Tutti i post della categoria: Politica

Capire il Referendum, capire gli italiani

postato il 14 Giugno 2011

“Va tutto ben madama la marchesa” era un simpatico motivetto di Nunzio Filogamo che andava per la maggiore negli anni quaranta. Nonostante l’allegria del motivo, la canzonetta raccontava delle tragedie che colpivano le proprietà di una marchesa continuamente rassicurata dal suo maggiordomo con la frase che da il titolo al brano. “Va tutto bene” si ostina a ripetere a se stesso, ai suoi sodali e soprattutto alla Lega Silvio Berlusconi in una inedita strategia dello struzzo inaugurata all’indomani della disfatta di Milano e rinnovata in occasione dei travolgenti risultati referendari.

Far finta di niente è probabilmente la cosa peggiore che possa fare il Premier perché i risultati delle elezioni amministrative e quelli del referendum non sono solo delle sconfitte politiche ma sono un messaggio chiaro che sale dal profondo del Paese, un Paese stanco che però ha ritrovato la voglia di dire la sua, di impegnarsi per cambiare le cose. Il referendum in particolare è stato percepito dagli italiani non solo come l’occasione per esprime la propria opinione su temi importanti, ma anche come lo strumento per dare un giudizio fortemente negativo su questo governo. Forse non è esagerato, come fa un autorevole blogger di centrodestra, parlare di “fallimento culturale”  del centrodestra, ma non siamo nemmeno davanti ad una vittoria culturale della sinistra. E’ invece assai più probabile che i promotori del referendum e una parte della sinistra abbiano saputo cavalcare un malessere diffuso che alle amministrative si è tradotto nelle vittorie “arancioni” di Pisapia e De Magistris, nella consultazione referendaria si è trasformato in una valanga di “sì”,  e che si è espresso soprattutto attraverso internet, con una mobilitazione a catena. In tanti rivendicheranno la paternità della vittoria referendaria e la rappresentanza di questi italiani scontenti, altri invece tenteranno di far finta di niente e di giungere come si può alla fine della legislatura, pochi, infine, tenteranno di riflettere sul messaggio mandato dagli italiani e di elaborare una proposta politica che dia delle risposte concrete ai problemi e alle esigenze dei cittadini. C’è da augurarsi che questi pochi riescano nel proprio intento e guadagnino la fiducia degli italiani.

“Riceviamo e pubblichiamo” di Adriano Frinchi

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Referendum, Pier Ferdinando Casini al Tg3

postato il 13 Giugno 2011

Il leader dell’Udc Pier Ferdinando Casini commenta nello speciale del Tg3 i risultati dei referendum: “Serve un nuovo governo, noi oggi pensiamo a un esecutivo di responsabilità nazionale, ma non redo che questa ipotesi si possa realizzare in questa legislatura – dice – Credo quindi che bisogna andare al più presto alle elezioni”.

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Referendum: un segnale forte, aprire fase politica nuova

postato il 13 Giugno 2011


Il voto sui referendum? “Un segnale inequivocabile e forte, al di là del politichese e delle ipocrisie, un segnale indirizzato al governo”. Lo dice il leader dell’Udc Pier Ferdinando Casini parlando con La7. “E’ il colpo finale alle dichiarazioni di Berlusconi che diceva di non andare a votare”, aggiunge.
Casini ribadisce poi la necessità di un esecutivo di responsabilità: “Conoscendo Berlusconi credo che pensi a tutto salvo che ad un passo indietro – afferma – ma sarei lieto di sbagliarmi, perché c’è necessità di aprire una fase politica nuova. Il problema, ora, è che con questo quadro politico non si puo’ vivacchiare fino a fine legislatura. Non credo che sia questo che serve al Paese. Serve un atto di coraggio, anche, forse, un Governo di responsabilità più ampia”
Il leader dell’Udc definisce poi irresponsabili gli attacchi a Tremonti sul fisco: “La caccia al piccione costruita contro Tremonti in questi giorni da parte della maggioranza – dichiara – è un atto di irresponsabilità totale, fatta come se il ministro dell’Economia non volesse fare la riforma perché cattivo. E’ chiaro che in presenza della vicenda greca e delle agenzie di rating che monitorano l’Italia, è irresponsabile criticare Tremonti”.

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Un NO al Governo grande come una casa

postato il 13 Giugno 2011

La grande partecipazione popolare ai Referendum dimostra la volontà degli italiani di tornare ad essere protagonisti: è ormai chiaro che la maggioranza e il governo sono totalmente sordi, incapaci di capire ció che vogliono gli italiani.
Nel raggiungimento del quorum è stato determinante il Terzo Polo, con la decisione di invitare tutti al voto al di là delle scelte di merito che consapevolmente rivendichiamo. Il Sì ai referendum è un NO grande come una casa a questo governo. E’ tempo che Berlusconi ne prenda atto.
Minimizzare, come ha fatto dopo le amministrative, sarebbe irresponsabile e dannoso per gli interessi nazionali.

