Le elezioni amministrative che ci siamo appena lasciate alle spalle ricordano per diversi motivi le elezioni amministrative del 1993. Le ricordano sicuramente per l’eco mediatico ma anche perché probabilmente segneranno un passaggio storico fondamentale. Il 1993 fu l’anno della prima elezione diretta dei sindaci, ma segnò anche la fine della Dc e del Psi che furono spazzati via dalle amministrazioni comunali dalla Lega e dall’alleanza delle sinistre: il leghista Formentini espugnava la Milano socialista e riformista, Leoluca Orlando si imponeva con percentuali bulgare a Palermo, mentre a Roma e Napoli le sinistre vincevano sui candidati di un Msi con percentuali a due cifre. Eppure nonostante il trionfo in gran parte del Paese della “gioiosa macchina da guerra” di Achille Occhetto le elezioni politiche del 1994 finirono in maniera ben diversa. E tutti sappiamo il perché. Le elezioni amministrative del 2011 come quelle ormai lontane del 1993 hanno dei vincitori chiari, ma bisogna anche saper leggere il messaggio che esce dalle urne e solamente chi sarà capace di interpretare questo messaggio potrà sperare di vincere le prossime elezioni politiche.
Giuliano Pisapia e Luigi De Magistris cinque anni fa probabilmente sarebbero finiti nel tritacarne berlusconiano, oggi invece hanno annientato gli alfieri del centrodestra perché sono riusciti ad incarnare quel cambiamento coraggioso e rigoroso che da più parti viene chiesto alla classe politica. Non hanno vinto dunque l’immaginifico Vendola o il tribuno Di Pietro, ma hanno vinto il compassato avvocato garantista che ha fatto campagna elettorale sui problemi di Milano e il magistrato Masaniello che ha promesso, ad una città stanca e demoralizzata, di liberarla dai suoi cattivi amministratori degni del celebre film “Signori e signori, buona notte”.
Berlusconi invece ha perso perché ormai non incarna nessun cambiamento. Quando Giuliano Ferrara dalle pagine del suo quotidiano tenta di resuscitare il Berlusconi del 1994 non ha tutti i torti: quello fu il Berlusconi che interpretò al meglio la voglia di cambiamento degli italiani, che alcuni improvvidi commentatori nel 1993 avevano chiamato “voglia di sinistra”. Ma Berlusconi ormai non interpreta più nessun cambiamento anzi, e probabilmente questo è un dramma per l’uomo Berlusconi, incarna tutte quelle cose che da imprenditore aveva sempre aborrito: retorica, stagnazione, lacci e laccioli. Il voto amministrativo ha condannato senza appello questo centrodestra da cinepanettone ed è difficile pensare che Berlusconi riesca a tirare fuori dal cilindro qualcosa che cambi radicalmente la situazione. Resta a questo punto da capire se Berlusconi vorrà vedere scorrere per intero i titoli di coda di questo triste film o se vorrà, con buonsenso e signorilità, alzarsi prima dal tavolo da gioco prima di perdere tutto. In ballo non c’è solo la sorte del Cavaliere ma anche quella dei moderati italiani che ormai non si riconoscono più nella sua figura e nella sua politica.
Il Nuovo Polo che, seppur con difficoltà, si è cimentato da poco con le urne non può restare a guardare: non può restare a guardare l’inabissamento dei moderati imbarcati nel Titanic berlusconiano e non può restare a guardare i professionisti del nuovismo e del cambiamento, ma occorre che si faccia promotore di una iniziativa politica autonoma, coraggiosa e giovane. Nei prossimi mesi per i moderati italiani si potranno aprire praterie da percorrere in lungo e in largo ma lo potrà fare solamente chi avrà il coraggio delle scelte, chi saprà rinunciare alle alchimie politiche e agli appiattimenti di convenienza, chi avrà il coraggio di rinunciare ai ras delle preferenze per proporre donne e uomini giovani, preparati e con tanta voglia di fare. Questa non è solo la scommessa dei moderati italiani, ma la scommessa di quanti credono che non basta dire che “cambia il vento” ma che occorre anche capire quello che il vento dice perché, come diceva Jim Morrison, “la solitudine è ascoltare il vento e non poterlo raccontare a nessuno”.
C’è la necessità di voltare pagina. Mi auguro che se il governo sarà bocciato domenica e lunedì, finalmente si torni a parlare dei problemi degli italiani.
Abbiamo il 30 – 40% di giovani disoccupati. Nel Mezzogiorno il mondo femminile profondamente colpito dalla crisi. La questione sociale è enorme, pensate a ciò che è successo per Fincantieri nei giorni scorsi. Una fascia di ceto medio sta scivolando nell’area della povertà, perché un Paese che non si sviluppa è un Paese che produce più disoccupati.
Se il risultato delle elezioni amministrative rafforzerà quella la bocciatura della politica del governo, chiediamo che Berlusconi finalmente si concentri sui problemi degli italiani, perché queste sono le emergenze, non i suoi processi.
