta e la Carfagna, sono più salviniane di Salvini stesso; Forza Italia è già fuori dal perimetro moderato. Dall’altra parte, un tempo, c’era Renzi, ma ora c’è Nicola Zingaretti che viene da tutt’altra storia. E infatti adesso nasce con il MSS un governo che guarda a sinistra, addirittura con dentro gli eredi di LeU. Mi auguro anzi che non sia eccessivamente squilibrato a sinistra”.

Ma non pensa che la politica al tempo dei social vada da tutt’altra parte?
“Indubbiamente la Bestia è una proiezione dello spirito dei tempi, e non solo in Italia. Ma è anche vero che queste pulsioni si bruciano in tempi velocissimi. E alla fine la gente chiede altro. Non è un caso se la gente guarda a Mattarella. Oppure se il tranquillo Giuseppe Conte sia in cima ai sondaggi di gradimento. Prima o poi, finirà anche il primitivismo della stessa Rete. Sta già capitando. I demolitori professionali ormsi lasciano il tempo che trovano».

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