Pier Ferdinando

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Fisco: spero che il governo non comprometta i conti pubblici

postato il 10 Giugno 2011

Spero che il governo, per fare un’operazione elettorale, non sia così irresponsabile da compromettere i conti pubblici perché il giorno dopo saremmo tutti in mutande.
I nostri conti pubblici sono a rischio, e scassarli significherebbe mettere l’Italia nelle condizioni di Grecia e Portogallo.

Pier Ferdinando

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Referendum: Berlusconi non vota? Ce ne faremo una ragione

postato il 9 Giugno 2011

Alle urne per riconciliare gente con politica e istituzioni

Il presidente del Consiglio ha detto che non andrà a votare ai referendum? Ce ne faremo una ragione e forse è il motivo per cui noi, invece, ci andiamo. Andiamo a votare per riconciliare la gente con la politica e le istituzioni, anche se alcuni quesiti concedono un po’ troppo alla demagogia e alla strumentalità.

Pier Ferdinando

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Perché, numeri alla mano, queste elezioni non sono andate affatto male

postato il 7 Giugno 2011

Meno male che D’Alimonte c’è. Consentiteci di dirlo, di ripeterlo, di cantarlo! Troppo spesso in politica si parla per sentito dire, per pressappochismo, per approssimazione. E si fa presto, quindi, a decretare vincitori e sconfitti, a dimostrare i propri successi e i fallimenti altrui, a distorcere la realtà ai fini della propria propaganda. C’è poi chi, invece, preferisce – alle discussione a caldo – i ragionamenti a freddo, con dati e numeri reali alla mano, senza cadere nel gioco della demagogia e del populismo. Sono uno di questi: sprecare fiato non mi è mai piaciuto e ho sempre avuto in sospetto i fanfaroni e i chiacchieroni, di cui – ahinoi – il mondo politico offre un vasto assortimento. Pensateci su un attimo: vi sarà capitato, in questi giorni, di accendere la Tv e di ascoltare l’infinito parterre di trasmissioni politiche, di tg, di approfondimenti vari, dire, più o meno, tutti le stesse cose, tutti – troppo spesso – con la stessa superficialità. Così, giusto per fare un esempio, avrete sentito che il Terzo Polo, l’alleanza tra Udc, Fli e Api, si è rilevata un sostanziale fallimento elettorale, perché è rimasto dietro gli altri due poli nei quattro grandi comuni chiamati al voto e perché, nei migliori dei casi, non ha superato il 10 per cento. E, magari, a forza di sentirlo, ve ne sarete convinti anche voi e – per carità! – sarete anche caduti nel giochetto “mannaggia, ho sprecato il mio voto”, che fa gola a tanti, da entrambe le parti, in questi tempi.

Poi, però, capita di trovarsi tra le mani l’Osservatorio di Roberto D’Alimonte e di accorgersi – numeri alla mano – che quello che si sente da giorni non è poi così vero; che sì, il Terzo Polo non ha perso, come volevano farci credere, che anzi ha addirittura “raddoppiato” i consensi in un anno, dal 2010 al 2011. Scrive infatti il politologo del Sole 24 Ore: “in sintesi oggi il centrosinistra è diventato lo schieramento maggioritario al Nord e al Centro. Il centrodestra resta tale solo al Sud. Anche qui ha perso ma molto meno che nelle altre zone. Mentre al Nord e al Centro il calo è stato di circa dieci punti al Sud si è fermato a meno di cinque. Anzi in questa area il centrosinistra ha perso di più, quasi sei punti. I vincitori sono stati da una parte la frammentazione e dall’altra i partiti del terzo polo. Il terzo polo come coalizione non si è presentato dappertutto ma i partiti che gravitano nell’area di centro erano ben presenti nel Meridione. La somma dei loro voti arriva al 15,8 per cento. È un dato poco notato. Ed è un dato che aumenta addirittura nei comuni più piccoli. Infatti nei 51 comuni non capoluogo del Sud i partiti del terzo polo hanno ottenuto il 19,8% contro il 12% nei dieci comuni capoluogo”. Il primo dato, evidente, è che nelle amministrative del 2010, il Terzo Polo prese complessivamente l’8 per cento: dato che, nel 2011, è balzato al 14,4%, +6,4%. Mica caramelle. Anche perché, continuando ad analizzare le analisi di D’Alimonte, possiamo provare a fare qualche altra analisi, a cominciare dall’importante del fattore “dimensione dei comuni” – siamo più forti nei piccoli comuni, più deboli nei grossi: e se questo può sembrarvi un limite, ricordatevi che l’Italia è un paese di piccole comunità. Nei comuni sotto i 15.000 abitanti (che non sono compresi nell’analisi di D’Alimonte, però) vive il 43% della popolazione italiana e in questi comuni i due poli sono sempre andati molto meno bene che nelle grandi città, mentre i partiti del Terzo Polo, per primo l’Udc, hanno sempre potuto contare su un forte radicamento (anche il Fli, in questa tornata, ha registrato lì le sue migliori performance). Come sottolinea lo stesso D’Alimonte, alle prossime politiche la partita si giocherà necessariamente anche qui, su un terreno che è sempre stato poco favorevole ai grandi e più propenso ai piccoli.