Riteniamo che in queste elezioni amministrative bisogna pensare alle città, ai problemi della collettività. Purtroppo c’è stata una degenerazione anche del costume politico in Italia. Chi ha voluto trasformare queste elezioni in un referendum pro o contro il governo ha ottenuto il risultato di essere sonoramente bocciato, ma soprattutto ha svilito il grande significato del voto locale.
D’altronde, quando in una campagna elettorale si fa leva sulle paure dei cittadini, si cerca di spargere odio, come se l’odio potesse in qualche modo assicurare una vittoria, si perde il senso delle dimensioni.
Pier Ferdinando
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Anche ieri Silvio Berlusconi ha raccontato in tv di avere offerto all’Udc undici posti nel governo e tra questi la vice presidenza del Consiglio.
Allora mi chiedo: Berlusconi non capisce o fa finta di non capire? La questione non sono i posti nel governo che offre, ma la politica che fa: se il Presidente del Consiglio avesse una politica che ci convincesse potrebbe anche non offrirci niente.
A noi interessa che si cambi la politica del Paese, non ci interessano i posti a tavola.
Mozione Udc alla Camera, moratoria per imprese e famiglie in difficoltà
Al governo che fa solo spot e si occupa di baggianate, come il trasferimento dei ministeri, noi chiediamo di occuparsi dei problemi veri della gente.
Gli evasori fiscali che si nascondono la fanno franca, mentre sei milioni di famiglie coinvolte in misure cautelari Equitalia sono in difficoltà per la crisi e magari anche per i ritardi nei pagamenti dello Stato stesso.
Vogliamo che il governo intervenga subito, non con spot elettorali ma in Parlamento. Un Paese civile deve distinguere tra evasori fiscali e persone per bene che non ce la fanno a pagare per la crisi economica.
L’Udc propone una mozione che impegna il governo a promuovere una ristrutturazione dei debiti tributari; valutare la possibilità di chiedere una moratoria per imprese e famiglie con obiettive difficoltà economiche; ridurre gli interessi delle sanzioni annesse e aumentare le rate concesse; istituire un fondo di garanzia a sostegno delle imprese; destinare i profitti di Equitalia sui tributi insoluti ad un fondo di sostentamento per famiglie e lavoratori autonomi in difficoltà.
Le promesse di Pulcinella fatte da Silvio Berlusconi degradano la politica. Il centrodestra non riesce a capire che le promesse fatte in campagna elettorale sono volgari. Così il tentativo di decentrare alcuni ministeri a Napoli e a Milano ha ottenuto la giusta scomunica anche dal sindaco di Roma e dal presidente della Regione. Se la politica in Italia va a rotoli questo dipende anche dalle troppe promesse e dalla scarsa serietà.
Pier Ferdinando
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Mi sembra che Berlusconi continui a non capire e a sbagliare. Pensa che il 47% dei milanesi che ha votato Pisapia sia reclutabile fra zingari, extracomunitari e amici. Non ha ancora capito che non deve fare promesse mirabolanti tipo quella dello spostamento dei ministeri -che non si capisce se è ridicola o solo folle- ma dovrebbe essere serio.
Pubblichiamo da ‘Il Messaggero’ l’intervista a Pier Ferdinando Casini di Claudio Sardo
ROMA – «Ma cosa si immaginavano? Che ci saremmo arruolati, al suono della fanfara, con un Pdl in piena deriva estremista o con de Magistris e Pisapia? E, se avessimo fatto una simile scelta, cosa direbbero oggi i politologi che ci criticano? Direbbero che il Terzo Polo è tornato sotto le ali protettive di Berlusconi oppure, all’opposto, che si è aggiunto all’ammucchiata anti-berlusconiana». Pier Ferdinando Casini è convinto che il non schierarsi nei ballottaggi di Milano e Napoli sia stata la scelta migliore. Una scelta obbligata da «ragioni di coerenza». Ma anche un investimento politico perché «l’autonomia del centro resta l’antidoto migliore, di cui il Paese dispone, a questo bipolarismo radicalizzato e inconcludente». E il risultato elettorale ottenuto dal Terzo Polo «dimostra fin d’ora che nella prossima legislatura né il Pdl, né il Pd avranno la maggioranza dei seggi in Senato e dunque sarà possibile avviare una fase politica nuova, nel segno nuovo dell’unità nazionale».
Presidente Casini, nel descrivere come estremiste o eccessivamente radicalizzate le opzioni in campo a Milano e Napoli, non rischia di far torto agli elettori?
«Gli elettori hanno sempre ragione. E la nostra scelta è la più rispettosa nei loro confronti. Dico di più: se gli elettori hanno premiato in modo così massiccio Pisapia e de Magistris bisogna comprendere bene anche la loro ragione politica. I milanesi non sono diventati di colpo tutti estremisti. È stato Berlusconi a dare alle elezioni un carattere politico nazionale: e gli elettori lo hanno bocciato. Ma il rispetto è dovuto anche all’intelligenza di chi ha votato per noi e lo ha fatto per investire sul futuro. Non potevamo accantonare il nostro progetto per qualche assessorato. Ora i nostri elettori sceglieranno in libertà la soluzione che sembra loro più positiva o meno negativa per la loro città». [Continua a leggere]
Pubblicato da Pier Ferdinando Casini | su: Facebook
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