Non è un caso che proprio Pdl e Pd abbiano riacceso, in questi giorni, la “caccia” al Terzo Polo. Sono consapevoli, infatti, che per vincere le elezioni non basta prendere il 50+1% a Milano, Roma o Napoli; ma bisogna sapere convincere anche gli elettori dei piccoli e medi centri, cuori di una borghesia, di una piccola industria, di un grosso artigianato operoso e di un ceto lavorativo (ma non chiamatelo proletario, per favore) di grande forza. Mi stupisce che uno come Massimo D’Alema, di solito fine e attento osservatore della politica italiana, si sia lasciato andare a dichiarazioni dal sapore “pseudo berlusconiano”, accusando il Terzo Polo di “furbizie, pigrizie e terzo-forzismi (sic!)”. Avremo pure commesso i nostri errori, per carità, ma la nostra forza sono pur sempre i nostri elettori che, come ha ammesso lo stesso D’Alema, sono “un passo avanti”. Sono le stesse che per anni abbiamo sentito da Silvio Berlusconi che ha ossessivamente cercato di spiegare che “un conto è Casini, un conto gli elettori dell’Udc che non possono che stare col centrodestra”. Ragionamento macchinoso e infruttuoso, perché puntualmente smentito ad ogni tornata elettorale. E da ogni ragionamento “a freddo” che si basi su analisi numeriche serie e competenti.

“Riceviamo e pubblichiamo” di Giuseppe Portonera

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Immigrati, sì a cittadinanza per i bambini nati in Italia

postato il 6 Giugno 2011

Ius soli è una prospettiva che la nostra società deve avere

L’Italia è malata, è malata di populismo, è malata di xenofobia e di razzismo, e nello steso tempo deve sapere chi è. Il grande tema è l’integrazione necessaria a costruire una società sui valori condivisi di patria e italianità.
Dobbiamo saper trasmettere agli altri il senso di un destino comune, ma anche di un’appartenenza a radici che sono il minimo comune denominatore di un’identità  cristiana del Paese.
In questo senso riteniamo che lo “ius soli” sia certamente la scelta di prospettiva della società italiana: un bambino che nasce in Italia deve avere diritto alla cittadinanza italiana.
Bisogna avere il coraggio di integrare. Il multiculturalismo ha fallito: ecco perché noi parliamo di interculturalismo.

Pier Ferdinando

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Referendum, giusto andare alle urne

postato il 4 Giugno 2011

Pubblichiamo dal Corriere della Sera l’intervista a Pier Ferdinando Casini

di Andrea Garibaldi

ROMA – Sui referendum del 12 giugno, l’indicazione numero uno del leader Udc Pier Ferdinando Casini è la seguente: «Bisogna andare a votare. C’è un enorme distacco fra classe dirigente e cittadini, tra anziani e giovani, non aumentiamolo con posizioni tattiche. Noi diciamo: gli italiani devono informarsi bene sui contenuti dei quesiti referendari e poi partecipare, depositare nell’urna cosa pensano. Questa è la posizione che ci distingue dal centrodestra».

Andare a votare, va bene. Come?

«Ai due quesiti sull’acqua io voterò “no”. Contro l`abrogazione degli articoli della cosiddetta “legge Ronchi”».

Gli avversari di quella legge dicono che ha lo scopo di «privatizzare l`acqua».

«Totale falsificazione: l’acqua è un bene pubblico e non può che rimanere tale. In tutto il mondo l`acqua è pubblica e la gestione viene affidata in regime di concorrenza. Il problema, dunque, è la gestione del servizio, a fronte del dissesto del comparto idrico, degli immensi sprechi. Se non si favorisce l’ingresso dei privati, chi potrà fare gli investimenti necessari per il risanamento? Più concorrenza porterà migliore gestione e tariffe più basse. Oggi le nostre tariffe sono fra le più alte in Europa e ciò non tutela né le famiglie né le imprese». [Continua a leggere]

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Lo schiaffo di Novara alla Lega

postato il 2 Giugno 2011

Una sconfitta pesante in casa di Roberto Cota: il centrosinistra prevale nel ballottaggio di Novara sul candidato della Lega Nord, sostenuto anche dal PDL, l’assessore uscente Mauro Franzinelli, fedelissimo del presidente della Regione.

Novara, capoluogo di provincia di oltre centomila abitanti, è un po’ il feudo di Roberto Cota. Dalla città di San Gaudenzio il governatore del Piemonte ha costruito la sua carriera che l’ha portato alla poltrona più alta, strappata di misura al centrosinistra, che candidava la Bresso, solamente un anno fa. Sembra passato un secolo: allora la Lega dilagava nelle province piemontesi, da Cuneo a Verbania, passando naturalmente per la culla politica di Cota. Si parlava di avanzata leghista in un Piemonte mai andato veramente a braccetto con forze estreme, terra di moderati, democristiana, tutt’al più socialista. L’avanzata che molti  definivano inarrestabile trovava un argine solo a Torino.

Per capire l’inaspettata vittoria dell’outsider Andrea Ballarè (PD, SEL, Rifondazione) sul favorito Franzinelli bisogna allora fare un passo indietro, alle elezioni dello scorso anno. Cota strappa la poltrona di piazza Castello all’uscente Bresso, sconfitta per una manciata di voti, e con lui viene eletto in consiglio regionale il sindaco in carica di Novara, il leghista Massimo Giordano, divenuto poi assessore allo sviluppo economico. Un incarico di prestigio, che non può certamente svolgere mantenendo anche la poltrona di sindaco. Giordano allora si dimette e la città passa nelle mani del vicesindaco Silvana Moscatelli che lo sostituisce nelle funzioni di primo cittadino. Arriviamo al 2011, Novara è chiamata a scegliere il suo sindaco. Al primo turno nessuno raggiunge la fatidica soglia del 50%: brutta sorpresa per gli ambienti di Cota, che contavano di festeggiare il loro uomo al primo passaggio, forti di un dominio indiscusso e ininterrotto dal 2001. Al ballottaggio arriva la batosta finale e inappellabile: Ballarè diventa sindaco. Come capacitarsi di una sconfitta così netta, quando cinque anni fa Giordano aveva trionfato con il 61 per cento dei voti al primo turno?

Qualche spiegazione logica c’è. Innanzitutto dobbiamo considerare le elezioni amministrative nel loro insieme. Novara, come tante altre città passate in questa tornata elettorale al centrosinistra, ha subito gli influssi di quella realtà che più di ogni altra quest’anno ci ha sorpreso, Milano, con il caso Pisapia, che dato dai più come perdente fin dall’inizio ha sbaragliato l’uscente Moratti al ballottaggio, dopo averla staccata di sette lunghezze al primo turno. Novara è anche geograficamente vicina al capoluogo lombardo, è facile capire  l’influenza che  l’esito delle amministrative meneghine ha esercitato. L’onda lunga non ha risparmiato Novara, Trieste, Cagliari, e altre realtà importanti conquistate dal centrosinistra. Tutto merito di una campagna di entusiasmo, con uno schieramento compatto che ha saputo mantenere il vantaggio e incunearsi nelle falle degli avversari.

A scavare un po’ più a fondo, si trova un’altra ragione, forse più sottile, forse meno decisiva nell’aver spostato voti, ma comunque degna di considerazione. Massimo Giordano, appena chiamato da Cota (suo padrino politico) nella giunta regionale, ha mollato la poltrona di sindaco, lasciandola alla reggente. Inutile dire quanto poco la popolazione abbia apprezzato questo gesto, per di più se commesso da un esponente della Lega, che della buona amministrazione e del rispetto del potere locale ha fatto i propri cavalli di battaglia. Se Giordano, Sindaco scelto subito dai novaresi con una netta affermazione al primo turno, che alla prima nomina più importante e, si presume, redditizia, lascia il posto per cui è stato chiamato dagli elettori, chi può assicurarci, hanno ragionato i cittadini, che anche Franzinelli, stesso colore politico, comune appartenenza al “giro” di Cota, non farà lo stesso, se gli capiterà un’opportunità simile? La Lega, da sempre alfiere del buongoverno, ha marciato un po’ troppo sui suoi successi, approfittando della buona fede della gente.

Novara ha dimostrato al clan leghista che ha governato la città per quattordici anni (una sola parentesi tra il 1997 e il 2001, con un sindaco dell’allora PDS) che la rendita politica non basta. Servono modelli convincenti di buona amministrazione, non fedelissimi o yes-man a cui si dà la poltrona di primo cittadino, “tanto la città è leghista”.

Uno schiaffo civico che mette in discussione l’invincibilità leghista al Nord. La volata anti-Lega può partire dal suo cuore antico, la Novara di Roberto Cota.

“Riceviamo e pubblichiamo” di Stefano Barbero

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